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Autore: Astoria Castoldi    22/01/2014    4 recensioni
Sono passati sei mesi e non so come andare avanti. Tutti i giovedì mi siedo sulla stessa maledetta panchina, aspettando di vederlo sbucare dal sentiero che porta a casa sua, sperando che tutto torni come prima.
Ma quante possibilità ci sono? Nessuna, ormai. Me le sono giocate tutte quando ho scelto di permettergli di andarsene, quando ho deciso di dipingergli un paio di ali e lasciarlo libero.

[...] Giro pagina, ed inizio a gettare parole sul foglio.
È ora di fare un salto nel passato, di cominciare dall'inizio e parlare di questa storia.
Genere: Demenziale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo terzo.
Actors.

 
Here in the now, shedding the doubts,
there’ll be no past or future tense.
Regret’s a waste of time and plans will change.
Some for the worst, some for the best,
you know you can always get your way.
So worried about what’s next, you lost today.


Mi alzai dal divano e sfrecciai in cucina, inseguita da Delia che voleva sentire a tutti i costi la conversazione. Dopo essere riuscita a chiuderla fuori dalla stanza, rimasi qualche minuto ad osservare i numeri digitati sullo schermo e il pulsante verde della chiamata.
Pensai tra me e me che forse non avrei dovuto disturbarlo, che probabilmente li avrei interrotti nel bel mezzo di una canzone perché le prove non erano ancora terminate. Dovevo rimandare.
Sbuffai e appoggiai il cellulare per terra. Cercai di sedermi sul pavimento, ma qualcosa andò storto: uno dei pattini sfuggì al mio controllo e in un attimo scivolai, picchiando il sedere sul legno e la mano accidentalmente sul telefono. Fu così che partì la chiamata e venne attivato il vivavoce. Non mi accorsi di nulla, circondata dalle imprecazioni che stavo tirando a destra e a manca, fino a che una voce le spezzò.
«Pronto?»
Rimasi in silenzio, rintronata.
«Pronto? Chi parla?» ripeté la voce. 
Afferrai il cellulare e l'appoggiai all'orecchio, togliendo l'altoparlante.
«Alex? Sono Sayu.» dissi, balbettando.
In sottofondo si sentiva una confusione allucinante, come se lui si trovasse nel bel mezzo di un rave party. Evidentemente avevo chiamato nel momento sbagliato o, peggio ancora, avevo sbagliato numero.
"Perfetto. Un'altra figura di merda da aggiungere alla lista." pensai.
«Ciao, Sayu! Finalmente hai chiamato, pensavo avessi perso il numero!» rispose Alex in tono scherzoso. 
Mi tremavano le mani. Sicuramente mentiva, non poteva davvero aspettarsi una mia telefonata. Eppure sembrava contento di sentire la mia voce, esattamente come me.
Respirai profondamente e continuai la conversazione, passando al tasto dolente.
«Ti disturbo? Sembrate un po' presi, lì.» chiesi titubante.
Improvvisamente si sentirono delle urla disumane. Pensai che si stessero ammazzando tra di loro o qualcosa di simile. Il mio cervello iniziò a dare vita ad una delle mie peggiori caratteristiche: la paranoia completa. In quell'istante riuscii ad inventare almeno duemila situazioni per le quali mi ero ritrovata a sentire quei rumori e il doppio delle conseguenze che ne sarebbero derivate. Ed una buona parte portava appunto alla morte di qualcuno.
«Jack! Piantala di fare il coglione con quella cazzo di bambola gonfiabile!» urlò Alex, per poi rivolgersi a me: «Tranquilla, è solo il chitarrista. È un po' esuberante.»
In un millesimo di secondo feci "reset" di tutto ciò che avevo pensato e scoppiai a ridere. Dovevano essere una band di matti, sarebbe stato davvero interessante andare a vederli alle prove.
«Non ti preoccupare» risposi. «Piuttosto, quando suonate la prossima volta? Vorrei venire a sentirvi e magari portare una mia amica. Sempre che non sia un problema, ovvio.»
In quel momento ci fu una breve interferenza costituita da altre urla e cadde la linea. In un primo momento non capii cosa fosse successo, poi rimasi con il cellulare in mano, un po' abbattuta.
Quando uscii dalla cucina, Delia mi guardò speranzosa, ma le risposi che Alex mi aveva attaccato il telefono in faccia. Si infastidì, lamentandosi del suo comportamento poco educato ed io commentai semplicemente alzando le spalle, bofonchiando qualche parola in sua difesa. In realtà mi sentivo irritata anch'io, o forse solo dispiaciuta.
Decisi di farmi una doccia, giusto per incontrare di nuovo i soliti pensieri scomodi ed aggiungere le nuove pessime sensazioni della giornata. Abbandonai i vestiti sul pavimento del bagno ed entrai nella cabina doccia. L'acqua calda mi colpì la schiena, massaggiandola vigorosamente.
"Non è successo niente, Sayu." continuavo a ripetermi, un po' arrabbiata per come si fosse conclusa la telefonata. Non era di certo una cosa scandalosa, ma ero sempre stata una persona permalosa e rancorosa. Decisi che non l'avrei più cercato, che in fondo non me ne fregava niente della sua stupida band. Ancora una volta il mio orgoglio si era intromesso potentemente nella mia vita.
Scossi la testa e continuai a lavarmi, convinta che il sapone avrebbe ripulito la mia testa da un po' di negatività.
Quando uscii dalla doccia, mi sentii piuttosto rinvigorita, disposta a lasciar perdere tutta la faccenda e le persone che la riguardavano. Mi asciugai i capelli e mi rivestii, pronta per andarmene a dormire. Delia era in cucina a fumare una sigaretta, così decisi di andare a farle compagnia; presi in mano il cellulare e la raggiunsi. Come al solito se ne stava seduta sulla sua sedia a fissare il vuoto con una tazza di caffè in mano. Mi avvicinai a lei e afferrai il pacchetto di Marlboro che si trovava di fianco ai fornelli, dopodiché mi accesi una sigaretta e mi sedetti al tavolo. Non feci in tempo ad appoggiare il cellulare di fianco al posacenere che la vibrazione si fece sentire per tutta casa. Delia alzò lo sguardo, sorridendo maliziosa.
«Alex.» disse convinta ed io la guardai storta.
«Non dire cazzate.» la zittii, ma subito dovetti ricredermi. Era proprio lui: aveva provato a chiamarmi due volte e, dato che non avevo risposto perché mi trovavo sotto la doccia, aveva deciso di mandarmi un sms.
"Ti prego di scusare il comportamento dei ragazzi, siamo delle gran teste di cazzo. Ti aspettiamo sabato sera per il compleanno di Jack, così puoi sentirci suonare. Ah, porta pure la tua amica. Un bacio. Alex."
Fissai il messaggio per qualche minuto, fino a che Delia non mi diede una scrollata di spalle, facendomi tornare alla realtà.
«Beh, allora?» mi chiese, palesemente curiosa oltre i limiti.
Appoggiai il telefono sul tavolo e la guardai in silenzio, per creare un po' di suspance. 
«Didi, preparati. Sabato sera siamo ad una festa!» esclamai infine.
Urla di gioia si sparsero per tutta casa, spingendo fuori dalla porta le preoccupazioni. Non sapevo perché fossimo così felici di partecipare ad un ritrovo del genere, in realtà non sembrava poi chissà che cosa. Ma sicuramente avevamo deciso di goderci  il momento, influenzate da qualcosa dentro di noi che ci diceva che il meglio doveva ancora venire.

 

Ed ecco qui il quarto capitolo!
Finalmente ho usato una canzone degli ATL, era davvero ora!
Spero l'abbiate apprezzato, nonostante non sia successo granché.
Credetemi, questa FF è un po' come un diesel: datele tempo e vedrete che non vi deluderà (oddio, lo spero).
Fatemi sapere come al solito cosa ne pensate e grazie ancora per le recensioni lasciate agli altri capitoli.
Lo apprezzo davvero moltissimo!

Un abbraccio,
vostra Astoria.
(:

*credit zone*
Canzone: "Actors" degli AllTimeLow.
  
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