Losing the meaning
“Il maggiore Armstrong è stato rispedito a casa a calci in culo”
Sebbene il tono sia ironico, a Maes non sfugge il retrogusto amaro dell’invidia.
“Era da scommetterci sopra: non avrebbe retto a lungo, lo sapevamo tutti…”
“Già… Avrebbe fatto meglio a restare a Central, senza darci fastidi.”
“Vuoi
dire senza
ricordarci che fare discorsi del genere non è
umano?”
Così vorrebbe rispondere a Roy, ma non è sicuro di riuscire a tenere insieme i pezzi in cui l’amico si frantumerebbe. Certe verità, conosciute da tutti, persino dai singoli granelli di sabbia su cui strascicano i piedi, è bene non vengano pronunciate ad alta voce – formule dissolutive di un incantesimo di cui vogliono disperatamente rimanere prigionieri.
“Hai visto Riza?”
Maes indica l’esile figura infagottata nel pastrano sbiadito con il mento, come se persino pronunciare il nome di lei potesse incrinare l’equilibrio che ha faticato tanto a costruire. O forse solo perchè non ammetterà mai di poter provare quel genere di rancore che non chiamerà mai con il suo nome – ma l’alchimista di fuoco non è uno stupido, e come l’invidia, la gelosia è un sentimento relativamente facile da individuare.
Diamo tempo al tempo, conclude Roy mentre si alza stancamente e la raggiunge, senza voltarsi indietro una sola volta: tempo al tempo, tempo all’amico che comprenderà, accetterà, prima o poi.
Riza rigira la tazza fumante di brodo tra le mani, soffiando di tanto in tanto sul liquido scuro e decisamente poco invitante.
Non ha bisogno di sentire il “vieni” appena sussurrato alle sue spalle. Si alza ancora prima di vedere la sua ombra affondare tra le increspature provocate dal suo respiro, sulla superficie della minestra bollente.
“Un altro codardo se n’è andato…”
Dice solo questo, mentre le tocca la guancia con la punta delle dita, al riparo dentro la tenda logora scossa dalle raffiche di vento.
“Non credo che il maggiore Armstrong fosse un codardo. Forse era solo un uomo troppo buono per rimanere qui.”
E’ una delle frasi più lunghe che le abbia mai sentito dire. Sfiora appena le sue labbra nuovamente mute con il pollice, come se non fosse sicuro di averle viste muoversi, emettere alcun suono.
Un piccolo sorriso cerca di aggrapparglisi al viso con tutte le sue forze, e Riza sa - sa come gli anziani quando scrutano il cielo e annunciano i cambiamenti inafferrabili del tempo, sa come gli indovini chini sui loro cerchi di carte e ossa; sa come la compagna di una vita - che è l’inizio della fine.
“A volte vorrei avere il coraggio di essere un codardo…”
Tiene il viso di lui tra le mani - i palmi caldi contro le sue guance pallide, la presa decisa: non ti lascerò cadere. Non i lascerò cadere mai, un soffio veloce contro le sue labbra – trattiene le sue lacrime invisibili nelle dita chiuse a coppa, mentre lo bacia.
Eccomi qui!
Oggi sono
di buon umore: mi sono vista la parata del 2 giugno qui a bologna e
come
sempre, tante divise in una botta sola sono peggio di una droga (una
mia amica
mi ha trascinato verso i reggimenti ala fine della cerimonia, per fare
delle
foto: per quanto il mio cuoricino di fissata scoppiasse di gioia,
volevo solo
scavarmi una buca e sprofondare di vergogna! Beata lei che è
così spigliata…).
Senza contare che qui c’era un sole allucinante (al contrario
di Roma), tanto
che mi sono addirittura strinata, a stare due ore in piedi. Il caldo
non è
nemmeno da menzionare: mi chiedo come facessero tutti quei poveretti
sull’attenti…
Ops, sto
divagando un
po’ troppo… Nel caso non si fosse capito, sono una
grande fan delle forse
armate ^^”…
Torniamo ad
un altro
esercito, ad altri soldati e a situazioni ahimè, non
così rosee.
Un altro
capitolo
“digestivo” (l’ultimo, lo prometto), per
così dire: oltre ai nuovi sviluppi
nella relazione tra Roy e Riza, anche la reazione di Maes alla cosa
rimane in
sospeso, ma è una cosa voluta. Da quello che so. Prima di
discutere con un
amico, si tende a rimandare e a ingoiare rospi su rospi, aspettare in
silenzio
una risoluzione del problema spontanea che però puntualmente
non si verifica.
Insomma, citanto Roy:
tempo al tempo.
Nel
frattempo, ne ho
approfittato per menzionare un episodio che deve essere stato
importante per i
nostri personaggi, nonostante l’Arakawa non abbia mostrato le
loro reazioni
all’accaduto: l’insubordinazione e il congedo di
Armstrong.
Ho provato
ad
immaginare cosa avrebbero pensato tutti e tre (ma in particolare Roy)
del
comportamento di quest’uomo, che cosa il suo atto (io suo
crollo) avrebbero
provocato in loro.
Ho giocato
molto sul
significato di coraggio/codardaggine, perché mi è
sembrato che a Ishvar, non si
riesca a capire bene se sia da codardi lasciare il campo di battaglia,
o
continuare a compiere carneficine per eseguire gli ordini. In effetti,
non
saprei proprio quale delle due strade sceglierei se fossi nei panni di
uno di
loro…
Aggiornerò
il prima
possibile. Bacioni!
PS x
Rosicrucian e
Nami: Dunque. Io non sono un genio del computer (piuttosto, il
contrario…) ma
spero di essere d’aiuto e non dire cavolate: se per categorie
intendi i Tags,
ogni volta che scrivi un post nuovo, di fianco al riquadro
c’è uno spazietto
rettangolare dove puoi scrivere il nome della categoria di volta in
volta (e
che viene memorizzata, per cui se vuoi usare una stessa categori per un
altro
post, basta ciccare su quadratino del nome, o più di uno se
vuoi dare a un post
più etichette contemporaneamente). Poi, se vuoi modificare
la categorie, sempre
nella finestra che apri per scrivere un post nuovo, se guardi in alto
trovi
scritto “Tags”: se clicchi lì sopra ti
si apre un elenco di tutte le categorie
che hai fatto fino a quel momento (con anche il numero di post scritti
per
ognuna) e se clicchi “aggiorna” puoi modificarne il
nome. Spero di non aver
fatto confusione… comunque splinder da questo punto di vista
è stupendo perché
rispetto ad altri siti è molto chiaro. Beh, buon blog
allora! ^^
Alla
prossima!