I canto
DRIIIN!
La campanella era suonata, l’ultima ora era finita e adesso i ragazzi sarebbero potuti andare a casa e godersi un po’ di meritato riposo… ma che sto dicendo? Niente riposo! Avevano già il pomeriggio occupato da due materie… quali? Greco e latino, ovviamente!
Cecilia stava strisciando per terra mentre usciva dall’aula, era veramente distrutta dalle fatiche di quel giorno! Giorgia la oltrepassò stando attenta a non pestarla, ma il professor Bardini non fu tanto gentile. Così Cecilia si rialzò agonizzante, avendo appena dovuto sopportare il peso del prof sulla sua povera schiena.
-Ma tu proprio non sai perché è sempre così infuriato e bastardo?- chiese Cecilia a Giorgia. Quest’ultima non rispose, lo sapeva fin troppo bene! Ma come avrebbe potuto spiegarlo alla Ceci? Tutto successe un anno prima…
Flashback (o analessi)
Giorgia stava zampettando felice per casa, finché non si accorse che era arrivata la posta… così andò a prenderla e vi trovò una lettera molto particolare che diceva:
Gentilissima
signorina Franco,
la
informiamo che è stata ammessa alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts…
No! Non mi riferivo a quella lettera, ma a un’altra lettera
ancora più particolare che diceva:
Gentilissima
signorina Franco,
la
informiamo che è stata scelta per una missione di estrema importanza. Prego
presentarsi nell’ufficio del preside Montecchio presso il “Liceo Ginnasio Virgilio”
a Mantova.
Cordiali saluti,
il Beppe.
Così Giorgia, senza pensarci due volte, andò a Mantova per
incontrare il Beppe.
Giunta di fronte alla porta del suo ufficio bussò, ma non
ricevette risposta. Fermò una bidella e le chiese:
-Scusi, mi può dire dove si trova il preside?-
-Ma certo! È al piano di sotto, sta parlando con Andrea
Bardini, un nuovo professore di latino e greco- rispose cordiale la bidella.
La ragazza scese le scale fino ad arrivare al primo piano e
la scena che trovò le fece accapponare la pelle. Bardini stava discutendo con
Montecchio a proposito dei compiti e dello studio.
-Ma quei poveri ragazzi! Io non me la sento di caricarli
troppo!- diceva Bardini.
-Lei è un professore! E come tale non deve lasciare che i
ragazzi cazzeggino troppo tempo!- rispondeva il Beppe.
-Preside io voglio essere loro amico, e quando si sono
lamentati non ho saputo dire di no ai loro poveri volti imploranti!-
-Ascolti, lei non deve preoccuparsi troppo di quello che
dicono loro! Si ricordi che non sono altro che un mucchio di alci muschiati!
Lei ha molto potenziale, non lo sprechi!- detto questo Montecchio lasciò il
Bardo e si diresse verso la nostra eroina. -Come può vedere, la situazione è
drammatica… venga nel mio ufficio…-
Una volta nell’ufficio del preside Giorgia si informò sul
motivo per cui era stata scelta.
-Credo lei abbia la giusta mentalità! E quindi di lei mi
posso fidar ciecamente…- spiegò il Beppe.
-Ma che missione dovrò affrontare?- domandò Giorgia
curiosa.
-Prima risponda a una domanda, signorina Franco. Lei ha mai
visto o letto “Il Signore degli Anelli”?-
-Sì, perché?-
-Perché, come chi si impossessava dell’Anello aveva il
potere, chi riuscirà a prendere un oggetto del professor Bardini potrà
comandarlo a suo piacimento!- spiegò Montecchio.
-Mi dica, che oggetto è? E come posso fare per prenderlo?-
chiese Giorgia che non stava più nella pelle.
-Bardini ha una Seat Ibiza grigia,
rubi un suo cerchione e il potere sarà suo!-
-Subito signore!- urlò Giorgia e uscì correndo dall’ufficio
del preside per andare a rubare un cerchione a Bardini, purtroppo dovette stare
prima due ore in punizione per aver corso nei corridoi e urlato in faccia al
preside. Finita la punizione Giorgia riuscì a prelevare un cerchione dalla
povera Seat del Bardo e, dopo averlo rimpicciolito non si sa bene come, lo mise
attorno al proprio collo.
Fine flashback
Da quel giorno Giorgia controllò Bardini, rendendolo un
vero bastardo. Purtroppo la perdita di un cerchione rese il Bardo perennemente
infuriato col mondo, tanto che sfuggì al controllo di Giorgia e diventò ancora
più bastardo di quanto lei avesse mai voluto. Giorgia aveva creato un mostro e
non poteva più tornare indietro, nemmeno restituendo il cerchione avrebbe
potuto placare l’ira funesta e bastarda del prof, perché ormai Bardini provava
gusto nel comportarsi in quel modo e non vi avrebbe rinunciato per nulla al
mondo!
Ricordando questi fatti Giorgia trasse Cecilia da una parte
e si preparò a raccontarle tutto…
-Però mi devi promettere che non farai nulla di avventato-
disse preoccupata Giorgia.
-Certo! Cosa vuoi che faccia…-
Mezz’ora dopo Cecilia stava rincorrendo Giorgia con
un’ascia in mano, pronta a scuoiarla viva… Fortunatamente Giorgia riuscì a
bloccare l’amica e a convincerla a mettere via l’arma.
-D’accordo… ora che facciamo?- chiese Cecilia pensando se
fosse o no il caso di riprendere l’ascia in mano.
-Per cominciare dobbiamo andare a parlare con l’indovino Mosio- disse decisa Giorgia.
-Perché?-
-Perché mi spiace non farlo comparire in questa storia!-
spiegò la ragazza con il Cerchione.
-Ti ricordo che la sto scrivendo io e quindi sono io a
scegliere se andare o no…-
-…-
-Ok, andiamo da Mosio!- decise la Ceci.
Così le nostre due simpatiche amiche andarono a Mosio per
trovare Mosio. Mosio era un paesino a metà tra la pianura, il mare, la
montagna, la tundra, la taiga, la steppa, il deserto, la prateria e la foresta
di latifoglie. Contava in tutto più o meno 10 abitanti, 9 dei quali avevano
superato gli 80 anni. Solo il povero Mosio (il ragazzo) aveva 14 anni. Egli
abitava in una tenda posta su un’isoletta al centro di un laghetto in cui
nuotavano felici delle paperelle.
Quando le due entrarono nella tenda, trovarono Mosio
intento a giocare un’avvincentissima partita a scarabeo con un over 80.
-Giorgia! Cecilia! Che piacere vedervi!
Arrivo subito da voi!- esclamò felice Mosio, poi si rivolse al vecchietto: -Signor
Buongiorno, finiremo la partita un’altra volta!-
-Oilalà! Allegria!- esclamò il
vecchietto mezzo partito.
Il Trio Medusa uscì dalla tenda poiché Mike aveva
cominciato a parlare con un concorrente immaginario e non voleva andarsene.
-Ditemi, di cosa avete bisogno?- domandò Mosio curioso.
-Dobbiamo sapere come diminuire la bastardaggine di
Bardini…- rispose Cecilia.
-Datemi un secondo, devo connettermi alle Forze Ancestrali
e ci impiego molto dato che non ho l’ADSL…-
-Ah! Ah! Io invece sì!- cominciò a sfottere Cecilia.
-Grrrr…-
-Ora basta! Ceci, taci! Mosio, muoviti a connetterti!- urlò
Giorgia.
-D’accordo… ohm… ohm…- disse Mosio cominciando a levitare
grazie alla concentrazione raggiunta.
Dopo che Giorgia e Cecilia passarono circa un’ora a dar da
mangiare alle paperelle (tanto che ormai erano più o meno 30 chili l’una e un
cacciatore stava aspettando che il trio se ne andasse prima di colpire), Mosio
cominciò a dar segni di vita. La Ceci si avvicinò speranzosa per scoprire che
Mosio stava solo russando, si era addormentato cercando la connessione. Dopo
averlo “delicatamente” svegliato, Mosio annunciò che le Forze Ancestrali
attualmente non avevano tempo per occuparsi di quella faccenda, stavano infatti
cercando Zeus, scappato dall’Olimpo per una delle sue “scappatelle”.
-Quindi ora che possiamo fare?- domandò esasperata Cecilia,
che non desiderava altro che una tazza di latte caldo e la compagnia di un
fantomatico ottavo libro di Harry Potter.
-Provo a chiederlo a loro…- disse Mosio assumendo un’aria
concentrata. -Dicono che noi tre ora dobbiamo arrangiarci da soli, che siamo i
soli in questo universo in grado di sventare una minaccia come l’ira di Bardini,
che d’ora in poi noi saremo…-
Il cielo si oscurò all’improvviso, cominciarono a cadere
sulla terra tuoni e fulmini e si alzò il vento… Mosio aprì la bocca per parlare…
-La Compagnia del Coniglietto!-
A Cecilia si illuminarono gli occhi e, prima che qualcuno
potesse fermarla, cominciò a delirare:
-Sì! Noi tre insieme riusciremo nel nostro intento! Perché
solo noi abbiamo le doti giuste, solo noi possediamo… ehm… ecco… non lo so!
Però lo possediamo solamente noi! Non importa se ci vorranno giorni, mesi o
addirittura anni! Noi elimineremo la bastardaggine di Bardini e ci affideremo solamente
alle nostre capacità!-
-Siamo fregati…- disse un’ormai rassegnata Giorgia, e aveva
proprio ragione!
Così, dopo aver fatto provviste di cibo, acqua, vestiti e
soldi, partirono all’avventura. Solo dopo ricordarono di essere in pieno periodo
scolastico e che quindi l’indomani sarebbero dovuti andare a scuola.
-Accidenti! Dovremmo mandare a scuola dei cloni, mentre noi
cerchiamo di fermare il prof!- esclamò Mosio pensoso.
-Eureka! Ho un’ideona!- dichiarò
Cecilia saltando in piedi e urlando, -Tecnica della moltiplicazione del corpo!-
Silenzio. Cecilia rimase immobile dov’era, come se avesse
dovuto aspettare qualcosa di imminente. Mosio e Giorgia la osservavano muti. Si
alzò un venticello e una palla di fieno rotolò tra i due e la Ceci.
A un certo punto Giorgia interruppe il silenzio: -Mosio… tu non sai perché ce la dobbiamo portare dietro?-
-Perché purtroppo è lei a scrivere questa cavolo di storia
e vuole inserirsi tra i protagonisti…- rispose uno sconsolato Mosio.
-Ma porco boione!- urlò Giorgia
al cielo.
Improvvisamente da una nuvola si Materializzò la figura di
Bardini che parlò con voce tonante:
-Ragazze! Siate fini!-
Dopo aver detto ciò sparì, lasciando il posto alla sagoma
di un leone:
-Simba! Vendica la mia morte!- esclamò
Mufasa.
-E tu che ca… cacchio c’entri?- esplose Giorgia.
Mufasa si guardò intorno e sparì dicendo: -Scusate, ho
sbagliato storia…-
-Credo anch’io…- mormorò Mosio tornando a fissare Cecilia,
che era ancora nella stessa posizione di prima. -Vuoi rimanere qui per sempre o
vieni con noi?-
-Perché dove andate di bello?- chiese la Ceci assumendo una
posizione normale.
-Ehm… Giorgia? Dove andiamo di bello?-
-Andiamo a casa, ci riposeremo e domani a scuola
cominceremo le ricerche…- propose Giorgia e, quando gli altri due annuirono,
urlò spaventata, -Ma qualcuno di voi ha fatto le versioni per domani?-
Alla Compagnia del Coniglietto bastò uno sguardo per capire
che nessuno di loro aveva nemmeno aperto il libro così, senza una parola,
ognuno corse a casa sua per fare i compiti prima che fosse troppo tardi…
La mattina seguente i nostri eroi ebbero un risveglio
traumatico, avendo passato gran parte della notte chini sui libri:
Cecilia si alzò, come ogni mattina, alle sei e, sbattendo
prima a destra poi a sinistra nel corridoio, riuscì ad arrivare di fronte alla
porta del bagno.
Per me si va
nel luogo suadente,
per me si va
nell’etterno calore,
per me si va ove
si perde la gente.
Giustizia
mosse il mio alto fattore:
fecemi la
divina potestate,
la somma
sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me
non fuor cose create
se non
etterne, e io etterna duro.
Lasciate ogni
speranza, voi ch’entrate.
Queste parole di colore
oscuro
vide la Ceci scritte al
sommo della porta;
così lei: -Ma Diu Signur, il senso lor m’è duro-
Ed elli
a lei, come persona accorta:
-Qui si convien
lasciare ogni carico;
ogni impurità in codesto
luogo è porta.
Ora che sei al loco, niente
panico!
non sentirai più le strette
dolorose
che in questo posto trovan
scarico-.
E poi che la sua mano a
quella di lei pose
con lieto volto, ond’ella si
confortò,
la mise dentro alle segrete
cose.
Qui si addormentò profondamente e si svegliò quando ormai
mancavano solo cinque minuti all’arrivo della corriera. In poco tempo riuscì a
prepararsi e, con l’agilità di una pianta grassa, scese a balzi non proprio
felini le scale. Quando uscì di corsa dalla porta di casa, l’aria umida e
fredda del mattino le fece congelare immediatamente il naso e le orecchie;
correndo a perdifiato per la strada della famosissima Villa Saviola, riuscì a
salire sul pullman compiendo un salto degno di Matrix.
Giorgia (incredibile ma vero) si era addormentata alle
ultime parole della versione di greco. Si svegliò di soprassalto, dopo aver
sognato di essere rincorsa da un Cerchione indemoniato, alle cinque e mezza.
Aprì gli occhi e ciò che vide la fece urlare di terrore (tanto che sua sorella
le tirò una ciabatta in bocca): non aveva portato a termine la versione! Dopo
essersi fustigata, e aver indossato il cilicio, per espiare il suo
imperdonabile peccato, tradusse l’ultima frase di greco e si preparò per andare
a scuola. Sfortunatamente per lei impiegò troppo tempo a fare colazione,
essendosi dimenticata la ciabatta della sorella in bocca non riusciva a
mangiare, così perdette il bus. Lo ritrovò dopo alcuni minuti tra le pagine del
dizionario di latino: le cose sono sempre nell’ultimo posto dove le cercheresti!
Quindi si indirizzò sulla strada per Mantova. Sul pullman Giorgia ebbe una
visione paradisiaca, il ragazzo che lei chiama sempre “il Basso”, la stava
aspettando seduto su un sedile in fondo. Stava per scoccare di nuovo la
scintilla spenta miseramente la prima volta, ma ora sarebbe stato tutto
diverso… una voce di ragazza faceva da sottofondo mentre Giorgia si avvicinava
al Basso, rapita:
Amor, c’ha nullo amato amar
perdona,
la prese del costui piacer
sì forte,
che, come vedete, ancor non
l’abbandona.
Amor…
Purtroppo Francesca non riuscì a finire la narrazione
perché Giorgia le era saltata al collo e tentava di sgozzarla… ci riuscì. Così,
con quell’omicidio, la ragazza del Cerchione ribadì il suo odio immotivato
verso Dante e la Divina Commedia. Dopodiché non degnò più di uno sguardo il
Basso per tutto il viaggio.
Marco Sala alias Mosio, fu svegliato dalle storie del
passato di Mike Buongiorno. Mosio, infatti, non era riuscito a cacciare Mike
dalla tenda e aveva “dormito” tutta la notte con un accompagnamento in
sottofondo di storie su come anche Mike, da ragazzo, avesse vissuto le stesse
esperienze dei concorrenti dei suoi programmi televisivi. Dopo essersi vestito,
lavato, aver fatto colazione, aver portato a spasso il cane, esser andato a
messa, aver guardato i cartoni animati in TV e aver preso a bastonate Mike
Buongiorno, Mosio uscì di casa (cioè dalla tenda) e si avviò verso la barchetta
che lo avrebbe portato sulla sponda opposta del laghetto in cui nuotavano
felici delle paperelle di ormai 30 chili. Mentre raggiungeva la barchetta
porgendosi domande esistenziali (“Ma i divani hanno bisogno del permesso di
soggiorno?”), inciampò sul corpo del cacciatore del giorno prima, carbonizzato
dallo sguardo assassino che Cecilia gli aveva rivolto scoprendolo nell’intento
di uccidere delle povere paperelle. Giunto alla barchetta la trovò distrutta
dal peso di una paperella che vi si era appoggiata, così si tuffò e nuotò fino
alla riva opposta, sfidando correnti, mulinelli e onde assassine.
E come quei che con lena
affannata
uscito fuor del pelago alla
riva
si volge all’acqua
perigliosa e guata,
così Mosio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar
Buongiorno
che non lasciò già mai
persona viva.
Dopo di che, si accorse di essere in anticipo di un’ora per
prendere la corriera; il resto è storia…
La Compagnia del Coniglietto entrò a scuola nello stesso
istante; molti studenti erano venuti a conoscenza, non si sa ancora come, del
loro compito, così si inchinavano di fronte a loro nel momento in cui
passavano.
Il Trio dell’Apocalisse fu raggiunto da molte persone
curiose di sapere in che modo avrebbero agito…
-Purtroppo non possiamo riferirvelo, se Bardini dovesse
intuire qualcosa saremmo nella me… melma fino al collo…- continuava a ripetere
Mosio.
Quando i tre furono nuovamente soli, si sedettero ad un
banco a confabulare.
-Tu non hai nessun piano, vero?- chiese Cecilia a Mosio.
-No, nessuno… era solo per confortare quelle povere persone
che ci danno fiducia…- rispose Mosio disegnando barchette sul foglio in cui
sarebbe dovuto esserci il piano.
-Ragazzi… ma se quasi tutta la scuola sa del nostro
intento… Bardini e il Beppe non lo verranno a sapere?- domandò d’improvviso
Giorgia.
Mosio e Cecilia si scambiarono uno sguardo di puro terrore,
stavano per parlare quando suonò la campanella che annunciava l’inizio della
lezione di greco e latino.
Bardini entrò in classe e lanciò alla Compagnia del
Coniglietto uno sguardo di puro odio, da questo gesto avrebbero dovuto intuire
che la loro peggior paura si era avverata, purtroppo non notarono nulla perché
erano troppo presi a disegnare coniglietti sui banchi.
La lezione era cominciata da venti minuti e il Bardo aveva
deciso di improvvisare una quarta e una quinta declinazione greca in modo da
seguire di pari passo latino.
Il telefono in classe suonò, Bardini si alzò lentamente
dalla sua postazione dietro alla cattedra e rispose:
-Pronto?-
Il professore cominciò ad ascoltare attentamente la
conversazione e, talvolta, a rispondere a monosillabi, probabilmente era un
linguaggio segreto sconosciuto ai più. Però d’un tratto qualcosa cambiò, Bardini
pronunciò un’intera frase: -Le volpi sono nella tana-
Cosa significava? Gli alunni non lo sapevano… dopo
quell’ennesimo messaggio in codice sentirono una flebile voce provenire dalla
cornetta in mano al prof… Cecilia era certa che questa voce avesse detto:
-Eccellente!-
Il Bardo riattaccò la cornetta e tornò a sedersi dietro
alla cattedra, come aspettando qualcosa. La IV D (per la prima volta) non
fiatava, era terrorizzata dagli eventi che sarebbero potuti accadere.
Mosio chiamò piano Cecilia e Giorgia e mormorò:
-Il mio quinto… cioè… volevo dire sesto senso da indovino
mi dice che era Montecchio quello che stava parlando con Bardini al telefono. E
avete sentito anche voi la parola “Eccellente”? Era in risposta alla frase di
Bardini… dite che noi siamo le volpi e che l’aula è la tana?-
Sì… Cecilia e Giorgia la pensavano come Mosio, in quella
classe non erano più al sicuro… dovevano fuggire immediatamente!
E infine arrivò! Ciò che il Bardo stava aspettando: la voce
del Boss uscì dall’altoparlante appeso al muro:
-Sono il capo di
istituto! Vorrei chiedere al professor Bardini di venire nel mio ufficio con
Casari, Franco e Sala. Un supplente sarà mandato nell’aula della IV D per
sorvegliare la classe!-
Bardini si alzò soddisfatto facendo segno al nostro
magnifico trio di seguirlo, così si avviarono verso l’ufficio tanto odiato.
Quel posto che ognuno teme e rispetta allo stesso tempo… ma che sto dicendo?
Tutti lo odiano punto e stop!
Arrivati di fronte alla porta dell’ufficio del Beppe, i
nostri eroi videro fuori dalle aule gli altri studenti che rendevano loro
omaggio, alcuni porgendo dei fiori, altri piangenti si facevano consolare dagli
amici più forti, perché in quel momento stavano per sparire tre grandi eroi!
Entrarono. Montecchio era seduto dietro alla scrivania con
uno sguardo malefico stampato in viso.
Cecilia notò che il preside poggiava i gomiti sopra un
libricino rosa… cosa poteva essere?
-Voi tre siete stati convocati qui per…- cominciò
Montecchio rivolto ai tre, ma fu interrotto da Mosio:
-Noi non siamo stati incaricati dalle Forza Ancestrali di
eliminare la furia e la bastardaggine del professor –riverisco- Bardini! Noi
non siamo la Compagnia del Coniglietto e soprattutto non sappiamo nulla di
questa storia!-
-Sei un deficiente…- fu il solo commento di Cecilia.
-Ah! Ah! Hai fatto una mossa falsa, Casari! È vero, noi non
abbiamo prove per accusarvi di quello che ha detto Sala! Ma l’aver detto
“deficiente” ad un compagno di classe all’interno dell’Istituto ti costerà…-
esclamò Montecchio.
Suspance… nessuno fiatava… stavano tutti aspettando di
sapere cosa aspettava la nostra povera, e soprattutto dolce, Ceci.
-Mi costerà…- lo esortò Cecilia.
-Le costerà…- fecero coro Mosio, Giorgia e Bardini.
-La VITA!- disse il Beppe (sguardi di puro orrore da parte
di Giorgia, Mosio e Cecilia), -La vita all’interno di questa scuola! Verrà
infatti espulsa!-
-No!!!!!!!!- fu l’urlo disperato del trio.
-Ah! Ah! Ah!- alle orecchie dei nostri impavidi eroi giunse
la crudele risata del prof. -Maria Cecilia, ora non
puoi più fare nulla per evitare la tua punizione!-
Qualcosa si incrinò… appena Bardini pronunciò le parole “Maria
Cecilia”, alla Ceci si infiammarono gli occhi. La ragazza uscì di corsa
dall’ufficio del Beppe e vi ritornò pochi secondi dopo con in mano un gesso
nuovo di zecca. Cecilia si avvicinò al Bardo e, prima che lui potesse dire
qualcosa, spezzò il gesso con un gesto secco e deciso delle mani.
Per alcuni secondi non successe nulla, Cecilia e Bardini si
fissarono con uno sguardo di puro disprezzo reciproco.
-Quando torni a casa, picchia tua moglie, tu non sai perché
la picchi, lei sì!- provocò il professore.
La Ceci infuriata prese un libro di greco e, leggendo una
versione a caso, cominciò a cannare tutti gli accenti. Allora Bardini arpionò
le foche dei calendari di tutta la scuola e Cecilia prese a dire a memoria
tutte le declinazioni e le coniugazioni in latino usando la pronuncia
scolastica.
Dopo due ore di scontri e battaglie, i due non sapevano più
cosa inventarsi. Giorgia, Mosio e il Boss fissavano attoniti l’insolita scena.
In quel momento entrò il supplente curioso di sapere cosa
avesse potuto trattenere un professore e tre alunni per due ore intere.
-Scusate? I ragazzi dovrebbero far lezione e…-
-Ma va dar via al…- disse Cecilia stendendo il supplente
con un cancellino in faccia, la ragazza aveva i nervi a fior di pelle.
-Maria! Sii fine!- esclamò
Bardini.
-Maria?- ripeté la Ceci.
Conscio della nuova arma Bardini confermò: -Sì, esatto!
Maria!-
Ciò che successe dopo è tutt’ora oscuro al mondo, su quell’avvenimento
sono state create molte leggende… c’è chi dice che Cecilia fece esplodere una
bomba che teneva nascosta sotto ai vestiti… c’è chi pensa che Cecilia e Bardini
si lanciarono a vicenda delle onde energetiche potentissime…
Fatto sta che dopo pochi attimi l’ufficio del Beppe era
saltato in aria e, tra le macerie, solo la Compagnia del Coniglietto era in
piedi.
-Ma come hai fatto?- chiese un confuso Mosio, pulendosi gli
occhiali.
-Non lo so! So solo che è successo!- rispose la Ceci,
controllando che il Beppe e il Bardo fossero ancora vivi, non voleva vite umane
sulla coscienza.
-Ma cosa è successo?- insistette Giorgia sistemandosi
meglio il Cerchione al collo.
-Non lo so!- disse stanca Cecilia, che provava a rianimare
Bardini sventolandogli davanti alla faccia un gesso intero, trovato chissà
dove.
-Ceci stavi per ucciderci tutti!- urlò Mosio non riuscendo
a pulire gli occhiali, si accorse dopo che mancavano le lenti, saltate via
durante l’esplosione.
-Ma non ho non mica fatto apposta, io! Poi magari è stato
Bardini! Oppure il Beppe! Oppure siete stati voi!- si difese la nostra povera
ragazza.
Dopo aver perso tempo in discussioni che non portarono a
nulla, i tre decisero di scappare e di andare a cercare informazioni su come
fermare il Bardo. Uscendo dall’ufficio Giorgia notò che un foglietto di carta
rosa pallido, mezzo strappato, stava calando sopra il corpo svenuto del prof.
“Sarà un foglio che il Beppe aveva sulla scrivania e che è
volato via dopo l’esplosione” pensò la ragazza del Cerchione e raggiunse gli
altri due.
La loro prima tappa
fu l’aula della IV D.
-Cos’è stato? Abbiamo sentito
delle esplosioni!- intervenì Annalisa Dolci alias
Anna, appena il trio entrò.
-Ecco… è stato Mosio! Sapete… ieri sera ha mangiato un
sacco di fagioli…- disse Cecilia.
-E perché siete tutti impolverati e dal piano di sopra
arriva del fumo?- chiese diffidente Gabriele Bresciani alias Gabu.
-Perché… l’ufficio del Beppe è pieno di polvere e a
camminare sul tappeto si è tutta alzata- rispose Giorgia.
-E il fumo?- insistette il Gabu.
-Dove hai visto il fumo, scusa?-
-Si vede dalle scale e poi anche voi puzzate di fumo…-
-Ragazzi… forse è meglio dirlo che…- cominciò Cecilia, ma
fu interrotta da Mosio.
-Che il Beppe voleva comprare da noi delle canne e non ha
resistito a provarle!-
Giorgia e Cecilia si scambiarono uno sguardo perplesso, lo
stesso fecero tutti gli altri della classe.
-Ora noi dovremmo andare… ehm… se magari, mentre siamo via,
vi va di fare delle ricerche sul Cerchione che la Giorgia ha preso a Bardini,
ve ne saremmo infinitamente grati!- concluse Mosio trascinando fuori dall’aula
le altre due ancora incredule.
Una volta in strada, i tre cominciarono a parlare
dell’accaduto…
-Chi l’avrebbe mai detto che Montecchio fumasse canne!-
esclamò Cecilia ancora sbalordita.
-Ma sarai cretina! Mosio lo ha detto come diversivo! Per
non rivelare agli altri che hai fatto esplodere l’ufficio del Boss!- ribatté
Giorgia irritata.
-Ah…-
Dopo alcuni minuti di conversazione quasi normale:
-Ragazzi… ma chi l’avrebbe mai detto che Montecchio fumasse
canne!-
-Ma allora tu sei proprio andata! Mosio, non è che le hai
fatto prendere qualcosa a mia insaputa?- chiese Giorgia.
-Durante l’esplosione la levetta si sarà spostata su
“Demente”- propose Mosio.
-La levetta?-
-Sì, la Ceci ha una levetta sul retro del collo che la
controlla…-
Giorgia spostò i capelli alla Ceci e, effettivamente,
scoprì che la levetta ora era spostata su “Demente”, così la mise al suo solito
posto: “Normale”.
-Oh grazie! Mi sentivo diversa dopo l’esplosione…- ringraziò
la Ceci, essendosi ripresa. -Ma… ragazzi? Chi l’avrebbe mai detto che
Montecchio fumasse canne!-
-Oh mamma…- esclamarono in coro Mosio e Giorgia.
Così i nostri tre simpatici amici partirono alla volta di
nuove e incredibili avventure.