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Autore: Kessi    21/01/2014    3 recensioni
L'aria scompigliò a Michael i capelli, che gli finirono davanti agli occhi. Lui sbuffò “Odio i miei capelli”.
“Non devi. Sono molto belli”.
[...]
L'altro gli sorrise “Non devi vergognarti. Essere gay non è una colpa, Mika”. Lo guardò negli occhi azzurri ed arrossì.
[...]
Lui ora era popolare ed amato dalla maggior parte delle persone. Non era uno stupido.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I know about Popular







“Consegnate il compito, adesso”.
Michael sospirò e posò la penna sul tavolo, aspettando che la professoressa gli ritirasse il test di francese appena concluso. Ovviamente sapeva tutte le risposte, ma il compito era scritto e lui ci aveva impiegato troppo a scrivere le risposte, così era arrivato a mala pena a metà.
L'insegnante lo guardò di traverso, dopo aver sbirciato sul suo foglio “Eppure so che hai vissuto a Parigi, Penniman. Dovresti averlo fatto ad occhi chiusi”, poi fece una smorfia, passando agli altri suoi compagni, i quali trattennero a stento le risate.
Uscì dall'aula velocemente, quasi correndo fuori da quella classe troppo stretta. Si sbottonò leggermente la camicia azzurra che portava e si passò una mano tra i capelli. Stava per tirare fuori il suo quaderno, quando venne afferrato per il polso da un ragazzo, un suo compagno, David.
Lo spintonò e lo trascinò fino in bagno, spintonandolo a terra. Dietro di lui vi erano altri due ragazzini, Kevin e Johnatan.
Il ragazzino libanese si guardò attorno, tentando di rialzarsi ma venne bloccato da David “Guardate, lo sfigato non riesce nemmeno a reggersi in piedi!” ululò, in preda alle risate. “Ti sei fatto la bua, Penniman?”.
“Hai paura?” gli sussurrò Kevin afferrandolo per il colletto della camicia.
Il riccio scosse la testa, tentando di allontanarsi “Lasciami stare”.
“Ma noi non ti stiamo facendo niente!” lo schernì Johnatan.
“Ed anche se fosse, nessuno ti crederebbe perchè sei pazzo!”.
“Sei strano!”.
Lui tentò di essere forte e non piangere come una femminuccia o l'avrebbero preso ancora di più in giro, ma quelle parole erano davvero crudeli ed ingiustificate. Proprio quando stava per crollare, sentì una voce maschile irrompere e salvarlo da quella situazione “Che diavolo fate?”. Era Patrick, uno dell'ultimo anno. Biondo, muscoloso, il quarterback della squadra scolastica, una promessa del football americano. Era un ragazzo solitario ma comunque rispettato e ben voluto da tutti.
Subito David si allontanò “Niente, stavamo scherzando”.

“Davvero? Vattene a scherzare da un'altra parte, Moore. Tu e i tuoi cagnolini”.
L'altro non disse nulla e se ne andò silenziosamente.
Il biondo gli porse una mano, aiutandolo a rialzarsi “Stai bene?”.
“Sì” sussurrò Michael “Grazie”.
Patrick alzò le spalle “Sono solo dei cretini, lasciali perdere”.
“Lo so”.
“Ti hanno picchiato?”.
“No, no!”.
“Okay” disse il ragazzo, alzando le mani “Comunque io sono Patrick”.
“Michael, piacere”.
Il quarterback aggrottò le sopracciglia “Ah sì, Michael. Ho sentito parlare di te”.
“davvero?” chiese lui sorpreso. Si stavano dirigendo verso il giardino, poiché era la pausa pranzo ed a Michael sembrava tutto assurdo e surreale. Non aveva mai pranzato insieme a qualcuno, nessuno gli aveva mai rivolto una parola gentile.
“Sì” rispose “Tu sei il ragazzo libanese, no?”.
Annuì cauto. Solitamente dopo questa risposta, cominciavano insulti e prese in giro, invece Patrick gli rivolse un sorriso enorme “Figo! Quindi tu sai anche il francese?”.
“Oui” azzardò lui.
Il biondo scoppiò a ridere “Hai una bellissima pronuncia, sai?”.
“Ehm... Grazie”.
Si sedettero ad un tavolo isolato rispetto agli altri e passarono tutto il tempo a ridere e a scherzare. Parlarono della loro famiglia, Michael gli confidò quanto fosse difficile la scuola per lui e quanto fosse orribile alzarsi ogni mattina, sapendo di dover essere vittima di scherzi crudeli da parte dei compagni ed insulti da parte dei professori.
“Devi imparare a difenderti”.
“Ma io non voglio picchiare nessuno. Non mi piace la violenza”.
Patrick sorrise “A volte è necessario”.
L'aria scompigliò a Michael i capelli, che gli finirono davanti agli occhi. Lui sbuffò “Odio i miei capelli”.
“Non devi. Sono molto belli”.
Fu in quel momento che Michael arrossì e cominciò a capire che forse Patrick era interessato a lui non solo come amico, ma come qualcosa in più. E a lui faceva piacere anche se sapeva non era giusto, che era sbagliato ma quel ragazzo gli piaceva ed anche tanto, forse troppo.


Le settimane trascorsero veloci ed oramai i due ragazzi si conoscevano da due mesi.
Avevano cominciato a stare insieme sempre più spesso, vedendosi anche fuori dall'ambiente scolastico.
Patrick aveva preso il giovane ragazzo sotto la sua ala protettiva e più nessuno aveva osato prenderlo in giro da allora.
Una sera erano andati a vedere un film di azione, per volere del più grande ed alla fine lui si era confessato, confermando i sospetti di Michael: Patrick Nicholson era omosessuale.
Fu in quella stessa sera che diede il suo primo bacio vero, il suo primo bacio ad un uomo.
“E tu sei gay?”.
Michael balbettò “no .. Io .. non lo so ..”

L'altro gli sorrise “Non devi vergognarti. Essere gay non è una colpa, Mika”. Lo guardò negli occhi azzurri ed arrossì. Solo sua madre e le sue sorelle lo chiamavano così ma da quando Patrick l'aveva scoperto, aveva cominciato a chiamarlo Mika in ogni occasione e a lui piaceva. Apprezzava quel nomignolo molto più che il classico Michael.
“Io non lo so … ma tu mi piaci” e fu così che si baciarono di nuovo, stavolta con più passione e convinzione. Mika tornò a casa con il sorriso sulle labbra ed il cuore che batteva all'impazzata, sentimenti che non aveva mai provato per nessuno ma di cui aveva sentito parlare solamente nei film.
Tutto trascorreva in modo fantastico e perfetto e lui si sentiva il ragazzo più fortunato della Terra, come mai si era sentito in tutta la sua vita.
Arrivò poi quel giorno, quel martedì e Michael lo ricordava ancora: era stato uno dei più brutti della sua vita. Stava finendo i compiti per il giorno seguente, quando sentì suonare il campanello. Lasciò da parte matematica e scese di corsa le scale, aprendo la porta e trovandosi davanti Patrick, con un occhio nero ed in lacrime.
Mika non esitò nemmeno un secondo e lo fece entrare, portandolo in camera sua.
“Pat, che è successo?” chiese mentre si sedette accanto a lui sul letto.
L'altro non disse nulla, limitandosi ad abbracciarlo ed a stringerlo forte come se dovessero lasciarsi in quel momento. Lo baciò di impeto, quasi con violenza. Michael tentò di fermarlo “Che fai?”.
“Ti prego, ti prego” rispose solo tra le lacrime e non seppe se era perchè stesse piangendo o perchè anche lui lo voleva, ma si spogliarono e fecero l'amore. Per Mika era la prima volta. Si presero con passione, con forza e con dolcezza allo stesso tempo e il riccio era così felice che non gli sembrava nemmeno di essere vivo per quanto fosse contento in quel momento. Sorrideva così tanto che temeva gli potesse venire una paralisi facciale. Rimasero abbracciati, stretti, i loro respiri affannati ma all'unisono.
Michael scostò un ciuffo di capelli biondi dal viso angelico di Patrick, che aveva ancora gli occhi, quei suoi bellissimo occhi color oceano, lucidi. Si tirò su, posando un bacio sulla fronte del ragazzo di Beirut, del ragazzo del quale Patrick si era innamorato.
“Michael, io me ne vado”.
Lui si ridestò dallo stato di beatitudine in cui si trovava “Come?”.
“Mio padre l'ha scoperto ..”.
“Ha scoperto cosa?”.
“Ha scoperto che sono gay” rispose “Mi ha detto che dovrei vergognarmi, che sono un rifiuto, che non valgo niente ...” sussurrò “E' stato lui a farmi questo” proseguì indicandosi l'occhio “Mi ha chiesto con chi stessi, chi fosse il ragazzo con cui stavo ed io non gliel'ho detto. Non gli ho detto che sei tu, ma solo che era un mio compagno di classe … Sarebbe venuto a picchiare anche te se glielo avessi detto ed io non posso lasciare che ti accada nulla di male”.
“Ma … non capisco … Tua mamma non ha fatto nulla?”.
“Ha tentato di fermarlo ma non c'è stato verso .. Tu l'hai detto ai tuoi?”.
“Sì, cioè … L'hanno capito … Mio papà non l'ha presa molto bene all'inizio ma adesso va meglio. Mi ha detto che non gli importa se mi piacciano gli uomini ma che l'unica cosa che conta è che io sia felice”.
Patrick sorrise, accarezzandogli la guancia “Sono davvero felice per te, Michael.” poi sospirò, guardando fuori dalla finestra il traffico inglese “Cambierò stato, scuola .. Mio padre ha detto che è colpa dell'ambiente sbagliato .. Me ne vado in America”.
“No!” urlò il giovane “Non è vero!”.
“Mi dispiace”.
“No, no! Tu non puoi lasciarmi!” urlò, alzandosi dal letto “Tu .. Tu sei uno stronzo!” gli disse, picchiandogli il braccio. Il biondo gli bloccò il polso, intenerito dalla scena e dalla sua fragilità. Lo amava con tutto se stesso e avrebbe preferito morire piuttosto che farlo stare male.
Probabilmente non avrebbe mai più amato nessuno come amava Michael.
“Mi dispiace. Sono venuto qui per dirti addio” lo guardò negli occhi “Ti amo, Michael Holbrook Penniman.” lo baciò “Sei l'amore della mia vita. Non troverò mai nessun altro come te”.
“Non lasciarmi” farfugliò l'altro tra le lacrime “Ti prego”.
“Devo, ma ti prometto che io rimarrò sempre qui” gli posò la mano sul cuore “Non me ne vado da nessun parte perchè ti amo”. Si sfilò la collana di cuoio che portava al collo e la posò sulla mano del suo ragazzo.
“Ti amo anche io, Patrick”.


Quando Michael tornò a scuola, dopo essersi assentato per una settimana in cui non aveva fatto altro che piangere e rifiutarsi di alzarsi dal letto, le cose andarono ancora peggio di come lo erano prima che conoscesse Patrick. I ragazzi della scuola avevano cominciato a sospettare di una possibile relazione tra i due ragazzi e tutti additavano Michael, ridendo alle sue spalle. Persino le insegnanti lo guardavano con occhi diversi ora, trattandolo male e con sufficienza.
Era appena finita l'ora di rugby che lui odiava con tutto se stesso e nello spogliatoio era rimasto solamente lui, o almeno, così credeva.

“Ciao, Penniman!” gli urlò David nelle orecchie “Come mai tutto solo? Patrick dov'è?”.
“Sì, Mika, dov'è il tuo ragazzo?”. Lui sobbalzò. Quanto era diverso il suo soprannome pronunciato dalla loro bocca, quanto era diverso da come lo pronunciava Patrick.
Non rispose e si limitò a finire di mettere a posto le sue cose.
“Cosa c'è, il gatto ti ha mangiato la lingua oppure sei così pigro e stupido da non riuscire nemmeno a parlare?”. Continuò ad ignorarli, quando venne trascinato di peso al bagno.
Uno dei ragazzi gli prese la testa e Michael tentò di divincolarsi, sapendo come sarebbe andata a fnire se non fosse scappato ma non ci riuscì. David gli immerse la testa nel water e lui si sentì mancare l'aria. Lottò con tutte le sue forze, mentre sentiva l'acqua fredda invaderlo e finirgli nei polmoni. Stava cominciando a tossire, quando il ragazzo lo tirò fuori.
Aveva tutti i capelli e la faccia bagnata, così come la camicia che indossava.
“L'hai imparata la lezione,
frocio? Quando io ti parlo devi rispondermi!”.
Michael chiuse gli occhi e svenne sul pavimento. Il suo ultimo pensiero fu che odiava l'acqua, la scuola ed i suoi compagni. Per la prima volta sperimentò cosa fosse il desiderio di vendetta.


“Mika, dai, muoviti!” lo incitò una ragazzina con un vestito nero “Tocca a noi!”.
“Arrivo!” rispose, sistemandosi i capelli ed il completo blu che indossava. “Pronta?”
“Io sono nata pronta!” rispose sorridente la giovane diciannovenne.
“Signore e signori, Mika ed Ariana Grande che stasera canteranno Popular Song!”.
Michael fece il suo ingresso accompagnato da quella ragazza alta poco più che una bambina, ma con così tanta forza ed energia dentro di sé, da scalare le vette più alte delle montagne. Le urla ed i flash si intensificarono e le luci degli studios lo colpirono in pieno viso.

Sorrise e cominciò a cantare quella canzone che aveva composto lui, parola per parola, pensando a tutti i torti subiti, a tutti gli insulti ricevuti, a quando veniva chiamato pazzo, frocio e pigro.
Eppure lui ora era diventato famoso mentre i suoi compagni erano rimasti dei ragazzi normali ed alcuni anche piuttosto mediocri. Sorrise e cantò ancora più forte e con più trasporto, guardando di fronte a sé e perdendosi negli occhi di William, il ragazzo che amava e con cui stava da 8 anni.
Guardò Ariana e ballò accanto a lei cantando quella canzone che parlava esattamente della sua vita a squarcia gola, divertendosi e pensando che sì, aveva avuto la sua piccola vendetta.

Lui ora era popolare ed amato dalla maggior parte delle persone. Non era uno stupido.

La la, la la
You were the popular one, the popular chick
It is what it is, now I’m popular bitch
Standing on the field with your pretty pompons
Now you’re working at the movie selling popular corn
I could have been a mess but I never went wrong
Cause I’m putting down my story in a popular
Said I’m putting down my story in a popular
My problem, I never was a model,

I never was a scholar,
You were always popular,
You were singing, all the songs I don’t know
Now you’re in the front row
Cause my song is popular
Popular, I know about popular
It’s not about who you are or your fancy car
You’re only ever who you were
I was on the lookout for someone to hate
Picking on me like a dinner plate
I’d hit during classes and in between them
Dunk me in the toilet sound to that cleans
You tried to make me feel bad with the shit you do
It ain’t so funny when the joke’s on you
Uh, the joke’s on you
And everyone’s laughing, got everyone clapping, asking
How come you look so cool?
Cause that’s the only thing that I’ve learned at school
So that’s the only thing I’ve learned at school
My problem, I never was a model,
I never was a scholar,
You were always popular,
You were singing, all the songs I don’t know
Now you’re in the front row
Cause my song is popular
Popular, I know about popular
It’s not about who you are or your fancy car
You’re only ever who you were
Popular, I know about popular
And all that you have to do, is be true to you
Catch up, cause you got an awful long way to do
Catch up, cause you got an awful long way to go
Before the next time that you calling me crazy
Lazy, a faggot, or that…
Here’s the one thing that’s so amazing
It ain’t about that to be a looser baby
All you ever need to know
You’re only ever who you were
All you ever need to know
You’re only ever who you were
Popular, I know about popular
It’s not about who you are or your fancy car
You’re only ever who you were
Popular, I know about popular
And all that you have to do, is be true to you.

Author's Note: Ok, prima fic su Mika che non mi soddisfa molto.. E' da un sacco che voglio scrivere su di lui ma non mi viene per nulla facile e questo è un misero ed insulso tentativo!
Parla della sua adolescenza, del bullismo e alla fine del suo successo.
Non saprei che dire d'altro, solo grazie per aver letto!
Recensioni gradite, anche critiche.
Baci, Franci.
Ovviamente tutto inventato ed ogni riferimento a cose e persone sono puramente casuali. Mika non mi appartiene (purtroppo ahahah)!

  
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