Fanfic su artisti musicali > Placebo
Segui la storia  |       
Autore: Easily Forgotten Love    02/06/2008    2 recensioni
Sia chiaro da subito che non sogno di fare il musicista rock. Non mi ha mai interessato davvero seguire le orme di mio padre, anzi. Avevo, credo, quattro anni quando per la prima volta sono entrato nel salotto di casa, dove mia madre stava prendendo il the con un gruppo di amiche, ed ho annunciato a tutti che da grande avrei fatto il medico.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
mfe2
Il rifiuto più che chiaro che Cody mi aveva presentato al mio primo timido tentativo di approccio mi aveva gettato nello sconforto nero. Chiaramente il suo “no” non era certo sufficiente a far desistere il mio dannatissimo cuore dal partire in quarta ogni volta che per sbaglio individuavo la presenza di Cody da qualche parte intorno a me, per cui continuavo ad adorarlo in silenzio, dal mio angolo adesso ancora più lontano, e mi disperavo nella vana speranza di trovare un modo per recuperare terreno.
Quando quel modo si presentò spontaneamente, fu una cosa così inaspettata ed assurda che nemmeno lo riconobbi per ciò che era.
Gabriel Peirce era uno dei ragazzi che frequentavano Cody più assiduamente. Sapevo anche che era una frequentazione che andava oltre l’orario scolastico, perché più di una volta mi era capitato di cogliere stralci di conversazione per appuntamenti dopo le lezioni. Per un po’ avevo pensato che tra loro ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ma probabilmente dipendeva solo dalla confidenza che si respirava e dal fatto che Gabriel era bello quasi più di Cody.
Eppure, nonostante tutto, quando quel giorno me lo trovai davanti sulla strada per casa, ebbi difficoltà a riconoscerlo e rimasi un attimo interdetto dopo che lui ebbe richiamato la mia attenzione salutandomi e rivolgendomi un sorriso.
Alzai il volto e ricambiai lo sguardo di un ragazzino della mia età, con un viso così bello ed un’espressione così luminosa e serena, aperta, da lasciare senza fiato. Studiai il suo fisico asciutto, alto e magro, nascosto dagli abiti insoliti: i jeans a vita bassissima, la maglietta dal taglio femminile di un fucsia acceso, le maniche troppo lunghe che si arricciavano sulle mani ed una scollatura a V che lasciava intravedere il collo di una seconda maglietta verde acido ed un laccio di cuoio con un tribale in argento. Aveva un sorriso magnetico, che sgomentava per l’assoluto candore che ostentava, e due occhi di un verde brillante - simile al vetro delle bottiglie per quanto era limpido ed acceso - in cui quel sorriso si rifletteva come in uno specchio.
-…ciao…- borbottai rispondendo al saluto.
Il suo sorriso non vacillò nonostante il mio imbarazzo. Tirò indietro i lunghi capelli castani - chiarissimi, venati di riflessi di biondo appena ramato - che gli ricadevano sulle spalle gonfiandosi in un accenno di onda. Poi saltò giù dal muretto su cui sedeva e mi venne incontro.
-Dì la verità, non ti ricordi chi sono.- mi disse senza alcun fastidio.
Sbuffai a disagio ma annuii.
-Sono Gabriel, mi hai visto con Cody.- mi spiegò con semplicità, fermandosi davanti a me ed agganciando i pollici alle tasche dei jeans, che scivolarono ulteriormente in basso mettendo in mostra l’elastico chiaro dei boxer.
Distolsi immediatamente lo sguardo, arrossendo.
-Sì.- mi affrettai a confermare, ricordandomi immediatamente di lui e realizzando che senza la divisa scolastica e con i capelli sciolti era praticamente un’altra persona…Oddio…non che con la divisa fosse meno intrigante…ma che accidenti andavo a pensare…?! Cercai qualcosa di intelligente da dire, ma non mi venne in mente nulla e così tirai fuori l’unica cosa che mi premeva sinceramente sapere.- Senti, non per farmi i fatti tuoi, ma cosa vuoi da me?
…anche in modo tutt’altro che gentile, riflettei subito dopo.
Gabriel sgranò gli occhi, sorpreso da una domanda tanto diretta e dal tono neutro in cui era stata posta. Io pensai meccanicamente che ero un cretino, ma poi mi arresi all’idea di non poter rimangiare quello che avevo detto.
-Scusa. Magari avevi da fare.- mormorò giustamente lui a disagio.
Scossi il capo, chiudendo gli occhi e tentando di trovare le parole migliori per dirgli “Guarda che ti sbagli, è solo che sono un imbecille ma tu cerca di non farci troppo caso”, senza perdere per questo quel poco di dignità che mi rimaneva.
-No, senti, è che mi hai preso un po’ alla sprovvista.- dissi sinceramente.- Sai, sono abituato ad essere invisibile…- aggiunsi a mezza voce con un sorriso storto.- e tu mi sei apparso davanti e mi hai salutato per primo e…- esitai. Stabilii quanto volessi rendermi ridicolo e poi continuai- sembrava quasi che mi stessi aspettando.- conclusi sbuffando in una risatina divertita prima che ci pensasse lui.
Ma Gabriel non rise affatto.
-Infatti ti stavo aspettando.- ammise invece.
“Ah”
-…come?
Sembrò in difficoltà. Distolse lo sguardo controllando se c’era qualcun altro a parte noi che potesse ascoltare quello che stava per dire, quando si voltò di nuovo e parlò lo fece in tono basso, avvicinandosi a me. Il suo profumo m’investì dandomi letteralmente il capogiro.
Ma da dove accidenti usciva quel tipo?!
-O.k., ora non uccidermi se sarò molto diretto, ma mi sembra idiota girarci attorno.- iniziò prendendo la cosa alla larga e mettendomi subito in agitazione.- Mi è parso che tu provassi…un certo interesse per Cody. Voglio dire, un interesse di un certo tipo…- si spiegò.
A merito di Gabriel devo dire che lui usò tutto il tatto possibile, date le premesse. Tuttavia era anche ovvio che io mi sentissi all’incirca come se mi avessero appena sparato e che mi ritrovassi a boccheggiare senza capire di cosa stavamo parlando esattamente.
Nonostante il qualcosa di cui stavamo parlando mi fosse più che chiaro.
Mi tirai indietro di scatto, nemmeno lui mi avesse schiaffeggiato, e presi a scuotere energicamente la testa ed a negare recisamente.
-Ma che idea assurda!- strillai isterico.- Assolutamente no! Che cosa ti salta per testa?! Io e Cody?! Non sono mica gay, io…
-Guarda che non hai motivo di vergognarti, sono gay anch’io.
“…io sono perfettamente eterosessuale, solo che quel dannatissimo ragazzino ha due occhi che ti si piantano addosso e quindi ti va in pappa il cervello e non ti rendi neppure conto che, in questo preciso istante, a riprova della tua eterosessualità, stai fissando il suo migliore amico come se volessi mangiartelo con gli occhi!...Oddio, Gabriel, ma che diavolo mi fai pensare?!”
Rilasciai l’aria nei polmoni tutta d’un colpo e ne venne fuori un suono molto simile all’“Ah” che avevo pensato solo pochi istanti prima.
Gabriel rise, ma questo non riuscì ad infastidirmi come avrebbe dovuto, istintivamente compresi che non stava ridendo di me, ma che era semplicemente divertito da tutta quella situazione e dalla giusta reticenza che avevo mostrato davanti alla possibilità di fare outing con un perfetto sconosciuto. Così finii per rilassarmi e sorridergli timidamente a mia volta.
-Beh, se ti espongo da subito la mia “debolezza”, non avrai motivo di sentirti aggredito quando dico che mi sono accorto di come guardi Cody.- mi spiegò gentilmente.
-Diamine, è così smaccato?!- piagnucolai io.
Gabriel fece una cosa carinissima con la testa, oscillando da un lato all’altro come se stesse valutando quello che gli avevo chiesto, mi diede l’idea di un bambino piccolo e mi strappò un nuovo sorriso.
-Beh, un po’!- sbuffò alla fine ricambiando il mio divertimento con un pizzico di affetto che mi stupì.- Posso dirti che con tutta probabilità Cody non se n’è nemmeno accorto, ma lui è fatto così, non ci bada neppure all’idea che gli altri hanno di lui e, quindi, non si accorge di quello che suscita intorno a sé.
Non avevo alcuna difficoltà a credergli. Sospirai, consapevole che in modo gentile Gabriel mi stava comunque dicendo che non avevo molte possibilità di farmi notare da Cody.
-O.k.,- assentii mostrandomi decisamente più rilassato.- hai detto che mi aspettavi, ma non mi hai ancora spiegato perché.- gli feci notare con un sorriso rassegnato.
Gabriel mi guardò con un’espressione furbetta, si sporse ancora verso di me e mi sussurrò appena, direttamente all’orecchio.
-Sai mantenere un segreto?- Un brivido mi corse lungo la schiena. Annuii ancora, meccanicamente.- Allora sei invitato alle prove dei Bright Eyes.
-…di chi…?- borbottai senza capire.
Gli occhi verdi di Gabriel brillavano di malizia. Ed io pensai che c’era qualcosa che non mi stava dicendo.
***
La prima cosa che pensai fu che avrei ucciso Gab.
Lentamente, se possibile.
Quindi presi a stabilire esattamente le modalità. E dovetti fermarmi quando Amy, notando il mio silenzio ed il fatto che continuavo a spostare lo sguardo dal viso rosso d’imbarazzo di Luke Perrington a quello sorridente e felice di Gabriel – che stava evidentemente pensando “scusami, Cody, ma ne va della salute fisica di mio fratello, cerca di capirmi.” – mi tirò per la manica della camicia per indurmi a prendere una decisione qualunque ed a spiccicare almeno una sillaba che seguisse il mio saluto all’ingresso nello scantinato che usavamo per provare.
-Bene!- esclamai subito, con entusiasmo. Troppo entusiasmo. Ero chiaramente stato preso alla sprovvista e lo stavo dichiarando al mondo intero. Mentre notavo il rossore sulle guance di quel poveraccio di Perrington aumentare a dismisura, proseguii tentando di controllare il mio tono di voce.- Siamo felici di averti qui, Luke.- mentii spudoratamente, sorridendogli in un modo che sperai sembrasse rassicurante. Lui biascicò una risposta di qualche tipo, che io non ascoltai nemmeno ma ritenni sufficiente per voltarmi a squadrare Gabriel con lo stesso identico sorriso falso stampato in faccia- Posso parlarti un momento, Gab?- domandai.
-Cer…
Ma non lo feci finire, afferrandolo per un braccio e trascinandomelo dietro mentre raggiungevamo un angolo nascosto dello scantinato, mollando Luke a seguirci con uno sguardo da cucciolo impaurito. Lo ignorai.
-Che cazzo stai facendo?!- aggredii immediatamente Gabriel, sibilando a bassa voce perché mi sentisse solo lui.
-Cody, avevi detto tu che ti sentivi in obbligo di scusarti visto il modo in cui ti eri comportato, e che non avevi avuto nessun diritto di farlo, e…- Mi agitai, infastidito, facendogli cenno di tagliare corto.- Pensavo che invitarlo alle prove potesse essere un’idea carina per chiedergli scusa.
-E soprattutto hai pensato che, con lui presente, io mi sarei guardato bene dallo sbranare Mike per essere un cretino totale!- ringhiai io.
Gabriel se ne uscì con un sorrisetto di scusa, ma non disse nulla, confermando quanto avevo appena finito di dirgli.
Fu a quel punto che il resto della band arrivò.
Francis, il nostro batterista nonché la nostra “mascotte”, saltellò – letteralmente – nello scantinato per primo. I suoi occhioni celesti, il suo musetto paffuto ed i suoi riccioletti biondi da puttino si affacciarono alla porta, lui allargò un sorrisone immenso nel riconoscerci, abbozzò un saluto silenzioso e zompettò dentro, adocchiando Luke – che lo fissava come avesse visto un marziano – e voltandosi a me con aria interrogativa. Fu Gabriel a fare le presentazioni, in ogni caso, approfittò di quella intrusione per sfuggire alle mie grinfie e si rigettò addosso a Luke, stringendoselo contro come fosse il suo migliore amico e presentandolo a gran voce proprio mentre suo fratello Mike e Valentina entravano dalla stessa porta usata dal batterista e coglievano tutto insieme il delizioso quadretto di assurdità che eravamo lì dentro.
-Beh?!- esordì Mike con la poca grazia che lo contraddistingue in ogni sua manifestazione.- Cos’è, una festa per sfigati?! Chi accidenti è questo Luke Perrington, Gab?
-Un compagno di corso mio, di Cody e di Amy.- spiegò Gab, tirando una manata rassicurante sulla spalla del povero Luke, quest’ultimo ormai bianco come un cencio lavato dopo l’ingresso della fotomodella / dark lady in viola ed occhi cerchiati di nero profondo e del suo accompagnatore, che era più o meno una versione adulta e “maschia” di Gab: stessi colori, stessi occhi verde bottiglia, stesso fisico asciutto e slanciato, espressione strafottente e prevaricatoriamente arrogante.
Sospirai. Ma poi mi ricordai del motivo per cui ero arrivato allo scantinato quel pomeriggio e la rabbia tornò a prendere il posto di ogni pensiero di pietà e compassione nei confronti di Luke. Accantonai la sua presenza mentre arricciando il naso mi dirigevo verso la mia chitarra, ancora accuratamente riposta nella propria custodia ed appoggiata al muro. Liberai lo strumento ascoltando in sottofondo le voci di Vale e Gab perdersi in una compita dissertazione sul livello di umiliazione sociale che la nostra band voleva raggiungere cominciando a raccattare qualsiasi cosa trovassimo in giro.
Vale ha un modo tutto suo di manifestare il proprio ego. Che è smisuratamente ampio e tragicamente snob. È talmente abituata a badare a se stessa ed alla necessità di nutrire quello stesso ego, che difficilmente si rende conto, quando parla, della sensibilità altrui e dei possibili riflessi che hanno le sue parole su di essa.
Mi tirai in piedi, in tempo per sentire Gab ridere con la solita sincerità disarmante e liquidare il discorso di Valentina con uno scrollare sfarfallegiante della mano dalle dita lunghissime. Io non commentai, Amy raccolse ciò che restava di Luke e se lo portò in un angolo sorridendogli in quel modo dolce e rassicurante che è tutto suo, Mike imbracciò il basso mentre Fran si arrampicava sullo sgabello della batteria e spariva dietro i piatti e Vale mi imitò, liberando il proprio violino elettrico dalla sua custodia ed attaccandolo all’amplificazione. Come sempre Gab aspettò che noi quattro finissimo di collegare gli strumenti e cominciassimo da soli a provare qualche accordo dalle canzoni solite, lui girellava per la stanzetta, un po’ ascoltando la musica ed un po’ canticchiando a voce bassissima il motivetto portante, poi, quando toccava a lui, si avvicinava tranquillamente al microfono e cominciava a cantare.
Vorrei poter dire che quel giorno andò come tutti gli altri. Che come sempre la voce di Gabriel si sposò armoniosamente perfetta con il suono dei nostri strumenti, che questi crearono tra loro quell’alchimia sottilissima ma intensa che ormai era la nostra impronta di gruppo, che Amy e Luke apprezzarono l’esibizione privata che era stata messa su per loro due soltanto…Vorrei poterlo dire perché odio, a volte, il mio modo ridicolo ed infantile di ostinarmi.
Ma è proprio quello che faccio di solito. Mi ostino. E rompo qualsiasi cosa abbia tra le mani pur di far sentire le mie ragioni.
Fu Mike il primo tra noi due a stancarsi. Non che ne fossi stupito, lui è più forte di me, più grosso e più cattivo, ma ha decisamente meno pazienza. Così smise di suonare di botto, tirò il filo dell’amplificatore per staccare il basso e si voltò con una specie di ruggito inferocito a scoccarmi un’occhiata rabbiosa che io ricambiai senza scompormi, limitandomi a togliere le dita dalle corde della chitarra.
-‘Cazzo stai suonando, Cody?!- mi apostrofò sgarbatamente.
Ricacciai il sorrisetto gratuito che mi affiorava alle labbra in fondo alla pancia ed incrociai le braccia sul corpo, rispondendo asciutto.
-Suono il cazzo che mi pare, Peirce.- notificai.
-Non nella mia band!- sbottò lui venendomi incontro con aria minacciosa.- E questa è la mia fottutissima band!- rincarò.
-Non è certo colpa mia se tu sei un coglione che non farsi rispettare dal gruppo!- gli ringhiai contro serrando i denti ed i pugni.
-Fanculo, Cody!
-Fanculo tu, pezzo di merda! Sai che non avresti dovuto iscriverci a quel concorso senza prima chiedermelo!- buttai fuori esasperato.
-Concorso?- sentii chiedere gelidamente alla voce pacata di Vale.
Nessuno di noi due le diede retta.
-Ah, allora è questo che pesa al nostro principino del cazzo!- mi derise Mike impietoso.- Non sia mai che paparino lo sappia! Che sappia che il principino suona la chitarra in una band rock, o mio Dio!- continuò in tono canzonatorio, fingendo svenevoli scene di panico.
-Sei uno stronzo fatto e finito, Mike!- sibilai tirandomi indietro come scottato.
Dietro di noi Amy si sollevò di scatto, avanzando nella stanza, probabilmente per evitare che arrivassimo a picchiarci. Mike mi squadrò freddamente e si strinse nelle spalle.
-E’ la mia band, Cody.- ribadì.- Se non ti sta bene, vai a farti fottere.
Valutai la sua affermazione. Tranquillamente. Poi sfilai la chitarra e tornai alla custodia senza rispondere, posai la chitarra e la sollevai infilandola a tracolla.
-Benissimo.- commentai soltanto.- Trovati un chitarrista.- annunciai uscendo.
Amy mi venne dietro in silenzio. Come sempre.
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Placebo / Vai alla pagina dell'autore: Easily Forgotten Love