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Autore: jileysavedme    21/01/2014    1 recensioni
"Un suicidio non uccide solo una persona."
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cellulare nuovo che mi aveva comprato Justin vibrò sul comodino affianco al mio letto tanto da sentirlo anche nel sonno facendomi uscire dal mondo dei sogni, cosa che odiavo terribilmente. Perché dovevano svegliarmi nel momento in cui ero nel paradiso più totale dei miei sogni?
Presi il cellulare con la testa ancora nel cuscino e risposi senza neanche controllare chi fosse, ma già sapevo chi era, chi mai poteva svegliarmi mentre dormivo come al suo solito? Rosy, maledetta.
“Pronto?” Sbadigliai.
“Sveglia?” La voce roca di Justin di prima mattina mi fece sobbalzare, non me l’aspettavo di trovare lui dall’altra parte del telefono.
“Ora si.” Mi passai una mano fra i miei capelli lisci aggrovigliati dalla notte.
“Girati.” Aggrottai la fronte girandomi verso la finestra del balcone di camera mia e vidi Justin davanti al vetro che mi salutava con un cenno della mano e un sorrisino in faccia divertito. Chiusi la chiamata con lui e mi alzai dal letto sbalordita più di prima aprendomi la finestra per farlo entrare.
“Ma cosa ci fai qua?” Chiusi la finestra rabbrividendo al contatto col sole caldo del mattino.
“Ti ho fatto da sveglia.” Lui si sorrise di nuovo sfoggiandomi un’altra volta i suoi denti perfetti, io arrossii intimorita da quel profilo perfetto.
“Sei di buon umore oggi?” Sorrisi.
Lui alzò le spalle senza rispondere, forse era il giorno buono che sarebbe stato almeno un po’ “gentile” con me, o forse era solo per poco e dopo sarebbe tornato il Justin di sempre, arrabbiato, teso e freddo.
“Ti porto a fare colazione in un posticino.” Justin mi squadrò da testa a piedi. “Vestiti, ti aspetto fuori.” Con agile mossa felina aprii la finestra del mio balcone e scivolò giù dal quarto piano, scossi la testa chiedendomi ancora come facesse a farlo senza farsi male. Sembrava uno di quei ragazzi che saltavano da un palazzo all’altro come molle senza stancarsi, magari lo era stato siccome non sapevo nulla di lui, mi vestii leggera dato il sole e pochi minuti dopo mi trovavo sotto casa con Justin davanti alla macchia come al solito che mi aspettava.
“Dove mi porti?” Lui mi fece salire in aiuto chiudendomi la portiera.
“Vedrai.” Justin accennò un altro sorriso.
“Oggi sorridi più del solito.” Pensai a voce alta arrossendo dopo che si girò verso di me.
Lui alzò le spalle accendendo il motore e partimmo verso chissà quale bar o Mc’Donald’s saremmo andati, lui restò con lo sguardo fisso sulla strada mentre io di tanto in tanto mi soffermavo a guardare i suoi lineamenti del viso, il mento e quei pochi baffetti sopra, quelle belle labbra che avrei voluto mordere a più non posso mentre invece mordevo le mie per trattenermi da fare qualcosa di azzardato, le sopracciglia non tanto folte che ogni volta che si arrabbiava si univano con delicatezza, quella mascella che ogni volta che si contraeva mi provocava formicolio per tutto il corpo, quel sorriso che non avrei mai dimenticato da adesso a questa parte, gli occhi color nocciola che luccicavano ogni volta che toccavano un raggio di sole, lo sguardo penetrante, i modi di fare così sgarbati e la maleducazione che dentro in se teneva qualcosa di più gentile che nascondeva, quel viso stupendo che un giorno avrei scoperto con ogni mia speranza o forse no ma era così, così attraente da farmi sciogliere l’anima e cuocere la mente dalla vergogna di un suo sguardo addosso. Portai le ginocchia al petto rannicchiandomi sul sedile così da appoggiare la testa sulle ginocchia e continuare a fantasticare di averlo per me, di poter fare qualcosa per lui o semplicemente di farlo sorridere come mi piaceva tanto, sciocchezze, perché avrebbe dovuto mai restare con una come me? Ero un disastro e se non fosse stato per me a quest’ora lui non avrebbe dovuto fare da cane da guardia a una sbadata come me, scossi la testa e chiusi gli occhi per un po’ e li riaprii quando sentii il motore del aiuto spegnersi e della mano di Justin scuotermi.
“Non ti appisolare, bella addormentata dobbiamo scendere.” Il suo tono era severo ma comunque lo obbedii senza dire niente scesi dall’auto con un salto e chiusi la portiera seguendolo.
Davanti a noi c’era una scritta in grande con su scritto Fast Food, sbarrai gli occhi e guardai Justin in cagnesco.
“Questa non è fare colazione, vuoi farmi vomitare per caso?” Lui alzò un sopracciglio alzando le spalle.
“Non ti piace? Fanno roba buonissima.” Si passò una mano fra i capelli avanzando verso l’entrata mentre io lo seguivo a cagnolino.
“Certo, ma non credo sia adatto a fare colazione. Sai almeno cosa vuol dire “colazione”?” Scossi la testa cercando di tenergli il passo.
“Non lamentarti.” Lui mi rimproverò aprendo la porta all’entrata per farmi passare per prima, sbuffai.
Quando entrai trovai davanti un lungo bancone dove molta gente facevano la fila per comprarsi un panino caldo con formaggio filante farcito con patatine fritte appena fatte e molta altra roba, c’erano molti tavolini con massimo quattro sedie per ciascuno ed era quasi tutto pieno restavano solo pochi tavoli liberi e la gente faceva a gara per prenotarli in tempo. Guardai Justin che si leccava le labbra all’idea di prendere un bel panino farcino e metterlo sotto i denti, io invece al contrario avevo un volta stomaco, non ero abituata a mangiare tutta quella roba a colazione ma si placò molto in fretta quando mi venne un certo languorino anche a me, alla mia destra oltre i tavolini e l’ammasso di gente c’era anche un Self Service con roba anche italiana e molto invitante ma in quel momento opzionavo per il panino farcito. Io e Justin ci mettemmo in coda ad aspettare il nostro turno, io mi guardavo i piedi imbarazzata dal silenzio fra noi due e lui batteva le nocche della mano contro il bancone nell’attesa noiosa di ricevere attenzioni da parte del commesso che al momento era occupato ad servire altri clienti, mentre i minuti passano l’attesa era opprimente e il silenzio senza sosta fra noi lo era ancora di più e cominciava a innervosirmi.
“Tu ci vieni spesso qua?” Spezzai finalmente il mio nervosismo.
“Ogni tanto.” La sua risposta secca mi fece ammosciare tanto da costringermi a fargli sputare le parole dalla bocca con una pinza invisibile.
“Con Scott?”
“Si.” Di nuovo.
“A lui piace?” Chiesi di nuovo.
“Si.” Cominciavo a dubitare che le conversazioni a lui non piacevano gran che, ogni volta che gli chiedevo qualcosa lui rispondeva freddo e a monosillabo, i suoi genitori gli avevano insegnato solo quelle poche parole? Diceva solo quelle!
Asociale.” La mia mente parlò senza pudore e io approvai senza esitare, era senza dubbio asociale questo ragazzo, che cavolo aveva? Sbuffai esasperava, mi chiedevo solo per quanto avrei resistito alle sue risposte.
Finalmente la cassiera ci rivolse un sorriso forzato e ci chiese cosa volevamo, secondo aveva la mascella bloccata con tutti i sorridi che doveva fare al giorno a tutti i clienti che avevano, mi sentii sollevata però, almeno avrei potuto mangiare qualcosa e placare la mia impazienza, scossi la testa chiudendo i miei pensieri in un angolo.
“Io prendo un McMuffin e un succo di frutta per favore, grazie.” Justin parlò prima di ma ordinando. Mi congratulai nella mia testa con Justin per le buone maniere che aveva usato.
“Tu cosa prendi?” Attesa una mia risposta cominciando a prendere il portafoglio pronto per pagare.
“Prendo un Big Mac, McToast, Hamburger senza cipolla, doppio Cheeseburger, McChicken. Poi un Caesar Salad senza pollo, patatine grandi e da bere un Coca-Cola grande e in fine un McFlurry Smarties.” Sorrisi alla cameriera dietro alla cassa che fece fatica starmi dietro e a prendere appunti digitando sulla cassa.
Justin sgranò gli occhi lanciandomi un occhiata, io feci finta di niente alzando le spalle guardando la commessa che faceva avanti e indietro portando la roba. Lui pagò più del previsto senza dire una parola, irritato prese il suo vassoio e io lo seguii prendendo il mio che pesava il doppio e quasi inciampai mandando tutto all’aria, ci sedemmo all’ultimo tavolino rimasto.
“Dunque hai un gran stomaco.” Justin parlò bevendo il suo succo di frutta all’arancio.
“Avevo solo fame.” Feci finta di niente cominciando a scartare i panini mangiandoli uno dopo l’altro a gran morsi.
“Mica dicevi che questa non era una colazione?” Lui scartò il suo panino e ci fece un morso.
Io alzai gli occhi al cielo senza rispondergli. Non avevo tanta fame ma l’avevo fatto per fargli spendere di più, una specie di vendetta insomma.
“Ora non posso neanche aver fame?” Mi lamentai finendo il terzo panino e iniziando a mangiare il pollo.
Lui non rispose e finii il suo panino sporcandosi di maionese sulle labbra, lo fissai mordendomi le mie fingendo di essere io a pulirlo con un bacio appassionato su quelle deliziose labbra rosa finendo sul tavolino del Fast Food a far l’amore.
“Risparmia il fiato e mangia.” Prese il tovagliolo pulendosi dalla macchia e cancellò il mio sogno erotico che mi ero fatta nella mente, sbuffai e continuai a mangiare bevendo di tanto in tanto qualche lungo sorso di Coca-Cola fresca.
 
Quando ebbi finito di mangiare tutto lo stomaco ero pieno e la pancia gonfia a mala pena riuscii ad alzarmi dal tavolo e salire in macchina con grande sforzo, guardai Justin che leggero guidava mentre io cominciavo a sentire qualche leggero mal di stomaco.
“Ho mal di pancia.” Mi lamentai.
“È la tua punizione per aver mangiato tutto quella roba.” Lui sorrise senza staccare gli occhi dalla strada.
Mi lamentai per tutto il viaggio in macchina fino a casa di Justin dove scesi dalla macchina e salii le scale seguita da lui mentre mi tenevo lo stomaco sottosopra ancora, aprii la porta di casa e Scott non c’era, mi buttai a peso morto sul divano guardando Justin che si toglieva la giacca.
Si sedette affianco a me accendendo lo stereo mettendo musica rock, scoprii l’ultima cosa del giorno di lui, oltre a piacergli il Fast Food gli piaceva anche la musica rock, a me non tanto ma l’apprezzavo comunque, non era tanto male come pensavo.
“Oh ragazzi, siete arrivati prima del previsto.” Scott entrò dalla porta principale salutandomi con un cenno della mano, Justin alzò la testa dal divano lanciandogli un occhiata ignorandolo poco dopo.
Arricciai il naso per il poco interessamento di Justin verso il povero Scott che posò una busta piena di cianfrusaglie sul tavolo, io scattai in piedi con un sorriso raggiungendolo al tavolo da pranzo di legno in mezzo alla stanza.
“Cosa hai portato? Roba da mangiare?” Infilai il naso nella busta cercando di capire cosa fossero quelle robe la dentro, restai delusa quando scoprii che al posto del cibo che speravo ci fosse dentro trovai solo delle pistole nero acceso non cariche e qualche coltellini a mano tascabili.
“Hai fatto la spesa in un negozio di armi per caso?” Scrollai le spalle al brivido che mi arrivo filo al collo come una scossa.
Scott mi ignorò tirando fuori dalla tasca dei jeans dei soldi che Justin con scatto agile li prese alzandosi dal divano prendendo poi la busta per controllare, tirò fuori delle armi a quanto pareva molto pericolose a cui non resistetti a fare un passo indietro un po’ scossa, lui ci giocò qualche minuto fino a quando non aprì bocca.
“Le hai prese da Josh? A quanto te le ha vendute?” Justin sorrise e prese quella che sembrava una bomba a mano divertito dall’aggeggio che teneva in mano.
“22 ognuna.” Scott rispose anche lui divertito.
“Gli faremo scoppiare la testa.” Justin rise profondamente con aria di chi era pronto a vendetta in qualunque modo ma Scott lo fermò prima che potesse illudersi.
“No.”
“Cosa?” Aggrottò la fronte.
“Non è così semplice, abbiamo bisogno di un piano.”
“Certo, lo abbiamo.” Justin scosse le spalle. “Prendiamo quella bella fanciulla e la usiamo come esca per attirarlo nella trappola e dopo ammazziamo tutti e due.” Justin mi indicò divertito, io sgranai gli occhi incredula dalle sue parole, volevano davvero usarmi come esca e dopo uccidermi?
“Cosa?!” Alzai la voce facendo un passo verso di lui. “Stai scherzando spero!” Scott guardò Justin in cagnesco che fece comparire un sorriso sul suo viso.
“Sto scherzando idiota, ora non posso nemmeno fare le battute.” Lui sbuffò mettendo a posto ciò che aveva tirato fuori. Scott sospirò sollevato all’idea che stesse scherzando e io feci lo stesso continuando a guardarlo.
“Non devi scherzare su queste cose, non so mai se scherzi o se sei serio e so che saresti capace di farmi una cosa del genere.” Aggrottai la fronte portando le braccia al petto.
“Certo che sarei capace.” Lui approvò la mia opinione. “E l’ho già fatto qualche volta.” Lui mi strizzò l’occhio sorpassandomi per riposare le cose in camera sua, io lo seguii confusa.
“Cosa? Hai ucciso una ragazza in passato?” Scossi la testa aspettando ansiosa una sua risposta, speravo solo che stesse scherzando di nuovo.
“Oh certo, più di una.” Dal tono di voce sembrava fiera di quello che aveva fatto, mi immobilizzai all’istante e il mio stomaco tornò sotto sopra voglioso di portare in superficie quello che avevo dentro e buttarlo fuori come una fontana ma mi trattenni, davvero lo aveva fatto?
“Non ci credo..” Feci un passo indietro mentre lui con la testa annuiva.
Scossi la testa sperando che uscisse fuori da quel discorso con una frase del tipo ‘stavo scherzando’ o qualcosa del genere ma niente, non disse una parola era chiaro e limpido che non stava mentendo come prima, mi venne il mal di testa all’idea di una ragazza uccisa solo per un suo capriccio, e io potevo essere la prossima, per quanto mi attraesse me ne dovevo andare da lui, era un grande pericolo.
“Me ne vedo andare da qua! Chiamo la polizia, ho paura di te!” Strillai e corsi verso la porta d’ingresso e in quel momento il corridoio sembrava così lungo da non finire mai, Justin scatto alle mie parole, sapeva che non voleva che chiamassi la polizia e sicuro le mie parole lo avevano irritato moltissimo, presi in mano ma maniglia della porta ma non riuscì in tempo ad aprirla per fuggire che due braccia forti mi cinsero la vita per poi circondarla completamente tirandomi verso di se, lasciai la maniglia senza volerlo e lui riuscì a fermarmi prendendomi fra e sue braccia, il mio dimenamento non fu nulla a confronto con la sua forza che riuscì a tenermi sospesa in aria per più di dieci minuti aspettando che mi calmassi in qualche modo.
“Tu non avrai a dirlo proprio a nessuno, giuro che ti ammazzo e non me ne fotte un cazzo di quanto preziosa sei.” Justin mi ringhiò vicino al viso, il suo alito di menta mi invase l’olfatto tanto da stordirmi per qualche secondo.
“Sei.. Un assassino, lasciami!” Strillai di nuovo ma più mi dimenavo e più le sue braccia mi stritolavano contro il suo petto, gemei dal dolore al torace quando mi incastro fra il suo petto e le sue braccia tese che mi tenevano ferma in qualche modo. Il suo sguardo mi ghiacciò e mi chiesi se davvero avrebbe avuto il coraggio di uccidere anche me. Sciocchezze! Lo avrebbe fatto eccome, senza pensarci due volte.
Non mi trattenni un minuto di più e le lacrime invasero anche i miei occhi sgorgando le dighe dei miei occhi e allagando le mie guance, Justin rallentò la presa sul mio torace quanto bastasse a farmi respirare ancora, crollai lasciando le gambe molli sapendo che per lui tanto non avrebbe fatto differenza, più cercavo di mettere a fuoco di nuovo il suo viso più non riuscivo a vedere nulla, le lacrime mi inondarono completamente la vista.
“Non farmi del male.. Ti prego..” Il mio risuonò come una supplica alle torture cinesi, ma era giusto così, ero fragile più delicata di quanto lui potesse immaginare, chiusi gli occhi.
“Non ti ucciderò, quello è tempo passato.” I suoi occhi si curvarono in un’espressione di tristezza e le sue parole mi fecero quasi sentire meglio, roba passata o no lo aveva fatto e mi spaventava parecchio, e se avesse perso il controllo con me? Mi avrebbe fatto male? Come me si sarebbe parato il di dietro? Scossi la testa mentre le lacrime non si fermavano.
“Non piangere.” Lui mi tirò su con scatto e mi prese in braccio senza sforzo adagiandomi sul divano di piumino bianco e abbastanza morbido da sprofondarci dentro una volta sfiorato.
“Smetti di piangere.” Io annuii senza riuscire a smettere, i singhiozzi non cessavano e Scott era appoggiato alla porta della camera di Justin che ci guardare con aria indecisa se fare qualcosa o restare dov’era.
Justin mi prese un bicchiere d’acqua naturale e me lo porse con freddezza, bevvi un sorso cessando i miei singhiozzi disperati.
“Non lo andrai a dire alla polizia.” Justin parlò contraendo la mascella al ricordo delle mie parole.
Io rimasi in silenzio, non avevo intenzione di rassicurargli che non avrei aperto bocca, come diavolo pensava che io restassi zitta dopo quello che mi aveva detto, era un pazzo maniaco criminale assassino e quant’altro.. Chissà cosa aveva fatto ancora, magari aveva ammazzato chissà chi ancora. Mi vennero le vertigini e mi cominciò a girare la testa.
“Dillo.” Lui insiste.
“Come poi chiedermi di non dire nulla a nessuno..” Alzai gli occhi verso il suo viso. “Sei un assassino.” Aggiunsi.
Lui scosse la testa abbassandosi al mio livello ringhiandomi nell’orecchio. “Tu non sai niente.” Scandì la parola ‘niente’ con uno schiocco dei denti che mi fece tremare, era davvero così orrendo vederlo arrabbiato.
Io annuii senza aggiungere parola, restai immobile sul divano mentre lui tornò nella sua stanza battendo la porta, guardai Scott che mi lanciò uno sguardo deluso e dispiaciuto per quanto era appena accaduto, io mi fidavo di lui ora non poi così tanto, sapevo che era capace di tutto e questo non mi rassicurava ma mettevo tutto davanti e lasciavo che i miei sentimenti per lui evadessero.
“Cosa farò adesso?” Guardai Scott sperando con tutta me stessa che mi dicesse qualcosa di confortante ma così non fu, scosse la testa senza dire una parola. Anche lui, come me era senza parole ma sapevano entrambi che Justin era un ragazzo solitario ma molto buono, dovevo solo abituarmi al suo carattere un po’ bipolare.
Andai verso la stanza di Justin e mi fermai a pochi centimetri dalla porta, alzai una mano per bussai ma mi fermai per decidere se farlo o no, e se si fosse arrabbiato ancora? Ero indecisa, da un lato non volevo che si arrabbiasse e dall’altra parte invece volevo solo entrare e chiedergli come stava.
“Se fossi in te non lo farei.” La voce di Scott mi indicò la prima opzione e tornai a sedere sul divano guardandomi i piedi.
“Perché è sempre così? Ti prego dimmelo.” Scott fece finta di niente andando a sedersi sul tavolo nel terrazzo, io restai ferma li fissando le piastrelle bianche del pavimento, che cosa avrei fatto? Avevo freddo, ero stanca e volevo andare a casa, ed era solo l’inizio di un lungo pomeriggio che avrei passato in quella casa grande tutta sola. Decidi si fare un sonnellino dato che nessuno calcolava la mia presenza, mi sdraiai con la testa sul cuscino e chiusi gli occhi sperando di prendere sotto immediatamente ma così non fu, la mia mente cominciò a girovagare ovunque, prima pensò al comportamento di Justin poco prima, dopo, non so come, cominciò a pensare a David poi a Rosy poi ancora alla mia famiglia. Infine mi ritrovai a piangere nel cuscino rannicchiata fra i cuscini di quel divano e infreddolita nonostante il grande caldo, la mente non so come riportò a galla i ricordi di mia sorella Roxie e così le lacrime che ancora una volta mi allagarono gli occhi inondandoli d’acqua salata che straboccò disperatamente.
Perché tutte le cose peggiori dovevano succedere a me? Roxie mi mancava da matti, non me potevo più e ogni volta che la sua immagini mi appariva nella mente la vista mi si appannava all’istante.
“Perché stai piangendo?” Justin spuntò da dietro la mia schiena facendomi sobbalzare.
“Cosa?” Mi asciugai le lacrime con la manica della felpa evitando il suo sguardo.
“Stai piangendo, perché?” Scott mi guardò da lontano. Io scossi la testa stringendomi nelle spalle.
“Niente.” Risposi.
Justin alzò un sopracciglio accendendo la TV al primo canale capitò il telegiornale del pomeriggio che trasmetteva le notizie più recenti, mi si bloccò lo sguardo sullo schermo appena la voce femminile del telegiornale parlò trasmettendo in diretta un servizio fresco di mattina.
“Nuove notizie in diretta da Londra di mattina, dicono di aver avvistato proprio stamattina Justin McCann con una ragazza sconosciuta a fare colazione in questo Fast Food poco piu’ fuori di Soho..” In diretta mandarono le immagini delle telecamere di sorveglianza del Fast Food che ci inquadrarono dall’alto mentre mangiavamo e, per fortuna, il mio viso non si vedeva così da non poter capire chi era la ragazza seduta al tavolo davanti a lui. La tv parlò di nuovo stravolgendomi un’altra volta.
“Che sarà la sua nuova fidanzata? O magari la sua nuova complice? Ancora non si sa ma vi terremo aggiornati sulle news sul più ricercato carcerato di tutta Londra, Justin McCann..”
Sgranai gli occhi all’istante, non era possibile, era un sogno. Ci avevano sgamato al Fast Food stamattina, cazzo! Justin spense immediatamente la TV senza aspettare che il servizio finisse e forse era meglio così non avrei retto un’altra parola di più, rimasi paralizzata sullo schermo spento della TV per qualche minuto ancora cercando di ricompormi, sentii la mascella di Justin contrarsi dal nervoso e sbatte il telecomando sul divano affianco a me, lo guardai sbalordita mentre lui faceva finta evitando il mio sguardo.
“Io la tua ragazza? Io una tua complice?” Ripetei due volte la stessa frase con gradazioni nella voce finche Justin mi guardò squadrandomi.
“Scusa?” Alzò le sopracciglia.
“Ci mancherebbe! Ora pensano che sia una tua complice! Ci hanno ripreso mentre mangiavamo, ti rendi conto?” Urlai sbraitando agitando le braccia irritata.
“Si inventano solo stronzate.” Digrignò i denti.
“Justin questa cosa si sta facendo pericolosa per me.. E se mio padre lo scopre? Che cosa gli dirò?” Mi agitai all’idea che mio padre possa essere al corrente che mi vedevo con un criminale che va in giro con una pistola nei pantaloni, mi vennero i brividi.
Lui non rispose si limitò ad alzare le spalle con menefreghismo e quel gesto mi fece scoppiare i nervi, feci per replicare al suo gesto quando Scott si intromise.
“Calmiamoci. Questa cosa la risolveremo insieme.” Justin sbuffò e io con lui, Scott si girò verso di lui. “Justin, non la portare più allo scoperto e se dovete, copritevi il volto in qualche modo.” Annuii.
“Nicole, non voglio che tu venga convolta in questa storia, scusa.” Scott si incamminò verso la sua stanza e Justin fece lo stesso verso la sua. Guardai Justin che si girò verso di me lanciandomi un’occhiata severa, io mi strinsi nelle spalle augurandomi che non se la fosse presa, ma probabilmente era così. Ormai sapevo com’era fatto lui ma ancora non capivo come dovevo comportarmi io invece, era come un mare in burrasca e io come un mare a tavola piatta, diversi e impercettibili, come saremmo mai andati d’accordo? Sospirai lasciandomi cadere fra i cuscini, chiusi gli occhi e ne abbracciai uno sperando fosse lui, sperando che fosse tornato indietro a dirmi ‘ehy, vuoi stare con me per sempre?’ saremmo stati quello che avrei voluto fossimo, l’insieme della felicità ma io amavo qualcosa di impossibile. La mia mente si fermò su quella frase; lo amavo? Ero sicura di provare qualcosa per quel.. Criminale? Scossi la testa. No, non ne ero sicura ma il mio cuore che a cui davo ascolto diceva invece il contrario, diceva che le cose che volevo non dovevano per forza restare solo un sogno lontano, che un giorno si fossero realizzati io sarei stata felice. Giusto, un’altra cosa che nella mia vita manca. La felicità.
Cos’è? Non l’avevo mai provata in vita mia e mai forse l’avrei provata, sarei morta senza mai sapere cosa fosse? Probabile, però di una cosa ne ero certa, lui era la mia felicità adesso. I suoi occhi, il suo sorriso che timido che mostrava poco, la sua pelle bronzea alla luce fioca e le labbra rosa stuzzicanti quanto il tuo cibo preferito. Ma era lui, la persona che aveva messo in gabbia il mio cuore come se fosse un oggetto, il suo oggetto che in qualche modo era suo, solo suo.
  
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