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Autore: Ethasia    16/01/2014    1 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima pagina di un libro che ti piace è sempre la più triste. O meglio, in quanto non è la storia ad esser triste, ma sei tu a provare tristezza, sarebbe più giusto dire che l'ultima pagina di un libro che ti piace è la più triste da leggere. Già quando avverti sotto le dita lo spessore delle pagine che si assottiglia sempre di più, quando poi stai per cominciarne una nuova, per curiosità la volti e ti rendi conto che è la penultima, senti il cuore battere leggermente più forte. Senti già la malinconia, perché quel qualche centinaio scarso di fogli fitti di parole è praticamente giunto al termine. Quindi sospiri, riprendi la lettura, ma anche le più felici tra le ultime parole hanno un retrogusto amaro. Sai che non ce ne saranno altre, che se vorrai trovare il seguito della storia potrai cercare solo nella tua fantasia. E non è la stessa cosa.
Perciò sospiro di nuovo. Richiudo quel mondo di meraviglie tra le sue pesanti copertine. Di nuovo, l'ultima pagina è stata la più triste. In fondo, ho sempre la speranza che almeno stavolta non lo sia.
Era un bel libro. Coinvolgente. Evidentemente, così coinvolgente da averlo cominciato questa mattina, finito adesso, e nel frattempo non essermi resa conto che gli altri mi hanno lasciata sola. Lascio vagare lo sguardo per la stanza, ma davvero non c'è nessuno.
No, okay. Simpatici. Di solito si suole avvertire.
Be', tanto vale che me ne vada anch'io; meglio sola fuori che dentro. E se poi i Ragazzi tornano e si preoccupano, peggio per loro e meglio per me. Così imparano.
Mi infilo le scarpe, le mie adorate Dr. Martens che mi seguono ovunque da qualche anno a questa parte, mi rialzo, e mi avvicino alla porta. Naturalmente, com'è spontaneo, aspettandomi di trovarla aperta. Invece stranamente la maniglia non si abbassa.
La guardo. Forse ho fatto troppo piano. Riprovo con più forza, ma niente. Spingo la porta, mi appoggio con tutto il corpo; ancora nulla.
E allora vado nel panico. 
Cristo, sono rimasta chiusa dentro.
Il respiro è più affannato ogni secondo che passa. Agito la maniglia sempre più velocemente, spingo contro quel maledetto pezzo di legno sempre più forte, ma non si sposta di un centimetro. Apriti, maledizione, apriti. Neanche nei miei peggiori incubi..
Con gli occhi ormai lucidi e la forza di volontà concentrata anche sul non urlare, mi butto a capofitto sulla porta, disperata.
L'ultima volta. Perché adesso si spalanca, mi fa finire lunga distesa dall'altra parte. Rimango a terra, affannata e grata a qualsiasi entità mi abbia ascoltata.
Piano piano riacquisto la calma. E mi accorgo che intorno a me ci sono delle voci. Voci che ridacchiano. E insieme al ritorno della lucidità, sento affiorare anche un sospetto.
- Avevo detto che ne sarebbe valsa la pena..
Dio.
La porta non s'era bloccata. Qualcuno la teneva dall'altra parte.
Le risate continuano.
Qualcuno che deve avere dei seri problemi mentali. Da ricovero.
La forza di respirare mi abbandona di nuovo, assieme a quel briciolo di lucidità che avevo ripreso. Ma lentamente mi rimetto in piedi, mettendo con difficoltà a fuoco le facce di chi mi circonda, squadrandole senza vederle bene. Stranamente, l'imbecille che mi aspettavo di vedere non è nei paraggi. Allora continuo a guardarli, sentendo le narici fremere. I sorrisi sono spariti.
- Chi - esordisco, fissandoli nelle cavità che immagino essere i loro occhi uno per uno, - chi è stato il colossale, emerito decerebrato che ha avuto la sfolgorante idea di tenermi chiusa dentro?
Molto piano, da dietro la porta fa capolino Matthew, con quella sua solita arrogante faccia tosta. Butta in fuori il mento, spavaldo. - Perché, Darling, hai avuto paura?
Adesso è come se esistesse solo lui. E' chiaro; se non era uno, doveva essere per forza l'altro, il suo secondo, la sua semi-ombra. Mi avvicino a passi lenti, fin quando son costretta ad alzare gli occhi per guardarlo in viso. - Io - sibilo, sputando odio e veleno ad ogni sillaba, - sono claustrofobica, pezzo di cretino che non sei altro.
Passa un lampo abbagliante nei suoi occhi grigi; nient'altro. E quell'aria di superiorità che ritorna al suo posto come se non l'avesse mai lasciato. - Era solo uno scherzo - mi fa notare, freddo, il tono di sfida.
- Credo che tu non abbia capito - ribatto, sentendo il cuore accelerare e la rabbia fluire al posto del sangue. - Ti ho appena detto..
- Ti ho sentita - mi interrompe, duro. - Non lo sapevamo, e pensavamo che sarebbe stato divertente. In effetti, lo è stato. Onestamente, non è colpa mia se ti basta un granello di polvere fuori posto per andare nel pallone..
- Allora sei completamente idiota! Cosa potevo saperne che c'eravate voi qua dietro a fare gli imbecilli..
- Perché, cos'altro pensavi che potesse essere successo? - mi chiede in tono di scherno.
- Qualsiasi cosa, tranne che aveste un senso dell'umorismo così perverso! Altro che aria, al posto del cervello hai solo segatura!
- Vedi di calmarti..
- Si può sapere cosa accidenti avete da urlare? -. Mi volto di scatto; vedo Peter rialzarsi, appena caduto dallo scivolo, guardare me e Matthew con aria alquanto confusa e venirci incontro. - Che cosa avete combinato?
- Fattelo spiegare da lui - rispondo; per una volta che non mi ha fatto niente, vorrei lasciarlo fuori dalla mia collera. Scocco un'ultima occhiata di fuoco a Matthew, che ricambia con tutto il disprezzo che sembra avere in corpo; poi mi fermo davanti a John e Michael.
- Per fortuna - commento gelida - che tra fratelli ci copriamo le spalle.
Abbassano le teste, mortificati.
Per ora è sufficiente. Volo fuori come una saetta; penso di non aver mai avuto così bisogno di una boccata d'aria.
  
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