Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: ThePurpleWolf    17/01/2014    0 recensioni
Uno sguardo, un sorriso. Gli amici veri si capiscono con poco.
E se oltre l'amicizia ci fosse qualcosa di più?
Londra, epoca Vittoriana. In questo contesto si apre la storia di due ragazzi legati fin dalla nascita da un'amicizia speciale.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edgar Redmond, Lawrence Bluer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Edgar, sei bellissimo", disse sognante Josienne, ronzando attorno al giovane.

Edgar sbuffò: "Madre, per favore…"

"E' il giorno delle tue nozze, dovresti essere felice e sorridente".

"Non… non sono felice, non posso sorridere".

"Come sarebbe? Pensavo che il tuo sogno più grande fosse sposare una dolce fanciulla e…"

"Per favore!"

"Ho capito, ho capito… ti lascio da solo. Vedi di calmarti un po'".

Josienne uscì frettolosamente dalla camera del figlio. Nonappena la porta si chiuse alle sue spalle, Edgar tirò un lungo sospiro rassegnato. Quel giorno di metà settembre gli avrebbe cambiato la vita per sempre e lui non voleva. Non voleva legarsi ad una persona, non faceva per lui, ma soprattutto non voleva sposare una ragazza, quella ragazza. Non gli interessava, non era ciò che voleva veramente. Una vita da uomo sposato non era quel che pensava per se stesso, si sarebbe visto molto più volentieri libero e spensierato come lo zio Aleist.

Si voltò verso il lungo specchio decorato affianco al davanzale: l'elegante frac che indossava lo risaltava dandogli l'aspetto del vero lord inglese, raffinato e galante, come lui aveva sempre voluto mostrarsi agli altri; ma stavolta era diverso, non si sentiva per niente a suo agio. Il ripetitivo ticchettio delle lancette dell'orologio che scandivano il trascorrere del tempo rendeva l'atmosfera ancora più tesa, l'aria si faceva irrespirabile sotto tutta quell'ansia. A romperne il regolare battito fu il rumore ben più grave del bussare alla porta. Redmond scosse il capo per riprendersi dai suoi pensieri e domandò: "Chi è?".

Aprendosi, la porta fece largo all'inconfondibile chioma bluastra di Lawrence.

"Non sei ancora pronto, Redmond?", domandò in tono austero.

Il biondo si sentì sollevato nel vedere il volto familiare dell'amico. Gli lanciò un fugace sguardo di rassegnazione, quasi volesse implorarlo di stargli accanto. "Non voglio farlo", sospirò Edgar.

Lawrence rimase impassibile. "E' solo perché si tratta di mia sorella, vero?"

"No Lawry - si affrettò a rispondere - è che… Non me la sentirei in nessun caso. Potrebbe anche trattarsi di una principessa o della donna più bella del mondo, ma credo non me la sentirei comunque".

I suoi occhi scarlatti si rabbuiarono poco a poco.

Il silenzio calò nella stanza per qualche istante, finché Bluer non si avvicinò a Edgar lentamente.

"Il matrimonio non fa per te, ti conosco", disse bonariamente lui, guardando quel suo volto così affranto.

Redmond sorrise tristemente: "Mi conosci bene".

Sistemandosi gli occhiali, Lawrence prese coraggio: "Sono quasi venticinque anni che ci conosciamo -possiamo dire di essere nati assieme-, e in tutto questo tempo non ti avevo mai visto così…"

"Miserabile?"

"Direi più che altro… rassegnato. Tu che sorridi sempre, vedendo il lato positivo delle cose"

Edgar sforzò un sorriso alle sue parole, ma finì per farsi ancora di più del male da solo.

"Ricordi? - disse Lawrence improvvisamente melanconico - Sei sempre stato tu a preoccuparti per me ogni volta che mi vedevi giù".

Redmond lo guardò fisso, incrociando i suoi profondi occhi blu.

"Ti sei preso cura di me e ti sei sempre dato da fare per farmi tornare il sorriso".

Lawrence si avvicinò ancora, fermandosi a un passo dall'amico. Lo guardò dritto negli occhi e allungò le labbra in un dolce sorriso, un sorriso che Edgar riconobbe: era lo stesso di tanti anni addietro, di quando erano ancora bambini.

"Ora tocca a me fartelo tornare".

Si sporse leggermente in avanti, posando una mano sul volto di Edgar e appoggiò le labbra sulla sua guancia per un lungo secondo.

Il tempo sembrò fermarsi per qualche istante.

Lanciando un altro sorriso sfuggente, Bluer indietreggiò per lasciare da solo l'amico. Redmond riprese gradualmente a respirare, stupefatto dall'azione dell'amico. Arrossì un poco e finalmente riuscì a sorridere di cuore.

"Grazie".

Si congedarono con una semplice occhiata di complicità. Le nozze si celebrarono come se nulla fosse: tradizionale scambio delle fedi, ricco pranzo con i parenti, il tutto accompagnato dal falso sorriso di Edgar. Ancora non era pronto alla vita matrimoniale, ma le parole di Lawrence gli avevano infuso sicurezza e tranquillità tanto da convincerlo ad andare anche contro il suo volere.

Arrivò la sera e i festeggiamenti stavano giungendo al termine.

"Edgar, accompagno le mie sorelle alle loro carrozze, torno subito", canticchiò la voce allegra di Rebecca.

Edgar fece un cenno con la testa per poi voltarsi verso il giardino della casa dei Redmond. In mezzo al prato si ergeva un lungo tavolo in legno scuro, coperto dalle mille stoviglie sporche e dagli avanzi di cibo che poco a poco venivano portati via dai servitori. Gli ospiti stavano lentamente tornando alle proprie dimore, fino a quando gli unici rimasti non furono Edgar e Lawrence.

"Lawrence", lo chiamò.

"Sì?"

"Promettimi una cosa".

"Che cosa, Redmond?"

"Che rimarremo sempre amici".

L'altro si voltò perplesso a guardarlo.

"Promettilo", insistette il giovane Redmond.

"Promesso", sorrise appena.

Bluer tirò un breve sospiro alzando gli occhi al cielo. Lo sapeva fin da quando era un bambino, anche se non l'aveva mai ammesso: Edgar era sempre stato il suo unico punto di riferimento, l'unica persona con cui si sentisse libero di esprimersi. Erano molto più che amici, erano migliori amici.

  
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