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Autore: Celeste9    18/01/2014    1 recensioni
“Non c’è niente di più pericoloso del demone della fantasia acquattato nell’animo femminile” (Isabel Allende).
Questa è una raccolta di OS di tutti i generi, prevalentemente romantiche, su quello che io considero il sesto membro degli One Direction.
(Da una delle storie) “La gioia che provo quando sono insieme a Josh mi fa quasi paura, non so se si tratti veramente di amore, ma, qualsiasi cosa sia, è una sensazione bellissima: mi sento come se la sua anima avesse riempito all’improvviso il vuoto che sentivo nella mia”.
CREDITS: il titolo della raccolta è un verso di “Drunk” di Ed Sheeran; i titoli delle varie OS sono quasi tutte canzoni dei Toto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josh Devine, Nuovo personaggio
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell’autrice: ho scritto la prima stesura di questa storia sull’aereo che mi riportava a casa da Londra. Dopo pochi giorni le fans hanno scoperto dove si trovava casa di Liam e lo hanno assediato. Lui dà la colpa agli amici che hanno fotografato il suo palazzo, ma secondo me è stata la mia vicina di posto che aveva gli occhi più su quello che scrivevo che sul suo libro.

99

Oh 99, I love you

La panchina è fredda e l’erba umida: ha piovuto parecchio stanotte e il sole di questo giovedì di gennaio non è ancora riuscito ad asciugarla completamente. La giornata è splendida, sono nel parco di Primrose Hill: di fronte a me si staglia il panorama mozzafiato dell’intera città di Londra, ma non lo vedo neanche: il mio sguardo è incollato sull’orologio.

Il rombo di un’auto sportiva rompe la quiete di Primrose Road; alzo la testa e comincio a sorridere: è incredibile come basti pensare a te per distendere automaticamente i muscoli della mia bocca. Sali di corsa sul promontorio, arrivi in cima in un baleno senza un filo di fiatone, al contrario di quanto è successo alla sottoscritta, ma d’altronde se ti dico sempre che sei malato di palestra e tu mi chiami ogni volta Lazy Mofo, un motivo ci sarà.

-Ciao Joshy.

-Ciao hunny!

Ci voleva questo incontro, da soli, senza gli amici, dopo il mezzo disastro di ieri; siamo finalmente uno di fronte all’altra, sprofondati nell’imbarazzo: io con le mani ostinatamente piantate nelle tasche del montgomery e le tue impegnate a giocherellare col portachiavi dell’auto.

Ti passi nervosamente la mano tra i capelli che ormai hanno perso tutto il biondo, poi spalanchi le braccia e mi dici:

-Fatti abbracciare!

Non aspettavo altro! Affondo la faccia nella tua spalla larga, il pelo del tuo giubbotto mi solletica il naso, hai un buon profumo che non riesco a identificare, dolciastro con una nota di fondo di tabacco, io odoro sicuramente di metropolitana, della doccia che ieri notte, dopo il nostro giro di locali, non sono riuscita a fare poiché l’unico asciugacapelli dell’albergo non era disponibile, ma a te sembra non importare e strofini la guancia contro i miei codini e mi sussurri qualcosa che sinceramente non capisco, ma sono troppo emozionata per chiederti di ripetere. È stato per ricevere quest’abbraccio che ho trovato il coraggio di mollare tutto e tutti fuggendo qualche giorno a Londra e forse è importante anche per te giacché hai rimandato di una settimana la tua partenza per Los Angeles pur di incontrarmi.

Eccomi qua Joshy, vorrei dirti tante cose, ma non ce la faccio ed è un impedimento contagioso poiché sembra che nessuno dei due si ricordi come si fa a parlare, sorridiamo e basta, poi all’improvviso scoppiamo a ridere per l’imbarazzo ed è in quel momento che il ghiaccio s’incrina.

-Ma quanto profumo ti sei messo?- ti chiedo, rendendomi conto che il tuo odore si è trasferito sui miei vestiti.

-Ci sono caduto dentro come Obelix nella pozione.

Saliamo in auto. Per i miei capelli lunghi la capote abbassata non è certo la cosa migliore, così cerco di infilarli il più possibile nel cappello,  tu senti caldo, hai sempre caldo a dire il vero e non ti rendi conto che mi si sta congelando il naso a causa della velocità e del clima più pungente di quello a cui sono abituata.

Al primo semaforo te lo confesso, tu ridi come un matto, poi pigi un pulsante.

-È l’auto dei Trasformers- mi dici tutto orgoglioso come un bambino che mostra il giocattolo nuovo ricevuto a Natale, mentre azioni il meccanismo che mi mette al riparo dall’assideramento, ma non dai vari gradi di paura che mi provocano la tua guida spericolata, il vedere sfrecciare le auto dalla parte, per me, sbagliata e soprattutto l’averti così vicino in quell’abitacolo stretto.

C’era proprio bisogno di metterti in maglietta? Capisco che con quelle braccia enormi il giubbotto ti dia fastidio perché ti tira, ma così non riesco a staccare gli occhi dai tuoi tatuaggi: sono perfetti, Kat Von D è l’unica da cui mi farei inchiostrare la pelle.

Non riusciamo ancora a parlare, così accendi la radio. Inizia “Fight for you” di Jason Derulo e ci guardiamo ancora con complicità, ricordando le volte che mi hai tormentato con “Talk dirty to me”, ma soprattutto perché le note di fondo sono della canzone dei Toto che amo di più, sono di quel gruppo che piace tantissimo a entrambi e che ci ha fatto conoscere.

-“Destino, smetti di provocare!”-penso tra me e me mentre parcheggiamo a Canary Wharf. Con tutti questi grattacieli non sembra neanche di essere a Londra, ma neanche io mi riconosco più e anche tu non sembri lo stesso, con quell’espressione timida dipinta sul tuo bel volto che non si addice al tuo carattere spavaldo.

Mi mostri l’edificio in cui abita Liam. Smettila di parlarmi di loro, non m’interessano. Lo so che ti ho detto tante volte che la voce di Payno mi emoziona, ma non m’importa di lui, non hai idea di come in tutte le canzoni di Midnight Memories senta soltanto la batteria. Di quanto sia diventata brava a distinguere quale tamburo stai usando o il tipo di bacchette. Del perché di ogni brano degli One Direction mi arrivi dritto al cuore prima il ritmo e solo dopo la melodia e le parole.

Camminiamo l’uno di fianco all’altra con le dita che si cercano: le mani si sfiorano, ma non si afferrano mai, metto le mie in tasca per evitare ogni tentazione, dopo poco fai lo stesso anche tu. Mi guardo intorno cercando di distrarmi e capisco perché Liam viva qui: non c’è traccia di turisti, di directioners assatanate, la gente ti passa accanto e non fa neanche caso a te. Con la coda dell’occhio guardo le nostre figure riflesse in una delle immense vetrate dei grattacieli di Marsh Wall che mi sbattono ancora una volta in faccia, in maniera impietosa, quanto tu sia magnificamente bello ed io ordinaria, poco curata e mal vestita rispetto alle amiche che frequenti di solito. Già, begli amici che hai. Anche se faceva di tutto per pronunciare in un pessimo inglese, quello che ti ha detto Joey l’ho capito persino io.

-Da come ne parli, credevo fosse una strafica e invece è bruttina.

È così, vero? E tu hai alzato le spalle e storto la bocca, distruggendo in un attimo mesi di discorsi sulla bellezza e sulla perfezione che non esiste se non nell’animo. Mi sfugge una lacrima, che cerco di asciugare in fretta prima che tu te ne accorga, ma è troppo tardi perché non smetti di guardarmi e non ti è sfuggita; mi tiri per la manica allontanandomi da quel giudice impietoso fatto di riflessi e mi obblighi a guardarti negli occhi.

-Mi dispiace per ieri sera, io sono davvero convinto che tu sia bellissima, speciale e unica anche se i tuoi occhi e quelli degli altri ti dicono il contrario. Sorridi per favore, ne ho bisogno, desidero che tu sia felice con me, non voglio essere causa delle tue lacrime.

Joshy per quanto tu possa essere dolce e adorabile non ce la farai mai a rimediare ad anni di insicurezze e bassa autostima. Provo a spiegartelo, ma in una lingua che non è la mia è ancora più difficile, cerco di farti capire perché non voglio una foto insieme: come credi che mi sentirei ogni volta che la riguarderei? Penserei che siamo il Bello e la Bestia, mi vedrei ancora più brutta e starei male pensando che ero in tua compagnia “in quello stato”. Per favore non insistere, se davvero riesci a vedermi con occhi diversi, cattura la mia immagine con quelli e portami nel cuore in quel modo, come sto facendo io con ogni attimo di questi giorni incredibili.

Apprezzo molto che tu rispetti la mia decisione e che tu tenga in tasca quel maledetto telefono che generalmente hai sempre in mano e che usi a sproposito per immortalare qualunque cosa: dai canti in chiesa, alla tua ignara mamma che balla a un party.

Decidiamo di sederci un po’ al parco di Canada Square, ogni volta che stiamo per attraversare la strada sento la tua mano sulla schiena, come se tu avessi paura che io mi faccia investire perché guardo dalla parte sbagliata: è un gesto di cui neanche ti accorgi, ma che mi riempie il cuore. Mentre camminiamo prendi un lembo della mia sciarpa e te la passi intorno al collo, io ho un flash di Harry che fa la stessa cosa in una delle mie storie e divento rossa. Solo che questa non è una fan fiction anche se ne ha tutte le caratteristiche: la normale ragazza italiana che per puro caso fa amicizia con il batterista della band più nota del pianeta. A volte non ci credo nemmeno io, sai?

Ci sediamo su una panchina, ho una stringa sciolta così insisti per farmi togliere le scarpe e allacciarmele come le porti tu; mi sento avvampare di nuovo, non oso dirtelo, ma mi sento tanto Cenerentola, solo che al posto della scarpetta di vetro ho le Blazer, d’altronde anche tu sei un Principe atipico, di quelli che invece dei fiori ti portano un tubo di Oreo “che ti piacciono tanto”. Mi chiedo chi sia più stalker tra noi due e mentre lo faccio, scopro che stai fotografando a tradimento le nostre gambe, così cerco di farti giurare di non pubblicarla da nessuna parte.

-Se mi tagghi ti faccio picchiare da Liam, tanto adesso so dove abita- ti minaccio, ma ottengo solo una risata più forte.

-Te la mando sul cellulare- fai una pausa strategica come se ti fossi già preparato quella battuta- ah, già, il tuo  non fa nemmeno le foto.

E ridi, di nuovo, e io con te, finché non mi escono le lacrime e mi fa male la pancia.

Riprendiamo l’auto e andiamo verso Pimlico per pranzare prima che tu ti rinchiuda ancora nello studio di registrazione.

-Posso darti un bacio?- mi chiedi a bruciapelo.

-No.

Josh, stupido testone! Dobbiamo davvero continuare la litigata di Natale, dopo la tua frase infelice “sei il motivo per cui qualcuno si masturba”? Come si sentirebbe la tua ragazza se sapesse cosa combini? Pensi mai a lei? E non dire che stavi giocando, perché a volte sei terribilmente serio nelle tue affermazioni.

Non ho intenzione di innamorarmi di te, ho il cuore impegnato, lo sai bene, tu puoi prenderti tutto lo spazio restante, riempire tutti quei vuoti che neanche un grande amore come quello che provo per il mio compagno, è mai riuscito a riempire. Non rendere sempre tutto così difficile e ricorda che anche la tua fidanzata merita rispetto.

In auto metti della musica tecno, non ne abbiamo sentita in abbondanza ieri sera in quel locale? Sopporto con rassegnazione, anche se non riesco a trattenere una smorfia. Ridi sotto i baffi.

-Volevi The Cure?

Annuisco speranzosa mentre armeggi con i pulsanti di quella specie di astronave e in un attimo “Cold Coffee” di Ed Sheeran riempie il minuscolo abitacolo e cerca di attaccare quella parte di me che resiste al tuo corteggiamento.

“And stay with me forever
Or you could stay with me for now”

Bastardo, ho perso il conto delle volte che mi hai dedicato questa canzone.

Per fortuna arriviamo in un baleno da Yum Yum dove ci servono sushi; ti rammento ancora una volta che sono vegetariana, tu ribatti che, però, i gamberi sono l’unica cosa che m’impedisce di esserlo totalmente. Ricordi ogni particolare delle nostre infinite chiacchierate notturne, mi fai quasi paura, ma forse è un segno che tieni davvero a me, o magari hai, semplicemente, una buona memoria.

Sei nato per tenere le bacchette in mano, non importa se le usi per suonare o per mangiare, sei bravissimo comunque, al contrario di me che sono imbranata in entrambi i casi.

-Ma tu sei brava a scrivere- mi dici

-“Qualcuno distrugga Google translate!- penso.

-Lascia una recensione almeno- e poi aggiungo che al momento sto scrivendo su Harry.

-Lui odia le fanfictions, una volta gli hanno mandato un capitolo di Dark e l’ha letto: l’ha trovato cattivo e rivoltante. Anch’io non capisco che problemi abbia la gente per scrivere certe cose.

-A volte il problema sono le canottiere troppo aderenti di certi batteristi.

-Stai scrivendo una storia zozza su di me?

Per poco lo stupore non ti manda di traverso il boccone che stai mangiando: ridiamo così forte da strappare un sorriso persino alla serissima coppia del tavolo accanto. Stare con te è come essere in compagnia del sole che porta la luce dove c’era il buio, che scalda i cuori freddi e fa nascere i semi nascosti nel terreno. Mi fai star bene ed è la verità quando ti dico che sei l’unica persona in grado di farmi sorridere anche quando non ne ho voglia.

In sala registrazione fai un keek da mettere su Twitter, mi appiattisco tra una pianta e una colonna, poi vengo a vedere il numero di commenti che sale vertiginosamente in pochi secondi: sono in poche a scrivere cose sensate, la maggior parte chiedono di essere seguite o postano cose che farebbero impallidire i personaggi delle mie storie.

-Leggo solo i primi due tweets e i tuoi anche se non capisco perché tu lo faccia- confessi.

-Insisterò finché non ti avrò tra i follower.

-Cosa te ne fai? Hai tutto questo- dici mentre pizzichi la chitarra accennando un accordo tremendamente simile a quello iniziale di Disintegration.

Hai ragione: sto vivendo il sogno di tutte quelle centinaia di ragazzine, sembri leggermi nel pensiero e affermi che i sogni migliori si fanno a occhi aperti, prima che possa ribattere, aggiungi che devo accontentarmi di Niall che mi segue con l’account di sua zia e si diverte un mondo a interagire con me.

-A dire il vero sospettavo fosse lui, ma mi sembrava inverosimile.

E invece è vero, come il fatto che tu sia qui davanti a me in questo momento.

Ti lascio lavorare in pace: la canzone è grandiosa, non vedo l’ora che tu esca dall’ombra degli One Direction e dimostri a tutti che meriti di essere seguito perché sei un grandissimo professionista, non perché suoni con loro e hai un bel faccino.

La giornata è quasi finita, devo tornare in albergo e tu a casa di Joey.

-Faremo una twitcam, quelle poverette delle nostre fans, se la meritano.

-Sei un sadico.

-Adoro vedere come si agitano o quando strillano per l’emozione.

-Sei un sadico- ripeto.

Accendi il quadro dell’auto, la radio diffonde “Don’t let her go” dei Passengers, tamburelli le dita sul volante, mi guardi e dici:

-Hanno ragione.

-No che non ce l’hanno, vedrai che quando sarai in vacanza non ti mancherò neanche un pochino- mi mordo le labbra perché so che è vero, che ti trasformerai completamente, che ti perderai, come ogni volta in cui vai a Los Angeles.

Ti porti la mano al petto e mi guardi sconsolato.

-Fa male.

A te fa male? Tra poco tornerò alla mia solita vita, incollata allo stesso scoglio, una vita a cui do tutto e da cui ricevo poco: mai un complimento, una gratifica. Tutti che mi danno per scontata, che pretendono e basta, senza che nessuno che si fermi mai a chiedere come sto, se ho dei sogni, se sono felice. Ho delle amiche fantastiche, ma la più vicina abita a 200km da me e nessuna di loro potrà abbracciarmi quando ripenserò a questi giorni insieme a te e mi assalirà la nostalgia. Hai ragione Joshy, fa male, ma a te passerà in fretta, vedrai.

Abbiamo ancora il tempo per un ultimo sorriso che mi scalderà il cuore fino al nostro prossimo incontro e per un bacio che non riuscirai a darmi.

Non c’è bisogno dell’acqua per sentirsi affogare, ho un grosso macigno sul petto che mi impedisce di respirare e che si chiama realtà: ho sempre paura che tu ti affezioni troppo a me e faccio sempre una gran fatica ad arginare il tuo entusiasmo e il tuo affetto.

È arrivato davvero il momento dei saluti. Com’è fatta la malinconia? Ha il rumore di una R8 che si allontana, un profumo dolciastro con una nota di tabacco che impregna la mia sciarpa, il gusto delle lacrime che m’impongo di non versare, ma che trovano sempre il modo di uscire, indossa un giubbotto morbido e ha i contorni della tua figura.

-See you soon hunny!

Ancora sei mesi, poi (forse) Barcellona per il tuo compleanno: altra città, nazione differente, stesse bugie da raccontare a chi ci sta accanto e a noi stessi.

-See you never Joshy.

 

  
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