«Je dors sur des
roses
Qui signent ma croix
La douleur s'impose
Mais je n'ose pas
Manquer de toi
Dans mes nuits.»
10 Febbraio 2013 // Ore 09:30
“Mon Dieu, mi chiedo perché quello stupido si ostini a non
svegliarmi.
Je ne comprends pas. Si diverte a sgridarmi?”
Disse
tra sé e sé un uomo dalla lunga chioma bionda, la quale spettinata
scendeva lungo le spalle. Mentre il semaforo brillava ancora della
luce rossa, si concesse una veloce occhiata allo specchietto
retrovisore, in modo da poterseli sistemare in una coda di
cavallo.
Il semaforo divenne verde, e l'uomo premette sula
frizione in modo da poter far ripartire l'auto e rimettersi nella
coda che segnava il traffico mattutino di Londra. Era da poco che
guidava in quelle strade. Era da poco che aveva veramente appreso la
cultura anglosassone. Era da poco che quella fede brillava dorata
sulle sue grandi e lisce mani. Non rammentava di dover tenere la
sinistra invece che la destra.
Fu la prima volta che sperimentò
il terrore, la solitudine, il freddo delle lamiere che si
accartocciavano calde intorno al suo corpo rannicchiato in una futile
posizione di difesa.
Una cacofonia di suoni, rumori ed urla fino
a che....il silenzio più assordante.
Una donna gli tese la mano, e sorridente gli fece cenno di seguirla.
“Soeur... Dove siamo?”
Ma ella non rispondeva, anzi gli faceva cenno di tacere, e solo di
seguirla in quello che sembrava un giardino di rose bianche.
Lentamente le andò dietro, guardandosi circospetto intorno, come se
quella solitudine in cui era perso quel candido giardino fosse solo
illusoria.
Man mano che si addentravano in quel giardino, la gente
cominciò ad apparire. Erano tutti bianchi, nessuno sorrideva,
nessuno piangeva o parlava. Le fronde degli alberi, nonostante la
leggera e calda brezza le muoveva, erano silenti. Persino i loro
passi non emettevano un suono, tantomeno lo scorrere dell'acqua nella
fontana posta al centro del giardino.
La donna si voltò
nuovamente verso di lui, e sorridendo ancora gli porse nuovamente la
mano. Fu tentanto di prenderla, di afferrarla, di abbracciare ancora
una volta la sorella che aveva perso in tenera età per colpa di una
bianca malattia.
Solo ora se ne stava rendendo conto. Il sugli schizzi dell'acqua
della fontana nulla era riflesso, se non ombre.
“Ma tu sei
morta.”
Affermò, mentre un tremito gli pervadeva il corpo.
Quel
candido scenario iniziò a spegnersi, quasi come un fuoco che stava
trovando la sua morte. Ma il suo sorriso rimase.
Un candido
sorriso accompagnato da una candida e fredda lacrima di addio.
“JEANNE--”
13 febbraio // Ore 12:40
“FRANCIS!”
Una voce lo riportò alla luce degli avvenimenti
presenti, e due braccia abbracciarono il suo corpo dolorante e
medicato recentemente dalle infermiere. Cercò di aprire gli occhi e
di focalizzare lo sguardo in quell'unica persona che in quei giorni
si era degnata di parlargli e di farlo risvegliare da quel sogno che
ricorreva in lui dal momento in cui quell'assordante silenzio lo
pervase la prima volta. Cercò di muovere il collo, il busto, le
braccia, ma si accorse di non riuscire a muovere più nulla.
Aprì
la bocca per chiamare quell'uomo che ora gli aveva posato un bacio
sulle labbra e che, tra le lacrime, gli sussurrava
“Non
preoccuparti, penserò io a te da oggi in poi.”
«Je hais les roses.»
AUTHOR'S CORNER: Domando venia per il ritardo, fondamentalmente sono stata ultra impegnata con gli studi -e lo sarei tutt'ora devo dire, ma shh- e non ho avuto granché tempo per impegnarmi nel prosequo di questa piccola ff.
However, enjoy!