Il giorno dopo, Annie si
presenta a casa nostra alle otto di mattina, svegliando sia me che
Peeta, il
quale ha pianto per tutta la notte, nonostante abbia provato a
camuffare la
cosa. Per quanto riguarda la questione Sae, ho deciso di tenerla con me
ancora
un po’. Immagino che la presenza di Annie e di un bambino
richieda maggior
lavoro all’interno della casa. Lavoro che, personalmente, non
saprei da che
parte cominciare. È Peeta che va alla porta ad aprire,
precendomi. Quando
scendo dalle scale, ancora in camicia da notte, la prima cosa che vedo
è lo
sguardo disperato di Peeta. Solo dopo qualche istante riesco a
riconoscere
Annie. Mi saluta con una mano, sulla faccia ha un sorriso che non le si
addice
per niente. Sembra… maniacale. La sua pelle è
secca, quasi rugosa, come i
contorni delle sue labbra. Sotto gli occhi ha due occhiaie violacee e
profonde.
Mi avvicino a lei, quasi titubante. Quando le afferro la mano, non
posso fare a
meno di notare qualcosa che sbuca da sotto la manica. Bende. Bende
candide le
circondano i polsi. Immagino di sapere cosa significhi.
“ Annie, come
stai?”
chiede Peeta quasi singhiozzando. Annie annuisce, senza parlare.
Interpreto la
risposta come un ‘bene, grazie, e voi?’.
“ Noi stiamo bene.
Dov’è
Hearten?” domando. I suoi occhi vuoti assumono
un’espressione terrorizzata.
Indica fuori. Guardo dietro di lei. Vi è una macchina
parcheggiata. Decido di
uscire io, nonostante l’aria mattutina sia fredda e
tagliente. Un uomo vestito
di nero è alla guida della macchina. Lo raggiungo,
chiedendogli di Hearten. Al
suono delle mie parole, una signora apre lo sportello posteriore. Ha
dei
vestiti ingombranti e arancioni, e tiene tra le braccia un…
fagottino. Me lo
porge, e, finalmente lo vedo. Hearten. È piccolo, minuscolo,
e agita le
braccine. Non piange, ma qualcosa mi fa capire che vorrebbe farlo. I
suoi radi
e sottili capelli sono rossicci. Sorrido. E lui mi fissa intensamente,
quasi
incuriosito. E solo troppo tardi li vedo. Due occhietti verdi e
profondi. Come
i suoi. Finnick. Urlo e mollo la presa sul bambino. Fortunatamente, la
signora
arancione lo afferra prima che possa toccare il suolo. Piango. Sento
rumore di
passi che mi raggiungono. Peeta. Sì, deve essere lui.
“
Finnick…” sussurro. E,
immediatamente, altre urla. Annie. E poi, ricordo. Le urla di Annie,
dentro
l’Arena. Finnick che corre. Le urla di Prim… ed
è tutto nero.
Non so quanto tempo sia
passato. Anni, giorni, forse secoli. Ma apro gli occhi. E, davanti a
me, vedo
Peeta. Mi sorride tristemente, accarezzandomi i capelli. Lo guardo
interrogativo. Che cosa è successo? Lui, quasi leggendomi
nel pensiero, mi
risponde.
“ Sei svenuta. Annie e
suo
figlio stanno nella stanza accanto. Anche lei è scossa, ma
si riprenderà. Sae
sta provando a farla parlare e tiene d’occhio…
Hearten” sussurra con un piccolo
sospiro. Mi metto a sedere sul letto.
“
Perché…? Io non capisco…
Finnick… Finnick era lì… e…
“ No,
Katniss, Hearten. Non Finnick. Ha
i suoi occhi, eh?” osserva con un leggero sorriso a fior di
labbra. Annuisco,
ancora scossa. Ora capisco. Ora capisco perché Annie
è uscita fuori di testa.
Io sono svenuta solo al ricordo di Finnick, un mio amico. Per Annie,
per la
quale Finnick era molto di più, non deve aver retto la vista
degli occhi di
Hearten.
“ Tu… stai
bene?” domando.
Peeta mi guarda.
“ Sì,
io… mi dispiace per
stanotte. Avrei dovuto pensare a te, e invece…
“ Non dire
assurdità. Sei
umano anche tu, Peeta” sussurro guardandolo intensamente
negli occhi. Lui
scuote la testa.
“ Ok, ma io non mi
sento…
bene con me stesso, se so di non aver provveduto alla tua
felicità. Mi spiego?”
chiede. Sospiro. Peeta. È sempre il solito,
c’è poco da fare. Scuoto la testa.
“ Bhe, lo fai. Lo fai
sempre” gli dico. Si sporge verso di me, baciandomi.
È da ieri mattina che non
lo fa, tra Haymitch, Aurelius e Annie, noi… non abbiamo
avuto neanche un
momento per goderci la novità che avevamo assaporato
insieme. Mi si mette
sopra, improvvisamente. Io infilo le mani sotto la sua maglietta
e… e si
allontana velocemente. Rimango così, spiazzata. Poi,
mettendomi a sedere, lo
vedo. Sta in un angolo della stanza, con i pugni contro il muro.
“
Peeta…” lo chiamo. No.
Non di nuovo. È da tanto che non ha i suoi attacchi, ormai
non ci sono
abituata. Lo chiamo, ancora e ancora. Niente, è andato.
Rimaniamo così, per
qualche istante infinito. Poi, si gira. I suoi occhi sono neri come la
pece,
ancora di più. Si avventa su di me. Rimango immobile,
paralizzata dalla paura.
“ Tu… tu hai
fatto con
Gale… e davanti ai miei occhi…”
sussurra trucemente. Vorrei rispondergli che
non è vero. Apro la bocca, ma non mi esce niente. Sono
totalmente paralizzata e
terrorizzata. L’espressione di Peeta è piena di
astio e di disprezzo, ma,
nonostante ciò, mi morde il collo, fino a farmi male. Gemo
leggermente, ma non
voglio urlare. Arriverebbe Sae, arriverebbe Annie. È questa è una cosa tra
me e Peeta. Con tutta la forza
che ho, provo a parlare.
“ Peeta,
ascoltami… ti
prego… non è così… non
è reale…” singhiozzo. Lui mi guarda, ma
non mi vede. Con
le sua mani, mi strappa la camicia da notte, lasciandomi il petto nudo.
“ E’
così che ha fatto
pure lui, eh? Sei un ibrido per accontentarci tutti, ma
adesso… cambierà
tutto…” sussurra facendomi tremare. Mi stritola i
seni, facendomi male. Appena
provo a urlare, mi tappa la bocca. Quindi, ci rinuncio. Piango,
pregando che il
tormento svanisca. Poi, improvvisamente, si toglie da me. Si alza in
piedi.
Quando lo guardo, i suoi occhi sono azzurri e pieni di lacrime.
“ Katniss, io…
Non… Mi
dispiace… Ti giuro che mi dispiace…
Katniss…” dice avvicinandosi a me. Non so
perché lo faccio, ma, istintivamente, mi ritraggo. Lui se ne
accorge. Restiamo
immobili a fissarci. Non so per quanto tempo riesco a rimanere
così.
“ Hai ragione. Sono un
mostro. Vado… vado a vedere… Annie… e
oggi dormirò sul divano, già te lo
dico”
afferma prima di uscire dalla stanza. Mi alzo traballando e mi guardo
allo
specchio. Il mio collo è arrossato, e piccole chiazze scure
stanno tappezzando
la mia pelle. Decido di mettermi una sciarpa, per camuffare il tutto.
Mi vesto
al volo e scendo. Al tavolo, vedo Annie con in braccio Hearten.
Immagino che
Peeta sia in cucina con Sae, a sentire dall’odore di pollo
che aleggia
nell’aria. Annie mi sorride velocemente, prima di dedicarsi a
Hearten. Lo fa
giocare con una pallina, che il piccolo si diverte a lanciare sul
tavolo. Annie
ha il solo scopo di riprenderla quando si allontana troppo. Sento la
risata di
Hearten e mi costringo a non ricordare quella di Finnick. Mi metto
seduta
vicino a Annie.
“
E’… è proprio un bel
bambino” osservo.
“ Sì, lo
è” replica Annie
con una voce roca e impastata. Sorrido. Finalmente ha ricominciato a
parlare.
Guardo ancora le sue maniche, dalle quali traspaiono le bende. Poi,
ancora
Hearten. È contento di stare con la sua mamma, lo vedo. Ma,
ora che ci penso,
da quando sono diventata una grande esperta di bambini? Oh,
sì. Ora ricordo.
Prim. Era una… proprio una bella bimba. Aveva tanti
ricciolini biondi che le
ricadevano sulle spalle che… provo ad affogare dentro di me
i miei pensieri.
No, non ce la faccio. Annie sembra accorgersene.
“
C’è qualcosa che ti
turba, Katniss?” domanda. Scuoto la testa. Lei sorride.
“ Non so, Finnick me
l’ha
raccontato che tu sei una che vuole sempre apparire forte. Ma mi ha
detto che a
volte, con lui, ti lasci andare. Tra poco arriverà, e spero
che potrai dire a
lui cosa ti turba, se proprio non vuoi dirlo a me!” esclama
accarezzandomi la
guancia. Resto immobile. Non so cosa dire. Lei è convinta
che Finnick sia
ancora vivo. Che tra poco arriverà e che potrà
stare con noi. Mi salgono le
lacrime agli occhi, lo sento. Fortunatamente, arrivano Peeta e Sae con
il cibo.
Hearten lancia un urletto soddisfatto. Ancora scossa, guardo Peeta. Lui
evita
il mio sguardo e si limita a servirci il pollo. Stranamente, non riesco
a
mandarlo giù. O è troppo secco, o la mia gola non
intende ingurgitare del cibo.
Stiamo in silenzio, un silenzio interrotto, di tanto in tanto, da un
versetto
di Hearten, oppure dal rumore di qualcosa che fa cascare per terra.
Forse per
richiere la nostra attenzione. Ma neanche Peeta riesce a dargliela,
stavolta. È
come se fossimo in lutto. Dopo aver sparecchiato, Peeta afferma di
volere
andare un po’ a casa sua. Quando lo trattengo per il polso,
lui scansa la mia
presa bruscamente, prima di uscire dalla porta. Quindi, io, Sae, Annie
e
Hearten decidiamo di vedere un po’ di televisione. Vengo
presa da una
stanchezza allucinante proprio a metà film. Annie afferma
che anche per Hearten
sarebbe l’ora di andare a dormire, a mi propone di andare a
letto portandomi
dietro Hearten. Scuoto la testa, ma un’occhiata eloquente di
Sae mi costringe
ad accettare. Afferro il bambino titurbante, e insieme entriamo nella
mia
camera. Lo adagio sul letto, mettendolo accanto a me. Il bimbo mi
guarda
incuriosito. È piccolo, la sua pelle deve essere proprio
morbida. Allungo una
mano, esitante. Lui, inizialmente si ritrae. Ma dopo qualche istante,
si lascia
accarezzare la testolina. Sorrido. Lui sembra gioire del mio contatto.
Bene.
Chiude gli occhietti. Aspetto che si addormenti del tutto, prima di
chiudere
gli occhi. E, quando lo faccio, vengo assalita da una strana
sensazione.
Nonostante tutto, la felicità.
Vengo svegliata dal rumore
di passi. Quando apro gli occhi, vedo Peeta. Guarda prima me e poi
Hearten, che
piange, appena sveglio. Lui mi siede accanto a lui, accarezzandogli le
braccia.
Si vede che con i bambini ci sa fare: Hearten smette subito di
piangere.
Prendendolo in braccio, esce dalla camera, gridando un neturo
“ La cena è
pronta” alle sue spalle. Mi costringo ad alzarmi dal letto,
in preda ai morsi
della fame. Scendo le scale e trovo Peeta che gioca con Hearten, mentre
Annie
li ammira soddisfatta. Gli tira un aereoplanino di carta e Hearten si
diverte
ad afferrarlo. E, immediatamente, capisco tutto. Peeta. Peeta vuole
essere
padre, lo vedo. La sua espressione è allegra, spensierata,
bellissima. E in un
attimo mi appare una scena davanti agli occhi: Peeta che gioca con mio
figlio,
biondo con gli occhi grigi, mentre io, seduta su una sedia, li guardo
felicemente… la voce di Sae che mi dice di sedermi mi
riporta alla realtà.
Appena Peeta si accorge della mia presenza, si incupisce. Mangiamo
delle verdure
con delle focaccine preparate da Peeta. Annie, di tanto in tanto, parla
da
sola, sussurrando parole senza senso a un Finnick immaginario. Non so
se ridere
o piangere. Finiamo di mangiare velocemente. Poi, Annie sbadiglia.
Vuole andare
a letto. Mentre sale le scale con Hearten tra le braccia, mi si
avvicina Sae.
“ Katniss, penso che
sarebbe meglio per lei che qualcuno la controlli mentre dorme. Prima ha
cercato
di tagliarsi le braccia con un coltello. Non vorrei che commettesse
qualche
pazzia. Se vuoi ci penso io” mi dice bruscamente. Annuisco.
“ Sì. Grazie Sae” le dico. Lei mi
sorride.
“ E’ una brava
ragazza, ci
ho parlato prima. Solo che non ha tutte le rotelle a posto,
ecco” dichiara.
“ Già. Come
tutti noi, del
resto” osservo prima di vederla salire le scale. I miei
occhi, poi, si poggiano
su Peeta. Ha un’espressione dura, risoluta. Guarda prima me e
poi il divano.
“ Io dormo qui. Ora.
Buonanotte, Katniss” esclama prima di sdraiarsi. Lo
raggiungo.
“ Non dire sciocchezze.
Ora andiamo in camera. Alzati” gli dico con fare minaccioso.
Lui scuote la
testa, senza guardarmi. Mi siedo sul divano e mi sdraio accanto a lui.
“ Allora dormiremo tutti
e
due qui. Peeta, io senza di te ho gli incubi, ok? Quindi non
c’è altra
soluzione!” esclamo. Peeta si alza, allontanandosi.
“ Sì,
c’è un’altra
soluzione! Scappare da me! Da me che ti ho…”
continua togliendomi la sciarpa e
scoprendo il collo. Lo guarda terrorizzato.
“ Che ti ho fatto
questo…
questo orrore… io… non si può vivere
così, Katniss! Io… ho paura a toccarti,
davvero!” prosegue orripilato. Scuoto la testa.
“ Bhe, io no, quindi non
vedo perché dovresti farti problemi!” dichiaro
alzandomi a mia volta. Lui
indietreggia.
“ E me lo chiedi?
Katniss,
ti ho… ti ho praticamente violentata, non so se il discorso
ti è chiaro!”
esclama.
“ Tu non mi hai
violentata, ok? Hai avuto uno dei tuoi soliti attacchi e hai reagito
male,
stop! Adesso tu sali con me in camera e… e risolviamo questo
blocco, ok?”
domando. Sospira, dirigendosi verso le scale. Io lo seguo, irata. Non
capisce.
Appena entriamo in camera, lui si stende sul letto. Spegne la luce.
“ Buonanotte!”
sbotta
seccato. Mi adagio accanto a lui.
“ Buonanotte!”
replico
irritata. Passiamo qualche istante così separati,
rimunginando sui pensieri che
ci affliggono. Perché deve essere tutto così
complicato? Poi Annie, Hearten,
Finnick… La presenza di Annie mi inquieta un po’,
a dirla tutta. Soprattutto
quando parla da sola, pensando di rivolgersi a un Finnick immaginario
vicino a
lei. Sbuffo. Io, in realtà, non potrei farle la predica.
Sono o non sono quella
che si mette a urlare come una disperata sentendo le urla di Prim nella
testa?
Gli Hunger Games. Gli Hunger Games ci hanno cambiati, hanno cambiato
tutto. E
il mio ultimo pensiero, mentre chiudo gli occhi, va ad Angelique,
che…
Sto salendo le scale. Alla
fine vi è una porta. La apro, e mi ritrovo in una stanza
imbrattata di sangue.
Angelique accanto a me ride, pensando che sia una visione divertente.
Ma non lo
è neanche un po’. Vi è una vasca,
lì in mezzo. C’è Annie che guarda un
manichino di Finnick, con i polsi pieni di…
“ NO!!!” urlo
tutta
sudata. Un sogno, uno stupido sogno. Peeta è accanto a me.
Mi fissa,
nell’oscurità.
“ Ti ho sentito parlare.
Le lame. Hai sognato Clove?” mi domanda. Scuoto la testa,
ancora terrorizzata.
No, magari avessi sognato Clove. Sarebbe stato sicuramente meglio. Lui
sospira
e mi fa cenno di avvicinarmi. Ma non mi basta. Mi butto tra le sue
braccia.
Lui, inizialmente titubante, mi asseconda. Un respiro di sollievo esce
dalle
mie labbra. Peeta. Mi bacia la testa, ancora e ancora. MI accarezza le
braccia.
La cosa mi rilassa parecchio.
“ Ascolta…
ascoltami… io e
te non possiamo allontanarci, capito? Guarda Annie, io… non
posso…” sussurro a
pezzi.
“ Ho capito. Lo so.
Davvero. Ma…
“ Ma niente. È
così e
basta. Io non voglio finire come Annie che…
“ Che si taglia le vene
per colmare l’assenza di Finnick. Penso di aver intuito
bene” conclude Peeta
annuendo. Lo imito, sospirando.
“ Sì. Tu devi
restare con
me, non ci sono altre soluzioni. Non mi importa quanto tu possa farmi
male, ok?
Io resisto, lo sai” esclamo con una voce acuta che non mi
appartiene.
“ Va bene. Ma dobbiamo
fare un accordo, Katniss” mi dice duro.
“ Che tipo di accordo?
“ Che non… che
non faremo…
per un bel po’… quello che abbiamo fatto
l’altro giorno. Non finché sto ancora
così. Ok? E tu non cercare di provocarmi,
sennò…” continua. Arrossisco,
pensando che la cosa migliore sia troncare direttamente il discorso.
“ Va bene. Ma anche io
devo chiederti un favore.
“ Quale?” mi
domanda.
“ Devi aiutarmi a
organizzare tutto. Tra una settimana faremo il pranzo con i Vincitori
di questi
Hunger Games e con i loro familiari. Io… avevamo detto che
l’avremmo fatto”
affermo quasi per rinfacciarlo a me stessa.
“ Certo. Inviteremo anche
Johanna, no?” chiede lui. Annuisco. In
realtà… in realtà ci sarebbe
dell’altro.
Avevo fatto una promessa ad Angelique. Una promessa che non so se
riuscirò a
mentenere.
“ Io… dovrei
invitare
anche Gale” sussurro. Peeta sospira.
“ Se è questo
quello che
vuoi…
“ No. Non voglio fargli
del male. Ma… Ci sono delle priorità.
Angelique…io a lei avevo detto che avrei
invitato anche lui, quando… quando gliel’ho
promesso. E c’è dell’altro. Voglio
vedere come gli Hunger Games hanno cambiato quei ragazzi. E, se posso,
li
aiuterò. Sei d’accordo?” domando
esistante.
“ Sì. Sono
d’accordo.
Allora lo faremo domani. Insieme” sussurra.
“ Sì,
insieme…” mormoro
prima di chiudere gli occhi. E, con una carezza di Peeta, scappo nel
mondo dei
sogni.
Spazio autrice: ESAMI,
ESAMI OVUNQUE! Care ragazze, non sono morta! Sono ancora qui! Scusate
le mie
negligenze, gennaio e febbraio sono due mesi orrendi ( chi, come me, va
all’università,
mi capirà fin troppo bene), ma da marzo
aggiornerò di nuovo una volta a settimana
:D Spero che vi sia piaciuto il capitolo… bhe, un
chiarimento per la condizione
di Annie. Sfortunatamente ho avuto la bruttissima esperienza di
incorrere in
questa forma di autolesionismo… in un periodo della mia vita
non mi sentivo
accettata, andava tutto storto. Ma poi, grazie alla mia forza di
volontà, sono
riuscita a tirarmene fuori. E chiunque faccia ciò, sappia
che non è solo, e che
uscirne fuori è possibile! Spero di non avervi annoiato! A
presto
angelikakiki