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Autore: kiara_star    22/01/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap11
L' ultima lacrima



XI.





Fu veloce eppure sentì il suo corpo rischiare di crollare al suolo come avesse percorso a piedi decine di campi.
Loki la sostenne ma lei lo scansò con sdegno e preferì barcollare per qualche attimo sulle sue stesse ginocchia.
«Dove siamo? Cos'è questo posto?»
Non aveva ricordi di quelle mura né di quelle fioche luci che le adornavano.
Non aveva memoria di quel luogo così tetro e triste.
Aveva solo il ricordo del suo abbraccio e voleva fuggire via da esso ancora una volta.
«Non ha importanza dove siamo.»
Lo guardò furiosa cercando sostegno sulla parete alla sua destra.
«Mi avevi promesso verità.»
«Ed è ciò che avrai.» Le sorrise. «Seguimi... se riesci a camminare.»
E con quel sorriso beffardo prese il passo verso un lungo corridoio.
No, non riusciva a camminare, perché le sue gambe tremavano e lo odiava.
Quel corpo era più che mortale, era fastidiosamente e irrimediabilmente debole.
Cercò di stargli dietro con la mano che scivolava sul muro per consentirle di tenere l'equilibrio.
Non sapeva dire se il luogo che avevano raggiunto fosse sulla Terra o meno. Sapeva solo che era avvolta in una densa stanchezza, che derivasse dallo spostamento o da altro non era una risposta che conoscesse.
Più si addentravano in quel corridoio meno luce lo illuminava, quando Loki si arrestò dinanzi a una porta sembravano ergersi solo ombre.
«Le tue risposte.»
Si voltò e con un sorriso spinse il legno.
All'interno della stanza il bagliore era accecante.
Quando vi entrò e vide, sentì che le sue gambe non l'avrebbero davvero più sorretta.











Linn camminava silente al suo fianco, il capo chino e lo sguardo sul marciapiede.
Steve le lanciava di tanto in tanto qualche occhiata e ogni volta che una parola si posava sulla sua lingua la inghiottiva.
Dannato Stark! Come gli era saltato in mente di chiedergli una cosa simile?
Con tutto il caos che c'era in quel momento, con tutte le domande che ancora governavano la sua testa e quella del resto della squadra.
«Perdonatemi per aver rubato il vostro tempo, capitano.»
Udì appena quelle parole per via del traffico che rumoreggiava nell'aria.
«Oh, no. Non hai rubato nulla, Linn. Davvero! È solo che...» Linn lo guardò e Steve ingoiò altre cento parole. «Non sono la migliore compagnia per una ragazza.» Le uniche che videro la luce erano tristemente vere.
Aveva passato così tanto tempo a lottare in guerre sempre più diverse, che forse neanche ricordava cosa volesse dire qualche ora di pace, qualche ora a passeggiare senza troppi pensieri per le caotiche vie di New York, qualche ora a chiacchierare di sport e cinema, di musica.
«Non so perché Tony abbia creduto che fossi la persona giusta per farti da guida.» Sorrise imbarazzato. «Immagino volesse solo prendersi gioco di me - di nuovo.» Quell'ultima frase fu più un sospiro a se stesso.
Prima o poi Tony si sarebbe fatto una lunga degenza in ospedale se avesse continuato a provocarlo.
«Tony ha grande stima di voi, capitano.» Non riuscì a nascondere la sua sorpresa e Linn dovette capirlo perché gli sorrise. «Ho sentito il vostro nome più volte nei suoi discorsi.»
«Beh, questo non vuol dire che mi stimi.»
«Se mi è permesso, non credo che un uomo dal grande carisma come Tony spenderebbe parole su qualcuno che non suscita in lui stima o rispetto.»
Sorrise divertito a sua volta.
«Non lo conosci ancora bene, Linn. Tony spende parole su tutto e tutti anche su persone e argomenti che non c'entrano nulla con il discorso che sta affrontano, così come il più delle volte non c'entrano nulla i suoi stessi discorsi con la situazione. Ed è irritante e sfiancante avere a che fare con lui e-»
Fu dapprima debole poi sempre più forte, finché Steve non vide Linn soffocare una risata con una mano.
Era confuso.
Eppure non era la prima volta che una donna gli scoppiava a ridere in faccia, sebbene dopo il siero le cose fossero un tantino cambiate.
Ciò nonostante, nel bel mezzo di un pomeriggio assolato del 2013, Steve Rogers era tornato a essere il mingherlino e asmatico ragazzino delle risse nei vicoli.
Non le chiese il perché, non ne sentiva neanche il bisogno, stirò le labbra in un sorriso e ascoltò quella dolce risata finché non sfumò.
«Chiedo venia se vi ho mancato di rispetto, capitano.»
Scosse il capo mentre Linn nascondeva le labbra dietro alle dita. I suoi occhi ancora sorridevano.
«Non devi... Ma dammi del tu, per favore, e chiamami Steve... Non sono Captain America quando non indosso il costume.»
«Sono del parere che non sia un'armatura a determinare un cuore.» L'ascoltò silente mentre la vita della Grande Mela scorreva di fianco, inondandoli e ignorandoli contemporaneamente. «Il nome che indossi non cambia ciò che sei... Steve.»
«Un soldato, quindi?»
Alzò un solo angolo delle labbra e Linn scosse il capo.
«Un ragazzo gentile.»
Quelle parole richiamarono alla mente quelle del dr. Erskine: non un soldato perfetto, ma un uomo giusto.
«Un ragazzo gentile...» ripeté quasi imbarazzato. «Mi piace.»
Linn sorrise e sembrò che il suo imbarazzo la contagiasse un po'.
Ma Steve non era bravo a capire le donne e di Linn aveva compreso poco, sapeva solo che era una persona diversa dalle altre, una persona che sembrava non aver timore di mostrare la sua vulnerabilità.
Ormai era abituato ad avere intorno donne forti che nulla avevano da invidiare a un uomo. Ne aveva amata una in passato e l'avrebbe sempre amata perché il sorriso scarlatto di Peggy era impossibile di cancellare.
Con Natasha divideva il fianco in battaglia, così come spesso era accaduto con Maria.
A modo suo, perfino Pepper era una donna d'acciaio, e per stare dietro a uno come Stark bisognava essere come minimo di ferro.
Non aveva perciò avuto occasione di incontrare qualcuno come Linn. Qualcuno che non celasse la sua inadeguatezza, quella stessa inadeguatezza che lui stesso ancora continuava a combattere, perché se Linn veniva da una terra lontana, Steve era figlio di un tempo lontano, e non c'era enciclopedia virtuale che potesse ridargli quegli anni perduti.
«Hai mai mangiato una nuvola su Asgard?» chiese a bruciapelo disegnando un sorriso sulle labbra.
«Una nuvola?» Linn gli sorrise di riflesso e scosse la testa.
«Vuoi assaggiarla?»
E poi rise. «Certo, Steve.»
Se c'era qualcuno che conosceva bene le donne invece, quello era Bucky, e se c'era un consiglio che Steve aveva ricevuto più volte da lui era uno: a un primo appuntamento, zucchero filato.
Magari era un po' fuori moda in quella nuova era di astronavi e computer, magari era anche inappropriato perché non era un primo appuntamento.
Steve sperò solo che a Linn sarebbe piaciuta.
«C'è un uomo qui vicino che ne vende di buonissime, vedrai. Si chiama Jason.»
«Non metto in dubbio la tua parola.»
Avrebbe voluto che Bucky fosse lì, che gli strizzasse un occhio e gli desse una pacca sulla spalla.
E bravo il mio Steve...
Qualcosa gli diceva che sarebbe stato fiero di lui.



*



Tony afferrò il cavo sottile fra i denti e strappò via la gomma che ne celava i fili.
«32 minuti, Jarvis. Sono 32 minuti» borbottò collegando le fibre di rame ad altre che fuoriuscivano dalla piccola sonda poggiata sul bancone d'acciaio del suo laboratorio.
«Non mi aveva chiesto di decriptarli, signore.»
«E c'era bisogno di dirtelo? Ma secondo te posso mai guardare delle immagini in codice binario? Cos'è, Matrix, adesso?!»
Quando finì di unire ogni collegamento richiuse il coperchio e si passò una mano fra i capelli.
«Signore, lei mi dice sempre di non prendere iniziative. Mi attengo ai suoi ordini, signore.»
«Sì, sì, come ti pare...» Si strofinò gli occhi e si gettò stancamente sulla sedia aspettando che lo schermo smettesse di essere completamente grigio. «E basta con questo signore, fra te e Linn mi state facendo venire il mal di testa... anzi, quasi quasi assumo lei come assistente personale e ti disinstallo. È una persona puntuale e precisa, priva di sarcasmo e in più fa dei cocktail divini.» Che non conoscesse poi mezzo linguaggio di programmazione era un problema risolvibile. Più o meno.
«Non credo che la signorina Potts sarà favorevole.»
«Jarvis, cosa ti avevo detto circa il prendere iniziativa?...»
Ma un paio di bip interruppero ogni discorso.
«Le immagini sono state decriptate.»
«Bene.»
Alla sua destra lo schermo grigio era divenuto nero, lo schermo con le immagini delle riprese di Jarvis.
Alla sua sinistra ancora un insieme di linee verticali di diverse tonalità di grigio: erano le immagini di spider.
Dopo l'incursione di Loki alla Tower e la sua fuga dalla base dello S.H.I.E.L.D., Tony aveva effettuato un'attenta analisi dei software che quello era riuscito a bloccare. Le modalità usate non le aveva ancora chiarite, però il risultato era poco differente da quello ottenuto da un semplice e volgarissimo virus.
Si insinuava nel programma e metteva fuori uso telecamere e microfoni e, nel caso della cella di Reed, anche i sistemi di chiusura, con un apparentemente semplice lavoro di sniffing distruttivo.
Aveva pensato quindi di creare un programma che fungesse da antivirus per contrastare nuovi attacchi, ma aveva poche informazioni su cui lavorare, pochi brandelli di byte ed era insopportabilmente chiaro che la magia di Loki faceva uso di nozioni che probabilmente anche una mente come la sua ignorava.
Come un biologo avrebbe avuto bisogno di un ceppo virale su cui studiare una cura, anche lui doveva possedere almeno una stringa completa di quel malware alieno.
Non l'aveva, ma era lì che si era accesa la lampadina: se non poteva proteggere un programma, tanto valeva eliminare il suddetto programma.
Niente sistema operativo, niente virus.
Ed ecco che entrava in gioco spider.
Le prime immagini che iniziarono a comparire sullo schermo destro mostravano la camera di Thor, vuota.
Quelle a sinistra erano alquanto sgranate e poco a fuoco ma riflettevano la medesima immagine.
Spider era, per l'appunto, un ragno. Un ragno-spia di quelli che aveva usato al tempo per spiare le matricole al college - era sempre stato un ragazzo precoce.
Funzionava con delle comunissime pile vecchia maniera ed era privo di microfono, effettuava riprese in bianco e nero a bassissima risoluzione e che saltavano un frame sì e l'altro pure, ma la cosa più importante, era la mancanza di sistema operativo che lo rendeva fondamentalmente inattaccabile.
Ferrovecchio ne aveva recuperato qualcuno in delle vecchie scatole e Tony aveva pensato bene di spargerli un po' per tutta la Tower, principalmente nelle zone delicate, e per “zone delicate” voleva dire la camera da letto di Thor.
Indiscreto, scorretto, moralmente opinabile - e se Pepper lo avesse saputo, altro che scarpe gli avrebbe tirato - ma Tony si era detto pronto a qualsiasi azzardo pur di far luce su tutta quella storia.
In verità serbava poche aspettative in quel piano anche perché per quanto Loki fosse folle e squilibrato, andare a far visita a suo fratello nel bel mezzo del giorno con i vendicatori in allerta era rischioso. E la possibilità, stavolta reale, di finire utilizzato da Hulk come un piumino per la polvere, lo avrebbe portato a ponderare con più prudenza le sue mosse.
Eppure qualcosa gli aveva suggerito di tentare, ché per qualche ragione forse adesso un po' meno oscura, Loki avrebbe anche fatto qualche imprudenza.
Per tentare di uccidere Thor nel sonno?
Certo che no, ma per fare una “sorpresa” a Sigyn, forse sì...
La distinzione era quanto mai imbarazzante, ma Linn con il suo arrivo l'aveva anche ribadita forte.
Non cambiavano solo le forme del suo corpo, non cambiava solo la sua stessa umanità, cambiava anche qualcos'altro, e Thor e Sigyn erano chiaramente due entità diverse. Lo erano per Loki, lo erano per Linn, lo erano perfino per Thor stesso, per quanto si sforzasse di non mostrarlo.
Dopo qualche minuto di riprese per lo più inutili e inutilizzabili, su entrambi gli schermi si delineò la sagoma di Thor-Sigyn.
La porta del bagno aperta, un invito che Tony, sapeva, non sarebbe stato rifiutato.
Purtroppo dalla posizione di spider la stanza da bagno veniva ripresa solo in minima parte, ma quel poco bastò a Tony per vederla prima denudarsi e poi immergersi in acqua. Stessa scena veniva mostrata anche sull'altro schermo, in qualità decisamente migliore.
«Devo dire che nel cambio Thor ci guadagna... Se riusciamo a ridargli il martello ce lo teniamo così. Che ne dici, Jarvis? Fury sarebbe d'accordo?»
«Non so cosa risponderle, signore.»
«Potrebbe sostituire anche Rogers nelle campagne di sensibilizzazione contro droga e alcol. Sai, le bionde con i martelli vanno alquanto in voga in questo momento...»
Le immagini di Jarvis iniziarono a sgranarsi per poi divenire completamente un unico frame nero. Spider invece aveva continuato a riprendere con qualche problema di messa a fuoco che però sembrò stabilizzarsi in pochi minuti, fino a svelare, con poca sorpresa e molta soddisfazione, l'aggiunta di una figura alta che si muoveva lentamente nella stanza.
«Bingo...» sospirò assottigliando la vista e osservando con attenzione ciò che accadeva sullo schermo sinistro, dal momento che il destro ormai era privo di qualsiasi immagine.
Loki camminava verso la porta del bagno - la ripresa era di spalle quindi Tony non sapeva dire se stesse dicendo qualcosa, data la mancanza di audio.
Thor-Sigyn era ancora nella vasca.
«Se non sapessi cosa sto guardando direi che somiglia in modo pericoloso all'inizio di un film hard... Ricordi “La novizia prende i voti – e non solo quelli”, Jarvis?»
«Signore, la signorina Potts ha ordinato la cancellazione di ogni genere di materiale a contenuto pornografico dalle mie memorie. Nel caso fosse interessato a visionare un film con contenuti per adulti la invito a noleggiarlo in una videoteca, in quanto ho avuto ordine di non scaricare né acquistare alcun genere di -»
«Ehi, ehi, un momento! Non volevo guardare un filmetto asiatico con delle monache allegre! Stavo solo dicendo che spero di non essere prossimo a vederne uno a tematica incestuosa!» brontolò mentre Loki si fermava sulla soglia. «Non è il mio genere, a meno che non si tratti di due gemelle, in quel caso...»
Preferì non andare oltre e concentrarsi sulle riprese.
L'immagine rimase pressoché uguale per i successivi minuti e se non fosse stato per i piccoli movimenti della testa di quel pazzoide, Tony avrebbe potuto dire che fosse un fermo immagine.
Iniziò a dirsi che forse Thor non si era neanche reso conto di essere stato stalkerato da suo fratello mentre faceva il bagno e magari Loki se ne era andato prima che se ne accorgesse. Forse aveva avuto l'impressione corretta sull'ossessione ambigua di Loki per quella forma femminile, e ne aveva avuta una errata sulla cattiva fede di Thor.
Lo pensò per le successive lunghissime due ore in cui le sue palpebre riuscirono a restare aperte solo grazie al caffè che aveva riempito più volte la sua tazza.
Ne buttò in gola un ultimo sorso facendo cozzare la ceramica bianca contro il tavolo.
Si massaggiò gli occhi e quello sbadiglio non fu proprio possibile da mandare giù.
Se Loki con la sua stupida testa e quel suo stupidissimo vestito gothic non gli avesse coperto la visuale di “Sigyn” in vasca, forse sarebbero state anche due ore particolarmente interessanti.
Alla fine Loki si riprese.
Mosse qualche passo nella camera e il suo movimento concesse a Tony di vedere le palpebre di Thor alzarsi. Come aveva immaginato si era addormentato.
Ciò che accadde dopo fu difficile da decifrare: stavano parlando, cosa dicessero non sapeva dirlo ma dall'espressione di Thor, l'unica che riusciva a vedere, non era nulla di piacevole e quando gli rifilò un bel destro su quel ghigno ne ebbe conferma.
Non si chiese neanche cosa avesse detto per meritarsi una simile reazione, perché far perdere la pazienza alla gente era un qualcosa che a Loki riusciva bene senza troppo impegno.
Ci furono altre immagini nere e altre sgranate.
La scena tornò e i due erano ora nella camera. Tony poteva vedere il viso di entrambi.
Altre parole, niente più pugni, e Loki tornò a coprire la visuale di spider.
Dopo altri muti discorsi l'immagine si spense.
Le riprese di Jarvis invece erano rimaste ancora totalmente nere.
Aspettò di rivedere qualcosa quando Jarvis parlò: «Signore, il sensore avvisa che la ripresa è terminata.»
«Terminata? Come “terminata”?»
«Le pile che alimentavano spider si sono esaurite.»
Ringhiò un insulto verso quello stupido ragno di metallo e si passò due dita sul mento.
Attese qualche altra decina di minuti e poi rivide l'immagine della camera di Thor comparire sullo schermo destro.
Si stava rivestendo.
Non poteva sapere cosa fosse successo di preciso, ma quello che aveva visto bastava per darsi qualche risposta, bastava soprattutto per incazzarsi come una bestia nei confronti di Thor, che a quanto sembrava, aveva deciso bene di tacere sulla visita di Loki. Magari era stato costretto, magari quello squilibrato gli aveva fatto un lavaggio del cervello come accadde la prima volta con Clint, quando per disgrazia le loro vite furono costrette a incrociarsi.
No...
Qualcosa gli diceva che Thor era conscio di ciò che faceva, era conscio di star mentendo ed era altresì conscio di essere nel torto.
Lo aveva messo alla prova. Thor non l'aveva superata.
Nonostante tutto aveva sperato di essersi sbagliato, aveva sperato che il buon Thor non si fosse deliberatamente preso gioco di lui.
«Jarvis, Thor è allo S.H.I.E.L.D. in questo momento?»
Qualunque cosa fosse andato a fare lì era più che certo non aveva nulla a che fare con la Foster.
«Sì. Le telecamere dell'edificio mostrano il suo arrivo all'incirca tre ore fa. Vuole che verifichi la sua ubicazione precisa?»
Tony si mise in piedi stiracchiando i muscoli del collo.
«Sì, Jarvis, fammi sapere dove si è cacciato perché gradirei davvero fare due chiacchiere con lui - ah, se Rogers dovesse tornare prima di me, avvisalo.» Afferrò la giacca dallo schienale e recuperò gli occhiali da sole dalla scrivania.
«E la signorina Potts?»
«Preferisco parlarle io dall'auto. Vorrei evitarle sorprese stavolta.»
E vorrei evitare alla mia faccia altri lanci di scarpe.



*



«Alla fine ci siamo ritrovati senza una macchina e siamo stati costretti a chiedere un passaggio, e l'unico che si è fermato è stato un vecchio contadino del Wisconsin che portava del concime organico sul retro. E dove ha voluto che salissimo? Sul retro... Bucky voleva uccidermi.»
Linn rise e Steve scosse la testa con un sorriso.
«Hai molte avventure da narrare, Steve.»
«Queste non sono avventure, sono solo figuracce che forse era meglio non rispolverare.»
Si fermarono nei pressi di una staccionata di metallo. Linn continuò a mangiare la sua nuvola rosa che Steve le aveva poi detto chiamarsi “zucchero filato”. Era solo zucchero eppure per Linn rimaneva ancora una soffice nuvola dolce.
«Sembra una vita fa...»
C'era un certa malinconia nella sua voce e lei lo percepì.
«È il prezzo di un ricordo. Il calore che esso dona va ripagato con la nostalgia che cagiona.»
Il capitano la guardava in silenzio e Linn abbassò imbarazzata lo sguardo. «Ho detto qualcosa di sbagliato?»
«No, no assolutamente... È solo che non parlo molto del mio passato, voglio dire del mio vero passato, quando non indossavo una maschera... Il più delle volte credo che non sia un argomento interessante, anzi, non vorrei averti annoiato con tutte queste storie.»
Steve non le aveva mostrato la città, così come gli aveva chiesto Tony. Non le aveva parlato di Midgard e dei suoi abitanti, o delle tradizioni e degli usi.
Steve le aveva fatto dono di una nuvola di zucchero e le aveva parlato di lui, di quel ragazzo dagli occhi di cielo e dal sorriso cosparso di stelle.
Le aveva parlato di un soldato rimasto un cuore puro, un soldato che la guerra non aveva cambiato ma solo fatto maturare.
Linn aveva ascoltato in silenzio e aveva sorriso dei suoi racconti respirando la sua malinconia.
«Le tue storie non sono noiose, Steve. Raccontano di te, e sono onorata che tu abbia voluto narrarmele.»
«Grazie... cioè, ok. Voglio dire... Non sono bravo con le parole quanto te.» Le aveva sorriso spostando poi lo sguardo lontano.
E se c'era una dote che Steve Rogers possedeva più della gentilezza era l'umiltà.
Linn non era abituata a vederla in tale quantità nelle parole e nei gesti di un solo uomo, non di un uomo come Steve.
Nata e cresciuta in un palazzo fatto d'oro, circondata da esseri fatti anch'essi d'oro, dove perfino l'ultimo degli stallieri vantava superbia regale, Linn era rimasta incantata e stupita da una tale dimostrazione di modestia.
I racconti del principe Thor non gli avevano reso la giustizia che meritava, e Linn adesso lo sapeva.
«Ne vuoi un altro?» A quella domanda abbassò lo sguardo sul bastoncino bianco che reggeva fra le dita. Non si era neanche resa conto di aver completamente divorato la nuvola rosa.
Si sentì imbarazzata, perché mangiare con tanta avidità non era opportuno per una fanciulla.
Scosse il capo arrossendo incapace di dire qualcosa.
Il suo imbarazzo sparse altre briciole di silenzio.
«Penso che dovremmo tornare.»
Strinse forte il bastoncino fra le dita.
Non voleva tornare, voleva continuare a passeggiare al suo fianco ascoltando dalla sua voce mille nuove storie.
«Forse anche Thor è tornato... è andato allo S.H.I.E.L.D., giusto?»
«Così ho udito dire a Lady Sigyn.»
Steve non le aveva chiesto né di Thor né di Lady Sigyn.
Aveva avvertito le domande insidiose di Tony quando erano nella sua dimora, e aveva cercato di aggirarle senza mostrarlo. C'era riuscita, o Tony aveva capito che da lei non avrebbe avuto risposte.
Linn poteva comprendere i crucci che governavano le menti dei midgardiani, ma non poteva permettere che la sua signora affrontasse gli sguardi accusatori e sentenzianti dei suoi compagni.
Dacché aveva cullato quel dubbio nel suo cuore, aveva sempre compreso quanto fosse disdicevole e intollerabile quell'unione. Era follia, era la più grande delle follie.
Ma lei aveva visto occhi e sorrisi, aveva ascoltato risate e respirato vita.
Lei sapeva che non era sbagliato.
Linn amava la sua signora e benché non le fosse concesso di dirlo ad alta voce, Linn amava ancora il principe oscuro che Asgard aveva ripudiato e condannato, e aveva sempre pregato affinché un dì quei sorrisi e quella vita potessero tornare ad abbracciarli.
Magari in un altro tempo e in un altro luogo, magari in un'altra storia.
E quando aveva rivisto Lady Sigyn quella preghiera era tornata forte a far battere il suo cuore.
«Posso farti una domanda, Linn?»
«Certo.»
Lo sguardo del capitano si era velato di inquietudine.
«Perché lo chiami Sigyn anche se sai che è Thor?»
Era stato schietto e diretto, e benché le avesse fatto comunque male, era stata grata per la sua sincerità.
«È solo un nome...» sospirò tenendo lo sguardo sull'asticella appiccicosa. «Solo un nome, Steve.»
«È come il discorso di prima? “Il nome che indossi non cambia ciò che sei...”» Aveva riportato gli occhi in quelli di Steve e li aveva visti ancora più tristi. «E allora perché a me sembra che Thor sia cambiato?» Sapeva bene non era una domanda posta a lei. «Forse dovrei iniziare a chiamarlo anche io Sigyn.»
Stavolta non era riuscita a restituirgli il sorriso e quello di Steve si spense presto.
«Se il mio principe avesse potuto dissolvere i tuoi dubbi l'avrebbe già fatto.»
«Lo so, Linn, per questo non lo riconosco più.» Deglutì della sua determinazione osservando le labbra restare una linea sottile. «Thor non mi avrebbe taciuto la verità, qualsiasi essa fosse stata, ma la tua Lady Sigyn invece sembra essere più avvezza ai segreti.»
Sentì il cuore stringersi.
«Ti prego, non parlare così.» Le dita avevano fatto male per quanto forte avevano stretto il bastoncino. «Non posso sopportare parole tanto dure nascere dalle tue labbra-»
Si accorse tardi di ciò che aveva detto e ogni altra sillaba le morì in gola.
Steve la guardava in silenzio e lei si voltò celandogli i suoi occhi lucidi.
Aveva permesso al suo cuore di parlare al posto della testa e non avrebbe dovuto, ma la vicinanza di Steve era frastornante, il suo calore lo era, e lei avrebbe solo dovuto conoscere il suo posto e quello delle sue emozioni.
La regina le aveva dato un ordine e lei lo aveva portato a termine senza sbagli.
Doveva solo attendere affinché la bella midgardiana avesse trovato un modo per farla tornare ad Asgard. Non poteva lasciare che qualcosa di quel mondo le restasse dentro, perché sarebbe stato solo un modo in più per sentirne la mancanza. Eppure quella gentilezza le aveva già ferito la pelle e non c'era alcuna possibilità di celare le cicatrici che avrebbe portato con lei.
«Non volevo turbarti, Linn... scusami.»
Quella gentilezza le lasciava ogni volta un taglio più profondo, e il sorriso di Steve continuava a fendere forte il suo cuore.
«Forse sono io a essere una cattiva compagna di conversazione, Steve. Non meriti la mia tristezza, non dopo avermi sacrificato il tuo tempo.»
Ricacciò dietro le lacrime perché no, Steve non meritava neanche quelle lacrime di imbarazzo e vergogna.
«Pensi davvero che questo pomeriggio sia stato un sacrificio?»
Non disse nulla, guardò solo il suo volto illuminato dai raggi del sole. «Di solito passo il tempo allo S.H.I.E.L.D. o a sorvolare mezzo Paese su un aereo o su un altro - questo quando non sono sul campo a combattere contro lo psicopatico vendicativo di turno... Non ho molto tempo libero benché teoricamente dovrei essere un pensionato, almeno così direbbe Tony...» C'era dell'incertezza nelle sue parole e Linn non riusciva neanche a capirle tutte, però la voce di Steve aveva un suono dolce, dolce come la luce che sprigionava dai suoi occhi. «A ogni modo, credo che questo pomeriggio sia stato uno dei pochi in cui posso dire di essermi divertito... E non succedeva da un po', da un bel po'» sorrise spostando lo sguardo lontano e Linn si chiese se fosse per non guardare il luccichio che stava coprendo il suo.
Era un Grazie, sincero come muto, eppure era stato assordante nel suo petto.
Il silenzio che scese fra di loro era morbido e caldo, Linn si perse a guardare i lineamenti del suo viso mentre la vita di Midgard scorreva rumorosa e forte.
«Ne vorrei un'altra» sospirò poi mostrandogli il bastoncino bianco. «Un'altra nuvola di zucchero.»
«Davvero?»
Annuì mordendosi un labbro imbarazzata. «Solo se lo dividi con me, però.»
Steve sembrò donarle lo stesso imbarazzo.
«Va bene... ma, per favore, non dirlo a Tony. Mi perseguiterebbe a vita.»
Rise dandogli la sua parola.











Era un grande talamo quasi nella totalità avvolto in un forte bagliore dorato.
Ricordava bene quel bagliore, lo ricordava avvolgere il corpo di suo padre quando la necessità ne obbligava il lungo sonno.
Eppure il corpo steso sulle lenzuola non era quello di Odino.
«Cosa significa?» chiese sentendo il battito arrivarle fin dentro le tempie. Guardò il volto di Loki alla ricerca di una risposta che non fosse quella che si stava dando.
Non può essere...
«Secondo te cosa significa?»
Scosse il capo furente.
«È un trucco! Uno sporco trucco!» Gli occhi continuavano a percorrere il viso obbligato nel sonno cercando di assorbirne la visione.
«Nessun trucco.» E la tranquillità che esibiva Loki era quasi stordente. «Volevi risposte. Eccole a te.»
La mano a indicare il corpo dormiente e un sorriso sulla bocca.
«Smettila! Cosa vorrebbe significare, eh?»
Il sorriso sfiorì mentre la sua rabbia aumentava.
«Ora capisci quanto potere abbia la verità? La prossima volta che la pretendi chiediti se sei preparata ad ascoltarla.»
«Ascoltarla? Pensi davvero di potermi ingannare, stavolta? Pensi che possa credere che quel corpo sia... che io...» Non aveva parole, solo furente e cieca rabbia.
Guardò ancora le palpebre chiuse, i capelli biondi, la barba che incorniciava il mento. Il lenzuolo che lo copriva fino a metà ventre mostrando l'addome nudo.
«Tu non sei Thor.»
Suonò come una sentenza.
«Taci con le tue follie, Loki. Taci se ancora serbi un briciolo di decenza.»
«Decenza?» La sua risata sembrò assordante. «Come la tua, Sigyn? La stessa decenza che ti fa coprire gli occhi come un infante per non vedere?» Aveva solo voglia di uscire da quella stanza a correre finché le gambe avessero retto.
«I miei occhi vedono solo illusioni.»
«Vedono solo la nuda verità.»
«Non mi condurrai alla pazzia...»
Loki restò in silenzio solo per pochi attimi.
«Tu non sei Thor.»
Lo raggiunse fino ad afferrargli le vesti fra le dita delle mani. «Strapperò quella lingua velenosa. Lo giuro!»
Un attimo dopo le sue mani erano strette in quelle di Loki obbligate con forza dietro la sua stessa schiena.
«Accomodati.» Un soffio dritto sulle labbra.
«Mi hai promesso risposte e mi offri solo menzogne. È così che rispetti i tuoi patti, figlio di Laufey? Eppure tuo padre possedeva più dignità e onore.»
Fu l'ira e la paura a guidare le sue parole e se ne pentì nell'istante immediatamente successivo.
Non lesse livore però in quegli occhi verdi, così vivi da agitarla ancora più della follia che dormiva su un letto a pochi metri.
«Se vuoi provocarmi fai pure, ma dovresti rammentare bene quali sono le conseguenze...» La sua bocca sfiorò appena la sua. «Vuoi che te lo ricordi?»
«Voglio udire una spiegazione valida a ciò che sta succedendo. Basta con i giochi, fratello.»
Non riuscì neanche a ingoiare un gemito di sofferenza quando si trovò con le spalle contro il muro, le mani ancora bloccate e l'impossibilità di sfuggire dalla sua presa e, soprattutto, dal suo sguardo.
«Tu non sei mio fratello. Tu non sei lui. Non sei Thor!»
«Io sono Thor!»
«NO!» Le mani furono libere e lo sguardo sparì quando Loki le diede le spalle. «Mi chiedi risposte e non vuoi udirle, reclami verità e sei incapace di accettarla...» Le parole divennero sempre più deboli mentre il suo cuore non smise mai di battere forte, sempre più forte.
«Io so chi sono, non puoi neanche pensare di riuscire a portarmi via questo! Neanche tu, tessitore di inganni!» Un velo scuro coprì quelle iridi verdi, il medesimo velo scese anche sui suoi occhi. «Io sono Thor Odinson, un tempo mi hai chiamato fratello e hai diviso con me l'amore di una madre e le ferite della battaglia, per poi tradirmi senza attenuanti... Sei tu ad aver dimenticato chi sei, Loki, non io. Rammenta quei giorni e rammenterai anche di aver avuto del buono in fondo al marciume con cui hai voluto circondare il tuo cuore.»
«Ciò che ricordi è solo una bugia costruita ad arte da Odino, una reliquia rubata a un mondo vinto e umiliato. Cosa può saperne il sole di quanto freddo si provi nell'ombra?...»
«Chiediti chi ha evocato quell'ombra e non essere tu l'infante che copre i suoi occhi.»
Loki sorrise di un sorriso che era un pianto. «E adesso i tuoi sono ancora chiusi, Sigyn? Ancora rinnegano che il corpo che giace su quel letto è quello di Thor?»
«Sta' zitto!»
Ma Loki non lo fece.
Avanzò ancora e lei aveva un muro alle spalle che le impedì di fare un altro passo indietro, un passo più distante da quella follia.
«Combatti una guerra inutile perché sai bene che dico il vero.»
Sta' zitto... Ti prego...
«Io so chi sono e so chi sei e, mia cara, anche tu lo sai. L'hai saputo dal primo momento in cui ti sei svegliata.»
«No...»
«Negalo ancora e cederò a te la corona di bugiardo che cinge da millenni la mia testa.»
Non poteva negarlo.
Non poteva.
Ma allo stesso non poteva accettarlo.
«Odino è stato un pessimo padre, in compenso un maestro impeccabile.» Sentirlo parlare così le provocò una fitta dritta allo stomaco. «Una delle prime lezioni che mi impartì riguardava la natura stessa della vita. Ogni essere vivente, diceva, è costituito da tre essenze. Aesir, Vanir, Terrestri... Jotuns... Non conta la razza, ognuno di essi vive grazie all'unione di queste tre essenze.» Le era di nuovo di fronte e sentì gli occhi inumidirsi.
Loki la guardò a lungo e poi continuò. «Corpo... cuore... e anima.»
Ricordava quella lezione, ricordava il pomeriggio assolato che aveva guardato con brama da una grande vetrata mentre loro padre li aveva obbligati alla freddezza della biblioteca.
Ricordava gli occhi curiosi e attenti di Loki assimilare ogni singolo verbo che abbandonava quelle antiche labbra, ricordava il proprio sbadiglio annoiato che Odino punì con un severo schiaffo dietro la nuca.
Un re saggio combatte prima di lingua e poi di spada. L'istruzione è la base di un guerriero ma cibo essenziale per un sovrano. Tieni a mente questo insegnamento... Anche un possente troll può cadere nella trappola di una piccola volpe.
Sì, padre.
E aveva odiato il sorriso divertito di Loki. Aveva odiato Loki perché sarebbe stato di certo un re migliore di lui.
Era tornato a guardare i giardini di Asgard con rabbia e umiliazione mentre Odino regalava la sua conoscenza a un bambino che non aveva l'oro fra i capelli ma che un giorno avrebbe sciolto parole d'argento.
«Padre diceva che la vita stessa nasce dall'equilibrio delle tre essenze.»
«E non è del tutto falso.»
Loki spostò lo sguardo verso il letto e lei fu obbligata a seguirlo.
Voleva forse dire che...
«Il mio corpo...» No, il suo, il corpo di Thor.
«Momentaneamente fermo in un limbo. Ancora vive, il che è sorprendente per qualcuno a cui è stato infranto tale equilibrio.»
Fu il muro a sorreggerla perché le gambe tornarono a tradirla.
Tutte le sensazioni dimenticate, tutte le emozioni frastornanti che l'avevano salutata al suo risveglio...
Loki aveva ragione, lei aveva sempre saputo di essere diversa, di non essere più lui.
Jane l'aveva forse compreso ancor prima.
«Cosa...» La voce si spezzò mentre l'abbraccio gelido della paura la coglieva. Corpo, cuore e anima. Se su quelle lenzuola giaceva il corpo allora... «Cosa sono?...Non sono reale? Sono un'illusione?»
Loki le accarezzò con dolcezza il viso.
«No, Sigyn, sei la cosa più reale che abbia mai conosciuto.»
Gli poggiò le mani sul petto e lo spinse via con tutta la forza che la rabbia aveva fomentato.
«Ora dimmi chiaramente cosa sono! Dimmi cosa tu e quella serpe di Amora mi avete fatto!» urlò fino a sentire la gola ardere.
Loki scelse il silenzio come risposta e non poteva permetterlo.
Si guardò le mani che tremavano senza che potesse impedirlo.
«Tutto questo ha a che fare con quella sfera, vero? Perché hai voluto che la prendessi? Perché io potevo farlo e tu no?» Cercò le linee verdi di seiðr che avevano attraversato il suo palmo ma non vi era nulla, non vi era più nulla.
«Quella sfera mi era necessaria.»
«Necessaria per cosa?»
Loki si avvicinò al letto passando le dita fra la nebbia dorata con lo sguardo fisso su un corpo addormentato che no, non avrebbe dovuto esserci. Perché se Thor era lì allora lei non era niente.
Un'illusione. Sono solo un'illusione.
«Il suo vero nome si è perso nel corso delle Ere, ma è volgarmente conosciuta come “ladra di anime”.»
Ladra di anime... Conosceva quel nome.
«È un cimelio dei Vanir. Madre disse che andò perduto durante l'ultima guerra.»
Osservò ancora un palmo vuoto quando Loki parlò.
«Andò perso, è vero, ma non distrutto. Si diceva possedesse il potere di accrescere la forza di un Vanr, di ampliarne acume e coraggio e renderlo imbattibile, ma è solo una mezza verità. Ciò che non viene mai accennato è la sua capacità di annullarne la coscienza. Veniva usato per creare eserciti composti da soldati privi di propria volontà.»
Le dita di Loki continuarono a nuotare fra i raggi aurei. « Ti ricorda qualcosa, vero?»
«Il tesseract...»
Le labbra sorrisero e le dita abbandonarono il bagliore.
«Se Vanir e Aesir hanno sempre combattuto ad armi pari è perché hanno usato gli stessi stratagemmi.»
«Hai già fallito una volta con il tesseract, non riuscirai ad asservire Midgard usando la sfera.»
«Cosa? Asservire Midgard?» Rise. «Non essere sciocca, non è certo questo il mio intento.»
«Allora abbandona gli enigmi.» Loki la guardò e lei voleva solo che non leggesse lo smarrimento che tingeva il suo viso. «Dammi una verità in parole che anche una sciocca come me può comprendere.»
«Non è la comprensione della verità il vero ostacolo, Sigyn, quanto la tua incapacità di accettarla.»
«Accettare cosa...?» chiese con un filo di voce ed ebbe solo silenzio. «Accettare cosa?... Cosa sono veramente?»
Ancora silenzio.
Strinse i pugni con un sospiro disperato: «Cosa sono, Loki?»
«Il suo cuore.» Ciò che ricevette fu una risposta dalla calma devastante. «Il suo cuore, ecco cosa sei, Sigyn... Sei il suo cuore, quello che aveva promesso di donarmi, quello che doveva appartenermi ma mi è stato sottratto. Il cuore che mi è stato portato via un mattino di molte vite fa...» Ma la calma delle sue parole era tradita dal fuoco che bruciava nei suoi occhi e quelle fiamme verdi erano così alte da ustionarla. «Sto solo reclamando ciò che mi spetta.»
«Cosa stai dicendo?» chiese al limite del raziocinio. «Ascoltati, in nome di nostra madre, ascolta cosa stai dicendo, Loki!» Sentiva la testa girare, lo stomaco rivoltarsi e la voglia di coprirsi le orecchie e serrare le palpebre. «Tutto questo non ha senso, è privo di ragionevolezza e logica...» Affannò saltando con lo sguardo dal volto di Loki a quello di Thor...
Si passò le dita sul proprio volto e sentì il cuore scoppiarle nel petto.
No, sono io Thor. Io sono Thor!
I suoi ricordi sono i miei! Le sue emozioni sono mie!
«Io sono Thor, non può esistere realtà diversa. Io sono Thor e come tale ti ho amato e continuo ad amarti, ma hai perso ogni equilibrio, Loki. Vaneggi e pronunzi bestemmie assurde!» Lo raggiunse e lo scosse per le braccia. «Sei stato tu a rinnegare il mio affetto per tutti questi anni, come puoi darmi la colpa di averti portato via il mio cuore quando sono tue le mani che lo hanno gettato a terra e calpestato senza alcuna remora?!» Lo scosse ancora mentre Loki sembrava indifferente a ogni sua parola.
«Richiama la mia sfera.»
«Cosa? No, Loki, ascoltami-»
«Basta! Ne ho avuto abbastanza.» Fu lui a scostarla stavolta, fu lui ad allontanarsi con sdegno. «Ti ho dato le risposte che bramavi. Fa' che ti bastino.»
«Chiami risposte i tuoi assurdi deliri?»
«Scegli il nome che più ritieni giusto. E ora mostrami la ladra di anime perché è terminato il tempo che ci era concesso per restare qui.» Le allungò la mano per invitarla a fare altrettanto ma lei non lo fece. Tenne quella mano chiusa così forte che le unghie segnarono profondi solchi nella carne.
«La mia sfera.»
«No.» Scosse di nuovo la testa. «Metti fine a questa pazzia. Adesso.» Non permettermi di arrivare a odiarti...
Loki sospirò abbassando il braccio.
«Bene... Non mi lasci altra scelta.» Uno sguardo severo e cinico, e lei ebbe paura di ascoltare ancora. «Vuoi sapere perché non potevo prendere da solo la sfera? Vuoi che ti faccia dono anche di quest'ultima verità?... Saprai udirla questa volta?»
No, voglio solo che tu smetta.
Non riuscì però a dirlo perché sentiva un nodo acuminato incastrato fin dentro la gola. Quel nodo in cui aveva compresso altre urla, altri perché e mille lacrime.
«Se solo l'avessi sfiorata, la ladra di anima avrebbe rubato la mia di anima, il mio seiðr. Tu invece sei uno scrigno perfetto e a questo punto avrai ben compreso il perché.»
Si guardò d'istinto il palmo segnato dalle mezzelune e rabbrividì.
Corpo, cuore... anima.
No, no, no...
«Non ho un'anima...» Le parole furono stilettate nella gola.
«Esattamente. Tu non hai un'anima, Sigyn. Sei solo un cuore in un corpo che l'Incantatrice ha plasmato per me. Nessuna illusione... ma carne e sangue.»
Non poteva essere davvero quella la verità. Era un inganno, uno dei tanti.
Doveva essere così!
Io sono Thor... io sono Thor...
Ma la voce nella sua testa era quella di Sigyn.
«Perché? Perché mi hai fatto questo?»
Non udì risposta solo un forte calore irradiarsi dalla sua mano.
«No...» sospirò appena.
Non poté impedirlo e lentamente sentì il fuoco ardere contro la pelle e la piccola sfera tornare a prendere forma. Il suo colore verde però svanì presto mentre le stringe di seiðr ripresero a marchiarle la carne e il globo assunse nuovamente la sua consistenza trasparente.
«Tocca a te mantenere la tua parte, ora.»
A quelle parole la vide allontanarsi da sé, librando silenziosa verso il letto.
Una ladra di anime...
L'anima di Thor.
Realizzò solo in quel momento il suo vero intento.
«No!» La presa di Loki le impedì di recuperarla e poté solo guardare inerme la sfera che veniva divorata letteralmente dalla foschia dorata che cingeva il corpo assopito. «Non puoi farlo! Ti prego, non farlo, Loki!» Si dimenò ma alle sue spalle Loki le limitò anche il più piccolo movimento. «Fermerò questa follia!»
«Non puoi.» Udì soffiare contro un orecchio. «Nessuno può, neanche tu, Sigyn.»
Sigyn...
L'ultima immagine che le coprì la vista fu quella del letto aureo prima che il cielo azzurro di New York la sostituisse.
Loki la lasciò andare e scoprì di trovarsi di nuovo sul tetto dello S.H.I.E.L.D.
Si guardò intorno, guardò senza realmente vedere i palazzi e le nuvole che frastagliavano il cielo.
«Era un'illusione...» Non sentiva l'aria arrivarle in fondo ai polmoni. «È stata un'illusione.»
«Nulla di più reale.»
La voce mandò in frantumi ogni mera speranza.
Loki la osservò in silenzio e poi si aprì in un sorriso.
«Ci vediamo presto, cuore mio.»
«No- Loki!»
Ma Loki non c'era già più.

Non sei Thor... Non sei Thor...
Non hai un'anima, Sigyn. Sei solo un cuore in un corpo che l'Incantatrice ha plasmato per me.

Crollò su quelle deboli ginocchia guardando mani tremanti senza riuscire neanche a bagnarle di lacrime.
Dentro di lei, caddero tutte una dopo l'altra.

Non sono Thor...











***













NdA.
Spero che voi abbiate assimilato la verità meglio di quanto abbia fatto Sigyn.
Tutto il discorso per quel che riguarda l'argomento corpo-cuore-anima sarà affrontato nei successivi capitoli, anche se penso sia abbastanza intuibile la vera natura di tale suddivisione, ma già dal prossimo appuntamento faremo un altro po' di luce su tutta la faccenda, tranquilli ^^
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e in caso contrario... Sorry *^*
Ormai i nodi stanno venendo al pettine e ci stiamo avvicinando alla seconda fase di questa piccola avventura.
Grazie nuovamente per il vostro supporto <3
Un abbraccione a tutte!
Vi voglio bene.
Kiss Kiss Chiara
  
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