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Autore: dichiarandoguerre    18/01/2014    2 recensioni
Abbiamo visto l'alba perso la calma, fatto di un errore in dramma, dell'amore un'arma, la puntavi su di me piangevi, ero la cosa più bella che avevi.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4.

 

Sarebbe finita come finiscono queste cose, con un enorme pianto, e poi basta ce ne saremo andati tutti e loro avrebbero terminato il lavoro.
Non ci volevo pensare, tu eri ancora li e dovevi rimanerci, per me. 
Dovevi farlo solo per me, era un motivo abbastanza valido. Avresti fatto qualsiasi cosa per me, me lo ricordi. Me lo avevi detto quel pomeriggio sulla panchina. Ti ho creduto. Non andartene per me allora. 
Tua madre veniva a volte di mattina, ma preferiva lasciarmi quel momento per me, e veniva al pomeriggio. Arrivava e mi regalava uno di quei sorrisi spenti ed io ricambiavo. Si metteva dall'altra parte, e restavamo così come la prima volta. Piangevamo insieme.
Non parlavamo molto, io non sono una che parla e lei nemmeno. Ci conosci. Io non riuscivo a dire nemmeno una parola. Lei non trovava un vero argomento di cui parlare. Era difficile pensare ad altro. 

Ci avevano detto che l'operazione era andata bene, e per l'emorragia non dovevamo più preoccuparci. Certo, ma tu non ti svegliavi. Io ero preoccupata. 
Non succedeva nulla. Non muovevi nessuna parte del tuo corpo. Non davi segni di ripresa. Avevo paura. Tanta. Che tu rimanessi così per sempre. Che i dottori ci dicessero che ormai era troppo tardi, era ora di farla finita e staccare la spina. 
Non so chi altri veniva a trovarti in quei giorni, forse i tuoi amici. Ti adorano, è stato brutto per tutti. Venivano al pomeriggio ed io non c'ero, ma loro si. Era come darsi il cambio. Non penso venissero spesso, sai, odiavano vederti così. Erano abituati ad avere un'altra immagine di te. Quella del fumatore a tutte le ore, quello che “Andare a scuola non fa per me!” Poi a casa si annoia, quella della persone che ride anche da solo, lo stupido. 
Me ne parlarono a volte, venivano a trovare anche me. Si preoccupavano anche loro che io fossi ancora in me e sopratutto viva. 
Sono passati venti giorni da quella maledetta frase, che mi ha sconvolto la vita. 
Sto iniziando la scuola senza di te, mi sto svegliando alle sei della mattina senza il tuo buongiorno. Sto affrontando tutte quelle facce finte della mia classe, della mia scuola, senza di te. Conoscono tutto, ed io ero da sola. Rischiavo crisi di pianto ogni mezz'ora, le mie amiche erano lì ma non capivano. Nessuno capiva. Ho iniziato le prime verifiche senza di te, i primi compiti a casa, le prime giornate passate a casa sotto le coperte. 
Tu eri ancora lì, stesso letto, stessa finestra che vedevo dalla strada, stesso amore, stessa stanza. Non ti muovevi in tutti i sensi, non mi vedevi ma ero lì e non credere alle brutte voci che ci sono in giro. Non sono mai stata così vicino ad una persona come con te. E' che sei tu. L'amore mio. La mia ancora. Il sole in mezzo a tutto questo schifo. Avrei da raccontarti milioni di cose. Per esempio, è appena iniziata la scuola e in classe mia già fanno le galline. Sai che ho la pazienza al limite? Non rispondi. Serviresti tu. Ora. 
E' stata dura andare avanti così, non te lo nascondo. E' stata dura alzarsi ogni mattina e rendermi conto che tu eri ancora là e non a casa tua a dormire. 
Andare a scuola,mangiare, venire da te senza studiare. Non è stato un inizio dell'anno scolastico meraviglioso. I miei genitori non potevano farci niente. Non mi sgridarono per i brutti vuoti, per gli impreparati. Sapevano che era una brutta situazione, ci erano già passati. 
Avevo otto anni e pensavo che nessuna persona se ne sarebbe mai andata, ma mi sbagliavo. E un pomeriggio è arrivato mio nonno che ha detto a mia madre che suo zio era morto. Ricordo ancora l'ombra di lui causata dal sole che entrava dalla porta, ricordo la sua voce. Lo zio di mio madre, che era anche il mio. Non capivo cosa volesse dire. L'avevo visto il giorno prima e il fatto che non l'avrei visto mai più mi faceva andare fuori di testa. Avevo capito cosa voleva dire morire, lasciare tutto senza una parola. Ho cominciato a non dormire la notte, a piangere a scuola, a voler stare con mia madre ogni secondo, a scrivere biglietti ai miei genitori con scritto “Ti voglio bene.” ogni giorno, a ripeterglielo ogni sera. Ho iniziato ad avere paura della morte. Poi è passato, ho capito che tutti muoiono come nascono e non è una cosa triste, che è la vita. Tutti hanno un segreto ed io ero di nuovo dentro il mio e tutti quelli che mi erano vicino non potevano fare nulla.

  
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