Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Martaxoxo    20/01/2014    6 recensioni
“Ma che stiamo facendo…” dice lui mentre mi toglie la maglietta e mi bacia con passione.
“E’ sbagliato Zayn” dico io mentre gli tiro giù la zip dei pantaloni.
“E perché stiamo continuando sapendolo?” dice lui tra un bacio e l’altro
“Perché ci piace Zayn” dico io col fiatone prima di finire sul letto con il mio migliore amico da una vita.
E non per dormire questa volta.
“Le cause perse sono la mia passione” dico mentre lei distoglie lo sguardo per mettersi a fissare il paesaggio di nuovo.
“Ti odio Harry, prima di te la mia vita era così semplice. Così giusta! Ed ero dannatamente innamorata di Zayn. Poi sei arrivato come una cometa nel mio cielo scuro, e mi hai illuminato così tanto che, quando te ne sei andato dal mio cuore non riuscivo a vedere più le stelle, quelle stelle che mi erano sempre parse luminose. E non riuscirei mai a vivere senza di te.” Dice lei mentre delle lacrime le rigano il viso.
“Mi piace, l’odio è una passione così forte, passionale” dico io mordendomi il labbro.
Martaxoxo
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
RUNNING BACK
Been a lot of places
I’ve been all around the world
Seen a lot of faces
Never knowing where I was
On the horizon
But I know, I know, I know, I know
The sun will be rising back home



 
Ci troviamo ad un punto fatidico della storia, le vacanze estive sono praticamente concluse e si sa, con le vacanze estive finiscono anche molte storie. Ma questa non ha intenzione di finire, almeno non ancora. Marta (sì, quella pazza scatenata che è innamorata di due ragazzi allo stesso tempo) è ancora in ospedale, addormentata. I medici dicono che si risveglierà presto, ma forse è lei che vuole restare addormentata, restare nei suoi sogni, nei sogni nei quali non è obbligata a prendere decisioni, o fare la ragazza matura. Harry è lì, come al solito, al suo fianco, come sempre. La aspetta, come ha sempre fatto. Zayn ha preso il primo aereo per New York, e sa che Marta non ha bisogno di un secondo ragazzo che le respiri sul collo, ha già alcune ossa rotte, non vuole che le si rompa anche il cuore, o forse il cervello. Perché voi cosa fareste in una situazione del genere? Non so voi, ma io cercherei di utilizzare il cervello, visto che il cuore non ha aiutato molto.
 
 
 
I passi ticchettanti di un paio di scarpe col tacco a spillo sul marmo.
Il ticchettare dell’orologio appeso davanti al letto.
L’odore di ospedale, disinfettanti e naftalina.
E ad un tratto i colori, soffusi, bianchicci. Quasi delle macchie davanti alla visuale.
E le parole lontane, o forse troppo vicine.
“Si è svegliata! Cassy… Vieni qui. Si è svegliata” un paio di sussurri e ancora rumore di tacchi.
E una montagna di pensieri che si affollano nella mente.
Che cosa sta succedendo.
“Marta, Marta. Ci vedi? Stai bene?”
Ed è come se tutte quelle parole mi risveglino.
Un paio di ticchettii dell’orologio.
E tutto mi sembra più chiaro.
Una chioma bionda davanti a me che mi osserva, dubbiosa e leggermente spaventata.
Cassidy.
Ne riconosco gli occhi,le guance rosse, i pendenti d’argento a forma di nota musicale.
Vedo per un attimo l’orologio che segna i secondi che passano lentamente e sposto lo sguardo sulla finestra socchiusa.
Lo sposto poi, velocemente, in un attimo, verso qualcosa.
Qualcosa che lo attira, qualcosa che lo vuole lì su di lui.
Harry.
“Ti prego parla Marta, dicci che stai bene” mi implora il ragazzo che ormai vedo nitidamente.
“Non sto bene Styles, sono in un sfottuto letto di ospedale e voi due parlate come se fossi una scema” rispondo io con le labbra secche e sbattendo un paio di volte le palpebre.
Sul viso di Harry si forma un sorriso, poi sospira un volta e guarda mia sorella, come se volesse dirle qualcosa con gli occhi.
“E’ acida come al solito, direi che è tutto apposto” dice lei alzando la schiena che aveva sporto verso il letto e sistemandosi i capelli.
E ad un tratto mi ricordo, e mi rendo conto, in quel momento, che avrei fatto meglio a stare in coma per almeno u altro po’.
 
 
 
 
Alla radio parte una di quelle squallide canzoni un po’ metal un po’ rock che mi fanno veramente deprimere.
Sbuffo guardando Harry che si avvicina a me con un frappe in mano.
“Mi sto annoiando” dico senza mezzi termini sistemandomi il vestito rosso.
“Non posso far arrivare l’aereo in due minuti solo perché tu i stai annoiando.” Dice abbastanza scocciato. Effettivamente non l’ho ancora ringraziato, o perdonato. Forse è questo che vuole.
E’ troppo accondiscendente per i miei gusti.
“Tu ti aspetti che io ti scusi solo perché mi compri un frullato in aeroporto dopo aver flirtato con l’infermiera per farmi scagionare?” dico sospirando e capendo tutto.
“Veramente sì… E poi quello è un frappe” dice lui ridacchiando.
“Perché forse non hai ancora capito, Harry, che sono quasi morta per te, o per Zayn… Non mi ricordo” dico ricordandomi ancora una volta di essere troppo confusa, su tutto.
“Lo so Marta” dice sedendomi sulla poltroncina vicina alla mia “E mi dispiace, totalmente” dice poi guardandomi negli occhi.
“Per tutto capisci?” dice poi sbuffando vistosamente mentre io accavallo le gambe nervosamente.
Il mio autocontrollo coperto dalla acidità della quale solo una Willson originale è capace, sta crollando dietro i miei occhiali da sole, o forse semplicemente nella mia testa. O nel mio cuore.
“Per cosa Harry?” dico io cercando di riprendere il controllo.
“Per essere stato sempre un amico fantastico, per avermi aiutata a venire fuori da un’estate orribile o per avermi fatto innamorare di te? O magari intendi per essere stato sincero e avermi detto come ti sei sentito tu, che in questa storia sei dentro fino al collo proprio come me? Sei solo stato sincero Harry” dico cercando di non sembrare stupida, o troppo… “non acida”.
Fino a quel momento proprio non ci avevo pensato.
Sono proprio egoista.
Harry e Zayn sono stati coinvolti nella storia quanto me, scappare da tutti come una bambina è stata la mossa più scema che avrei potuto fare.
E il pensare che, Harry o Zayn, non lo avrebbero mai fatto, non mi aiuta.
Per un attimo i miei pensieri mi ricordano della fuga di Zayn da Miami, ma poi mi rendo conto che è tutta un’altra cosa.
Lui era scappato per me, non da me.
Io avevo recentemente cercato di scappare da loro, scappare.
E’ che questa storia forse la sto prendendo troppo sul serio, ma del resto non giocherei mai e poi mai con il cuore di uno dei due.
E’ inutile scappare, sia io che Harry, sappiamo alla perfezione a cosa porterà questo viaggio, l’ultimo dell’estate.
Sappiamo che sarà l’ultima pausa prima della… non ci voglio nemmeno pensare.
La mia mente rimbalza da un pensiero all’altro mentre bevo il frappe, silenzio, troppo silenzio.
Non alzo lo sguardo verso di lui, ho paura di averlo colpito, o forse colpirlo era proprio quello che stavo cercando di fare.
Continua a meditare sui fatti, invece, la fuga.
Sono scappata altre volte a dire il vero.
Sono scappata da Harry quella notte a Miami, ma anche molte fughe meno fisiche.
Come quando sono andata a letto con Harry.
“Mossa sbagliata” diceva a chiare lettere il mio cervello.
O quando sono andata a letto con Zayn, tutte le volte è stata una fuga, dalla realtà.
Tendo a fuggire dalla realtà, ora che ci penso.
Sono fuggita troppe volte, e ppure a tutti sembro una ragazza forte.
Sylvia lo ha sempre pensato, lo ha sempre detto che ero di “ferro e pelle”, anche se nell’ultimo periodo non l’ha più detto.
La mia mente arriva fino alla mia famiglia, sparsa per il mondo.
E a Sylvia, questo sarà il suo ultimo anno di College.
Sarà strano non averla più tra i piedi.
Ritorno alla realtà quando mi accorgo di pensare a cose troppo lontane da me, o dalla mia situazione attuale.
Harry mi guarda da dietro gli occhiali come se non avesse capito qualcosa ma poi sorride per una attimo, prima che chiamino il nostro volo.
 
 
 
 
Il bungalow deserto lascia a desiderare sull’aspetto dell’ordine. Ma non sono mai stato un tipo ordinato.
Come Marta.
I pacchetti di biscotto vuoti però potevo anche raccattarli prima di andare a dormire, ieri sera.
Ma mi è venuto una specie di attacco di panico, non saprei se lo era davvero, ma non saprei neanche come chiamarlo altrimenti.
E mi sono messo a mangiare tutti i biscotti della scatola mezza aperta che avevo ancora lì, da quella mattina di inizio Giugno.
Probabilmente erano anche scaduti, per questo ora ho un grande mal di pancia, ma erano i nostri.
I nostri biscotti.
Esco dalla porta d’entrata senza neanche raccogliere un pezzetto di tutto quel casino che ho lasciato in cucina, ho bisogno di respirare.
Non sono neanche riuscito a dormire nel letto, ho dovuto addormentarmi sul divano.
Il suo profumo è dappertutto.
E l’armadio, l’armadio pieno di canotte e pantaloni che possono appartenere solo ad una ragazza.
Mentre percorro il brevissimo vialetto di pietra che mi porta al cancellino di ferro battuto una aiuola di girasoli appassiti mi ricorda ancora lei.
Le erano sempre piaciuti i girasoli.
E sono proprio quegli stessi fiori a ricordarmi ancora lei.
E il tempo, il tempo che scorre.
Metto per una attimo la mano sulla tasca dei pantaloni, in cerca del cellulare.
Lo sfioro con l’indice ma non lo estraggo, non ha bisogno di me ora.
Non ha bisogno di un peso sullo stomaco.
“C’è Harry, sta bene, si è svegliata, è tutto apposto.” Ripeto come una mantra nella mia testa da questa mattina, dalla chiamata euforica di Cassy.
Ma non è tutto apposto, oggi è venerdì, e se lei non verrà?
Se lei si fosse dimenticata?
Se lei avesse deciso di andare con il riccio?
E se avesse deciso che non la merito? Che è tutta colpa mia.
E’ colpa mia in realtà, probabilmente stava correndo via da me, da me che l’avevo appena abbandonata su quel dannato balcone.
Mi fermo per un attimo davanti al pub e mi giro per vedere meglio qualcosa che sta passando alle mie spalle.
I miei occhi mettono a fuoco Sylvia che sta correndo sul vialetto.
La capostipite Willson, l’originale bionda.
Le faccio un cenno sorridendo mentre lei continua a correre non prima di avermi salutato con una mano come fa di solito.
Ripenso alle parole di Marta “Non le importa di nessuno, ma sembra che a tutti importi di lei.” Diceva quando la bionda cercava di giudicarla come al solito.
Un pensiero mi balena per la testa.
E’ solo una ragazza sola, è una di quelle ragazze che ha fatto troppi sgambetti al karma.
E visto che il karma è uno stronzo e che anche io ho fatto veramente moltissimi sbagli, non trovo niente di meglio da fare che chiederle “Come va?” correndole a fianco.
Il karma ripaga, in teoria.
Perciò da quello che ho sentito, un azione buona dà buoni risultati.
E a me serve una gran fortuna per oggi.
“Che c’è Malik, ora che mia sorella ti ha piantato la vuoi fare ingelosire con me?” risponde lei.
Acidità firmata Willson.
Il karma non funziona, ok.
Dovrò proprio cavarmela da solo oggi.
Le rivolgo uno sguardo perplesso prima di andare nel posto nel quale avrei dovuto dirigermi molto prima.
“Al solito posto alla solita ora” mi dico mentre svolto alla curva a destra e maledico un’ultima volta il karma.
 
 
 

Cammino strettamente attaccato alla spalliera di legno chiaro della palestra.
Il sudore che mi gocciola giù per le guance mi dà fastidio, ma non lo caccio via.
In questo momento voglio solo distrarmi, e per distrarmi mi serve la fatica, come sempre.
La fatica fisica è quella che mi distrae di meno, di solito un libro è la cosa più efficace.
Ma proprio non riesco a leggere un libro, o a concentrai su qualcosa che non sia lei.
Lei che, proprio i questo momento, probabilmente, sta prendendo la sua decisione.
Quella finale, sembra quasi una gara. “Decisione finale”.
Una dannata gara persa in partenza.
Ma come si fa a vincere davanti ad un amore così…
Così stabile da resistere dopo mille tempeste, Zayn ha vinto in partenza.
Fletto il muscolo della gamba destra vedendolo gonfiarsi, sono stanco morto.
Ma casa mi mancava, il campus è casa per me.
Mi volto verso la porta d’entrata della palestra, entra un ragazzo, Louis Tommilson.
Mi volto di nuovo verso i miei attrezzi scocciato dalla presenza del ragazzo.
E’ in squadra con me, lo conosco abbastanza bene, è il capitano.
Mi volto di nuovo e lo saluto con un cenno mentre si avvicina al tappetino vicino alla mia postazione.
Sbuffa sedendosi sulla superficie gommosa e si tira indietro i capelli mori.
“Ti vedo scosso Styles” afferma dubbioso poi, mentre si toglie la maglietta e inizia a fare una serie di piegamenti.
“Problemi” dico mentre alzo un peso e emetto un grugnito “Di cuore” aggiungo poi mentre lo alzo di nuovo.
“Capisco” dice lui con estrema lentezza mentre continua con le flessioni costanti.
“La Willson giusto?” aggiunge poi senza un minimo di fatica.
“E’ di dominio pubblico?” chiedo piuttosto scocciato mentre continuo con l’esercizio.
“Già… Ne parla più o meno tutto il campus.” Dice lui ridacchiando come se fosse la cosa più divertente del mondo.
“Lo trovano tutti piuttosto folle sai. Lei che va a Montecarlo e viene tirata sotto da una macchina…” dice lui cercando di spiegare perché tutti trovino quell’insieme di vicende piuttosto “interessante” e perciò adatto al gossip.
“Capisco” lo interrompo prima che continui.
“Ha scelto? Io sono team Harry” dice poi ridendo a crepapelle facendomi innervosire.
“Come puoi prenderla con tale leggerezza?” chiedo al culmine io.
“Forse perché non sono coinvolto, fortunatamente…” dice lui neanche minimamente turbato dalla mia reazione.
“Forse dovrei farlo anche io…” affermo dalla postazione.
“Forse ti stai lasciando mettere un po’ sotto da una ragazza.” Dice lui pensieroso.
“E’ come chiedere ad un bambino di abbandonare la sua caramella preferita solo perché gli fa venire le carie ai denti” dico io mentre mi asciugo con un asciugamano.
“Passa Harry…” afferma lui con leggerezza.
“Dubito Louis” rispondo io schietto prima di andarmi a fare una doccia.
“Passerà” ripeto nella mia mente sotto il getto caldo.
Deve passare, ormai è un imperativo.
 
 
 
 
Se il caldo umido non mi avesse fatta sudare più del previsto forse avrei percorso l’intero parco.
Ma mi ero limitata, almeno finora, a lasciarmi penzolare giù dal ramo dell’albero.
Quel parco era stato sempre un posto speciale, uno di quei “posti segreti” dove andare a piangere per una litigata tra sorelle, o per l’inizio traumatico del corso di scienze della terra.
La cosa strana, però, era che non era il “mio posto segreto”, ma lo era eccome, allo stesso tempo.
Probabilmente era stata la mia immensa mancanza di senso dell’orientamento in ogni posto sulla faccia della terra, o forse ero stata io a pensare, inizialmente, che avere un posto tutto per se fosse una cosa che si poteva fare solo in due.
Il fatto era che non ne avevo trovato uno.
Non ero neanche affezionata al mio bungalow, ero una che non si affezionava troppo alle cose.
Disordinata, incredibilmente, ma non affezionata.
Ma Zayn lo era, sia disordinato che affezionato.
Era stato lui a portarmi lì, ogni venerdì sera, giusto prima che il sole tramontasse, a guardare il tramonto.
Lì per lì poteva sembrare una di quelle cose romantiche e da film, ma non lo era mai stato.
Era stata solo un’abitudine. Qualcosa che si fa giusto perché la fai con affetto.
Lui era riuscito a farmi affezionare a qualcosa
Era riuscito a farmi affezionare al pacchetto di Haribo alla liquirizia e allo stagno pieno di zanzare.
Era riuscito a farmi capire, volta dopo volta, venerdì dopo venerdì, come spalmare la crema anti-zanzare senza rovinare l’abbronzatura.
Era riuscito a farmi capire che le cose belle durano.
Sembrerà strano, ma non ci avevo mai pensato fino da un attimo fa.
E forse è per questo che dovrei scegliere proprio Zayn, le cose belle durano.
E dureranno per sempre.
La costanza è quello che fa sì che una relazione sia perfetta, o forse no.
Perché perfetta per noi equivalrebbe a noiosa, ma tra me e Zayn non c’è nulla di noioso.
E quando lo vedo apparire proprio mentre cerco una posizione più comoda in modo goffo, ne sono sicura.
Noi saremmo proprio quello che mi servirebbe, saremmo imperfetti.
Saremmo avventurosi e scomodi l’uno per l’altro.
E siamo così simili che, ci capiremmo alla perfezione.
E mi accorgo che c’è solo una posizione comoda in quel momento.
Mi lascia cadere dal ramo con un balzo e corro verso di lui come una bambina, fortunatamente ho solo qualche livido che mi preme sotto la maglietta nello sforzo, niente fratture.
Ma in quel momento sento una sensazione, mentre corro, mentre quel momento mi sembra infinito.
Mi sento viva, viva come non lo sono mai stata, bollente da tutte le parti.
Mi sento staccata da tutto il mondo.
Gli salto in braccio mentre lui si mette a ridere felicemente e gli strappo un bacio sulla guancia.
Come si fa ad essere imbarazzati quando si sta parlando di noi?
E me ne rendo conto, i quel momento, mentre lui alza lo sguardo verso il tramonto e io giro la testa verso il cielo.
M rendo conto solo in quel dannato momento che è ora di scegliere.
E un secondo dopo le mie lebbra sono attaccate alle sue, premute come ad imprimere quel momento nella testa di entrambi.
E non c’è bisogno di dire neanche una parola, ci sono state solo le risate vivaci di Zayn a spaccare quel silenzio.
E quando riapro gli occhi e lo guardo fissa sorrido.
“Ciao” mi dice lui con un sorriso.
“Ciao” dico io sorridendo e mettendo a terra i piedi.
“Sono Zayn Malik, piacere di conoscerti” dice lui tendendomi una mano da stringere.
“Marta Willson, piacere di conoscerti.” Dico io dopo aver passato un momento di lieve sorpresa.
Lui mi guarda negli occhi sorridente, non con le labbra, proprio con gli occhi.
“Come hai passato l’estate Marta?” mi chiede con lo stesso sguardo.
“Ho fatto un giro a Miami e poi ho preso un aereo per Montecarlo, mi sono fatta investire da una macchina e poi sono ritornata qui, giusto per l’inizio del semestre.” Rispondo io ridacchiando.
Fa ridere detta così, ma è la versione ufficiale dei fatti, dopotutto.
“Ah, e ho incontrato il ragazzo della mia vita giusto prima di fare tutto questo” dico poi toccando i suoi capelli.
Dio quanto mi sono mancati i suoi capelli.
“Ah, sei una ragazza impegnata, me ne vado allora” dice lui ridacchiando e voltandosi dall’altra parte quasi per andarsene.
Gli metto una mano sulla spalla e lui si volta, con il solito sorriso.
“Ti amo” mi dice per la prima volta.
Mi sento scossa da tremiti che vanno su e giù dalla colonna vertebrale.
Mi sento come, come una ragazza dovrebbe sentirsi.
“Ti amo” ripeto io guardandolo seria negli occhi per poi aggiungere “Ti amo anche io, Zayn Malik”
E mi sento come se la terra stesse franando sotto i nostri piedi, come se un terremoto partisse da noi, come se un uragano fosse arrivato a distruggere tutto.
Le incomprensioni distrutte.
Il passato distrutto.
La sofferenza distrutta.
Il dolore della negazione distrutto.
E ci baciamo, appassionatamente, e io non mi ricordo neanche più come si faccia a tenersi i piedi.
“Ti amo, Marta Willson” dice lui guardandomi negli occhi poi.
“Dillo ancora , ti prego” dico io soffocando una risatina.
E le mie labbra ancora sulle sue mi danno solo il tempo di dire:” Ora me lo dovrai dire tutte le volte che vorrò” soffocando una risatina istintiva.
“Tutte le volte che vorrai”
Dice lui in tono ovvio
 

 
 
 
“Me ne devo andare” ripeto nella mia testa da una ventina di secondi ormai, chissà perché la mia testa non la ascolto mai.
Mi volto con amarezza e dolore, ma senza lacrime, non sono capace di piangere.
E poi i maschi non piangono, come mi avrebbe detto mio padre.
Nella mia testa non c’è, inaspettatamente, nessun pensiero.
Solo la parola “te l’avevo detto” ripetuta a mille da ogni parte del mio cervello.
Dannato cuore, o forse dannato amore.
Sì, dannato amore che ti illude e poi ti distrugge.
“E poi in Malik cosa ci avrà mai trovato” penso per una attimo mentre il mio sguardo si infiamma di rabbia e sbatto un piede contro un cassonetto della spazzatura.
Brutta mossa, ora il piede mi fa un male cane.
“E’ successo vero?” per un attimo penso che la voce venga dalla mia testa, ma poi esco improvvisamente da un strano torpore per concentrarmi sulla provenienza.
Sylvia Willson mi guarda quasi disinteressata dal marciapiede che mi sta accanto.
Ha addosso un reggiseno sportivo viola e dei pantaloncini neri aderenti, deve fare jogging.
Non so perché ma mi riesco a concentrare su i suoi capelli per un istante, prima di rispondere.
“Già” dico abbassando lo sguardo verso l’erba del parco.
“Mi dispiace” dice lei, e so che lo sta dicendo sul serio, le dispiace.
“Marta è mia sorella” aggiunge poi ancora ferma sul marciapiede.
“Ah” rispondo io lasciando che il silenzio teso scorra tra di noi.
Sembra che i suoi capelli stiano luccicando quando alzo il viso verso di lei.
“Ti va di aspettarmi mentre mi faccio una doccia e mi vesto? Andiamo a prenderci uno di qui gelati giganteschi” propone lei.
Io la guardo giusto per un attimo stupito.
Non ho mai visto una ragazza così diretta.
Insomma, sua sorella mi ha appena rifiutato brutalmente e lei mi invita ad uscire?
Ma poi capisco che è proprio quello che mi ci vuole.
Un bel gelato con una mezza sconosciuta.
“Se non sei troppo distrutto.” Aggiunge poi, sembra quasi sfidarmi, anzi, lo sta facendo.
E la cosa mi sorprende ancora una volta.
E la terza cosa che mi sorprende in pochi secondi è la mia reazione.
“Sì” dico io guardandola negli occhi “Mi va” aggiungo dopo una breve pausa.
E sorrido, le sorrido mentre lei sorride e si morde un labbro in modo dannatamente sexi.

Angolo Autrice
Ed eccomi qua! Sono tornata! Ci ho impiegato tanto, lo so, ma solo per un unico motivo: mi sono impegnata moltissimo per il capitolo.
Spero che vi sia piaciuto. Non c'è molto da dire, non mi dilungo.
Il personaggio di Sylvia non l'ho ancora approfondito molto, ma mi piace già.
Ho pensato ad un ultimo capitolo e poi ad un epilogo finale, insomma, non manca molto alla fine.
Commentate mi raccomando!

Martaxoxo
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Martaxoxo