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Autore: Therainsmelody    15/01/2014    1 recensioni
Abby ha problemi con il padre che la tratta come una serva;
Cara vive una vita agiata ma è insoddisfatta di se;
Nicholas ha un terribile e oscuro passato;
Lucas non fa che preoccuparsi per gli altri;
Ethan cerca solo di salvare il fratello dalla loro disastrosa famiglia
e Alan di scoprire il segreto che suo padre gli tiene celato da anni.
Sarà una lettera a dare inizio a quella che verrà ricordata come
la più grande rivelazione di segreti a cui la piccola cittadina di Wahoo abbia mai assistito,
ma la verità arriva sempre con un prezzo.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4 – La Fotografia

 
Pov Abby

Era sabato. A svegliarmi era stato il rumore della porta che sbatteva, il segno che mio padre era uscito. Via libera. Scostai le coperte e saltai letteralmente giù dal letto, avevo dormito vestita in vista di quel giorno, avevo pianificato tutto ed ero sicura che non ci sarebbero stati intoppi. Sarei andata a casa di Chris Gray per scoprire la verità e lo avrei fatto da sola. Chiusi il portone di casa alle mie spalle e mi avviai verso la 6th Street , il vento non faceva che gettarmi i capelli negli occhi, il ché era degno di nota visto che li portavo tagliati a caschetto, e farmi gelare fin dentro le ossa. Chiusi la zip della giacca fino in cima e m’infilai sciarpa e guanti: era da poco iniziato novembre ma sembrava già pieno inverno, mancava solo la neve! Raggiunsi l’incrocio e lo superai, stavo per imboccare la 3rd Street quando una voce, che sembrava spuntata dal nulla, mi bloccò.
<< Dove stai andando? >> Fendette il silenzio attorno a me come può farlo il canto delle allodole a primavera, note perfette e cristalline che non possono far altro se non strapparti un sorriso: la sua voce era la melodia della serenità. Mi voltai ad incontrare il suo sguardo sorridente e lui ricambiò, non c’era nulla da fare, Nicholas ai miei occhi avrebbe sempre rappresentato la perfezione. Dovevo essere rimasta immobile a fissarlo per un tempo considerevolmente lungo perché quando ripeté la domanda c’era una punta di preoccupazione nella sua voce che ruppe il perfetto equilibrio in cui si trovava la mia mente:
<< Abby? Tutto bene? >>
<< Sì, scusa. >> I pensieri iniziarono a vorticare nella mia testa nel vano tentativo di trovare una scusa valida, non potevo dirgli la verità o sarebbe voluto venire con me a tutti i costi.
<< Dove stai andando? >> E tre. Forza cervello! Trova un motivo decente del perché sto camminando per la città così presto e con questo freddo assurdo.
<< Passeggiavo, sai per prendere un po’ d’aria fresca. >> Era forse una del bugie più mal riuscite della storia.
<< Ti fa niente se vengo con te? >> Complimenti, ottimo lavoro! Non avevo la più pallida idea di cosa dire
<< Perché? >>
<< Vorrei parlarti. >> Il mondo intero odiava quella frase, ti faceva pensare a tutto ciò di sbagliato che avevi fatto durante la tua vita, a tutti i tuoi errori, ma non detta da Nicholas. Riusciva a rendere belle anche le cose più terribili.
<< Va bene. >>
Per un po’ camminammo in silenzio, non sapevo come liquidare alla svelta la discussione per poi svignarmela il più in fretta possibile senza farmi seguire.
<< Volevo parlarti della settimana scorsa, di quando io … noi … >> la sua voce si affievolì fino a diventare un sussurro inudibile da orecchie umane e le sue guancie si tinsero di rosso. Sapevo di cosa voleva parlarmi, da quel mercoledì non eravamo più riusciti a vederci da soli e il mio cervello era abbastanza confuso sulla questione.
<< Del bacio. >> conclusi per lui.
<< Sì. >> Sembrava sollevato dal fatto che fossi stata io a dirlo.
<< Io ci ho ripensato e non vorrei aver fatto una cazzata, insomma magari tu non lo volevi … magari avrei dovuto chiedertelo. >>
<< E da quando si domanda per un bacio? >> scoppiammo a ridere entrambi poi, passato il momento, continuai più seriamente
<< Lo volevo è solo che … >> ora era il mio turno di rimanere senza parole.
È solo che ho paura, paura di dare tutto e non ricevere niente in cambio, paura che tu ti accorga di non volermi poi così tanto e te ne vada, paura di restare sola con il cuore spezzato.
<< Solo che cosa? >> Il suo tono si era addolcito e con la mano sfiorava distrattamente il profilo della mia spalla.
<< Sai, la sensazione più bella del mondo è quella di ottenere ciò che si ha desiderato così a lungo e intensamente da pensare che fosse impossibile e quella peggiore è perderlo, perderlo per sempre e definitivamente. Nella mia vita ogni istante bello è stato seguito da un altro altrettanto terribile, come se fosse una sorta di punizione per la mia felicità e ora, con te, sono così felice che non oso immaginare quanto sarebbe doloroso perderti. Io ho paura di soffrire, ancora. >> Avevo parlato senza pensare, senza respirare e sentivo i polmoni che reclamavano aria, respirai a fondo un paio di volte e poi lo percepii: qualcosa di caldo e bagnato che stava scendendo lungo le mie guancie, stavo piangendo e nemmeno me n’ero accorta. Nicholas allungò la mano e asciugò le lacrime dal mio viso e nei suoi occhi vidi una tristezza angosciosamente profonda ma anche una determinazione assoluta che li accendeva di una luce tutta particolare, brillavano come stelle cadenti.
<< Mi dispiace per tutta la sofferenza e il dolore che ci sono state nella tua vita ma c’è una cosa che non hai preso in considerazione: tu non mi perderai mai. Non ho intenzione di andarmene per nessun motivo al mondo perché sei la cosa migliore che mi sia mai capitata e io stesso non voglio perderti! Io ti amo Abby ed è una cosa che nessuno potrà mai cambiare, è per sempre, è una promessa. >> Le parole rimbombarono nella mia testa
“Ti amo ed è una cosa che nessuno potrà mai cambiare”,
un lieve sorriso solcò le mie labbra cercando di vincere le lacrime.
<< Basta piangere, ti preferisco con il sorriso. >> Gli lanciai le braccia al collo e lui mi sollevò da terra senza fatica, lo sentii che mi stringeva a sé e poi le sue labbra raggiunsero le mie: un brivido di piacere mi percorse la schiena e il cuore cominciò a battere a mille. Tutto il mio corpo parve diventare più leggero, come se stessi volando e un’energia sconosciuta mi pervase rendendomi euforica. Fu solo allora che compresi davvero quanto ci tenessi a lui, nemmeno io volevo andarmene, ne ora ne mai. Quando i miei piedi toccarono nuovamente terra e mi staccai da lui per riprendere fiato le parole mi uscirono di bocca senza dubbi o esitazioni:
<< Anch’io ti amo. >>
 
Chris Gray abitava in una delle villette a schiera degli anni venti che si trovavano in periferia, sulla stessa collinetta in cui si ergeva la villa di Cara ma dal lato opposto. Alla fine avevo dovuto dire la verità a Nicholas e lui aveva insistito per accompagnarmi dicendo che “certe cose non andavano fatte da soli”.
La casa un tempo doveva essere stata bella ed elegante, di un vivace colore azzurro mentre ora tendeva di più al grigio-azzurrino-smorto e l’intonaco era rovinato dall’umidità e dal tempo. La porta di legno era mezzo scrostata e sul campanello lì a fianco il nome si leggeva a fatica: Famiglia Gray, probabilmente vivevano a quell’indirizzo da generazioni. Allungai la mano per premere il bottone ma esitai, erano solo le otto ed era sabato, ritrassi in fretta il braccio.
<< Forse è meglio se bussi. >> disse Nicholas dando voce ai miei pensieri. Allungai nuovamente la mano e bussai due volte. Non rispose nessuno.
<< Non c’è nessuno. >> volevo andarmene, era stata una pessima idea quella di presentarsi a casa di un perfetto sconosciuto a chiedergli del suo passato e me n’ero accorta solo in quel momento.
<< Non essere sciocca! Abbiamo bisogno di risposte e lui ce le può dare. >> Nicholas, che si trovava dietro di me, si sporse leggermente avanti premendo il suo petto contro la mia schiena e bussò altre due volte ma più forte. Dall’interno si udì un rumore di passi strascicati e imprecazioni soffocate che si dirigevano verso l’entrata seguite poi dalla serratura che girava e dalla maniglia che si abbassava. La porta si aprì cigolando e ci trovammo di fronte a un uomo che poteva avere l’età di mio padre: era alto e abbastanza muscoloso, dava l’idea di uno che si teneva allenato, probabilmente da giovane era stato uno sportivo; i capelli neri, scompigliati dal sonno, erano percorsi da leggere sfumature grigie e gli occhi, di un azzurro profondo con striature nocciola che s’irradiavano dal centro, ci fissavano assonnati.
<< Chi siete? Che cavolo ci fate a casa mia a quest’ora del mattino? >> Abbassò lo sguardo su di me e trasalì, fu solo per un attimo ma era come se tutta la gioia e tutto il terrore del mondo si fossero riversati dentro di lui, com’erano arrivati però se ne andarono. Ora sembrava solo scocciato di essersi dovuto alzare dal letto per venirci ad aprire. Osservandolo meglio vidi che le braccia erano interamente ricoperte di tatuaggi a spirale: un’infinità di frasi, la maggior parte in latino, che s’intrecciavano a formare le linee sinuose di quel particolare disegno. Una, leggermente più grande delle altre, attirò la mia attenzione:
Numquam Deorsum, non avevo la minima idea di cosa potesse significare ma sembrava molto più importante del resto. La voce del uomo mi riportò alla realtà e tornai a prestare attenzione al discorso.
<< Si può sapere perché siete qui o avete intenzione di fare scena muta? >> fu Nicholas a parlare per primo
<< Mi chiamo Nicholas Lewis e questa è Abigail Sullivan, abbiamo bisogno di farle alcune domande. >> Chris Gray sgranò gli occhi al suono del cognome di Nicholas ma non fece commenti finché lui non smise di parlare.
<< Sembra una frase fatta tratta da una di quelle serie poliziesche tipo CSI, avrete sì e no sedici anni, siete troppo piccoli per giocare ai detective. >> Mi avevano sempre dato sui nervi gli adulti che non prendevano sul serio nulla di quello che i ragazzi dicevano.
<< Tanto per cominciare io ne ho diciassette di anni e lui diciotto e poi non stiamo “giocando a fare i piccoli detective” vogliamo sapere perché mio padre l’ha minacciata! >> Gli avevo praticamente urlato in faccia ma era quello che si meritava, aveva incrociato le braccia sul petto e la sua espressione non era cambiata di una virgola, come se la cosa non lo riguardasse minimamente.
<< Intendi tu padre il sindaco? Effettivamente è una minaccia pubblica quel uomo! >> sogghignò evidentemente divertito dalla sua stessa battuta.
<< È una cosa seria ! Ho trovato una brutta copia di una lettera che mio padre le spedì, minacciava di denunciarla alla polizia per spaccio e omicidio! Lui non è uno che scherza, lo conosco. >> l’ultima parte della frase la dissi così a bassa voce che probabilmente fui l’unica a sentirla.
<< Senti ragazzina, io non ho ricevuto nessuna lettera di minaccia da tuo padre e prego Dio che non mi succeda mai, capitano brutte cose a chi si mette sulla sua strada. >> la voce del uomo si era addolcita, forse non avevo parlato così sottovoce come pensavo, mi posò una mano sulla spalla e mi rivolse lo sguardo che ricevevo da ogni abitante di quella città: compassione perché l’unico genitore che mi restava era un mostro. Prestando più attenzione però notai che nel suo c’era qualcosa di diverso, era più triste della media, nostalgico, come se quello che volesse dire realmente suonasse più o meno così “Vedo il tuo dolore, lo comprendo e lo condivido”.
Allontanò la mano da me e fece due passi indietro afferrando lo stipite della porta
<< Vorrei dirvi arrivederci ma temo che poi lo prendiate in parola perciò addio. >> la porta si chiuse davanti a noi con un rumore secco, qualcosa mi diceva che eravamo stati congedati.

 
Pov Nicholas
 
Cercai di entrare senza fare troppo rumore, erano le otto e mezza e probabilmente zia Gemma stava ancora dormendo.
Non volevo svegliarla visto che dormire era una delle cose che le riusciva peggio, aveva sempre terribili incubi e spesso, nel cuore della notte, la sentivo urlare ma non aveva mai voluto raccontarmi cos’era a spaventarla tanto. Quando arrivai in cucina mi accorsi che era già in piedi o meglio seduta su di uno sgabello a fianco del tavolo su cui mangiavamo di solito. Mi stava fissando, le braccia conserte e un’espressione arrabbiata sul volto:
<< Dove sei stato? >> si alzò e una ciocca di ricci biondi le sfuggì da dietro l’orecchio finendole sul viso, la soffiò via irritata.
<< Sono uscito con Abby. >>
<< Senza dirmi niente? >> Ora più che arrabbiata sembrava preoccupata.
<< Stavi dormendo e  non pensavo che … >>
<< Che mi sarei accorta della tua assenza? Oppure credevi che non avrei capito che stavi mentendo? >>
<< Non ti ho mentito! >> Strinse gli occhi verdi a fessura fino a renderne il colore irriconoscibile, erano diventati due pozzi d’oscurità furente.
<< Dimmi dove sei stato! >> Avevo la tentazione di mentirle di nuovo ma sapevo che sarebbe stato tutto inutile anche se non capivo questa sua testardaggine, quando si comportava così mi ricordava moltissimo mia madre che voleva sempre sapere dov’ero stato e mi ripeteva in continuazione che Londra era una città pericolosa per un bambino di sette anni.
<< Ho accompagnato Abby da una persona. >> La rabbia sbollì leggermente dal suo viso ma le mani strette a pugno indicavano quanto fosse ancora tesa.
<< Da chi di preciso? >> Tanto valeva dirglielo, probabilmente non lo conosceva nemmeno.
<< Chris Gray. >> Spalancò gli occhi sorpresa e la bocca prese la forma di una piccola o di stupore, forse mi ero sbagliato.
<< Lo conosci? >> Per tutta risposta lei svanì veloce come il vento nel corridoio e la sentii salire le scale che portavano in soffitta, che cavolo ci stava andando a fare là su?
Quando ricomparve era interamente ricoperta da un sottile strato di polvere e fra le mani teneva una piccola scatola di legno decorato, sembrava lavorato a mano. L’appoggiò con delicatezza sul tavola e fece un passo indietro.
<< Puoi aprirla. >> disse in tono sommesso. Mi avvicinai e pulii il cofanetto dalla polvere soffiandoci sopra poi lo aprii facendo attenzione a non romperlo o rovinarlo. Al suo interno erano ammucchiati parecchi oggetti che sembravano appartenere ad una liceale, come se mi avesse letto nel pensiero zia Gemma parlò:
<< Sono i miei ricordi dei tempi del liceo, l’ultimo periodo felice della mia vita. >>
La prima cosa che notai fu una collana d’argento: il tempo sembrava non averla nemmeno toccata, era lucida e brillante proprio come se fosse stata appena acquistata. La feci scivolare tra le mie mani e osservai il pendente a forma di luna, sembrava incompleto, nello spicchio del satellite c’erano alcune strane rientranze a forma di punta.
Nella mia mente comparve l’immagine di una collana simile, con un pendente a cuore, che Abby portava sempre al collo. Il cuore era spaccato a metà e l’altra parte pendeva da una catenella simile indossata da Cara. I due semi-cuori s’incastravano alla perfezione, “Perché ognuna è la metà mancante dell’altra, senza Cara non sono completa” era così che Abby ne aveva descritto il significato.
<< Chi possiede la sua altra metà? >> zia Gemma parve stupita dalla mia domanda.
<< Te ne sei accorto? >> rimase in silenzio per un po’ mangiucchiandosi le unghie prima di rispondere con un sospiro di tristezza
<< La mia migliore amica, Alexis Campbell. >> La catenella mi scivolò dalle mani e precipitò nuovamente nella scatola con un tonfo sordo, Alexis.
<< La madre di Abby? >> lei annuì con un lieve movimento della testa.
<< Tu la conoscevi? >>
<< Come ho detto era la mia migliore amica e non era l’unica. Cerca la foto sul fondo. >> Si voltò verso la finestra, dandomi le spalle mentre si stringeva le mani sulle braccia strofinandole come se avesse freddo.
Rovistai fino a trovare la fotografia: ritraeva cinque ragazzi seduti sulla scalinata della Wahoo High School.
Sulla sinistra c’erano un ragazzo e una ragazza: lui era seduto qualche gradino più in alto di lei e l’abbracciava da dietro, lei stringeva le mani del ragazzo, la testa rivolta all’indietro per guardarlo e sorrideva. I capelli ricchi e biondi erano gli stessi per non parlare poi degli inconfondibili occhi verdi, si trattava senz’altro di zia Gemma.
In quanto al ragazzo non avevo idea di chi fosse anche se stuzzicava qualcosa nella mia mente come se l’avessi già incontrato da qualche parte. Spostai lo sguardo sul resto della fotografia: c’era una ragazza con la testa appoggiata sulla spalla di un ragazzo che a sua volta la cingeva con un braccio e con l’altro tirava un pugno amichevole all’ultimo rimasto.
Lei era la fotocopia di Abby.
Gemma, che nel frattempo si era spostata alle mie spalle silenziosa come un fantasma, l’indicò trattenendo un singhiozzo.
<< Lei è … era Alexis. >> Somigliava ad Abby in tutto e per tutto tranne per il fatto che non portava gli occhiali.
<< Gli altri chi sono? >> Partì dall’ultimo ragazzo in fondo, quello che veniva colpito dal pugno dell’altro, aveva i capelli tagliati corti ma si capiva lontano un miglio che erano biondi, gli occhi azzurri erano spalancati per la sorpresa.
<< Questo è Dan, Daniel McKaine. >> Il padre di Ethan, in effetti si assomigliavano. Poi passò al ragazzo che stringeva Alexis: anche lui aveva gli occhi azzurri ma di una tonalità più intensa di quella di Daniel, i capelli neri sparavano in ogni direzione possibile sfidando la forza di gravità. Sogghignava divertito e solo dopo averlo osservato meglio capii di chi si trattava, infondo l’avevo appena incontrato.
<< Lui è Christopher Gray. >> Lo conosceva, lo conosceva sul serio.
Il suo dito si mosse veloce spostandosi sull’ultima persona rimasta.
<< E lui è … >> la voce le si smorzò, rotta dal pianto. Zia Gemma non piangeva mai, quella persona, chiunque fosse, doveva essere stata molto importante per lei; doveva avergli spezzato il cuore. Lo guardai meglio mentre lei cercava di riprendersi: i capelli erano castani, di qualche tonalità più scura di quelli di Alexis e Abby; gli occhi erano nocciola e anche se sorrideva era come se da loro fuoriuscisse un vento gelido che mi penetrava fino al cuore facendomi rabbrividire. Distolsi lo sguardo. Gemma si asciugò gli occhi e tirò su col naso.
<< Doveva essere una persona speciale e anche un gran bastardo se ti basta guardare una sua foto per piangere. >> Un piccolo sorriso fece capolino sulle sue labbra umide di lacrime.
<< Era il mio ragazzo, l’ho amato con tutto il cuore ma lui non è mai stato capace di ricambiare. È sempre stato irrimediabilmente innamorato di Alexis e alla fine ha ottenuto ciò che voleva. Come sempre del resto. >> Un’orribile sensazione di disagio e un muto terrore incominciarono a farsi strada dentro di me strisciando come viscidi vermi mentre iniziavo a realizzare che quel ragazzo dallo sguardo gelido e affilato come una lama a doppio taglio poteva essere solamente una persona …
<< Lui è John Sullivan. >> Il padre di Abby.

Spazio Autrice

Sono riuscita ad aggiornare!
Vorrei complimentarmi con me stessa per essere riuscita a scrivere il capitolo e contemporaneamente: studiare; guardare la terza stagione di American Horror Story in inglese; guardare la seconda stagione di Once Upon a Time; leggere il primo libro di Shadowhunters le origini e andare avanti con gli episodi di Fairy Tail!
Spero di non metterci un'eternità a finire il prossimo -.-"

Ricordo che sto scrivendo in collaborazione con
Abbysullivan.

Al prossimo capitolo!



   
 
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