" Dopotutto solo i grandi rumori, i rumori ingombranti coprivano il vuoto che aveva dentro. E non ascoltare loro era meglio che non ascoltare il silenzio"
Genere: Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
La musica era assordante e la luce tenue si diffondeva nell’angusto locale come nebbia,privandolo di ogni vitalità.
Persino il giallo della carta da parati era atono.
Deniel le altre sere avrebbe potuto attribuire la labilità percettiva all’alcool , quella condizione sognante di lontananza , di pace apparente.
Ma quella sera non era riuscita ad annullare il male con il solito boccale.
Lasciava che fosse il frastuono a stordirla . Ad alienarla. Proiettandola in una dimensione alternativa in cui ogni sensazione si affievoliva, senza mai scomparire. Come una lugubre nenia .
O delle volte , come il cupo battimento che procede l’esecuzione,percepito da un sognatore nel dormiveglia.
Nel nulla che era la sua vita i rumori forti erano ovattati.
Lo erano sempre stati.
Questo perché i rumori forti non le erano mai piaciuti.
Da piccola cercava di evitarli . Li fuggiva .
Trovandosene sempre però circondata.
Immersa nella confusione che si chiudeva su di lei.
I Rumori forti la spaventavano.
Poi , in un punto indefinito della sua giovinezza , aveva imparato semplicemente a non ascoltarli. A fingere che non ci fossero, come i mostri sotto al letto.
Ma forse, si disse , in tutta sincerità aveva iniziato quasi ad apprezzarli. Dopotutto solo i grandi rumori, i rumori ingombranti coprivano il vuoto che aveva dentro. E non ascoltare loro era meglio che non ascoltare il silenzio. Era più facile.
Sollevò lo sguardo dal boccale ancora pieno. .
Lasciò vagare gli occhi spenti per il locale , sulle sagome confuse che si ubriacavano in silenzio. E in solitudine , pensò .
La musica riempiva lo spazio, si intrufolava fra quelle figure, che ricordavano ancora le persone che forse un tempo erano state, sperandole sì , ma colmandone le distanze.
Le faceva quasi sentire meno sole.
Un campanile batté due colpi.
Daniel aveva compiuto trentunanni da due ore.
Da lì in poi il passare del tempo avrebbe smesso di essere festeggiato e il susseguirsi dei compleanni avrebbe scandito solamente il suo fallimento.
Ma forse , se fosse stata fortunata , se Dio avesse avuto pietà, se ne sarebbe dimenticata . Come quando aveva smesso di curarsi, dimenticandosene. E poco dopo di amarsi.
D’altronde non c’era nessuno a ricordarle di essere viva.
Non c’era mai stato nessuno e , se c’era stato, se n’era andato per non sciuparsi nell’ insipidezza che lei pareva portarsi dietro da sempre.
Deniel non seppe dire precisamente quando la musica smise di suonare. Se qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe probabilmente risposto “ dopo un eternità , attimo più attimo meno”. O qualche altra vuota banalità , di chi cerca di darsi un tono mascherando la propria inutilità.
Raschiare di sedie , borbottii , barcollii : l’esodo dei figli della solitudine era iniziato.
Ognuno avrebbe fatto ritorno a casa, ad affogare in quel silenzio assordante , mai abbastanza familiare, che li avrebbe fatto pregare Dio di addormentarsi presto.