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Autore: SusanTheGentle    19/01/2014    10 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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7. Gioie e dolori
 
 
Ho appena giurato che sarò sempre lì.
Darei qualsiasi cosa e tutto quanto,
E ne avrò sempre cura.
Attraverso la debolezza e la forza,
Felicità e dolore,
Nel bene e nel male, io ti amerò
Con ogni battito del mio cuore

 

 
Quella notte, Jill Pole non riuscì a dormire bene.
Dopo che Eustace se n’era andato con i suoi appunti, la ragazza aveva pensato e ripensato alle parole che si erano scambiati.
Lui non aveva ammesso apertamente che il suo romanzo non era frutto della sua fantasia, ma una storia basata su fatti reali, però le aveva detto di non parlarne ad anima viva. Anzi, glielo aveva quasi ordinato a dire il vero.
Se ci pensava le saliva il sangue alla testa! Certe volte, non sopportava proprio l’atteggiamento di quel ragazzo.
Ad ogni modo, non aveva nessuna intenzione di parlarne con nessuno. Perché avrebbe dovuto?
Pensava, Jill… pensava allo sguardo di terrore di Eustace nel momento in cui aveva saputo che il quaderno l’aveva lei, che aveva letto la parte iniziale del suo romanzo. Pensava alla preoccupazione dipinta sul volto dell’amico alla prospettiva che la notizia potesse trapelare.
Lei aveva tirato le sue conclusioni, ma quante possibilità c’erano perché avesse ragione?
Pochissime, se non una su un milione.
Più che una certezza il suo era un presentimento.
A Jill erano sempre piaciuti i racconti fantastici, Aveva una mente molto aperta e le piaceva viaggiare con l’immaginazione, ma non aveva mai creduto all’esistenza di mondi paralleli, a nani, streghe, sirene e draghi, eccetto che da bambina. Aveva ben chiaro il limite tra realtà e fantasia.
O almeno, lo aveva avuto fino a quel pomeriggio.
Adesso, la sua testa era un brulicare di domande che cercavano una risposta senza trovarla, di immagini dei cugini di Eustace che entravano in un armadio dentro al quale esisteva un altro mondo. Non un altro pianeta, non un luogo raggiungibile tramite mezzi di trasporto comuni, ma un paese sospeso nel nulla, per così dire, un mondo di sogno che solo chi è prescelto può raggiungere.
Era così che Jill aveva sempre immaginato che fosse: ai protagonisti dei racconti fantasy accade qualcosa di straordinario perché sono persone straordinarie, perché hanno qualcosa in più degli altri, perché sono prescelti da qualcuno di grande per vivere avventure incredibili, al di fuori della portata di persone ordinarie…come lei.
Le era rimasta impressa quella frase rimasta a metà, la frase che le aveva fatto capire la verità (o quella che lei pensava fosse la verità).
Peter mi ammazza.
Peter.
Esisteva davvero un Peter Pevensie? E Susan, Edmund e Lucy. Ed erano davvero stati in quel mondo chiamato Narnia?
Se Eustace temeva così tanto Peter, voleva dire che la faccenda era davvero grossa.
Un segreto, aveva detto Scrubb. Tutto ricollegabile al romanzo.
Jill aveva una teoria: era possibile che Eustace avesse scritto quella storia a insaputa dei cugini.
Le sarebbe tanto piaciuto scoprire come stavano le cose.
Che i quattro ragazzi del romanzo fossero effettivamente i quattro cugini di Eustace? Oppure…
Jill, gli occhi chiusi ma ancora insonne, si rigirò nel letto per l’ennesima volta quella notte.
Improvvisamente si sentì a disagio.
Che Eustace la stesse prendendo in giro?
Già, perché oltre alla gran curiosità e la voglia di sapere, che animava la sua mente in quelle ore, si aggiungeva un pensiero fastidioso. Era come il ronzare insopportabile di una mosca nel silenzio, e disturbava i suoi ragionamenti.
Voleva sapere, voleva capire, voleva essere certa che non fosse una menzogna. Uno stupidissimo scherzo, magari architettato con l’aiuto dei bulli, per poi umiliarla davanti a tutta la scuola, per darle della credulona, della ficcanaso, per…
Jill aprì gli occhi e sospirò.
Ma no, non poteva essere. Nemmeno quand’era il più odioso dei ragazzini, Eustace era stato così crudele con lei.
Decise che l’indomani lo avrebbe interrogato ancora sul da farsi, poco importava se lui non voleva parlarne: lei lo avrebbe costretto. Un po’ perché voleva vederci chiaro su quel romanzo misterioso, e un po’ perché stava diventando un chiodo fisso.
In poche ore, Narnia e i fratelli Pevensie erano divenuti la sua ossessione.
Se non voleva svegliarsi tutte le mattine con l’emicrania e profonde occhiaie che spaventassero non poco la mamma, doveva sapere.
 
 
“Sembri uno zombie, Pole. Ti senti male?” le disse Eustace il mattino seguente, a scuola.
“Lascia stare. Non ho chiuso occhio” rispose lei con voce sepolcrale, appoggiando la testa sul banco.
Lo guardò attentamente mentre estraeva i libri dalla borsa e si preparava per la prima lezione.
Sembrava molto tranquillo. C’era un accenno di sorriso su quel viso quasi sempre imbronciato.
Evidentemente non era più preoccupato che lei lo tradisse. Forse si fidava. In fondo, aveva giurato.
“Sembri di buon umore stamattina” osservò Jill, rimettendosi composta.
Lui annuì. “Sì, è vero, lo sono”.
Raramente Scrubb sorrideva così.
“Posso sapere le buone notizie o è un segreto?”
Lui si volse verso di lei e la sua espressione felice venne un attimo offuscata da un’occhiata guardinga.
Jill non lo aveva detto di proposito. La parola ‘segreto’ le era uscita senza pensare.
“Scusa, non voglio farmi i fatti tuoi”
Eustace cercò di far finta di niente, e continuò dicendo: “Sono diventato zio”
Jill lo fissò perplessa. “Ma tu non hai fratelli, Scrubb”
“Sì, bè… non sono i miei nipoti, in effetti, però mi piace pensarlo. Sono uno zio in seconda”
“Un lieto evento in famiglia?” chiese ancora lei.
“Eh già! Mia cugina ha avuto due gemelli”
“Oh, che bello! Congratulazioni!”
Eustace allargò il suo sorriso, senza accorgersi che Jill Pole era super attenta a tutto quello che diceva.
E Jill seppe sfruttare la situazione per tentare di scoprire qualcosa in più.
“Tua cugina…chi?” chiese la ragazza.
“Mia cugina Su…”
Gli occhi azzurri di Eustace incontrarono quelli castani e indagatori di Jill.
Si era quasi tradito, ma fortunatamente aveva capito le intenzioni dell’amica e si era fermato in tempo.
Mannaggia a te Pole!
“Su…Su…Suellen”
“Suellen” ripeté Jill, con uno sguardo come per dire ‘non prendermi in giro’ “Mi sembrava avessi una cugina che si chiama Susan”
“NO!” rispose subito Eustace, irrigidendosi. “No, no, era Suellen”
“Ah….d’accordo. Ma quella del tuo racconto era Susan, o sbaglio?”
“Sì, ma cosa centra? Quella mica è mia cugina”
“Mmm…va bè”.
Un attimo dopo entrò il professore e il chiacchiericcio degli studenti si zittì.
Mentre veniva fatto l’appello, Eustace lanciò un’occhiata veloce a Jill e iniziò a pensare a quanto aveva deciso con i Pevensie: ignorare ogni possibile tentativo di lei di fargli vuotare il sacco. Dissipare ogni dubbio raccontandole che il suo romanzo non era altro che un’invenzione, e che aveva reagito a quel modo per la storia degli appunti perché non voleva si sapesse in giro. Semplicemente. Poco importava se ci avesse creduto o meno.
Non dovevano più parlarne.
Eustace si diede dello sciocco per aver quasi nominato Susan. Forse era stato stupido inventarsi un altro nome: dopotutto, quante ragazze si chiamavano Susan, nel mondo? Ma era entrato nel panico e non aveva saputo più che dire.
“Dovremmo parlarne, Scrubb” disse Jill senza preamboli, quando suonò la campanella.
Ecco...aveva appena pensato che non dovevano farlo...
“Di che cosa?” fece lui, evasivo.
“Oh, dai! Del tuo romanzo, dei tuoi cugini, di Na…”
“SSSSSHHHHHTTTT!!!!!!!!!!!!!!!!!!” Eustace le tappò la bocca alla svelta, guardandosi attorno come se qualcuno fosse in agguato dietro qualche banco per carpire quel segreto.
“Allora ho ragione!” esclamò Jill quando la lasciò andare. “Ho davvero ragione su tutto!”
“Ti ho detto che non ne devi parlare. Né con me, né con nessuno, né adesso, né mai!”
“Perché?”
“Perché no. Punto”
“Non è una risposta!” Jill incrociò le braccia sul petto, imbronciata.
“No, Pole! Non voglio parlarne. Non posso”
Lei lo fissò insistentemente. “Non vuoi o non puoi?”
“E’ uguale”
“No, affatto. Se non volessi dipenderebbe da te; se non potessi è perché qualcun altro ti avrebbe imposto di non farlo”
Eustace si appoggiò al banco e si sporse verso di lei. “Va bene: non posso. Comunque non c’è niente di così incredibile. Non so che idea tu ti sia fatta”
Gli occhi scuri della ragazza s’illuminarono di emozione. “Bè io…io penso che sia straordinario, Scrubb, davvero! Tutta quella storia dell’armadio, del fauno, dei tuoi cugini…”
Lui le lanciò un’occhiataccia.
“Oh, va bene… di quei ragazzi, insomma. E’ tutto incredibilmente incredibile! Non so nemmeno come esprimermi!” Jill rise. “Non sai quanto vorrei esserci stata io in quella foresta! Lo so che tu non aprirai bocca ma io…Oh, Scrubb, ti prego, dimmi come continua!”
Eustace abbassò la testa per qualche secondo, e quando la rialzò la sua espressione si era fatta molto seria. “Pole, è solo un gioco”
“Un gioco?” Jill si ritrasse all’improvviso. “Che significa?”
“Il mio romanzo…è tutta un’invenzione. Senti, non voglio che si sappia che scrivo cose del genere, e non voglio nemmeno parlarne con te. E’ un cosa mia, mia e dei miei cugini Tu non centri”
Gli occhi di Jill si fecero più grandi per un attimo, e divennero opachi, tristi. L’entusiasmo si spense.
Le aveva fatto male sentirlo pronunciare quelle parole.
Tu non centri.
Era vero, lei non centrava nulla. Eustace le aveva ripetuto in modo un poco più gentile che non erano fatti suoi, che era invadente, che era…una ficcanaso. Ancora.
Si sentì stupida.
Non ne parlarono più per tutto il giorno. Lei preferì pranzare con altre amiche piuttosto che con lui.
Eustace si rese conto di averla ferita, ma non poté fare a meno di sentirsi un poco più sollevato al pensiero che Jill avesse deciso di non insistere oltre.
Ci aveva creduto davvero?
Ovviamente no. Ma lui sperò il contrario.


Jill se ne stette buona buona per le settimane che seguirono, comprendendo che l’unico modo per sapere qualcosa era non chiedere niente. Prima o dopo, contava che il nuovo Eustace dal cuore tenero capisse di potersi fidare di lei.
Un giorno, poi, un grave lutto colpì la famiglia Pole. Uno dei cugini di Jill, partito per la guerra, perì in battaglia.
Gli Scrubb portarono le loro condoglianze, e quando Eustace entrò nel salotto di casa Pole non riuscì a fare un passo in più. Gli salì un groppo in gola nel vedere la sua amica seduta da sola sul divano, a capo chino, nel suo abitino nero, i capelli sciolti che le ricadevano sul viso, gli occhi gonfi e spenti.
“Eustace, non stare lì impalato, va dalla tua amica” gli sussurrò Alberta.
Il ragazzo avanzò a piccoli passi e sedette accanto a Jill, che subito gli prese la mano, piangendo sommessamente.
“Grazie per essere venuti” mormorò soltanto.
Lui non seppe che fare. Poi, d’un tratto, trovò il modo di consolarla.
“Un giorno lo rivedrai”
Jill tirò su col naso. “Sì, lo so”
“Io…l’ho visto”
Lei alzò il capo e lo guardò perplessa. “Cosa hai visto?”
“Il luogo dove inizia la vera vita. Il luogo dove si trova tuo cugino”
Eustace pronunciò queste ultime parole sperando con tutti il cuore che lei non s’infuriasse, o che pensasse che la stesse prendendo in giro.
Jill scosse il capo, stranita. “Che sciocchezze dici?”
“E’ vero, non è una favola. Ho visto con i miei occhi che quel luogo esiste, te lo giuro!” esclamò il ragazzo, infervorandosi. Chiaramente lei credeva fosse impazzito.
“Scrubb, io ti ringrazio. So che stai cercando di consolarmi, ma prendermi in giro non è il modo migliore”
“Bè, non ci sono proprio stato, diciamo che ne ho vista l’entrata” insisté lui, prendendola per un polso e costringendola di nuovo a sedersi quando si alzò.
“Ah, la versione è cambiata”
“Lo so, è un argomento delicato, ma ti giuro che ci sono stato. E’ una spiaggia, con una grande onda, enorme, immensa, ed è l’entrata per…”
Jill lo fissò un momento, poi abbozzò un sorrisetto. “Per il paradiso?”
“Una cosa del genere”
Lei fece una risatina sarcastica e si alzò di nuovo. “E’ meglio che vai, ora”
Anche Eustace balzò in piedi e la fermò di nuovo. “E’ a Narnia”
A quel nome, gli occhi scuri di Jill divennero vigili.
“Hai tanto voluto sapere di quel mondo e ora te lo sto dicendo, Pole. E’ a Narnia che ho visto quel luogo. C’è. E’ vero. Non è una bugia”
Lei tremò un poco. “Giuralo ancora”
“Te lo giuro. Un mio carissimo amico è laggiù adesso, e se potesse tornare ti direbbe che non devi mai dubitare di quel che si dice a proposito di Narnia”
Pensare a Ripicì faceva ancora male. Gli mancava tanto.
“Quel tuo amico è…morto?” chiese Jill con un filo di voce.
“No, ha scelto di andarci di spontanea volontà. Oh, è una storia molto lunga”
“Io…” Jill prese un respiro, improvvisamente rincuorata. “Io penso di volerla sentire”
Forse era un sentimento dettato da quel momento tanto triste e difficile, o forse era il presentimento che non l’aveva mai abbandonata, neanche dopo tutti i rifiuti e le negazioni di lui riguardo a Narnia, ma Jill sentì che voleva crederci.
Probabilmente, qualcun altro avrebbe gridato in faccia a Eustace che era la scusa più assurda che potesse trovare per consolare una persona che ha appena perso un parente. Ma lei sapeva, nel profondo del suo cuore, che non era così.
Eustace le sorrise. “Forse prima dovresti leggere questo”
Dicendo questo, il ragazzo prese il suo zainetto e ne trasse il famigerato quaderno degli appunti.
Lo porse all’amica e lei lo prese con mani tremanti.
“Perché me lo stai dando?”
“Bè, volevi sapere come continuava la storia, no? Leggi. Così poi potrò raccontarti di Ripicì”
“Chi?”
“Il mio amico. Ma a questo ci arriviamo poi. Prima devi finire la storia dell’armadio”
Jill strinse al petto il quaderno come se fosse il tesoro più prezioso che avesse.
“Perchè?” chiese ancora, perplessa. “Avevi detto che non erano affari miei. Che non era vero niente”
Eustace stropicciò i piedi e abbassò il capo, imbarazzato. “Ho mentito. I miei cugini non vogliono che te lo dica”
Lei osservò un momento la copertina, poi lui. “Non è una menzogna, vero? Non me lo dici solo perché ora sto così. Quel posto esiste veramente. Narnia esiste davvero!”
Lui annuì senza dire nulla. Poi le sedette di nuovo accanto, mentre lei apriva il quaderno e ritrovava il punto in cui si era interrotta la prima volta che aveva letto quegli appunti.
“Anche tu devi giurami ancora che non lo dirai a nessuno” disse lui a un certo punto.
Lei scosse il capo, decisa. “Sarà il nostro segreto”
Il ragazzo si sfregò le mani sulle ginocchia, nervoso. “Bene”
Ci aveva riflettuto molto, e infine si era deciso: era inutile davvero tener nascosto a Jill di Narnia, quando praticamente aveva capito tutto da sola. Era stata più che disposta a mantenere il riserbo fin da subito, e ora più che mai, l'istinto gli diceva che poteva fidarsi di lei.
Ai Pevensie non disse nulla.
 
 
 
~·~
 
 
 
Ti concedo la mia mano con tutto il cuore.
Non vedo l'ora di vivere la mia vita con te,
Non vedo l'ora di iniziare.
Tu ed io non ci separeremo mai.
I miei sogni si sono avverati grazie a te.
 

 
“Sono giorni che aspetto, Vostra Maestà. Ho quasi pensato che aveste finalmente imparato che cos’è la puntualità, ma evidentemente mi sbagliavo”
Queste furono le prime parole di Lord Erton quando una mattina entrò nello studio del Re di Narnia.
“Re Caspian non ha mai ritardato ai suoi appuntamenti!” protestò Briscola.
“Ma ne ha rimandati fin troppi in questi giorni”
Il Liberatore rimase impassibile, seduto sulla sua poltrona ad ascoltare il Duca lamentarsi.
“Mi rincresce molto, milord, ma ero con la Regina e con i miei figli”
Lord Erton sbuffò. “Ci sono le balie per questo. Voi dovete occuparvi di cose molto più importanti”
“Difatti ero impegnato in qualcosa di estremamente più importante di un’udienza privata” ribatté Caspian con molta calma, ma con sguardo severo. “La mia famiglia è più importante di tutto il resto. Mai farò mancare loro il mio amore e la mia presenza. I miei doveri di marito e padre mi stanno a cuore quanto, se non più, di quelli di Sovrano”
Il viso di Lord Erton si contrasse leggermente, e prima che Caspian e Briscola ebbero tempo di capire quanto disgusto gli dava il pensiero di due marmocchi in giro per il castello, la sua espressione mutò in un sorriso costruito ad arte.
“Ma certo, Maestà, è più che logico. Ciò nonostante, dovrete abituare la Regina e i principi a fare a meno della vostra presenza”
Caspian sorrise. “Non credo che sarà possibile, dal momento che sono io a non poter fare a meno di loro”
Di nuovo, Lord Erton faticò a trattenersi dal dire ciò che realmente pensava. Odiava quelle frasi sdolcinate.
E Caspian lo sapeva benissimo.
Ma non c’era nulla che il Duca potesse fare. Nulla che potesse allontanare il Re dalla sua sposa.
“Ad ogni modo, ditemi: di cosa volevate così urgentemente parlarmi?” chiese poi il Liberatore.
“Ah, sì”. Lord Erton si chiarì la gola, lanciò un’occhiataccia a Briscola (il quale non mancò di ricambiare), e continuò. “Mi costringete ancora una volta, Maestà, a dirvi che i paesi attorno a Narnia vorrebbero l’ufficializzazione del vostro matrimonio”
Caspian fece un sospiro stanco insieme ad un mezzo sorriso. “Sì, lo so”
“So di essere tediante, mio signore, ma vi rendete conto che agli occhi degli altri regni non siete sposato?”
“Gli occhi degli uomini valgono forse qualcosa di fronte agli occhi di Aslan?”
“Aslan non partecipò alle vostre nozze, mi pare”
“Oh, c’era eccome”
“Insomma, Duca!” tuonò Briscola. “State importunando il Re!”
“Non preoccuparti” lo calmò Caspian, alzando una mano per fermarlo. “Lord Erton, so che volete solo consigliarmi nel migliore dei modi, ma sono spiacente di dirvi che arrivate tardi. Vedete, io e la Regina abbiamo deciso proprio in questi giorni la data delle nozze”
Fu come se qualcuno gli avesse dato una botta in testa. Lord Erton rimase confuso per qualche secondo.
“Così su due piedi, Sire?”
Caspian stavolta non riuscì a trattenere una vera risata. “Vostra Grazia, io davvero non vi capisco: non eravate voi a volere così tanto ardentemente una Regina per Narnia? Una degna consorte per il vostro Re? Un erede per il nostro trono? Mi sembra che abbiate ottenuto proprio ciò che richiedevate: vi ho portato una Regina, che è da poco divenuta madre di due splendidi rampolli; l’ho sposata, e mi appresto a prenderla di nuovo in moglie davanti al mondo intero. Cosa chiedete di più?”
Caspian pensava che ormai quell’argomento fosse chiuso. Dopotutto, non era forse vero quel che aveva appena detto?
Obbiettivamente sì, ma per quanto riguardava Lord Erton no. I suoi piani non erano andati come programmato. Susan, con i suoi consigli pratici e benevoli, aveva intaccato l’ascendete che fino a quel momento aveva avuto su Caspian. Come se non bastasse, c’era sempre Lord Rhoop vicino a lei. Un doppio pericolo per Lord Erton.
 “Per quale motivo la Regina non vi piace?” chiese a un tratto Caspian, appoggiando il gomito al bracciolo della sua poltrona.
Lord Erton fece un mezzo sbuffo e assunse un’aria di falsa indignazione. “Non ho mai detto una cosa simile”
“Spesso, i nostri gesti valgono di più delle nostre parole, milord”
No, Susan Pevensie non piaceva a Lord Erton, e questo era palesemente evidente a tutta la corte. Al di là di un saluto o un inchino formale non si spingevano mai.
La maggior parte dei cortigiani la pensava come Susan. Del resto, erano pochi a Narnia a vedere di buon occhio il Duca, per non parlare di quelli che tremavano al solo pensare di incrociarlo per i corridoi, e ancor più di rivolgergli la parola.
Molti erano stati quelli che, dopo l’incoronazione di Caspian e ancor più dopo il ritorno di Lord Rhoop, avevano sperato che Lord Erton venisse destituito dal suo incarico di Duca di Beruna e di Giudice della Corte Suprema (titoli che andavano di pari passo).
Purtroppo, Il Re non era ancora riuscito in questo intento. E sebbene anche lo stesso Caspian desiderasse che il titolo di Duca di Beruna tornasse al suo legittimo proprietario, comprendeva che non poteva fare favoritismi. Perché un Re deve essere neutrale.
Susan aveva imparato a sopportare le insinuazioni di Lord Erton, soprattutto da quando erano nati i suoi figli. Lo vedeva assai meno rispetto a prima, poiché ora le sue mansioni erano incentrate sull’educare Rilian e Myra.
Ma sia Susan che Caspian sarebbero stati molto più attenti se avessero saputo che l’antipatia che Lord Erton provava per la Dolce era completamente diversa dall’astio nato tra la ragazza e Lord Drinian a bordo del Veliero dell’Alba.
Lord Erton covava per lei un odio viscerale, crescente.
Velenoso.
Ad ogni modo, in quel momento non erano queste le preoccupazioni principali dei Sovrani. C’era la loro vita insieme a riempire i loro pensieri e le loro giornate: la gioia di scoprirsi genitori, di passare le notti ad amarsi ogni volta come se fosse la prima, la responsabilità di regnare su Narnia e la soddisfazione di vederla rinascere giorno dopo giorno, la felicità di poter godere di ogni più piccolo attimo l’uno dell’altra. A loro non sarebbe importato di non essere nessuno, purchè potessero vivere insieme.
Caspian faceva di tutto per stare con Susan e i bambini, anche se certe volte era molto stanco.
E poi, in quel periodo, c’era il pensiero del matrimonio.
Qualche mese dopo la nascita dei principi, Narnia si preparò per un altro meraviglioso evento: Il Re Caspian e la Regina Susan ufficializzarono le loro nozze davanti ad Aslan un giorno d’autunno, precisamente lo stesso giorno in cui si erano sposati sull'Isola delle Rose.
La scelta della data non era stata casuale.
Fu un tripudio di ospiti che vennero da ogni dove, e i festeggiamenti durarono quasi una settimana.
I Pevensie, per questa specialissima occasione, arrivarono molto prima della cerimonia, ai cui preparativi Helen e Lucy parteciparono attivamente.
Furono giorni di fermento in tutto il castello: si lucidarono argenterie e porcellane, dai grandi vassoi ai più minuscoli cucchiaini. Pavimenti e vetri dovevano brillare, così come i lampadari. Si prepararono le stanze per quegli ospiti che si sarebbero trattenuti a palazzo, e si allestì di tutto punto la Cappella d’Oro con fiori e drappeggi colorati.
Caspian si sposò indossando l’alta uniforme di Telmar, in colori blu scuro, nero e oro, che metteva più che mai in risalto il suo fisico prestante.
Susan indossava un vestito da favola, che brillava ad ogni suo movimento grazie ai mille piccoli diamanti cuciti a mano sul tessuto di un bianco abbagliante. Tra i capelli, portati sulla spalla sinistra, erano intrecciati fiori degli stessi colori del suo bouquet da sposa: bianchi e blu. Ovviamente, non aveva saputo fare a meno del suo fiore.
Peter era il suo testimone, Edmund quello di Caspian. Lucy era la prima damigella d’onore, insieme a Miriel, Shanna e Gael.
La Regina giunse alla Cappella con una carrozza trainata da quattro splendidi cavalli bianchi.
Come c’era da aspettarsi, Helen pianse.
Al lancio del bouquet, tutte le fanciulle in età da marito si schierarono vicino alla grande fontana a forma di cigno.
Ma fu Miriel a prenderlo, al che la cerimonia di nozze venne fusa con quella di fidanzamento della Driade e del Re Supremo. Ormai non c’era più motivo di aspettare, e la loro futura unione venne annunciata ufficialmente. Ci sarebbe voluto ancora del tempo prima di assistere a un altro matrimonio, questo lo sapevano tutti. Peter e Miriel sapevano anche che, d’ora in avanti, le visite di lui non sarebbero più state così assidue come le due volte precedenti.
La famiglia di Miriel (presente tra gli invitati) diede il proprio consenso, anche se un po’ a malincuore, mentre Helen e Robert accettarono la cosa con una serena rassegnazione. Dopotutto, i signori Pevensie avevano sempre saputo che i loro bambini non potevano rimanere bambini per sempre. Ma se Aslan concedeva loro di visitare Narnia così spesso, l’idea che sia Susan che Peter (e forse in futuro anche Edmund e Lucy) avessero vissuto in un altro mondo, non era più così spaventosa.
Ci fu un banchetto sontuoso nella grande sala dei ricevimenti, e anche se il Re e la Regina si ritirarono prima di tutti gli altri, il ballo di nozze continuò fino a notte fonda.
Il cuore di Lucy, quella notte, le martellò in petto a un livello folle. Aveva notato gli sguardi di Emeth, tanto intensi a volte da farla vergognare.
Cosa stava pensando di lei?
Come Eustace e Edmund, Lucy aveva preso qualche centimetro e mamma aveva dovuto comprarle una nuova divisa scolastica per il nuovo trimestre.
Non era come Susan, Lucy era più magra e un po’ più bassa, ma si piaceva. O meglio, aveva cominciato a piacersi.
Poi, quel mattino, quando le cameriere le avevano fissato la coroncina di fiori nei capelli, si era guardata allo specchio, e infine aveva visto la bambina divenuta fanciulla: la sua amabile figura in un abito rosa pesco, senza spalline, con un giro di fiori rosa appuntati in vita e sulla casta scollatura che rivelava le dolci forme ormai evidenti sotto gli abiti.
Si era sentita quasi un’altra.
Non aveva mai indossato abiti narniani che potessero metterla in risalto, se non nell’Età d’oro, quand’era divenuta grande. Ma all’epoca Emeth non c’era, e lei non aveva mai avuto desiderio di essere bella per nessuno in particolare.
Non era mai stata innamorata. Era un’esperienza nuova.
E il giovane soldato non la lasciò un attimo, tantomeno con lo sguardo. Lucy era un richiamo irresistibile per i suoi occhi, che percorrevano la sua figura così cambiata dalla prima volta che l’aveva vista.
Desiderò esprimere i suoi sentimenti in modo più completo, ma ancora non osò. Non era pronto e lei non poteva restare. Emeth aveva deciso che solo nel momento in cui sarebbe stato certo che la Valorosa non avrebbe mai più lasciato Narnia, solo allora avrebbe pronunciato quelle parole.
Per Edmund fu invece tutto più complicato.
Shanna, nel suo abito rosa chiaro, sembrava più vera, meno irraggiungibile, e il Re Giusto lo constatò con piacere danzando con lei per tutta la festa.
“Forse dovresti invitare anche qualcun’altra” gli fece notare la Stella con un certo imbarazzo, quando si rese conto che decine di fanciulle attendevano il loro turno per farsi avanti.
Ma Edmund rifiutò gentilmente ogni invito.
Shanna ne fu oltremodo lusingata.
C’era qualcosa di indiscutibilmente diverso in lei, notò il Giusto, ma non capiva bene cosa. Forse erano i suoi capelli: aveva cambiato pettinatura? Oh certo, tutte le ragazze avevano una pettinatura diversa quella sera. Allora era l’abito…no, nemmeno. Forse era…che cos’era?
Continuò a pensarci anche quando fu steso nel suo grande letto, le mani dietro la nuca e lo sguardo fisso al soffitto, mentre ripensava alla splendida serata e rimuginando sull’effetto che lei provocava in lui ogni volta che la vedeva. Si sentiva estasiato e spaventato allo stesso tempo, e anche un po’ sciocco. Aveva scoperto un nuovo lato di sé, un lato che fuoriusciva solo in presenza di Shanna.
Con gli altri era il solito Edmund. Ma con lei…
Aveva sempre considerato le ragazze niente più che amiche, certe volte persino fastidiose. Con Susan e Lucy – specie quand’erano più piccoli – era arrivato a pensare a loro come fratelli, come maschi; perché in fin dei conti, secondo lui, non c’era molta differenza tra ragazzi e ragazze. O no?
Osservava Emeth ridere con Lucy, Peter abbracciare Miriel, e soprattutto Caspian baciare Susan. Quest’ultimo aspetto non gli appariva più così disgustoso come sul Veliero dell’Alba.
Anche se non aveva mai capito pienamente come si potesse desiderare di posare le proprie labbra su quelle di una ragazza…bè, ora iniziava a pensare seriamente di provare a farlo. Aveva sentito questo bisogno guardando Shanna quella sera. Aveva indugiato più volte sulle sue labbra chiare, perfette, sottili. Era stato tentato più di una volta, durante la festa (e nei giorni seguenti tutte le volte che sarebbe rimasto solo con lei) a voler sperimentare quel contatto.
Purtroppo, non ci sarebbe riuscito.
Eustace diceva che i cugini sembravano tre rimbambiti (testuali parole), e che forse si stava rincitrullendo anche Edmund, ma il Giusto aveva imparato da tempo a non prendere per buona ogni frase che usciva dalla bocca di Eustace Scrubb. Suo cugino poteva dire quel che voleva, ma la realtà era che anche lui prima o dopo sarebbe caduto in quella che Briscola chiamava la trappola dell’amore.
Ma la parola amore gli sembrava ancora tanto grande per lui...
I Pevensie rimasero a Narnia più di un mese. Il giorno dopo la cerimonia, Caspian e Susan partirono per il viaggio di nozze, il quale durò tre settimane. Da Cair Paravel si sarebbero diretti a sud con il Veliero dell’Alba, poi sarebbero risaliti verso la costa ovest di Narnia, dove si trovava Telmar. 
“Caspian ha promesso di farmi vedere la sua terra” continuava a ripetere Susan, gli occhi che le brillavano, anche se era triste doversi separare per quasi un mese dai suoi bambini.
Ma Rilian e Myra erano troppo piccoli per viaggiare, e così rimasero con gli zii e con i nonni.
Al ritorno del Re e della Regina, però, il rientro in Inghilterra era prossimo.
Questa volta, la separazione avvenne con un peso sul cuore.
Aslan disse che sarebbe passato diverso tempo prima della prossima visita.
Diverso tempo…quanto, si chiedevano i ragazzi? Quando sarebbero stati di nuovo tutti insieme?
Chissà, forse la volta seguente ci sarebbe stato anche il settimo Amico di Narnia…
Da un lato era quello che Caspian e Susan avevano sempre sperato ogni volta che i fratelli della Dolce erano riapparsi a Narnia; da un altro era meglio che non fosse ancora giunto il tempo del settimo Amico.
Spesse volte, i cinque Sovrani e Eustace si erano chiesti cosa avrebbero dovuto aspettarsi una volta che Peter lo avesse condotto a Narnia: doveva portarlo davanti ad Aslan? Dovevano prepararsi ad una nuova, straordinaria quanto spaventosa avventura?
Lo avrebbero scoperto a tempo debito.
 
Passò un anno e Aslan infine se ne andò, dicendo che oramai la Dolce e il Liberatore non avevano più bisogno di consigli: Narnia prosperava splendidamente. Inoltre, al di là del mare avevano bisogno di lui.
Per molto, molto tempo non lo rividero più.
Emeth decise un giorno di partire per il Sud, intenzionato a ritrovare sua madre e suo padre. Susan non voleva che se ne andasse, ma Caspian gli diede il permesso.
Gael rimase a Cair Paravel fino a trasformarsi in una vera lady, dopodiché, accompagnata da Lord Drinian e la sua flotta, tornò sulle Isole Solitarie, dove il capitano del Veliero dell’Alba aveva un importante lavoro da sbrigare come ambasciatore del Re in quelle città che ancora rimanevo un poco ostili alla corona di Narnia. La sua spedizione durò diverso tempo, ma ebbe successo, e le Solitarie rientrarono a tutti gli effetti a far parte del regno.
Anche Tara e Clipse, almeno tre volte l’anno, tornavano dalle loro famiglie. Miriel fu l’unica a rimanere sempre accanto ai Sovrani. Non tornò mai alle Valli del Sole.
Di tanto in tanto c’erano notizie di qualche screzio su al Nord, opera dei soliti Giganti, oppure qualche piccolo disordine a carico di ribelli e fuorilegge, ma mai nulla di troppo serio. Tranne che un giorno, a Cair Paravel accadde un fatto ben più grave di qualche screzio tra Giganti.
Il Re e la Regina dovettero assentarsi per far visita alla corte di Anvard, la capitale di Archen. Durante la loro assenza accadde che una giovane guardia del castello chiese il permesso di poter lasciare il suo lavoro per qualche giorno, per correre al capezzale della madre che era molto malata, forse morente.
Briscola – che in mancanza del Re guidava il regno, come sempre – gli accordò il permesso.
Il giovane partì così per un villaggio nei pressi di Lanterna Perduta, dov’era la sua casa d’infanzia, portando con sé tre o quattro amici.
Anche Lord Erton si era recato fuori dal regno in quei giorni. Era giunta voce che alcuni nobili rinnegati fossero stati avvistati nelle foreste vicino al vecchio castello di Miraz, che ora veniva usato come tenuta di caccia. In qualità di Giudice Supremo della Corte, Lord Erton si era messo in testa di dar loro la caccia e metterli a morte, ignorando l‘ordine di Caspian di non fare nulla contro quegli uomini. Della faccenda voleva occuparsi il Re in persona al suo ritorno da Anvard.
L’ex castello di Miraz si trovava poco più a sud di Lanterna Perduta, e una notte, i soldati che Lord Erton aveva portato con sé, pur di tornare a casa perché stanchi e infreddoliti, attaccarono il primo gruppo di sospetti che videro arrivare.
Fu un equivoco bello e buono, ma ci andarono di mezzo delle vite.
Il ragazzo partito per far visita alla madre insieme ai suoi compagni, furono tra coloro che Lord Erton fece catturare e portare nelle prigioni di Beruna.
Se solo il Re e la Regina fossero tornati un giorno prima, quella tragedia si sarebbe potuta evitare.
Ma accadde il peggio.
Lord Erton si rese conto del madornale errore commesso dalle sue guardie, ma il Duca non era un uomo umile e non ammetteva mai di aver sbagliato. Così, fece mettere a morte quei giovani soldati spacciandoli per ribelli.
Non ci fu processo. Vennero condannati senza possibilità di appello, e quando il Liberatore e la Dolce tornarono a Narnia, era troppo tardi.
“Siete un mostro!” esclamò Susan, dopo che la seduta del Gran Consiglio in cui Lord Erton aveva spiegato faccenda fu terminata.
Il Duca era rimasto impassibile di fronte alla collera di lei, in attesa di essere ricevuto dal Re.
“State pur certo che Caspian prenderà i giusti provvedimenti!”
“Ho solo fatto il mio dovere, mia signora”
“Il vostro dovere era condannare a morte dei poveri innocenti?! Non avevano fatto nulla e voi lo sapevate!”
Susan era fuori di sé, e Caspian non fu da meno.
Quando Lord Erton entrò nel suo studio, il Liberatore diede sfogo alla stessa indignazione della moglie.
“Dovevo esserne informato! Dovevate mandare un messaggero! Vi avevo espressamente ordinato di mettermi al corrente di qualsiasi questione avesse richiesto la mia presenza!”
“Maestà, per così poco” ribatté Lord Erton, ricevendo la solita occhiataccia da Briscola, seduto sul suo seggio dietro al Re, intento a prendere appunti. “Una faccenda di così poco conto come quella dei disertori, non poteva prendere il sopravvento sui certamente più importanti problemi che Vostra Maestà avrà dovuto discutere alla corte di Archen”
Caspian parlò con voce seria e pacata. “Ogni questione che riguarda Narnia è importante, milord, più di qualsiasi altra. Tuttalpiù se la questione riguarda un innocente”
“Maestà, che fossero innocenti o meno spettava a me decidere, in quanto giudice di corte”
“Ebbene, lo erano?”
Lord Erton unì le mani dietro la schiena, improvvisamente a disagio. “Sire, quei ragazzi erano esattamente nel luogo in cui erano stati avvistati i disertori. Pertanto, ho creduto…”
“Pertanto li avete presi e li avete fatti mettere a morte senza processo, perché così vi andava, Lord Erton!”
“I disertori vanno puniti, Sire. Il popolo deve capire cosa accade a chi tradisce la corona”
“Non erano disertori, farabutto che siete!” tuono Briscola, parlando per la prima volta. Non aveva potuto trattenersi.
Lord Erton guardò il nano, desiderando di strangolarlo seduta stante.
A un cenno del Re, Briscola si zittì.
Bestiaccia, pensò Lord Erton, rimanendo immobile, sostenendo lo sguardo accusatore del Reggente.
“Maestà, vi giuro che quei ragazzi si sono comportati come criminali quando li abbiamo incontrati nella foresta” continuò poi, come se non fosse mai stato interrotto. “Lo ripeto, ho fatto solo il mio dovere: li ho catturati e li ho puniti”
Il Liberatore lo guardava con sul viso un’espressione assolutamente disgustata.
“Non sta a voi decidere chi deve vivere o morire!” esclamò.
Il Re e il Duca si fronteggiavano, in piedi uno di fronte all’altro, solo la scrivania a dividerli.
“Certe volte è necessario prendere decisioni drastiche, Sire. Un Re questo dovrebbe saperlo”  disse Erton, irremovibile.
Caspian abbassò un momento lo sguardo e annuì. “Forse avete ragione, signore. E’ necessario prendere decisioni drastiche. Per questo lascerete il vostro incarico stasera stessa”
Sembrò che il Re avesse appena schiaffeggiato il Duca. Briscola, invece, avrebbe voluto mettersi a ballare.
“Io credo di non capire” balbettò Lord Erton, con un’espressione molto stupida.
“Sto dicendo che da questo momento non siete più il Duca di Beruna, e nemmeno giudice della Corte Suprema. E’ chiaro a tutti che la vostra capacità di discernimento non va di pari passo con il Nostro pensiero. Quello che è accaduto oggi è un fatto molto grave, e non vogliamo si ripeta mai più”
Lord Erton iniziò a tremare. Osservò l’espressione dura del Re, e quella soddisfatta di Briscola. Solo le buone maniere impedivano al nano di ridergli in faccia.
“Farete parte del Gran Consiglio, questo ve lo posso ancora concedere” concluse Caspian. “Ma non prenderete mai più decisioni giudiziarie”
Lord Erton aprì e chiuse i pugni più volte, tirando lunghi respiri per calmarsi. Infine s’inchinò rigidamente.
“La vostra volontà è la volontà di Narnia, Sire” balbettò con tono lugubre. “Con il vostro permesso, io mi ritiro”
Ma le sorprese per lui non erano finite.
Quando tornò nel suo palazzo a Beruna, trovò le guardie a sbarrargli la strada.
“Tutto ciò è ridicolo!”
“Ordini della Regina, milord. Il palazzo appartiene al Duca, e voi non siete più il Duca di questa città”
In una sola sera, il grande e potente Lord Erton aveva perso il titolo, il suo seggio alla Corte Suprema e infine il suo castello.
Quella notte fu costretto a sistemarsi in una locanda, e il giorno seguente ripartì per la sua vecchia casa ai confini della brughiera. Vi si rifugiò per molti giorni senza voler vedere nessuno, come un animale ferito si rifugia nella tana in attesa che il dolore passi.
Non poteva certo lamentarsi con tutti i servitori che aveva e gli agi che gli derivavano dall’essere un Lord di rango elevato, ma Galvan e Ravenlock, che erano sempre con lui, capirono quanto dovesse essere frustante per il loro signore abbandonare la vita che conduceva in precedenza, per tornare a una più ‘umile’. Umile secondo i canoni cui era abituato a vivere prima.
Non si fece più vedere a corte per un bel pò di tempo, e mentre si crogiolava nel suo dolore e covava la vendetta, il posto vacante di Duca di Beruna veniva ripreso da Lord Rhoop, il suo acerrimo rivale.
Lord Erton rifletté attentamente sugli eventi di quegli ultimi giorni, e giunse sempre alla solita conclusione: la colpa era di Susan.
Da quando era arrivata a Narnia, le cose per lui avevano iniziato ad andare male.
Il Re centrava poco e niente, anche se parte di colpa l’aveva anch’egli. Ma Caspian era solo uno sciocco sentimentale che si era fatto mettere nel sacco dalle grazie della sua bella mogliettina. Era lei la vera manipolatrice di Cair Paravel. Lei che aveva messo strane idee in testa al marito, che aveva dato il via a troppi cambiamenti che a Lord Erton non aggradavano per nulla. Lei che aveva preso in simpatia Rhoop, e che alla prima occasione aveva cacciato lui dal castello di Beruna per ridarlo al suo vecchio proprietario.
Tutte le sue disgrazie si sarebbero potute evitare se non fosse stato per la Regina Dolce.
Dolce di nome, di fatto ne dubitava.
Erton la vedeva come una piccola volpe che aveva saputo giocare bene la parte della fanciulla indifesa per prendere il comando del castello. Susan si era sentita minacciata quando aveva capito che lui era l’uomo più potente a corte, quasi più potente di suo marito. Questo evidentemente l’aveva spaventata, e da quel momento in poi aveva fatto di tutto per allontanarlo.
Lord Erton non si era risparmiato nel renderle la vita difficile, ma aveva perso la partita e questo non gli andava giù.
In realtà, le cose stavano diversamente.
Susan non sapeva cos’erano complotti e piani di conquista, la sua natura non li vedeva neppure da lontano. Aveva fiutato qualcosa, sì, ma solo la verità su Lord Erton. Quella verità sulla quale Caspian, per un certo periodo, aveva voluto chiudere gli occhi.
Il Liberatore aveva voluto dargli il beneficio del dubbio, perché così avrebbe fatto suo padre. Ma lui non era suo padre, e col senno di poi capì che avrebbe dovuto agire non come Caspian IX, ma come Caspian X. Il suo istinto gli aveva detto fin da subito che non sarebbe stato un bene tenere Lord Erton a Cair Paravel, al contrario: avrebbe dovuto allontanarlo già da tempo. Non l’aveva mai fatto, ma ora quel momento era arrivato.
E per quanto il suo buon cuore non volesse ammetterlo apertamente, senza quell’uomo le cose migliorarono notevolmente. Erton aveva ficcato il naso in troppi affari che non lo riguardavano, e rovinato la vita di una e più persone.
Molti ancora non si capacitavano di ciò che era avvenuto a quei poveri ragazzi. Era dai tempi di Miraz che non sussisteva un fatto tanto tragico. I narniani piansero la perdita di quattro giovani vite innocenti, e Caspian giurò davanti al suo popolo che non sarebbe mai più accaduto nulla di simile.
La faccenda non venne dimenticata, ma venne superata, e tutti tornarono alla vita di sempre. Anche Lord Erton, che si ripresentò a corte per presiedere alle sedute del Gran Consiglio, ma senza più quella superbia che lo contraddistingueva.
Chissà, forse aveva imparato la lezione. O più semplicemente stava tramando qualcosa, ovviamente insieme a Lord Galvan e Lord Ravenlock.
Era proprio così.
La sera stessa che Lord Rhoop aveva giurato fedeltà davanti a Re Caspian, riprendendo il suo ruolo di Duca, Erton aveva scritto un messaggio in fretta e furia, aveva chiamato un servitore e gli aveva ordinato di prendere il cavallo più veloce che aveva e portarlo a Tashbaan.
Dopo una settimana, il servitore era tornato con la risposta, la quale consisteva in una fialetta di vetro contente il liquido velenoso più potente che si potesse trovare al mondo. Inodore, insapore, incolore. Aveva un effetto devastante per chiunque lo bevesse. Portava a una morte lenta e dolorosa, che consumava la vittima da dentro, la quale lasciava questo mondo dopo esser stata preda di atroci sofferenze. Una morte che Lord Erton non avrebbe augurato neppure al suo peggior nemico, eccetto forse una.
Aveva un piano, elaborato in poco tempo e per questo rischioso. Tuttavia volle correre quel rischio.
La persona alla quale aveva in mente di somministrare quel micidiale intruglio doveva sparire dalla circolazione al più presto, o le sue speranze di recuperare ciò che aveva perso diventavano vane.
Mentre ripercorreva il suo piano, la sera che avrebbe dovuto andare in porto, di tanto in tanto Lord Erton ghignava da solo mentre con la carrozza raggiungeva Cair Paravel in abito da cerimonia, per prendere parte alla prima festa di compleanno del principe Rilian e della principessa Myra.
La sua mente contorta si proiettava in avanti di una decina di giorni, a quando ormai il veleno avrebbe fatto il suo dovere e Narnia sarebbe caduta in un tremendo lutto alla morte della sua Dolce Regina. Il Re non avrebbe più avuto una ragione di vita, eccetto forse i suoi figli. Ma ai principi avrebbe pensato Lord Erton, mandandoli a Telmar, lontano dal padre. Dopotutto, Caspian non avrebbe potuto occuparsene come faceva Susan, e Lord Erton già immaginava il Liberatore chiedere di allontanare di proposito i due bambini, perché gli ricordavano troppo lei.
Dopodiché, passato il giusto periodo di cordoglio, Lord Erton avrebbe ripreso in mano le redini del Gran Consiglio, della vita del Sovrano, di Narnia. Tolta di mezzo la Regina, tutto sarebbe tronato come prima.
Solo Lord Galvan e Lord Ravenlock erano al corrente di questo suo piano, oltre alla persona che gli aveva procurato il veleno.
Chi era questa persona? Ovviamente, l’Imperatore Tisroc.
Ma qualcosa andò storto.
Forse fu davvero per la fretta con la quale Erton mise in atto il suo diabolico proposito, forse fu per la disattenzione del cameriere cui era stato ordinato di riempire il calice della Regina, fatto sta che al momento del brindisi, il Re si accasciò a terra tra gli sguardi spaventati e attoniti di tutta la corte.
Venne immediatamente fatto portare nelle sue stanze, furono chiamati i medici di corte, primo fra tutti il dottor Galileo, ma nessuno di loro capì che cosa gli fosse accaduto.
Caspian presentò prima una violenta febbre, poi sopraggiunsero le convulsioni, infine il dimagrimento. I luminari più esperti non potevano far nulla, potevano solo guardare il loro Re spengersi giorno dopo giorno.
Susan rimase sempre accanto al marito, non lo lasciò mai, anche se il dottor Galileo insisté più volte per allontanarla, sia lei che i bambini, per evitare che ci fosse un contagio nel caso la malattia del Re si fosse rivelato un virus mortale.
Susan, impotente davanti alle condizioni di Caspian, chiese più volte consiglio all’unica persona che sembrava pensarla come lei: il dottor Cornelius.
“C’è già chi grida al complotto. Dicono che l’hanno avvelenato” disse lei un giorno, quando sembrava non ci fosse più nulla da fare. L’esito che tutti temevano, e cioè che il Re morisse, appariva ormai inevitabile.
“Io temo di si, bambina”
Susan si gettò in ginocchio ai pedi della poltrona sulla quale era seduto il vecchio professore, singhiozzando sulle sue gambe, mentre egli le accarezzava i capelli.
“Io so che quel veleno era per me! E’ colpa mia!”
“Mia cara, cosa dite?!” esclamò lui, turbato.
“E’ così, lo so! E so anche chi è stato, ma non ho nessuna prova!” Susan alzò il viso rigato di lacrime di disperazione e di rabbia, puntando gli occhi celesti in quelli di Cornelius, colmi di pianto quanto i suoi. “Deve esserci un antidoto. Professore, vi prego, aiutatemi!”
“Ho dato fondo ai miei libri, ma...”
“Io non accetterò che Caspian muoia! Non lo accetterò mai!”
Cornelius fece un’espressione molto grave, distogliendo lo sguardo da quello della Regina.
E lei interpretò quella titubanza per quel che era: Cornelius le nascondeva qualcosa.
“Esiste una soluzione” esclamò speranzosa. Non era una domanda. “Se c’è, ditemela!”
Il vecchio precettore sospirò profondamente. “Se le mie deduzioni sono giuste, l’unico antidoto è realizzabile con un miscuglio di rare erbe e un pizzico di magia”
“E voi sapete come procedere?”
Il volto addolorato di Cornelius divenne serissimo e Susan provò uno strano senso d’inquietudine.
“Posso tentare” rispose l’uomo, sempre senza guardarla.
C’era davvero qualcosa che il vecchio precettore non le aveva detto, ma per il momento decise di non chiedere altro. La cosa più importante era la salvezza di Caspian e il tempo a disposizione stava per scadere.
Susan balzò in piedi ma Cornelius la fermò. “Per quanto riguarda la magia, bambina, io non so se posso aiutarvi”
La speranza nata in lei si dileguò in un istante. “Ma voi avete qualche nozione, l’avete detto una volta voi stesso”
“Io conosco la magia dei miei antenati, dei Nani Neri, che viene da Aslan. La magia che serve per questo antidoto è magia nera”
La Regina trasalì.
In tutta Narnia non c’era nessuno che la praticasse, eccetto chi aveva rinnegato Aslan e la Grande Magia. La magia nera era proibita e nessuno mai, se non voleva incorrere nell’ira del Grande Imperatore d’Oltremare, doveva farne uso. Era stata portata nel mondo dalla Strega Bianca, unica persona che Susan aveva visto usufruirne. Gli unici altri di cui sapeva erano gli stregoni di Calormen.
A meno che non ci fosse qualcun altro. Qualcuno di cui lei non aveva sospettato, ma che, pensandoci ora...
Poteva essere.
Poteva essere che chi si fosse procurato il veleno avesse anche l’antidoto.
“Cercate quelle erbe, dottore, al resto penserò io” disse svelta.
“Cosa volete fare?” chiese lui molto preoccupato. “Maestà, la magia nera è proibita, non fate sciocchezze!”
“Non ho intenzione di usarla, se è questo che pensate, anche se sarei disposta a fare qualsiasi cosa per salvare la vita di Caspian. Ma non è questo che lui vorrebbe, lo so. Tuttavia posso costringere la persona che ha fatto questo al Re a darmi il suo contributo. Se ho ragione, avremo l’antidoto entro domattina”
Contro al sua stessa volontà che le imponeva di non allontanarsi mai da suo marito, Susan fece sellare Destriero e si precipitò verso la brughiera, al palazzo di Lord Erton. Tempestoso e i suoi figli la seguirono appena in tempo per non lasciare che commettesse qualche sciocchezza dettata dalla più ceca disperazione.
Viaggiò quasi tutta la notte e il sole era ormai sorto quando arrivò a destinazione.
Nel castello già si muovevano camerieri e valletti, i quali furono totalmente presi alla sprovvista dal suo arrivo.
“Maestà!” esclamarono increduli Lord Galvan e Lord Ravenlock.
“Fatemi passate” ordinò Susan, con una voce che nemmeno pareva la sua.
“Sì, signora” borbottarono gli altri due, scostandosi dalla porta dietro la quale si accedeva alle stanze del loro signore.
Lord Erton, che stava facendo colazione in vestaglia, avvertì come un rombo di tuono quando la porta della sua camera si aprì con un tonfo. La tazza di thè gli cadde di mano, infrangendosi al suolo, spargendo il suo contenuto sul tappeto.
“Che cosa diavolo succede?!”
Si volse con espressione dura, pronto a rimproverare colui che avesse osato varcare quella soglia senza nemmeno bussare. Ma quando vide la Regina, si affrettò ad inchinarsi.
“Mia signora, cosa vi porta qui?” chiese con finto garbo.
E Susan lo capì benissimo.
Lei gli si avvicinò, si fermò a un passo da lui, guardò a terra i resti della tazza, si chinò, e con rabbia raccolse il pezzo più grosso della bella porcellana infranta, posandone la parte tagliente al collo del Duca.
“Voi avete avvelenato il Re!” esclamò la ragazza, senza preamboli.
Susan non avrebbe mai accusato nessuno di un delitto tanto atroce se non ne fosse stata assolutamente sicura. E lo era. Per questo parlò con voce forte e chiara, così che anche Galvan, Ravenlock e i sevi rimasti al di fuori – che ora spiavano con grande interesse quel che accadeva all’interno – potessero udire tutta la storia.
Lord Erton deglutì, stando attento a non muovere la testa di un millimetro. Se l’avesse fatto, il coccio appuntito gli avrebbe provocato un lungo taglio sulla carotide, mandandolo in pochi minuti all’altro mondo.
“Mia signora, cosa state dicendo?”
“Non fate la recita con me! E’ durata anche troppo!”
Susan vide la paura negli occhi dell’uomo, e benché una parte di lei – la parte irrazionale – avrebbe desiderato spingere più a fondo nella pelle quel pezzo di porcellana, decise invece di scaraventarlo nel camino.
La Regina fece un passo avanti, Lord Erton uno indietro.
“Non sapete quel che dite, Maestà. Siete sconvolta. Il Re sta…”
“Il Re sta morendo ed è colpa vostra! Tutto è colpa vostra! Volevate sbarazzarvi di me, mi avete sempre odiata, ma vi è andata male.”
“Maestà, vi prego di credere che io no ho mai…”
“Tacete!”
Lord Erton trasalì, e così gli astanti.
“Chiudete quella maledettissima bocca, mostruoso sadico che non siete altro! E ora datemi l’antidoto, immediatamente!”
Susan tese il braccio, allungando la mano verso di lui a palmo teso.
L'ex Duca continuò ad indietreggiare. “Mi spiace, io non posso far nulla per lui. Ma sono certo che Aslan…”
Gli occhi di Susan dardeggiarono, e il bel color celeste si tinse per un attimo del rosso del fuoco che ardeva nel camino.
“Non osate pronunciare il nome di Aslan davanti a me! Non ne siete degno!” gridò. “Vi farò incriminare per tentato omicidio, potete starne certo. Finirete i vostri giorni in prigione!”
In quel momento, non somigliava più alla Regina Dolce, ma ad una donna il cui dolore e la cui disperazione stavano fuoriuscendo dal corpo come fiamme ardenti, pronte a distruggere ogni cosa s’infrapponesse tra lei e la salvezza dell’uomo che amava.
“Maestà, mi offendete profondamente insinuando certe cose sul mio conto. Non avete prove per affermare che io…”
“Ho prove a sufficienza per farvi condannare a tre ergastoli, Vostra Grazia. Ho testimoni di crimini e nefandezze compiuti nei dieci e più anni del vostro mandato, senza contare il resto di tutte le atrocità che avete commesso nella vostra vita. E ora datemi, quel maledettissimo antidoto, perché so che l’avete!” gridò furiosa, facendo tremare il volto del vecchio ex Duca.
Ma egli restò impassibile, immobile. La fialetta che avrebbe salvato la vita del Re stava nella tasca destra della sua veste. Aveva pensato di somministrarglielo lui stesso, perché non desiderava che Caspian morisse. Ma non aveva mai potuto avvicinarsi al Re, poiché Susan era sempre con lui, e Lord Erton non poteva rischiare che si sospettasse qualcosa. Se fosse tonato al palazzo con la miracolosa cura, la Regina avrebbe smascherato il suo crimine.
“Sono spiacete, signora, ma non ho nulla per voi. Cercate dal vostro dottor Cornelius. Ha nozioni di magia, no?”
Susan strinse gli occhi e fissò Lord Erton ancor più insistentemente. “Come sapete della magia? Io non ne ho parlato”
Maledetta strega! Egli pensò.
Aveva trovato il modo di metterlo con le spalle al muro e lui aveva finito col tradirsi mentre cercava di difendersi. Con quell’affermazione si era condannato da solo.
Susan non perse tempo. “Verrete prelevato dalla vostra casa e portato davanti al tribunale reale oggi stesso” disse. “Quando il Re starà meglio, sarete processato. Vi avverto: stavolta non la passerete liscia”
Sconfitto, Lord Erton osservò la donna lasciare il palazzo e tornarsene di corsa a Cair Paravel. Si accasciò sulla poltrona e si prese la testa tra le mani.
Stavolta per lui era davvero finita.
Lord Galvan e Lord Ravenlock penetrarono quatti quatti nella camera, restando indietro e attendendo ordini.
“Lui dov’è?” chiese Lord Erton con voce afona.
“Giù che vi aspetta, Vostra Grazia”
Erton si alzò e si vestì, poi seguì gli altri due in un salotto privato. Qui, ad attenderlo, c’era un ometto basso e corpulento, con un mantello nero da viaggio.
“La vostra Regina sarà contenta” disse Lord Erton sprezzante. “Ha ottenuto due piccioni con una fava”.
Estrasse la fialetta con l’antidoto e la porse all’uomo.
“Vi sono riconoscente, Vostra Grazia. Se la Regina saprà di questo gesto, sono certo che…”
“Risparmiatemi le consolazioni, dottor Cornelius. Se non volete che cambi idea e che lasci morire il Re, portategli questo. Ma ricordate: siete in debito con me”
“Vi sarò riconoscente, ma non ho nessun debito” s’impuntò Cornelius.
“Invece sì. E verrò a riscuoterlo, prima o poi”
Il povero dottor Cornelius da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Non c’era il tempo materiale per fabbricare l'antidoto e non poteva usare la magia nera, non avrebbe mai osato. Così, dopo aver capito le intenzioni di Susan, ma ben sapendo che Lord Erton non le avrebbe mai dato ciò che chiedeva e non avrebbe mai ammesso davanti a lei di aver usato quel veleno, aveva pensato di andare lui a chiedere aiuto all’ex Duca.
Era l’ultima persona alla quale si sarebbe rivolto in altre circostanze, ma chi altri nel regno aveva nozioni di magi nera? Lord Erton aveva studiato per un po’ arti magiche nel sud e, a ragione, Cornelius immaginava che avesse appreso qualcosa da stregoni e negromanti. Erton odiava la magia, ma era un uomo che sapeva quando una cosa, anche se la disprezzava, poteva tornargli utile.
Ciò nondimeno, avrebbe dovuto immaginare come sarebbe finita: Erton gli chiedeva un favore per un favore.
Non voleva pesare adesso in cosa avrebbe consistito, e così, Cornelius se ne andò tenendo ben stretto l’antidoto che avrebbe salvato la vita al suo caro ragazzo.
Del resto gl’importava poco.
 
 
Quando Caspian aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il volto di Susan.
“Ciao, pesciolino” la salutò con voce roca, flebile.
Voleva alzare la mano e accarezzarle il volto stanco e tirato, ma era così debole che riuscì solo a sorriderle.
A lei bastò.
Si chinò sul suo petto e pianse a dirotto, finché non sentì la debole mano di lui posarsi sul suo capo e accarezzarla brevemente.
“Ehi…non piangere, amor mio”
Susan alzò la testa e si passò la mano sulle guance, cercando di sorridere a sua volta. Gli prese la mano e la baciò più volte, poi posò le labbra su quelle di lui, mormorando un ti amo dopo l’altro.
“Come ti senti?” gli chiese infine, mentre il dottor Galileo finiva di visitarlo.
“A pezzi, se vuoi la verità”
“Vostra Maestà dovrà rimanere a riposo per qualche giorno, senza lamentele” intimò il dottore severamente, ben conoscendo il suo Re e la sua voglia di strafare anche quando stava male.
Caspian sbuffò. “Tenterò”
“Il dottor Leo ha ragione. Devi pensare a riprenderti”
“Voglio sapere che cosa è successo” disse il giovane, osservandola con attenzione.
Susan distolse per un attimo lo sguardo, poi sorrise. “Non vuoi prima sapere che tuo figlio cammina?”
“Cosa?” Caspian sbarrò le palpebre a quella rivelazione. “Rilian? Il mio Rilian cammina?”
“Sì. Ha mosso i primi passi ieri”
“E Myra?”
“Per lei è ancora presto”
Il Re chiuse gli occhi per un momento e la sua espressione cupa si rasserenò.
“Dove sono?”
Susan capì che voleva i suoi figli e fece chiamare Lady Lora, alla quale aveva affidato i principini in quei giorni difficili.
“Non devi stancarti” Susan ricordò a Caspian, quando lui si alzò a sedere e strinse a sé i gemelli.
“Sto bene, Sue” la rassicurò, accarezzandole i capelli.
Lei si strinse a lui, e il Re circondò nel suo abbraccio anche i due bambini.
“Siete la cosa più importante della mia vita” disse Caspian, osservandoli tutti e tre con quanto amore poteva esprimere con un solo sguardo. “Vi chiedo scusa. Non volevo farvi preoccupare”
“La colpa non è tua. Non devi scusarti di niente” disse Susan, baciandolo piano.
Rilian allungò le braccine verso il padre, dicendo qualcosa di ancora incomprensibile.
“Sì, amore mio, cosa c’è?” fece Caspian con un gran sorriso, prendendolo in braccio e dandogli un bacio sulle guance paffute.
Rilian si aggrappò alla sua camicia.
“Gli è mancato il suo papà” disse Susan con commozione.
Caspian baciò anche Myra e poi tornò molto serio. “Raccontami tutto, Susan” disse, guardandola fisso. “Voglio sapere che cosa è accaduto. Che cosa mi è accaduto”
L’ultimo ricordo che il Liberatore aveva era il brindisi alla festa di compleanno dei gemelli, poi il vuoto più completo fino a poco prima.
La Dolce gli raccontò ogni cosa. Tutto quello che era successo in quei dieci giorni di angoscia, quando il regno era caduto nel panico più totale, quando nessuno sapeva cosa fare per il Re. Poi la soluzione e l’intervento tempestivo del dottor Cornelius.
“Mi ha salvato di nuovo la vita” mormorò infine Caspian. “E Lord Erton? Si hanno notizie di lui?”
Susan scosse il capo, mortificata. “No. Temo che sia fuggito. Nessuno ha saputo più nulla. L’ultima che l’ha visto sono io. Se solo avessi immaginato che potesse scappare in quel modo codardo, l’avrei fatto arrestare subito”
“Sono stato uno stupido a permettergli di rimanere qui per tanto tempo”
“Non potevi immaginare che arrivasse a tanto”
Caspian annuì con un senso d’impotenza. “E’ stato sciocco da parte sua però, fuggire così. Ha praticamente ammesso il suo crimine davanti a tutta Narnia”
“Ha capito che io sapevo, che avevo intuito tutto. Si era già tradito con quella frase sulla magia, ma immagino che un uomo come lui non sia il tipo da accettare la sconfitta, nemmeno quando sa che non può evitarla”
“Immagino che sia così” sospirò il Re, stanco.
Susan lo aiutò allora a rimettersi sdraiato, rimboccandogli le coperte. Prese i bambini e li riaffidò a Lady Lora.
“Ora ti lasciamo riposare, ne hai bisogno”
Caspian chiuse gli occhi e annuì. Baciò i figli e poi strinse ancora la mano di Susan, passando il pollice sull’anulare sinistro, dove l’anello d’argento e zaffiri brillava insieme alla fede nuziale.
“Farò chiamare Lord Galvan e Lord Ravenlock e li costringerò a dirmi dove si trova Erton”
“Quando ti sarai rimesso” lo ammonì dolcemente lei, dandogli un bacio in fronte. “Adesso dormi, amore mio”
Ma anche con ogni tipo d’insistenza verso i suoi scagnozzi e ricerche dentro e fuori dal regno, Lord Erton non si trovò da nessuna parte, e nessuno seppe più nulla di lui per molto, molto tempo.

 
 


 
 
Susan is back!!! :D
Come sono felice!!!!!!!!!! E’ bello riprendere a scrivere e pubblicare!!!
Purtroppo sono stata assente per colpa di una pesante influenza, e ho ancora gli strascichi. La vostra Sue è delicata di salute….cough cough!!! >.<
Bando alle ciance e ditemi se vi piace questo capitolo!
Lo so, il matrimonio non era previsto, ma ho pensato che era inutile rimandare, e anche inutile soffermarmi troppo sulla cerimonia. Il matrimonio di Caspian e Susan, dopotutto, è quello sull’Isola delle Rose. Comunque, vi regalerò ogni dettaglio di questa giornata in una prossima OS alla quale sto già pensando ;)
 
Ringraziamenti:
Per le preferite:
aleboh, Angel2000, Araba Stark, battle wound, EstherS, Expecto_Patronus, Fly_My world, Francy 98, G4693, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, katydragons, lullabi2000,Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax, SweetSmile, TheWomanInRed e Zouzoufan7
 
Per le ricordate: Araba Stark, Cecimolli, Halfblood_Slytherin e Zouzoufan7
 
Per le seguite: Araba Stark, bulmettina, catherineheatcliff, Cecimolli, ChibiRoby,cleme_b , ecate_92, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, Lucinda Grey, Mia Morgenstern, Min_Jee Sun, niky25, Omega _ex Bolla_ , piumetta, Queen Susan 21, Revan93, Shadowfax e Zouzoufan7
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: aleboh, Araba Stark, battle wound, FioreDiMeruna, Joy_10, Lucinda Grey, Mia Morgenstern, piumetta, Queen_Leslie, Queen Susan 21,  susan the queen, Shadowfax e Zouzoufan7
 
Angolino delle Anticipazioni:
Vi avevo promesso un Peter alle prese con il settimo Amico di Narnia, lo so, ma ho apportato dei cambiamenti al capitolo, e quel pezzo slitta nel prossimo. Per cui, vedremo un incontro ravvicinato tra Jill e gli altri Pevensie!!!
A Narnia passerà ancora del tempo, e vedremo Rilian e Myra già grandi. Eh sì, perché siamo al giro di boa, dal prossimo si entra nel vivo di Night&Day!!! E devono tornare in gioco anche i cattivi (i fan di Rabadash saranno felici (?) XD

 
Note: In questo capitolo trovate la prima e seconda strofa di "From This Moment On" canzone cantata in duetto da Shania Twain e Bryan Adams...credo....non sembra la sua voce, forse è un altro cantante con lo stesso nome...non saprei...
Sto facendo la colonna sonora di Night&Day!!! Appena è pronta la metto sul blog. Se avete idee per le songs, sono ben accette! :)


E a proposito di blog...vi mando qui per vedere i vestiti del matrimonio!!! Prossimamente arriveranno quelli delle damigelle e dei testimoni!!! Intanto godetevi gli sposi!!! *.*
Inoltre, vi ricordo sempre il mio gruppo su Facebook Chronicles of Queenper gli aggiornamenti.

Ho cambiato questo capitolo molte volte ed è possibile che ci siano errori, di battitura o altro. Non esitate a segnalarmeli!

Per questa settimana è tutto!!!
Un bacio grande a tutti,                                                                    
Susan♥
   
 
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