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Autore: Big Foot    17/01/2014    1 recensioni
Alberto è un ragazzo giovane, una matricola all'università; è autoironico da sempre e adora prendersi in giro, ma nonostante questo è felice della sua vita, regolare e per niente avventurosa, monotona nelle sue abitudini, ma proprio per questo priva di fastidiose sorprese inaspettate. Questa è la storia di come la sua vita (o la mia vita, sta a voi sceglierlo) cambi di colpo e di come, inaspettatamente e suo malgrado, si riempia di avventure.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-14-
Il mattino dopo mi svegliai presto, sgusciai fuori dalle coperte e andai in cucina a preparare la colazione per entrambi: the caldo alla vaniglia, biscotti al burro e qualche mandarino. Misi tutto su un vassoio e lo portai in camera, poi lo posai ai piedi del letto e provai a svegliare Elena.
"Ele, mi senti? Svegliati, su."
"Mmmmmvaffanculo."
"Ti ho portato la colazione, so che la vuoi."
Lei aprì lentamente gli occhi, "Mi vuoi prendere per la gola?"
"No, per il culo... Mettiti seduta che prendo il vassoio."
Facemmo colazione a letto, passandoci a vicenda i biscotti, sorridendo in silenzio. A volte il silenzio è imbarazzante, ma ci sono alcuni momenti in cui il silenzio riesce a comunicare molto di più di quanto possano fare le parole; e quello era uno di quei momenti. Dopo una doccia calda decidemmo di iniziare il trasloco e, visto che nessuno di noi due aveva la macchina, decisi di chiedere aiuto a Marco. Decidemmo di incontrarci sotto casa mia, così prendemmo il tram e ci avviammo.
"Sicura che non è un problema se mi trasferisco da te, vero?"
Lei sbuffò, a metà tra il divertito e l'irritato, "Hai un'altra opzione, caro?"
"Non è una risposta. Non voglio crearti disagio."
"Allora vedila così," disse lei guardandomi dritto negli occhi, "te l'ho proposto perché lo voglio. Sto bene con te, sei una persona piacevole e per me non sei solo un amico."
"Ah. E cosa sono allora?"
"Diciamo un "consorte in prova"," mi rispose, appoggiandosi bene sul sedile, "sempre se questa cosa non ti metta in soggezione."
Sorrisi, "No, no, anzi... È che sta accadendo tutto molto in fretta e..."
Mi baciò all'improvviso, a lungo, con tanta dolcezza. "Prenditi tutto il tempo che vuoi per capire se è quello che vuoi anche tu o no, va bene?"
"Io... Va bene. Grazie, davvero..."
"Ma tranquillo. Ora andiamo, che la prossima è la nostra."
Arrivammo sotto casa mia, o meglio, sotto quella che per poco ancora potevo definire "mia". Marco era già lì e, dopo le necessarie presentazioni, salimmo per iniziare a imballare le mie cose.
Dopo un'oretta di lavoro Elena disse "Certo che ne hai di roba, eh?"
Io sorrisi, "Sicura di volermi ancora ospitare?"
E per tutta risposta mi arrivò un cuscino proprio in faccia, seguito dalle risate di Marco e da "Ne hai di palle, ragazza!"
Visto che la macchina era piccola impiegammo un intera giornata per portare gli scatoloni a casa di Elena ed erano ormai le sette quando ormai, stanchi e sfiniti, portammo giù gli ultimi. Davanti il portone incontrammo quel simpaticone di Goffredo che, con il solito ghigno malefico, si complimentò per la celerità che avevo dimostrato.
"Ah, quindi tu sei il suo ex padrone di casa," chiese Elena.
"Sì, sono io. Perché me lo chiedi? Sei rimasta impressionata dai miei bicipiti?"
Io guardai Elena e vidi nei suoi occhi un odio così profondo da definirsi ancestrale, persino Marco se ne accorse, mentre l'unico a non averlo notato era quel tonto palestrato che le stava di fronte.
Se ne accorse solo quando vide che la gamba di lei si stava avvicinando molto rapidamente alle sue palle, e immagino se ne accorse anche dopo, quando, steso a terra, si senti apostrofare "brutto stronzo di merda". Io e Marco eravamo allibiti, con delle espressioni così sconvolte da sembrare comiche stampate sul volto.
"Su, forza. Andiamo," dissi io, e così prendemmo baracca e burattini e ci infilammo in macchina.
Dopo un po' di silenzio, un silenzio imbarazzante stavolta, mi azzardai a parlare:
"Ricordami di non farti mai incazzare."
"Neanche io ci tengo," proseguì Marco, "il mio attrezzo mi serve, porca puttana!"
Lei rise sonoramente, "Tranquilli ragazzi, lui se lo meritava, e non vi ci vedo a fare gli stronzi."
"Neanche un po'?"
"Sicura al cento per cento?"
"Così mi fate preoccupare però!"
E con una risata mettemmo da parte quell'evento. Portammo su gli scatoloni e poi Marco mi fece capire che doveva parlarmi in privato, così lo accompagnai alla macchina.
"Allora, ti sei sistemato, eh?"
"Non proprio," risposi io, "è più complicato di quanto sembri. Per ora diciamo solo che siamo coinquilini."
"Aha, okay. Sicuro di non averci scopato? Neanche una volta?"
Sospirai, "Sì, un paio di volte, perché?"
"Ma niente, così, per sapere. Un'altra cosa, Andrea ti vuole parlare."
"Beh, può chiamarmi, no?"
"Lei preferirebbe di persona, sai com'è..."
"No, non lo so com'è. L'ultima volta che ci siamo visti usciva con uno e non ci sono rimasto molto bene."
Stavolta sospirò lui, "Senti Alby, io sarò sempre tuo amico, e lo capisco che per te è stato un periodaccio, ma concedile almeno 'sta possibilità. Fallo per me, sennò con chi si sfoga secondo te?"
"Mmm, domanda da un milione di euro... Scommetto che si sfoga su di te."
"Ma va? Ti chiamavano Sherlock al liceo?"
"Spiritosone," dissi, e gli diedi uno spintone giocoso, " e va bene, diamogliela 'sta possibilità. Dille che può scegliere lei quando e dove incontrarsi, okay?"
Lui disse che l'avrebbe fatto e poi mi disse un'altra cosa su di lei, una cosa che mi fece sgranare gli occhi.
"Ah. Ma davvero l'ha fatto?"
"Eh sì."
"Wow... Non so che dire davvero... Appena mi riprendo ne riparliamo o ne riparlo direttamente con lei..."
"Va bin, io vado adesso, okay? Ci si sente!"
"Ciao demente," dissi, e ottenni un bacetto in risposta.
Tornai a casa e Elena mi chiese se andava tutto bene, "Sì, tranquilla. Doveva solo chiedermi se avessimo fatto qualcosa."
"A letto?"
"Fammi indovinare, ti piace dire ovvietà vero?"
Quella sera scoprii che una donna può farti molto male usando solo una borsa .
-15-
Quei giorni con Elena erano fantastici, mi sentivo davvero bene, in pace con me stesso. Ci divertivamo, parlavamo sul divano o a letto e i momenti, anzi, le nottate sexy non mancavano. Iniziai a non radermi più, cosa che a lei piaceva molto e piaceva molto anche a me, ho sempre considerato un'agonia il taglio della barba. Un giorno stavamo lavando i piatti un po' scherzando e un po' giocando, quando, ad n certo punto, mi arrivò un messaggio di Andrea sul cellulare, nel quale mi diceva che dovevamo parlare. E basta. Niente ciao, niente a presto, solo quello. Io le risposi che se voleva potevamo vederci anche quel pomeriggio stesso, lei mi disse un luogo. Era quella piazza, quella di Roberta, quella dove mi aveva piantato. Non poteva andare bene, già lo sapevo. Dissi tutto ad Elena e lei, a malincuore, mi lasciò andare, diciamo; la baciai e le dissi che sarei tornato presto.
Mi diressi verso quello strano appuntamento col cuore in gola, immaginandomi mille scenari uno peggiore dell'altro. Faceva freddo e nevicava, proprio come l'ultima volta e questo non fece altro che peggiorare la situazione. Quando arrivai ci misi un po' a vederla: era sulla statua in mezzo alla piazza, in alto; mi diressi verso di lei e la salutai, lei per tutta risposta mi sputò accanto. Io guardai la saliva a terra, poi lei e le chiesi che diavolo volesse dire. Lei mi guardò male, molto male, e disse:
"Vuol dire che sei uno stronzo, ecco che vuol dire! Come hai potuto?? Come puoi farlo?? Io e te, per i miei parenti, persino per i miei amici, eravamo fatti per stare insieme! Eravamo perfetti l'uno per l'altra! Lo dicevano tutti, tutti quanti! E tu, invece, cosa fai?? Appena puoi ti infili nel letto della tua ex!"
E mentre diceva queste cose urlava, si metteva le mani ai capelli e piangeva a dirotto. La lasciai fare per 5 minuti, poi mi arrabbiai e iniziai a urlare anche io:
"Okay, sono stato a,casa della mia ex, non abbiamo fatto sesso, ed ero ubriaco! Ubriaco marcio per essere precisi!"
"Ah, bene! Vantatene, mi raccomando!"
"Sì, accidenti, almeno io mi sono divertito un po'! E tu, proprio tu, non puoi proprio lamentarti!"
"E perché, sentiamo!?"
"Non ti ricordi? Non ricordi di tutti i ragazzi con cui sei uscita dopo quella volta? Ti sei dimenticata presto di me, eh? Marco me ne ha parlato qualche giorno fa e devo proprio dire che ci sono davvero rimasto molto male..."
"Io..."
"No no no, niente io! Tu non hai alcun diritto di trattarmi a pesci in faccia così! Sei scappata, pur di non risolvere il problema hai trovato altri che saziassero il tuo bisogno di affetto... Mi fai davvero schifo Andrea. O dovrei chiamarti Alessia?"
Lei si asciugò gli occhi, "Nessuno mi chiama col mio secondo nome e anche tu sai quanto io lo odi!"
"Sì che lo so, sennò non l'avrei usato!"
Ricominciò a piangere a dirotto e poi iniziò a urlare che non lo sopportava quel nome, che quel trattamento non era giusto, che ero uno stronzo e che le stavo facendo male.
"Perché," mi chiese tra le lacrime, "perché mi tratti così?"
"Perché te lo sei meritato! Per tutte le volte in cui non mi hai risposto, per tutte le volte in cui non mi hai cercato e hai cercato altri! Io c'ero, volevo esserci! Sarebbe bastata una chiamata, un messaggio! Ma no, meglio non rischiare! Meglio sparire! Sai che ti dico? Vaffanculo Alessia."
E me ne andai così, mentre lei piangeva e si passava le mani tra i capelli corti.
Io incazzato come una biscia, lei triste come non mai.
  
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