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Autore: crissi    19/01/2014    15 recensioni
Ciò che desideriamo e che affannosamente cerchiamo di ottenere è ciò che davvero ci serve? Una vita dedicata alla carriera, a seguire ideali che si credono indiscutibili per poi scoprire che tutto ciò che davvero serve è semplice e necessario come respirare. One shot ispirata dalla scena della morte di Oscar nell’anime, quando per un istante rivede André che l’attende sorridendo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che desideriamo e che affannosamente cerchiamo di ottenere è ciò che davvero ci serve? Una vita dedicata alla carriera, a seguire ideali che si credono indiscutibili per poi scoprire che tutto ciò che davvero serve è semplice e necessario come respirare. One shot ispirata dalla scena della morte di Oscar nell’anime, quando per un istante rivede André che l’attende sorridendo.

Estate 1766

Il silenzio. Questo la colpiva. E la luce, soffusa, paradisiaca che, anche attraverso l’acqua verdastra e torbida del lago, riusciva a filtrare colorando tutto attorno con un velo di azzurro e smeraldo.
Poi sentì quel bisogno, quella fame d’aria e controvoglia si rassegnò a lasciare quello stato di benessere per soddisfare la necessità senza la quale non poteva vivere: doveva respirare.
Diede un calcio sotto di sé, poi un paio di sforbiciate con le gambe e cominciò a risalire verso la sfera luminosa che intravedeva emanare raggi tutt’attorno, singoli, definiti come quelli dipinti dai pittori nelle immagini sacre.
In un attimo tornò nel mondo, accecata dal sole di quella tarda mattinata, quasi a picco, ora inguardabile senza quel filtro. Un mondo che anche lì, nel mezzo della campagna desolata, poteva dirsi silenzioso ma fastidiosamente reale per certi versi adesso che aveva lasciato il limbo subacqueo.
- Allora? – gli domandò dopo avere preso qualche profondo respiro, tenendosi alle tavole del pontile, muovendo piano i piedi nudi per sostenersi a galla.
- Sì, sei migliorata Oscar, decisamente. – rispose con un occhio al quadrante del cronometro ed uno a lei.
- Quantifica il decisamente. – lo incitò aggrottando le sopracciglia.
- Tre secondi.
Lo sbuffo sconfortato e stizzito non fu una novità per André: Oscar era sempre così intollerante con sé stessa prima ancora che con gli altri. Ed ora che si era fissata su quella cosa dell’apnea pretendeva sempre di più dal suo corpo con insistenza quasi maniacale.
Era cominciato tutto quando l’ammiraglio Torquoi, pezzo grosso della Regia Marina, era venuto in visita per qualche giorno a palazzo Jarjayes e li aveva ammaliati con le sue storie di mare, paurose ed eccitanti.
Uomo alla mano l’ammiraglio, con un carattere insolitamente ciarliero e socievole per quel che si supponeva essere un solitario lupo di mare che neppure il generale, con la sua abituale austerità, era riuscito a trattenere; il marinaio in licenza era rimasto piacevolmente soddisfatto dall’interesse che il piccolo Jarjayes mostrava per i racconti delle sue avventure. Storie di battaglie, contro gli uomini  e contro la natura; storie meravigliose di terre lontane, di mostri marini e di orribili usanze marinare come il giro di chiglia che aveva terrificato André e morbosamente incuriosito Oscar.
- Jarjayes, potrei rubarvelo questo vostro ragazzo! – era arrivato ad esclamare l’ufficiale dopo una serie di domande a raffica della ragazzina che, incantata ed eccitata, pareva essersi scordata delle buone maniere impartitele dal generale e con l’inseparabile André si era appollaiata gambe incrociate sul tappeto del salotto, fissando senza finesse il nuovo ospite ad occhi sgranati, spalancati sul mondo sconosciuto di cui lui narrava.
- Ah no, Oscar è destinato ad una onorata carriera nell’esercito come da tradizione famigliare, ammiraglio. - aveva troncato il generale riguardo quella nuova possibile professione.
- Casomai cambiaste idea, gli troverei volentieri un posto nella mia prossima spedizione. Ha davvero carattere questo vostro figliolo, generale, e la marina è sempre in cerca di giovani ufficiali determinati e pratici. – concluse il lupo di mare strizzando l’occhio ad Oscar con aria complice.
Oscar, dopo la partenza dell’ammiraglio, si era persa a rimirare immagini e modellini di navi e pur sapendo che il suo destino non sarebbe stato quello di cavalcare le onde in mare aperto, si era però messa in testa di migliorare il suo rapporto con l’acqua. Da piccoli lei ed André avevano rischiato di annegare nel lago del parco e, sinceramente, questa cosa non l’aveva ancora superata. Aveva imparato a nuotare, meglio sì, ma non abbastanza.
- Non abbastanza. – disse dando suono ai propri pensieri. – Ci riprovo, André! Pronto … - e prese fiato, turandosi il naso stretto tra due dita.
- Non credi di … - cercò di obiettare l’amico, ma lei si stava già immergendo ordinandogli con un gesto secco prima di scomparire del tutto sotto il pelo dell’acqua di far partire il cronometro.
- … aver provato a sufficienza per oggi? … - terminò parlando a sé stesso il ragazzino mentre non poteva far altro che azionare il prezioso strumento donatole dall’ammiraglio. – André, quando sarà sufficiente lo dirò io! – fece il verso imitandola – Ma certo, Oscar, chi sono io per farti notare che la tua pelle sta raggrinzendo come una mela cotta? Chi sono io per farti notare che, se ti prendi un malanno, la nonna mi rincorrerà a mestolate per una settimana? Chi sono io per … - sbuffò sconsolato – dire che mi sto annoiando a morte a fissare questo orologio aspettando di vederti ricomparire?
Lei si guardava attorno, nel verdastro colore del lago, circondata da alghe trasparenti, flessuose, che ondeggiavano al minimo movimento dell’acqua, scosse ogni tanto da qualche pesce guizzante che giocava a nascondino in quella foresta. Era sola con sé stessa e tutto pareva senza importanza in quell’oblio. Ma la pace, il silenzio, la frescura mutarono in un istante in un malessere profondo.
Guardò in alto verso la luce ed avvertì ancora la necessità di aria, il bisogno di respirare di nuovo, di lasciare il torpore per ricominciare a vivere. Una spinta e su, verso la superficie, verso l’ombra indistinta oltre il confine d’acqua, verso André che proteso dal pontile guardava giù, attendendola.
- Accidenti, Oscar! Cominciavo a preoccuparmi, non ti vedevo più!  - esclamò spaventato rimuovendo dalla mente l’immagine di Nanny che lo sottoponeva ad un giro di chiglia per la sua negligenza.
- Quanto ho fatto?
- Troppo, dannazione! – disse mostrandole il cronometro, ma nel farlo l’oggetto gli sgusciò di mano e, sotto gli sguardi inorriditi di entrambi, cadde in acqua con un tonfo liquido.
- Imbecille che sei! Adesso lo vai a riprendere! – gridò lei afferrandolo per il gilet e trascinandolo in acqua con sé.
Si aiutarono con le braccia e le gambe, sbracciando e scalciando, senza paura, spinti dall’ansia della caccia al recupero, verso il fondale sempre più buio e limaccioso.
Per fortuna André riuscì ad afferrare l’oggetto prima che scomparisse inghiottito dalle alghe del fondale. Si sentì toccare una gamba e voltandosi notò Oscar che lo aveva seguito. Anche nella penombra dello stagno riusciva a vedere quanto fosse adirata perciò fu svelto a mostrarle l’oggetto recuperato.
Oscar con un cenno gli intimò di risalire ma, quando ormai il pelo dell’acqua era vicino, André smise di nuotare e si attardò ad ascoltare. Ascoltava il silenzio. Non sapendo perché, afferrò la mano di Oscar e la trattenne sotto con lui.
Restarono lì, un istante eterno a fissarsi, estraniati da tutto in quel limbo di pace, coscienti solo dell’acqua carezzevole ad ogni loro anche appena percettibile movimento, di un corpo senza peso, del battito lento del cuore, della consapevolezza che una tale sintonia tra loro sarebbe mutata una volta risaliti. Sorrisero, insieme, come se questi pensieri fossero condivisi da una empatia difficile da sperimentare se  non lì. Compagni, complici come mai prima e, sotto sotto, la certezza di sentimenti più grandi, difficili da capire, ammettere e spiegare lassù, oltre il pelo dell’acqua.
Qualche bolla fuggì dalle loro labbra, segno che poiché pesci non erano, il tempo concesso loro era scaduto. Pochi calci, due bracciate ed il calore del sole li riaccolse nel mondo, il loro mondo, quello in cui nel bene e nel male dovevano vivere.
Nuotarono fino a riva dove il peso del loro corpo tornò a farsi interamente sentire e fu una sensazione davvero spiacevole, quasi opprimente e per Oscar davvero irritante. Si trascinarono nell’acqua bassa, lo fecero aiutandosi con le mani mentre gambe e piedi si opponevano a riprendere la loro funzione di sostegno finché non fu più possibile, scoprendo che questo procrastinare la permanenza aggravava solo la difficoltà dell’uscita.
Barcollando un poco si tirarono a riva ed Oscar, seccata, strappò dalle mani di André il prezioso e, come loro, zuppo orologio.
- Dai qua! – esclamò e lo portò vicino all’orecchio. – E’ morto, lo sapevo!
André glielo strappò a sua volta per ascoltare.
- Ma no, ticchetta ancora. Hai solo le orecchie piene d’acqua! Te lo dicevo che ci sei stata per troppo tempo!
Si lasciarono crollare seduti sull’erba, esausti e grondanti.
Il sole lampeggiava sull’acqua appena increspata del lago, come mille specchi la luce vi si rifrangeva ed abbagliava la vista costringendoli a strizzare gli occhi fino a doverli serrare per non provar bruciore. E tuttavia una luce arancione filtrava ancora attraverso le palpebre.
Scossi da un medesimo pensiero, nello stesso istante riaprirono gli occhi e si voltarono l’uno verso l’altra.
Uno sguardo intenso e per un momento il ricordo di quella sintonia provata sotto la superficie del lago tornò a farsi concreto e le paure, le tensioni della vita si azzerarono in una sensazione di sciocca beatitudine.
- Che facciamo? Torniamo a palazzo? – chiese lui per interrompere il sogno di una intimità che sapeva impossibile a concretizzarsi e che iniziava a sconvolgerlo.
Oscar fece spallucce, distogliendo lo sguardo da lui come se il legame invisibile creatosi là sotto si fosse sciolto come le estremità di un scivoloso nodo di seta.
- Ma no, restiamo ancora un po’, il tempo di asciugarci. – propose atona.
- Approvo. - disse lui lasciandosi crollare sull’erba, pancia all’aria.
- Bene. - commentò lei imitandolo, ma senza energia.
- Bene. - sospirò lui, riponendo con quella parola desideri e sentimenti che avrebbe represso per molti anni.

***

14 luglio 1789

Stava morendo. Era una cosa che capiva, che sentiva naturalmente, nonostante gli amici al capezzale la incitassero a resistere, mentendo anche a loro stessi; era una cosa di cui non poteva fare e rifare esperienza, ma sapeva che era arrivato il momento: lo riconosceva e ci si arrese.
La vista le si appannò, chiuse gli occhi e rivide mentalmente le stelle indicibilmente vivide di quella loro unica notte, le lucciole numerose e brillanti; poi calò in un silenzio irreale, ovattato, in un torpore benvenuto, invitante dopo l’orrore di quei giorni ed il desiderio di abbandonarsi in quella pace la pervase.
Ma il benessere durò poco trasformandosi repentinamente in un freddo mai tanto freddo; ed arrivò la paura della solitudine assoluta, dell’ignoto, con l’assenza di lui, di lui che prima c’era sempre stato, rassicurante, di lui che mancava terribilmente e faceva male come quell’assenza di respiro, come la fame d’aria, come sottacqua quel giorno al lago quando aveva fatto i conti con sé stessa senza però farne né parola né tesoro. Stava abbandonando la vita, dove la fortuna le aveva concesso la possibilità di avere tutto ciò che desiderava, sebbene ciò che aveva a lungo desiderato non coincidesse con ciò di cui aveva realmente bisogno, bisogno come l’aria. E poi, attraverso il velo, inaspettatamente lo vide. Lui, oltre il pelo dell’acqua, che l’attendeva con quel suo sorriso rasserenante.
Sorrise anch’essa e si lasciò andare, il corpo senza più peso, di nuovo senza più freddo né dolore, senza più nulla di importante dietro di lei, consapevole che lì dove l’aria mancava non era più il suo posto, che il tempo era scaduto. Sciolse le resistenze, si arrese alla forza che la sospingeva fuori dal corpo, le membra molli e si lasciò sollevare verso la luce.
Un’apnea. Solo il tempo di un’immersione in apnea e sarebbe stata ancora con lui in quel nuovo mondo che le persone chiamano aldilà dove il respiro non le sarebbe mai più mancato.


- fine
   
 
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