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Autore: TheOnlyWay    22/01/2014    6 recensioni
«Non mi sto affatto tirando indietro, Hook.» marcò per bene l’ultima parola, tanto per dargli un assaggio di come si era sentita lei. Killian sorrise sornione, si stiracchiò per un’ultima volta e si alzò in piedi, per niente preoccupato della sua nudità. Emma arrossì e cominciò a passare le dita tra i capelli, per mascherare un po’ di imbarazzo. Poi, visto che lui non sembrava intenzionato a vestirsi e riacquistare un aspetto decente – non che fosse orribile, ma Emma trovava piuttosto difficile concentrarsi su quanto intendeva dirgli – afferrò i boxer e glieli lanciò con stizza.
«Vestiti, per l’amor di Dio.»
«Non è niente che tu non abbia già visto, amore.»
«E non chiamarmi amore.»
«Swan non ti va bene, amore non ti va bene. C’è qualcosa che ti sia piaciuto?» ghignò Hook, facendo schioccare l’elastico dei boxer contro i fianchi in maniera piuttosto eloquente.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“So when I’ll win your heart, Emma,

and I will win it.
It will not be because of any trickery.
It will be because you want me.”
 
 
 
 
Demonstration
 
 

 
«È stato uno sbaglio.»
Emma si allacciò la camicia bianca con fretta, osservandosi allo specchio senza realmente vedersi: i suoi occhi venivano continuamente catturati dall’immagine dell’uomo che ancora giaceva serenamente tra le lenzuola bianche, il busto scoperto e le braccia incrociate dietro la testa. L’uncino rifletteva la luce del sole che filtrava attraverso le tende celesti e mandava bagliori per tutta la stanza.
Incrociò il suo sguardo e si sentì arrossire un po’. La guardava ancora come se fosse a caccia e in procinto di balzarle addosso per intrappolarla.
Il che, in effetti, assomigliava in maniera piuttosto precisa a quanto era successo la sera prima. Non che lei si fosse tirata indietro, naturalmente. Ricordava con estrema chiarezza il sorriso sghembo di Hook, il modo in cui si era avvicinato lentamente, quasi con cautela, così da non lasciarle scampo. E lei si era lasciata catturare perché, be’, Neal l’aveva lasciata sola – e questa volta non sarebbe tornato – e il suo cervello cominciava a divagare in direzioni non proprio convenzionali, né furbe. Ma Emma in fondo non se ne era stupita troppo. Era da una vita che prendeva decisioni sbagliate.
Perciò, quando l’uncino di Hook le aveva sfiorato il colletto della camicia, era rimasta immobile come un cerbiatto di fronte ai fanali di un’auto e aveva atteso che lui compisse la prima mossa. Si era aspettata di tutto, in realtà, ma non un sorriso. Non quell’aria serena, né tantomeno emozionata. Andiamo, Hook emozionato era quasi fantascientifico da immaginare.
Eppure, mentre le sfiorava le labbra con la punta delle dita, sembrava quasi spaventato. Incredibilmente – sia per lui che per lei – era stata Emma ad avventarglisi conto. L’aveva baciato con talmente tanto impeto che erano finiti entrambi distesi sul divano, lei a cavalcioni sul suo bacino e lui talmente sorpreso da non riuscire a pensare lucidamente. C’erano solo le labbra di Emma e le sue mani fredde sotto la maglietta.
Aveva preso il controllo dopo qualche istante: aveva ribaltato le posizioni e lei non aveva protestato, nemmeno quando l’uncino aveva stracciato il retro della camicia.
Strappo che ora riusciva a vedere perfettamente, mentre Emma se ne stava in piedi davanti a quel dannato specchio facendo finta che non fosse successo niente.
«Sapevo che ti saresti tirata indietro, Swan.»
Lei storse un po’ il naso, dando le spalle allo specchio mentre si allacciava il bottone dei jeans neri. Nel corso della notte – ed era stata davvero lunga – l’aveva sempre chiamata Emma. Quando l’aveva baciata la seconda volta, quando l’aveva spinta sul letto e anche quando era entrato dentro di lei. Emma, Emma, Emma.
La infastidiva che adesso fosse tornato al Swan, anche se non gliel’avrebbe certo data vinta. Con un pirata, era sempre meglio stare all’erta, soprattutto con qualcuno come Hook.
«Non mi sto affatto tirando indietro, Hook.» marcò per bene l’ultima parola, tanto per dargli un assaggio di come si era sentita lei. Killian sorrise sornione, si stiracchiò per un’ultima volta e si alzò in piedi, per niente preoccupato della sua nudità. Emma arrossì e cominciò a passare le dita tra i capelli, per mascherare un po’ di imbarazzo. Poi, visto che lui non sembrava intenzionato a vestirsi e riacquistare un aspetto decente – non che fosse orribile, ma Emma trovava piuttosto difficile concentrarsi su quanto intendeva dirgli – afferrò i boxer e glieli lanciò con stizza.
«Vestiti, per l’amor di Dio.»
«Non è niente che tu non abbia già visto, amore
«E non chiamarmi amore.»
«Swan non ti va bene, amore non ti va bene. C’è qualcosa che ti sia piaciuto?» ghignò Hook, facendo schioccare l’elastico dei boxer contro i fianchi in maniera piuttosto eloquente.
Di nuovo, Emma arrossì. Aveva un figlio, maledizione! Era una donna adulta, non poteva comportarsi come una ragazzina alla prima cotta, né permettere ad Hook di trattarla come tale.
Perciò al diavolo il tono di voce con aveva sussurrato il suo nome per tutta la notte e al diavolo anche l’abbraccio protettivo in cui l’aveva stretta alle prime luci dell’alba.
Non rispose, perché in tutta sincerità non sapeva dove trovare la forza per dire che no, aveva odiato ogni singolo istante. Sarebbe stata una menzogna e lei, per principio, non mentiva mai. Tranne a Hook. E a i suoi genitori, quando le avrebbero chiesto dove aveva passato la notte. E ad Henry, in effetti. E poi c’erano anche Ruby e Belle, con le quali avrebbe dovuto vedersi ma che invece aveva bidonato senza remora alcuna.
Okay, non era propriamente la persona più sincera del mondo, ma la colpa era di Hook. Era lui che minava la sua sincerità. E la pazienza. E qualsiasi barriera avesse faticosamente costruito per difendersi da quelli come lui.
Grugnì qualcosa di incomprensibile e si voltò per cercare la giacca di pelle rossa. Hook le arrivò alle spalle e le circondò la vita con le braccia. Emma si immobilizzò e prese un respiro profondo.
Comportati da adulta. Lui non ti fa nessun effetto. Non hai nessuna cotta per questo tizio. Non ti piace affatto., si ripeté, mentalmente. E avrebbe funzionato, se Hook non avesse cominciato a baciarle la mandibola.
«Potremmo parlarne?»
«Non c’è niente da dire.» protestò Emma debolmente. Tutto quello che voleva era allontanarsi da lì, da lui e dalla sua presenza intossicante, che le impediva di vedere chiaramente e di pensare in maniera non idiota. Di quel passo, avrebbe finito col cedere alle sue carezze e rivelare segreti imbarazzanti che avrebbero dovuto rimanere esclusivamente nella sua testa.
«Permettimi di dissentire, mia cara.»
Emma si spazientì. Come faceva a rimanere così calmo, così posato e imperturbabile, mentre lei si sentiva sul punto di esplodere e fare una strage? Non sarebbe mai riuscita a far finta di niente, non se lui la guardava in quel modo e le accarezzava i capelli con una dolcezza assolutamente inaspettata.
«D’accordo. Cosa vuoi ancora? Direi che il tuo scopo l’hai raggiunto.» berciò, allontanandosi di qualche passo. Si rendeva conto di sembrare una pazza completa, ma non è che avesse poi tanta scelta. In qualche modo doveva proteggersi da quello che lui le avrebbe detto. Non era pronta a ritrovarsi di nuovo con il cuore spezzato. Neal aveva già fatto abbastanza e lei non avrebbe retto un altro colpo come quello, anche se il fatto che stesse prendendo in considerazione l’ipotesi di starci male, significava ammettere che Hook le piaceva più di quanto immaginasse.
«Il mio scopo?» sembrava sinceramente interdetto e per un attimo Emma pensò che fosse sincero. Poi la paura prese il sopravvento.
 «Volevi portarmi a letto, no? Sarai soddisfatto.» sibilò, gelida. Hook spalancò gli occhi, piuttosto sorpreso, poi fece l’ultima cosa che Emma si aspettava e che la convinse di essere alle prese con uno psicopatico degno di lei: rise.
Di gusto, come se gli avessero appena raccontato la più divertente delle storielle. Le rivolse un’occhiata indecifrabile, alla quale Emma rispose con uno sguardo scettico.
«Cosa vuoi?» domandò di nuovo, offesa. La prendeva in giro.
«Vorrei precisare che sei tu che mi sei saltata addosso. So di essere irresistibile, perciò ti capisco, ma non negare che quello che c’è tra di noi-»
«Assolutamente niente. Non esiste nessun noi.» lo interruppe Emma, con le braccia incrociate sopra il seno e le guance ancora un po’ rosse. Non poteva prendere in considerazione l’ipotesi che tra di loro ci fosse qualcosa perché, di qualunque cosa si trattasse, non avrebbe avuto una bella fine.
Ad Hook morì il sorriso sulle labbra.
«Dici sul serio?»
«Sì.»
«Capisco.»
Emma rabbrividì. Non le piaceva quell’espressione. L’aveva già vista altre volte e non aveva portato a niente di buono: Hook tendeva a fare cose piuttosto stupide quando si sentiva preso in giro o, come in quel caso, contraddetto dalla persona con la quale aveva appena trascorso la notte e con cui avrebbe desiderato passare quelle a venire.
«Ne ho abbastanza, va bene?» urlò Emma, all’improvviso, spezzando il silenzio carico di tensione che si era venuto a creare tra di loro. Sembrava che la situazione stesse raggiungendo un punto dal quale era impossibile tornare indietro.
Il che poteva essere un bene. Avrebbero chiuso definitivamente quella cosa, oppure… oppure? Emma non riusciva nemmeno ad ammettere l’eventualità che Hook facesse sul serio.
«Tu? Sono mesi che ti sto dietro, amore! Ma ti piace fare la difficile, a quanto pare.» Hook la indicò rabbiosamente, mentre Emma resisteva alla tentazione di estrarre la pistola dal fodero – le sarebbe piaciuto sparare a quell’idiota – e lo osservava come se fosse, be’, un idiota.
«La difficile?» tuonò, inferocita. «La difficile! Lascia che ti ricordi una cosa, pezzo d’asino che non sei altro: sono rimasta incinta a diciannove anni e il mio fidanzato mi ha incastrata, sono finita in carcere, ho dato mio figlio in adozione e dopo undici anni, undici!, ho scoperto tutta questa fottuta storia della Salvatrice e blablabla e poi arrivi tu e osi dirmi che faccio la difficile! Dico, ma che vi aspettate tutti quanti da me? E si può sapere cosa diavolo stai facendo adesso?» strillò, sull’orlo di un esaurimento nervoso. Hook alzò lo sguardo dal mobile in cui stava frugando e la guardò come se fosse effettivamente impazzita – cosa che non era poi tanto lontana dalla verità.
«Prendo il rhum.» spiegò, del tutto a suo agio.
«Non è il momento.»
«Non dire assurdità, dolcezza. È sempre il momento giusto per un po’ di rhum. Soprattutto quando cominci a delirare senza sosta.»
Hook versò una quantità generosa di rhum nel bicchiere e lo porse ad Emma che lo buttò giù tutto d’un sorso.
«Che schifo. Sono solo le otto.» si lagnò. «Non si può bere a quest’ora…» biascicò poi, mentre il calore dell’alcol le invadeva lo stomaco e le infiammava il sangue.
«Non si dovrebbero nemmeno fare certe sparate, ma non sembra che ti interessi.»
«Sei un idiota, Hook.»
Emma si lasciò cadere sul bordo del letto e si prese la testa tra le mani, sconsolata. Non ricordava di essersi mai sentita così confusa per colpa di un uomo. Quando aveva conosciuto Neal era stato tutto molto naturale. Certo, non la situazione, ma il loro amore era sbocciato nel modo più giusto. Era convinta che fosse vero amore, fino a quando non l’aveva abbandonata.
Certo, una volta venuta a conoscenza del vero motivo per cui l’aveva fatto l’aveva perdonato, ma tornare a fidarsi di un uomo, o di qualcuno che non fosse se stessa, era tutta un’altra cosa.
Era così difficile che, pur di non affrontare il problema, si ritrovava a bere rhum alle otto di mattino, in compagnia dell’unico uomo che le faceva venire voglia di scappare e al tempo stesso di restare.
«Swan, dico davvero. Potrebbe funzionare.»
«Sì? E cosa farò, io, quando deciderai di tornare a Neverland sulla Jolly Roger?»
«Perché parti dal presupposto che me ne andrò?»
«Lo fanno tutti, prima o poi. Tu non sei diverso.»
«E tu sei solo una codarda. Mai sentito parlare di vero amore, Swan?»
«Stai dicendo che noi… o, andiamo, Killian, non essere assurdo.»
Era la prima volta che lo chiamava per nome ad alta voce e le fece uno strano effetto. Suonava maledettamente bene. Ed era una cosa che la terrorizzava a morte.
Hook sorrise appena, si riempì il bicchiere una seconda volta e buttò giù tutto d’un fiato.
«D’accordo allora. Vuoi le prove? Così sia.»
Fu allora, che Emma si rese conto di essersi appena cacciata in un grosso, gigantesco casino.
 
~
 
Il vero amore era una faccenda complicata, i suoi genitori ne erano la dimostrazione esatta. A parte tutti i “ti troverò sempre” ai quali Emma aveva finito per credere, quando li si guardava insieme non si poteva avere alcun dubbio: quello, era vero amore. C’era complicità, completa e totale fiducia e quel qualcosa in più che non era possibile spiegare a parole.
Per questo motivo non riusciva a credere che Killian Jones, alias Hook, meglio conosciuto come il pirata più temibile di tutti i mari, avesse avuto il coraggio di pronunciare le parole vero amore e abbinarle addirittura a due soggetti come loro, che erano quanto di più lontano esistesse dall’esempio di Snow e Charming.
Tanto per iniziare, Emma non era cresciuta nel mondo delle favole e il “felici e contenti” non rientrava minimamente nella sua concezione di amore. Era più il tipo da “come va, va” e non si aspettava niente da nessuno, soprattutto dopo che il suo ultimo fidanzato l’aveva fatta finire in carcere – intenzionalmente – e l’ultimo per il quale si era presa una bella cotta, invece, era morto perché Regina gli aveva sbriciolato il cuore, dopo averlo tenuto sotto il suo giogo per un tempo incredibilmente lungo.
Perciò, che adesso Hook le dicesse che il loro era vero amore, be’, la lasciava francamente terrorizzata e senza la minima idea di come fosse giusto agire.
Se non avesse avuto Henry sarebbe fuggita a gambe levate da Storybrooke, ma c’era troppo in ballo e, per la prima volta in vita sua, qualcuno per cui sarebbe valsa la pena restare e combattere.
«Ho un problema.»
Belle sollevò lo sguardo da quello che aveva tutta l’aria di essere Guerra e Pace e le rivolse un’occhiata curiosa. Emma si passò una mano tra i capelli e si stupì di ricordare il tocco gentile e malizioso di Hook.
«Un grosso problema.» si affrettò a precisare. «E non so nemmeno perché sono qui, visto che non ne voglio parlare.»
«Un passo alla volta, vuoi?»
Emma annuì e si sedette ad uno dei tavoli seminati per la biblioteca. Belle la raggiunse e le sfiorò la spalla in un gesto di conforto e affetto poi, sapendo che l’amica si sarebbe sentita a disagio se fosse rimasta lì a fissarla, riprese a sistemare i libri.
«Di che si tratta.»
«Uomini.»
«Ovvio, domanda stupida. Di quale uomo stiamo parlando, per la precisione?»
«Un uomo orribile. Spregevole e scorretto, insensibile, maleducato, vendicativo e-»
«Killian Jones, chiaro. Cos’è successo?»
«Lui, io… be’.»
«Oh.»
«Già, oh. Mi ha parlato di vero amore, capisci?»
Belle si immobilizzò con Cime Tempestose strette nella mano pallida. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Killian Jones che parlava di vero amore era quanto di più assurdo potesse esistere eppure, per quanto strano, sembrava incredibilmente probabile. Tutti gli uomini, prima o poi, trovavano la donna giusta. E che Emma fosse la prescelta non era poi così strano, viste le loro affinità caratteriali e il modo in cui, sin dall’inizio, sembravano attirarsi come due calamite.
«Cosa ti spaventa, di preciso?» domandò, curiosa. Doveva pur esserci un motivo, se la prospettiva di stare con l’uomo che amava la terrorizzava a quel punto.
Emma si prese la testa tra le mani, resistendo alla tentazione di sbatterla ripetutamente sul tavolo fino a quando il suo cervello non si fosse sbarazzato dell’immagine di lei e Hook dopo. Dopo l’amore, dopo la guerra, dopo il passato.
Se pensava al suo futuro, Emma non poteva negare di averci visto anche Killian. Certo, non nelle vesti di fidanzato, ma più che altro come un sorta di rivale/alleato. Qualcuno da picchiare quando era nervosa, con cui organizzare piani nel caso in cui le cose si mettessero male – e non aveva dubbi che sarebbe successo. Insomma, una presenza costante, con un ruolo non ben definito. Ma il vero amore… rendeva sempre tutto più complicato.
«Hook non può essere il mio vero amore. Non credo nemmeno che esista, andiamo!»
«Tua madre e tuo padre ne sono l’esempio, Emma.»
«E infatti si è visto cosa ne è uscito fuori!»
«Tu, tanto per iniziare. E poi che ti aspetti, scusa?»
«Non lo so nemmeno io, a dire la verità.»
«L’amore non è perfetto, Emma.» Belle si strinse nelle spalle, un sorriso appena accennato a piegarle gli angoli delle labbra. «Ci innamoriamo di persone completamente diverse da noi, ma non vuol dire che siano sbagliate. Pensiamo che lo siano, perché amare qualcuno che non ci assomiglia è più difficile e bisogna combattere. Fino a che punto saresti in grado di lottare? Hook fino a dove è disposto ad arrivare, per te?»
Emma tamburellò con le dita sul piano del tavolo e, subito dopo, spalancò gli occhi, mentre la comprensione le illuminava lo sguardo e una vampata d’adrenalina – e panico – le invadeva le membra.
«Devo andare.» scattò in piedi e si catapultò fuori dalla libreria, lasciando Belle con un discorso ancora da concludere e l’impressione di aver appena assistito ai deliri di una pazza.
Emma corse a perdifiato, tanto che quando raggiunse la camera del Bed and Breakfast in cui lei e Hook avevano trascorso la notte, aveva l’impressione che stesse per scoppiarle la milza. E anche i polmoni, a ben pensarci.
Si guardò intorno freneticamente, sperando di incrociare la figura di Killian, ma non ci volle molto affinché si accorgesse che la stanza era completamente deserta. Il letto era stato rifatto e non c’era alcun segno che lui si trovasse – o fosse mai stato – lì.
Continuava a pensare al suo sguardo quando l’aveva lasciato quella mattina e non poteva fare a meno di chiedersi cosa avesse in mente. Perché non aveva dubbi in proposito: avrebbe fatto qualcosa e lei ci sarebbe finita in mezzo.
Henry la intercettò a metà strada tra Granny’s e la scuola elementare. La chiamò a gran voce e le corse incontro come se avesse il diavolo alle calcagna. Emma sentì un’ondata di preoccupazione stringerle lo stomaco e lasciò che Henry le avvolgesse le braccia esili intorno ai fianchi.
«Abbiamo un problema, mamma.»
Ecco, appunto.
Si incamminarono velocemente verso il negozio del signor Gold, mentre Henry la aggiornava sulla situazione.
«Qualcuno ha rubato l’Incantesimo del Sonno dalle scorte di mamma.»
Emma sentì un brivido percorrerle l’intera spina dorsale. Non poteva essere stato Hook, vero? Non sarebbe mai stato tanto idiota da commettere un’atrocità simile. Era al corrente di ciò che comportava l’Incantesimo del Sonno. Nessuno sano di mente ci si sarebbe sottoposto di sua spontanea volontà. E il problema, in fondo, era proprio questo: Killian Jones non era affatto sano di mente.
Entrarono da Gold qualche minuto dopo e trovarono Regina, il signor Gold, Mary Margareth e David – Emma non ne fu per niente stupita – raccolti intorno al bancone, con gli sguardi puntati su una mappa di Storybrooke e l’aria alquanto preoccupata di chi non sa assolutamente quali pesci prendere.
«Che succede?»
«Pensiamo che Hook abbia rubato l’Incantesimo del Sonno. Stiamo cercando di rintracciarlo, per bloccare sul nascere qualsiasi cosa abbia intenzione di fare.» spiegò Regina, concisa come suo solito. Non era mai stata il tipo di donna che si perdeva in chiacchiere. Nessuno di loro lo era, in effetti. Avevano imparato che era meglio agire prima che le cose peggiorassero del tutto.
«Lo farà su se stesso.» sibilò Emma, prendendo coscienza di quanto quell’uomo fosse profondamente stupido. E presuntuoso.
«E perché dovrebbe?» domandò Gold, rivolgendole un’occhiata indagatrice che la fece arrossire fino alla punta dei capelli. Il silenzio che ne seguì, costrinse anche Mary Margareth e David ad osservare la figlia con un po’ di preoccupazione.
Poi Mary Margareth capì.
«Oh.»
«Dite tutti così.» brontolò Emma.
«Non capisco.» David la scrutò con estrema attenzione, fino a quando Emma non si decise a parlare.
«Lo fa per me.»
«Ah.»
«Già.»
«Il bacio del vero amore. Non è un po’ azzardato?» cominciò scetticamente Regina, beccandosi un’occhiata in tralice da parte di tutti i presenti e una un po’ divertita da Gold. «Che c’è? Non c’è modo di tirarlo fuori dall’Incantesimo, una volta dentro!»
«Dov’è?»
«Sulla Jolly Roger. Spero per te che non sia stato davvero tanto incosciente, Emma.»
«Devi sperarlo per lui. Perché questa è la volta buona che gli sparo.» ringhiò Emma, truce, prima di intimare ad Henry di non muoversi e a Regina e Gold di trovare una soluzione, perché se quello era il suo vero amore, be’, non avrebbe vissuto a lungo.
 
~
 
Emma avrebbe ricordato per tutta la vita la sensazione di impotenza e terrore che provò lungo il tragitto verso il porto. Avrebbe ricordato il suono dei suoi passi sull’asfalto e, dopo, sulle assi di legno. Avrebbe ricordato le ginocchia tremare mentre saliva la pedana che l’avrebbe portata sul ponte della Jolly Roger e, più di qualsiasi altra, avrebbe ricordato Hook che le sorrideva incredibilmente sereno.
«Volevi una dimostrazione, amore
«Non farlo.» supplicò Emma, muovendo un passo in avanti, cauta. Aveva come l’impressione che se si fosse avvicinata troppo Hook avrebbe affrettato i tempi. Se invece fosse riuscita a convincerlo, allora, c’era la possibilità che non si condannasse al sonno eterno. Certo, lei gli avrebbe sparato comunque, ma almeno non sarebbe morto per una cosa tanto stupida.
«Sei una donna testarda, Emma Swan. Ma te l’ho detto, il tuo cuore sarà mio.» sollevò l’ampolla nella sua direzione poi sorrise di nuovo e bevve tutto d’un fiato.
Emma urlò e gli corse incontro, giusto in tempo per impedirgli di schiantarsi al suolo. Lo prese a schiaffi nel tentativo di svegliarlo, ma lui rimase immobile, il volto disteso e il corpo completamente rilassato.
Emma si rese conto di piangere solo qualche minuto dopo, quando una lacrima cadde sulla guancia di Killian e tracciò una scia umida sulla gota pallida.
«Maledizione, e adesso?»
Gli sfiorò le labbra con la punta delle dita, pensierosa e lievemente atterrita. E se avesse avuto torto? Se il loro non fosse stato vero amore e lei lo avesse condannato al sonno eterno? Non avrebbe sopportato di essere lei l’artefice di un destino tanto infausto. Non poteva essere il vero amore di nessuno. Non era come Mary Margareth, non era come Belle. Non era pura, fiduciosa, ottimista.
Emma era diversa. Era cresciuta nel mondo reale, in cui gli Incantesimi del Sonno non esistevano e il vero amore neppure.
E se Hook avesse avuto ragione invece? Se si fosse svegliato, sarebbe stata pronta alle conseguenze? Avrebbe accettato la sconfitta? Il suo cuore gli apparteneva già. Killian avrebbe solo dovuto aspettare che fosse pronta ad ammetterlo. E okay, ci avrebbe messo secoli, ma prima o poi l’avrebbe fatto.
Guardandolo si rese conto che lui aveva sempre avuto ragione: nel suo mondo in bianco e nero, Emma non aveva preso in considerazione la magia e il suo tripudio di colori. Se lui era disposto a morire per dimostrarle che l’amore supera ogni ostacolo, il minimo che lei potesse fare – visto che in un modo assolutamente inconcepibile e assurdo lo amava a sua volta – era provare.
«Idiota.» mormorò. Prese un respiro profondo, portò nervosamente una ciocca di capelli dietro le orecchie e si chinò sul volto di Killian.
Lo osservò per un istante, poi premette le labbra sulle sue e si scostò. Rimase in attesa, col cuore che batteva tanto veloce che sembrava stesse per scoppiare e le lacrime agli occhi. Non si svegliava.
La delusione la fece scoppiare in singhiozzi. Non si svegliava. Non l’avrebbe mai più visto sorridere in quel modo tutto suo che la faceva arrossire. Non le avrebbe più accarezzato i capelli, non l’avrebbe più stretta fra le sue braccia.
Non si svegliava.
«Sei un bastardo, Killian Jones. Che te ne fai del mio cuore, se il tuo non batte più?» pianse, chinandosi sul petto dell’uomo. Lo strinse e, in un disperato tentativo, lo baciò di nuovo.
«Non sono sicuro che abbia funzionato. Provaci ancora, amore









Ehm, ciao.
Se qualcuno è arrivato fino a qui complimenti, perché questa cosa è incredibilmente lunga. E senza senso, forse, ma dovevo dare uno sfogo allo shipping compulsivo per questi due. Se l'ho scritta, comunque, è merito di Martina, grazie, Signora delle Gif, che mi ha fatto vedere un post su Tumblr che ha scatenato tutta questa cosa. E niente, spero che non sia assolutamente indecente e spero anche che vi sia piaciuta un pochino.
Se vi va, fatemi sapere che ne pensate, sarei felice di leggere i vostri pensieri :)
Con affetto, Fede.

 
   
 
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