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Autore: Chemical Lady    23/01/2014    0 recensioni
Crossover delle tre serie CSI: Las Vegas, Miami e New York.
La stanza era silenziosa, totalmente scura se fatta eccezione per una lamina di luce che sembrava provenire da sotto ad una porta.
Le faceva male la testa, ogni osso del suo corpo come se si fosse improvvisamente presa una brutta influenza.
Era confusa, spaventata, ma non sola.
Sentiva qualcuno muoversi accanto a lei di tanto in tanto e, a quei fruscii, seguiva un mugugno acuto, femminile e sofferente. Non poteva scoprire chi ci fosse lì, con lei, poiché i polsi e le caviglie legati le impedivano di spostarsi, ma quella persona non doveva passasela meglio di lei.
In un certo senso, il pensiero di avere qualcuno accanto la rinfrancò. Almeno non era sola, aveva una speranza di scappare. Solo, come?
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Greg Sanders, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note di inizio Capitolo:
So che ci ho messo un po’ ad aggiornare, ma intanto la storia non sembra suscitare interesse alcuno.
Continuo a pubblicarla perché ci tengo, è studiata nel dettaglio e voglio che venga letta anche solo da una persona.
 
Una piccola libertà che mi prendo è quella di affermare che se tutti commentassero quello che leggono sempre, allora non esisterebbero fandom morti.
Tipo questo.
 
Spero di non essermi attirata l’odio di nessuno, ho semplicemente esternato qualcosa che penso sul serio, il giorno del mio compleanno.
Non credo nemmeno di essere la sola a pensarlo.
Detto questo, Buona lettura a tutti.
Se qualche anima buona deciderà di recensire, mi farà felice.
 
Jessy
 



 
 
 
 
 
 
 
 
Yeah, I was in the dark
I was falling hard
With an open heart
I'm wide awake

( http://www.youtube.com/watch?v=qr7WtDRWPlQ )
 
 
 
 

Parte Prima: To Drown 
Capitolo Terzo. 
 
 
Cinque anni e mezzo prima
  New York City
Trinity Hospital.
 
Andrea sospettava di essere una sorta di predestinata, visto che si trovava sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Si trovava spesso in situazioni allarmanti, tanto da iniziare a chiedersi se la sfortuna la seguisse come una piccola nuvola grigia personale; A tre anni si era persa al centro di Newark, città poco raccomandabile nel Jersey, e si era imbattuta in un ritrovo per tossicodipendenti. Era tornata alla madre illesa tre giorni dopo, accompagnata da una ragazza madre che poi aveva accettato di disintossicarsi.
A dodici anni era rimasta coinvolta in un incidente stradale di portata planetaria mentre tornava a casa in autobus e, seppur illesa, aveva fatto di nuovo morire di paura i suoi genitori.
A quattordici anni la prima di una lunga serie di sparatorie, in un centro commerciale della sua città natale, Hoboken.
A diciassette, mentre camminava con suo padre, un poliziotto dislocato sempre in New Jersey, era rimasta coinvolta nell’esplosione di una cisterna che era costata al padre un orecchio e quindi la carriera nel dipartimento.
E poi questo…
Aveva preso ad indossare la divisa della polizia di New York da nemmeno un mese quando l’agente Angell ci lasciò le penne, durante un turno di servizio.
Con  lei  presente.
Seduta al bancone del bar, mescolava distrattamente un caffè, quando venne raggiunta dalla detective. Sembrava particolarmente di buon umore “Agente di Maio, anche tu qui?”
Lei forzò un sorriso “Inizia il turno tra un’ora, detective.” Disse con rispetto, verso ad un suo superiore.
 “Sei fortunata, io a dirla tutta oggi faccio la balia.” disse facendo un cenno a un trio di uomini, che stavano giusto ordinando la consumazione “Non mi  è mai piaciuto tenere d’occhio uomini grandi e grossi quando per le strade ci sono persone che davvero ne hanno bisogno…”
“Capisco” rispose semplicemente la morettina, scrollando le spalle “Posso offrirle un caffè?” domandò poi con un sorrisetto nervoso.
L’altra capendo il disagio scosse appena il capo “Stavolta passo, ora se vuoi scusarmi un secondo…” prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, voltando le spalle alla collega per comporre velocemente il numero di Flack.
Andy dal canto suo rimase in disparte, con gli occhi fissi su quel caffè che ormai si stava raffreddando, chiedendosi come fosse possibile odiare una persona accomodante e gentile come Jessica Angell, solo perché era innamorata dell’uomo che anche Andrea anelava.
Aveva lavorato un paio di volte con Flack, lo aveva conosciuto un po’ meglio una sera, quando a caso chiuso si era ritrovata a compilare un rapporto senza la minima idea di dove iniziare. Lui si era offerto di aiutarla, ed era stata la fine.
 Non era più il suo eroe, l’uomo che l’aveva salvata dall’inferno.
Quel uomo, che aveva tanto desiderato di conoscere meglio, le era piaciuto non  solo dal punto di vista estetico. Si era anche rivelato davvero intelligente e stimolante.
Sembrava perfetto, insomma.
Peccato che fosse non sono più grande di lei di più di dieci anni, ma anche preso di una donna bellissima.
E Andrea non era mai stata una ragazza a cui piacere fare i capricci, o con la forza di imporsi sul piano caratteriale,  quindi aveva rinunciato in partenza….
Alzò gli occhi dalla tazzina solo per incontrarli con quelli vitrei di una Madonna, posta sul mobile dietro al bancone e per, un istante,  la pregò di darle anche solo una minima chance.
Non voleva nulla se non una possibilità di poter mostrare a Flack quanto anche lei potesse essere interessante. Voleva solo rendergli indietro almeno in parte, quello che lei stessa aveva ricevuto.
Nonostante lui non l’avesse nemmeno riconosciuta il suo primo giorno, al contrario di Danny Messer.
Per lui, lei era solo una matricola. Un agente come molti altri.
Non fece in tempo a cancellare questo pensiero, che un fragore fortissimo la fece sobbalzare. Dietro di lei, un camion aveva appena sfondato la facciata del piccolo Bar ed era entrato in esso buttandone giù una parte. Andrea si alzò di scatto e con un piede si spinse dietro al bancone proprio mentre una scarica di proiettili, provenienti da quella che poteva essere solo una mitraglietta automatica o semiautomatica,  si abbatteva su di esso. Rimase ferma mentre i colpi rimbombavano e appena si stopparono decise di agire. Fece appena in tempo a estrarre la pistola dalla fondina e ad alzarsi per fare fuoco che l’uomo misterioso che aveva sparato stava già dandosela a gambe.
Sparò verso l’uomo, sperando di colpirne le gambe per fermarlo, ma lui fu davvero veloce.
“Fermo! Polizia di New York!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola facendo il giro del bancone per inseguirlo, ma qualcosa attirò la sua attenzione. A terra, stesa in una pozza di sangue vermiglio che sempre più si allargava, giaceva il detective Angell “No…. Jess?! Jess mi senti?!” le chiese, inginocchiandosi accanto a lei “Jess resisti….” Prese  la radio “Centrale, qui agente di Maio, matricola 91727. C’è appena stata una sparatoria al Bar Direction, nell’angolo tra la ventisettesima e la Industrial! Mandate immediatamente soccorsi, agente a terra, ripeto, agente a terra!” lasciò cadere la radio lungo il petto, mentre dalla centrale confermavano di aver ricevuto “Jess, ascoltami. Stanno arrivando, quindi resisti, va bene?” lasciò vagare lo sguardo sul corpo del superiore, sino alla ferita che aveva sul fianco. Alzò leggermente la camicia, guardando il foro del proiettile vomitare sangue “Oh cristo…” appoggiò le mani   su di essa premendo con forza, ma quel flusso non pareva voler diminuire….
Da lontano, sentì le sirene della polizia ed in breve molti agenti arrivarono in suo soccorso. Compreso Flack.
Si accorse del suo arrivo solo quando la spinse via con forza, per potersi inginocchiare accanto alla fidanzata, ormai priva di sensi.
“Jess…. Oddio Jess!  Chiamate i soccorsi! Jess resta con me, ascoltami….” Lanciò uno sguardo ad Andrea carico di quello che pareva odio misto ad ansia che impietrì la giovane, poi si alzò in piedi con la donna ferita fra le braccia, sparendo velocemente dalla scena del crimine.
Un agente la aiutò da sedersi su una poltroncina mentre lo sguardo vitreo della giovane restava fisso sulla mano ricoperta di sangue di Angel.
“Buon Dio…. Andrea!” la giovane alzò gli occhi su Danny, che avanzava preoccupato verso di lei “Come ti senti?! Sei ferita?!” lei scosse il capo “Cosa è successo?”
“Non lo so, davvero” rispose Andy con voce flebile, guardando il grosso camion nero che ancora se ne stava al centro della scena “Quel camion…. Ha sfondato la parete e un pazzo si è messo a sparare. Sembrava un AK-47, ma non ci giurerei, ero spaventata e mi sono buttata dietro al bancone, rispondendo poi al fuoco. Ho sparato cinque proiettili, in direzione dell’autocarro. Non sono riuscita a fermarlo e non l’ho seguito quando ho visto il detective Angel a terra, ferita ad un fianco.”
“Ora lei dove è?!”
“Il detective Flack l’ha portata via. Presumo in ospedale, circa quindici minuti fa.”
“Andiamo, vieni. Qui non siamo utili e potrai depositare la tua versione dopo.” la prese per un braccio, accompagnandola fino alla sua auto e poi all’ospedale. Arrivarono dentro praticamente di corsa e vennero indirizzati a terapia intensiva dove videro Don, seduto sulle panche di freddo metallo, con lo sguardo perso sulla parete davanti a se.
Ad Andy non sfuggì nulla, ne il modo morbido di tenere le mani aperte, tra le gambe dalle ginocchia aperte. Quello sguardo remissivo e smarrito, quell’enorme macchia rossa sulla camicia.
“Non promette bene…” sussurrò al biondo, mentre lo raggiungevano.
“Don…. Come sta Angel?’” chiese Danny, guardandolo preoccupato e l’altro ci mise molto a trovare la forza di rispondere.
“…. Lei…. Se n’è andata.”
Ad Andrea mancò il fiato per qualche istante mentre avvertiva Danny avvicinarsi alla parete per darvi un paio di pugni. La giovane si lasciò scivolare sulla poltroncina accanto a Flack, mentre questo smetteva di trattenersi ed iniziava a piangere lacrime amare.
Danny era incazzato nero, Don disperato…
Andrea del tutto sconvolta.
Lentamente fece scivolare la mano sotto alla camicetta della divisa d’ordinanza, toccando appena il crocifisso d’oro che la madre le aveva regalato il giorno della sua cresima e poi smettendo come ustionata dal metallo prezioso. Non poteva essere vero, non poteva essere stata la sua preghiera a…. No.
E se fosse davvero stata colpa sua?
Per una vera cattolica, quando una preghiera alla Madonna si avvera è un piccolo miracolo, un segno dell’esistenza divina e della sua infinità bontà.
Ma quello era troppo, era un abominio.
Si portò una mano alla bocca mentre una lacrima rotolava sulla sua guancia pallida, poi una seconda, una terza…
“ M-mi dispiace Don.” sussurrò singhiozzante, appoggiando una mano sul braccio del detective che annuì appena, appoggiando la sua mano su quella di Andrea. Danny si sedette dall’altra parte, appoggiando una mano sulla spalla del moro e lì attesero di poter portare il corpo di Jess a Sid.
Andrea si sentiva in colpa e si odiava, sperando in cuor suo che quello fosse solo un brutto incubo o una beffa del fato. Tornando indietro nel tempo, avrebbe convinto Jess ad accettare quel maledetto caffè, portandola poi con se dietro al bancone.
Al sicuro.
 
 
 
July 12 2013
Laboratorio della Scientifica
Las Vegas, Nevada
Ore 00.48
 
 
 “Archie, prego”
Sara si scostò, lasciando avanzare il tecnico.
Il ragazzo asiatico lanciò un’occhiata ansiosa a Greg, schiarendosi la voce“Ecco, mentre diramavo il dispaccio sulla sparizione di Harper mi sono imbattuto in un paio di comunicati simili, provenienti da New York e Miami. All’inizio non ci ho dato molto peso, ma quando ho terminato di segnalare il rapimento, ho visto che anche a questi due dipartimenti sono sparite due agenti…. Alla stessa ora di Harper. Ho chiamato Sara perché era la più vicina a me e anche lei ha capito che non poteva essere solo una coincidenza. Melrose Caine e Andrea DiMaio” aggiunse poi passando a Russel due schede “Sono sparite questa sera intorno alle sette e trenta.”
“Sì, conosco questa ragazza” disse Russel osservando attentamente il viso di una giovane ragazza con i capelli mori e grandi occhi di miele “Lavora per McTaylor , hanno parlato in videoconferenza quando hanno rapito la sua fidanzata. È un detective. ”
Nick si affacciò alla spalla del supervisore, indicando la scheda della rossa “Io conosco lei, di vista. All’ultimo convegno di scienze forensi a Dallas, ha intrattenuto un seminario sull’importanza delle interferenze nelle tracce audio video.”
“Dal cognome direi che si tratta della figlia del tenente Caine, lo conosco di fama.” Aggiunse Robbins,  tenendo le mani mollemente appoggiate al suo bastone. “Mi ricordo che Caterine mi ha parlato di un caso, qualche tempo fa, a cui hanno lavorato queste due giurisdizioni insieme al dottor Lagstone.”
Greg prese i due fogli osservandoli come se fossero due nuovi capitoli del vangelo che attestavano che Gesù adorava giocare a Squash, mentre anche Finlay li guardava, seduta accanto a lui “Ma questo potrebbe significa che le ragazze sono state prese da coloro che sono implicati in quel caso?”
Albert la guardò preoccupato, “Spero di no, sinceramente. Sono delle bestie. Costringere le ragazze a prostituirsi, diventare madri surrogato e anche, in alcuni casi, espiantare gli organi per rivenderli al mercato nero.”
Calò un silenzio teso nella stanza “Vanno contattati” disse Brass, solenne.
“Me ne occuperò io, bel lavoro Archie.” terminò Russel mentre i suoi occhi restavano fermi sulla figura di Greg, pietrificato e incapace di far qualsiasi cosa non fosse l’osservare quelle foto.
Sara lo bloccò prima che uscisse dalla stanza. “Non è tutto” disse, prendendo qualcosa dalla tasca interna del camice. Un bigliettino, imbustato come una prova “Era dentro ad una delle tasche della giacca di pelle di Harper.”
Il capo lesse attentamente, prima di schiarirsi la voce “L’essenziale è invisibile agli occhi. Non cercate chi avete perso se prima non ritrovate ciò che avete dimenticato.” Si voltò verso tutta la squadra, per poi uscire dalla stanza con passo veloce.
“Certo che sono delle belle ragazze….” Commentò Hodges, sempre più preoccupato mentre Brass prendeva il cellulare dalla tasca dei pantaloni, uscendo dalla saletta.
“Dobbiamo trovare Harper.” Decretò Nick, “ Vado a ricontrollare di nuovo la scena.”
“Vengo con te.” Si intromise Morgan “Magari troveremo qualcosa che potremmo collegare a quel bigliettino.”
Entrambi uscirono, seguiti poco dopo da David e Robbins. Prima di tornare alla sala autoptica, il vecchio coroner appoggio una mano sulla spalla di Sanders, stringendola forte.
Coloro che rimasero all’interno della saletta mantennero il silenzio.  
Greg rimase seduto al tavolo, con le mani conserte sotto al mento e lo sguardo perso sul divanetto, dove dormiva pesantemente sua figlia. Era crollata non appena si era seduta lì.
Heather era uscita con la scusa di trovare qualcosa da mangiare per i ragazzi, visto che non si sarebbero mossi dal laboratorio per molto tempo.
Nessuno aveva davvero fame, ma anche lei voleva rendersi utile.
Hodges iniziò a giocherellare con una penna, mentre Sara si versava un po’ di caffè.
Archie si sedette
Finlay stava cercando qualcosa da dire a Greg, una parola di conforto, quando il detective Moreno fece il suo ingresso nella stanza.
“Ho saputo solo ora.” Disse nervoso, attirando su di sé lo sguardo di tutti i presenti “Aggiornatemi, subito.”
Finlay lo guardò stranita, prima di avanzare un passo verso di lui “Non mi risulta che tu sia stato assegnato al caso, Moreno.”
L’uomo la guardò irritato “A me invece risulta che, nel caso in cui a venir rapito sia un membro del distretto, tutti hanno l’obbligo morale di mettersi in prima linea.” Replicò piccato, prima di sospirare e calmarsi.
Lanciò uno sguardo a Sanders, per poi portare le mani dietro alla testa e fare mezzo giro su se stesso.
“Ok, ora come ora è stupido tenerlo ancora nascosto.” Disse più a se stesso che agli altri.
Hodges si alzò nervosamente dalla sedia, camminando verso di lui “Vieni con me,  detective, ti aggiornerò io.”
“Fermi tutti, che sta succedendo?” chiese Sara, passando lo sguardo sui due uomini.
Greg si alzò a sua volta, serrando la mascella.
Da qualche tempo aveva notato che Moreno girava un po’ troppo attorno ad Harper; il programma di recupero per ragazzi di strada, il fatto che Harper fosse il primo agente che Moreno chiamava su ogni sua scena, quando rispondeva ad una chiamata….
Il solo fatto che avesse chiesto il trasferimento dalla Buon Costume alla Omicidi era sospetto.
Il Detective appoggiò le mani ai fianchi, fissando il pavimento per alcuni istanti, prima di decidersi a parlare “So qualcosa che forse potrebbe aiutarci con il caso.”
Finn lo guardò sorpresa “Parla, quindi!” lo esortò, non perdendosi lo sguardo nervoso che Hodges aveva lanciato al poliziotto “Si può sapere che diavolo sapete, voi due?”
“Un paio di giorni fa, di ritorno di un pranzo, ho accompagnato Harper a casa.” Spiegò il detective “Abbiamo trovato sua madre, la Signora Kessler, in preda al panico. Qualcuno era riuscito ad entrare in casa scassinando la porta d’ingresso mentre lei era fuori. Era andata a prendere Aubree a scuola.”
Greg si intromise “Harper mi ha detto che non hanno preso nulla.”
Cautamente, Moreno gli rispose “Nulla di valore. Almeno,  niente soldi o gioielli, ma hanno rubato delle foto e hanno messo a soqquadro una sola stanza…. Quella di Harper.”
“Va assolutamente controllata, allora” disse frettolosa Sara, prendendo la sua giacchetta dalla sedia e indossandola.
“Harper ha già fatto i rilievi, non trovando nulla.” le disse Moreno, mentre lei sfrecciava fuori dalla stanza.
Finlay scrollò le spalle “Tentare non nuoce. Perché non ha sporto denuncia? Se eri lì con lei, dovevi semplicemente prenderne atto tu.”
Carlos si appoggiò con i fianchi al tavolo, dando volutamente le spalle a Sanders “Non avevamo tempo e lei ha insistito per non rovinare la giornata.”
Improvvisamente, la bionda capì tutto.
Il linguaggio quasi criptato di Moreno, il comportamento di Hodges…
Peccato che non fu la sola.
Sanders fece il giro del tavolo, avvicinandosi pericolosamente al detective “Che tipo di impegni avevate? E soprattutto, perché vi siete visti a pranzo? Nessuno dei due lavora a quell’ora, mi pare.”
Moreno si prese il suo tempo, valutando i pro e i contro che sarebbero incorsi nell’affrontare quel discorso in un momento del genere. A cosa serviva tenerlo ancora nascosto? Ormai era parecchio che lui e Harper si erano separati e Greg non si era risparmiato le sue avventure. Morgan, quella ragazza trovata morta nel pianoforte…
Non era nella pozione di fare nulla e, più di qualsiasi altra cosa, non poteva impedire a Carlos di aiutarlo a trovarla.
Nessuno avrebbe potuto impedirlo.
“Usciamo insieme.” Disse quindi il detective, guardandolo diritto negli occhi “Da quattro mesi. Abbiamo festeggiato con un pranzo al Palermo e poi siamo andati a fare un giro sulla Strip.”
Greg non sapeva cosa dire. Probabilmente, non si mise ad urlare solo per non svegliare Bree “Tu mi stai dicendo che esci con mia moglie da quattro mesi?” domandò sconvolto e irritato “E me lo dici così?”
“Preferivi una raccomandata?” chiese Moreno senza risparmiarsi il sarcasmo “Harp non ha mai voluto dire nulla in dipartimento per evitare di farti stare male, mentre tu invece non ti sei risparmiato di certo di farti vedere in intimità con la figlia di Hackley, o con quella tipa, Allison Bailey, con cui ti sei rivisto prima che morisse. Tu credi che Harper non sapesse nulla? Semplicemente accettava le tue stupide uscite da ragazzino. Hai voluto tu una pausa, Sanders.”
Greg fece un passo avanti, ma Finlay si mise in mezzo, trattenendolo “Come ti permetti di parlarmi così?”
“La verità fa male, immagino.” Insistette il detective.
La bionda lo fulminò con lo sguardo “In questo momento, potresti dimostrarti più delicato.”
“Però ha ragione.” Sorprendentemente, Hodges esordì così. Con tono basso, distaccato, mentre guardava in un punto imprecisato del pavimento davanti a sé “Ora come ora, Moreno ha tanti diritti quanti ne hai tu di voler partecipare a questa indagine.”
Greg lo guardò incredulo “Non puoi pensarlo davvero.”
“Invece lo penso.” Disse secco il tecnico “E scommetto che lo pensano anche gli altri. Ti sei comportato come ti sei comportato, Greg. Accettalo.”
“Io sono il padre di Aubree” insistette Sanders.
Moreno, che non si era risparmiato nulla, esplose in una risata bassa “Eri il padre di Aubree anche mentre guardavi tua moglie impacchettare le sue cose e tornare da sua madre. Lo eri mentre sorridevi a Morgan Brody o facevi chissà cosa con Allison.”
“Quello che facevo non sono affari tuoi, Moreno.”
Il detective alzò le mani in un ironico segno di resa “Non sono affari tuoi nemmeno quello che facevo io con Harp. Io l’ho sostenuta in questi mesi, le sono stato accanto, sono stato il suo appoggio, mentre tu con il tuo menefreghismo l’hai solo ferita.” Si voltò verso Hodges “Spiegami tutto quello che sai.”
“Andiamo nel mio laboratorio…” il tecnico fece strada ed entrambi sparirono nel corridoio.
Greg si scostò bruscamente da Finlay, la quale scrollò la testa “Così era un  cuoco, eh? Harper mi ha mentito.”
“Quindi lo sapevate tutti, tu, Hodges, e nessuno mi ha detto nulla?” sbottò Sanders, al limite.
Portò le mani ai capelli, mentre la collega allungava una mano verso di lui, cercando di farlo calmare “Stasera, Harper mi ha detto che si vedeva con uno, ma mi ha mentito alludendo ad un cuoco. Non sapevo fosse Moreno e non sapevo che uscissero da così tanto.”
“Però pensi che lui abbia ragione, vero?”
Finn lo guardò determinata, dopotutto era famosa per non avere peli sulla lingua “Se lo penso? Sì, credo che Moreno abbia ragione.”
Greg sbuffò una risata senza colore “Tutto ciò è assurdo.”
“Credo inoltre che abbia ragione anche Hodges. Avete lo stesso diritto di cercarla. Starà a lei poi decidere chi è quello che ne ha più diritto di tutti.”
Greg non aggiunse altro.
Si voltò, andando a sedersi sul divano, accanto ad Aubree.
Le scostò i capelli dal viso, sentendo Finlay lasciare la stanza, chiudendosi la porta dietro alle spalle. Sapeva anche lui che avevano ragione loro.
Tutti loro.
Eppure faceva male pensare che non era più lui il bastone a cui Harper si sarebbe appoggiata nei suoi momenti peggiori.
Lo era sempre stato, infondo, per tredici anni.




 
 
Dodici anni prima
Las Vegas, Nevada.
Tribunale della Contea di Clarke
 

 
La scientifica sotto accusa.
Harper trovava tutto ciò a dir poco ridicolo “Mettiamo in pericolo le nostre vite giorno dopo giorno ed è così che ci ripaga la comunità?” chiese irritata, portandosi il caffè alle labbra e soffiandovi piano “Facendo dei controlli incrociati su di noi per vedere se ci sono dei problemi?” continuò con un certo nervosismo nella voce.
Nota che Warrick percepì subito “Oh andiamo…” le appoggiò una mano sulla spalla “Non sarai preoccupata per via di Greg, voglio sperare.”
“Se scoprono che usciamo….” Si morse le labbra “Potrebbero farci delle storie. Potrebbero addirittura trasferire uno dei due al turno di giorno per quanto ne so.” sospirò spostandosi i capelli dal viso “Tutto per colpadi Tom Haviland. Non poteva rimanersene ad Hollywood?”
“Calma. Devi stare calma.” Entrambi stavano spiando gli affari interni interrogare Archie “Quelli fiutano la pura come gli animali. Non hai nulla di cui preoccuparti, non avete mai avuto un atteggiamento sconveniente qui e al di fuori del laboratorio potete fare quello che volete.” Il ragazzo di colore la guardò apprensivo “Dicono di me cose molto peggiori. Dicono che ho contaminato le tracce di sangue”
“Ridicolo…. È tutto ridicolo. Ci riprendono per delle cazzate.” il cellulare le vibrò in tasca. Estraendolo, lesse il messaggio che Sanders le aveva appena inviato “Greg vuole parlarmi. Che faccio?”
“Vai” si limitò a dirle Brown, come se fosse la cosa più logica di tutte “Io continuo a cercare la maglia che indossavo quella sera, quella che ho buttato via come un idiota.”
Il bionda scosse il capo “Era piena del sangue della vittima dell’incidente stradale, hai fatto una cosa che avrebbe fatto chiunque, me compresa. Allora vado da Greg, e tra un’ora ci vediamo in tribunale.” Warrick la salutò con un cenno mentre lei camminava spedita per il corridoio, il rumore dei tacchi a spillo ad accompagnarla. Entrò nel laboratorio del DNA portandosi una ciocca bionda dietro all’orecchio “Mi cercavi?”Sanders alzò il viso a guardarla poi con molta calma prese una cartellina e, alzandosi la mascherina sino ad adagiarla sulla cuffia che aveva in testa, le si affiancò, mostrandole dei fogli di un caso decisamente non suo “Ma che…?”
“Fingi di leggere dei referti.” le disse indicando il foglio con di un dito guantato. Prese un attimo,  mentre Harper capiva e stava al suo gioco, poi con un sospiro disse “So che ti hanno convocata in tribunale.”
La ragazza annuì avvicinandosi di più e prendendo uno dei fogli in mano “Già.” disse continuando ad osservare la carta “Come il resto della squadra, dopotutto.” Sospirò a sua volta, prima di decidere di alzare occhi in quelli nocciola del ragazzo “Sono preoccupata.”
Lui le sorrise appena “Non dovresti.” Sentì la mano di Greg appoggiarsi sulle sue reni “Sei una bravissima criminologa e con questo tajer sei uno schianto” Lei abbassò di nuovo gli occhi sulla cartellina, riponendo il foglio “Non possono farti nulla. Nessuna prova raccolta da te ha riscontrato problemi.”
Lei parve un po’ rincuorata “Hai ragione.” sentì la mano di Greg togliersi velocemente, mentre il ragazzo si scostava da lei. Alzando gli occhi scontrò quelli indagatori di Geràrd e subito ricambiò con uno sguardo sprezzante “Non ce la faccio più” disse al ragazzo mentre l’uomo si allontanava, scarabocchiando qualcosa sulla sua cartellina  “Odio sentirmi braccata.”
“Sembriamo Romeo e Giulietta, non ti pare?” disse il ragazzo appoggiando il fascicolo. Lei annuì, mentre Caterine e Nick entravano in laboratorio, anche loro vestiti alla meglio, pronti per il tribunale.
“Noi andiamo Harper, vieni?” chiese la Willows e la ragazza subito annuì.
“Fammi l’in bocca al lupo” disse poi rivolta al ragazzo, ma lui fece di meglio.
Si guardò attorno circospetto prima di riavvicinarsi ad Harper, sotto lo sguardo attento di Caterine e un sorrisino di Stokes.
Si chinò su di lei appoggiandole le labbra ad una guancia, strappandole così un sorriso sincero “Sono certo che andrà tutto bene.”
 
Per Harper, quell’attesa, stava diventando una lunga e straziante agonia. Il primo a finire sotto torchio fu Nick, che si era dimenticato di scrivere i riferimenti del caso sotto alle foto dei dadi, non riconoscendo quello con sopra la saliva di Tom e il sangue della vittima . Perse, quindi, credibilità.
Greg l’aveva chiamata durante l’udienza di Stokes, in pena nonostante si ostinasse a confortare la Kessler –Potrei passare mentre sono in aula e poi…-
“No, è meglio di no, Greg.” la bionda sospirò “Non possiamo comprometterci di più di quello che ormai siamo già. Però apprezzo molto. Sei davvero dolcissimo.”
-Lo so- lo sentì ridacchiare e non potè impedirsi di sorridere –Allora ci vediamo qui alla fine dell’udienza. Tieni duro.-
“Come sempre. A dopo.”
Rimise il cellulare nella borsa e fece per prendere una sigaretta, quando dalla porta uscì Warrick, imbufalito. Come da previsione era andata malissimo, un po’ perché non aveva recuperato la camicia, non trovandola da nessuna parte, e un po’ perché avevano ritirato fuori la vecchia storia del gioco d’azzardo, che tra l’altro non si era ancora conclusa.
Toccò poi a Sara Sidle, alla quale furono attribuite accuse davvero pesanti, come quella che aveva chiesto lei stessa ad Hank di sistemare le prove come più piacevano a lei solo per poter compiacere Grissom.
“Se a te hanno detto questo, figurati cosa diranno a me.” Harper si sistemò la gonna, alzandosi dalla panchina sulla quale sedeva con Nick “Hank è un paramedico,  Greg il tecnico del DNA, due pesi due misure…”
La morettina la guardò risentita e senza aggiungere altro si allontanò “Cosa intendi dire alla giuria?” chiese Caterine “Che stai con Greg?”
“Ma non è vero. Noi due non stiamo insieme. Non c’è nulla di ufficiale…”
Nick la guardò attentamente e fece per dire qualcosa, ma una guardia chiamò la bionda, annunciando che era arrivato il suo momento.
“Stai tranquilla. Non rispondere con eccessiva arroganza e mantieniti fredda e distaccata.” le disse Nick, appoggiandole entrambe le mani sulle spalle “Io sarò qui ad aspettarti.” lei annuì e poi dopo aver scambiato uno sguardo con Caterine, che le accarezzò il braccio mentre passava. Entrò nella sala con lo stesso entusiasmo di un condannato in marcia sul miglio verde.
Camminò decisa fino al banco dei testimoni, giurando di dire la verità con una mano posta sulla Bibbia con fermezza.  Si sedette, cercando di mostrarsi tranquilla  davanti alla cara Margheret, avvocato di difesa di Tom.
Fredda e distaccata, ma non arrogante.
Poteva farcela.
L’avvocato scambiò qualche parola con Geràrd prima di alzarsi e avvicinarsi al microfono.
“Può per cortesia sillabare il suo nome?”
L’agente avvicinò il viso al microfono “Harper Kessler. K-E-S-S-L-E-R.” disse ringraziando di averci azzeccato con estrema facilità, visto che nervosa come era, una sola sillaba poteva sparire dalla sua memoria.
Sarebbe stato un inizio pessimo.
“Bene, signorina Kessler. Dai nostra fascicoli risulta che ha fatto un ottimo lavoro nella raccolta delle prove.” disse l’avvocato tranquillamente “Nessun errore è stato riscontrato ma…. Può per favore illustrare alla corte cosa ha raccolto e dove?”
“Certamente” Harper si schiarì la voce “Ho esaminato lo stanzino nel quale l’imputato si è recato per lavarsi le mani. Io stessa mi sono occupata del lavandino mentre la mia collega, Caterine Willows, ha raccolto le impronte dei piedi sul pavimento. Ho trovato del sangue nei condotti e quelle impronte sono andate ad attribuirsi all’imputato, alla base del lavandino.”
“Molto bene” disse con una punta di ironia Margheret “Ma non è la sola cosa che ha fatto, vero? Ha portato a far esaminare il sangue suppongo.”
Harper assottigliò gli occhi, si aspettava proprio che arrivasse a quel punto “Certamente, ed esso è risultato essere della vittima.”
“ Conosce Greg Sanders, quindi?”
“Ovviamente” disse la Kessler “Lui è il nostro esperto del DNA, molte prove raccolte sulla scena di un crimine passano per le sue mani. Non posso non conoscerlo.”
“Immagino, e mi dica, signorina Kessler…. In che rapporti si trova con il signor Sanders?” Harper rimase in silenzio qui due secondi che consentirono all’avvocato di aggiungere “Le ricordo che è sotto giuramento.”
“Questo non è affatto un problema” ribeccò Harper, cercando di mantenersi calma “Tra me e il signor Sanders ci sono stati diversi incontri, al di fuori dell’ambito lavorativo. Durante i turni di servizio, ci siamo sempre e solo limitati a svolgere il nostro lavoro al meglio. Questo lo può testimoniare chiunque all’interno del laboratorio.”
“Non ha risposto alla domanda.” dichiarò l’avvocato.
“Invece sì.”
“No, la sua risposta lascia più di una persona confusa.” Le lanciò uno sguardo a dir poco penetrante “Stiamo parlando di uscite in amicizia, o qualcosa di più…. Intimo?”
“Mi sta chiedendo se sono andata a letto con Greg Sanders?” eccola, la sua solita grinta che emergeva dirompete “La risposta ‘chiara’, così che tutti possano comprenderla,  è sì e ora le spiegherò anche i motivi: quando ho un caso aperto io passo 17 ore al giorno in laboratorio, qualche volta si sfiorano le venti se ci sono dei casi di spessore e comunque non sono quasi mai meno di 12, se poi non si contano i numerosi doppi turni. Vivo lì, non ho mai il tempo di vedere la mia famiglia, figurarsi avere una relazione minimamente stabile.” Si interruppe vedendo che tutti pendevano dalle sue labbra “Io lavoro molto bene, lo ha detto lei stessa che non avete potuto trovare alcuna prova della mia negligenza. Se svolgo bene il mio lavoro penso di aver diritto ad andare a letto con chi più mi aggrada, al di fuori del orario di lavoro.”
“Certo, la sua vita privata è, in quanto tale, solo affar suo.” si sbrigò a dire l’avvocato “Ma non crede possa essere controproducente avere una storia con un collega che, come lei stessa ha detto, ha un ruolo così centrale all’interno del laboratorio?”
“E chi ha parlato di una storia? Sono confusa.” disse sprezzante la bionda, convinta di averla fatta franca. Ma si sbagliava perché l’avvocato sapeva essere molto più stronza di lei.
“Ok. Le faccio l’ultima domanda…. Non prova nulla per il signor Sanders quindi?”
Ad Harper si bloccò il fiato in gola “Non vedo l’utilità della domanda.” disse poi rivolta al giudice che però l’esortò a rispondere, decidendo che quella domanda poteva chiarire meglio alcuni punti. Che punti poi? Che importanza poteva avere?  “Sì, provo qualcosa.”
“Quindi afferma di andare a letto col signor Sanders, di provare qualcosa per lui…. ma non avete una storia?”
Harper si trovava davvero posta in una condizione di totale insicurezza e confusione, così decise di essere totalmente sincera “Non lo so. La storia è troppo complicata. Di certo, non è qualcosa di inerente a questo caso. Greg non ha manomesso nessuna prova per me e questo potete verificarlo facendo ricontrollare i campioni di sangue in un altro lavorato. ”
Margheret sorrise compiaciuta, nonostante la zelante risposta di Harper “Ovviamente, possiamo farlo, ma il punto qui è un altro.” Dandole le spalle, si rivolse ai giurati, convinta di aver fatto centro. “Membri della giuria, possiamo far affidamento sull’interpretazione di una persona che non ha chiari nemmeno  i suoi pensieri sulla sua vita privata?”
 
Seduta sulla panchina, davanti al suo armadietto aperto, Harper non resistette più.
Sfogò tutta la sua frustrazione, lasciando che le lacrime le scendessero dagli occhi mentre stringeva fra le mani la stoffa liscia della gonna nera. Greg la vide passando di lì, di spalle rispetto alla porta “Nick mi ha detto che eravate tornati e che non è andata benissimo” disse avvicinandosi alla ragazza che non si mosse, tenendo incassato il collo nelle spalle e i capelli sciolti davanti al viso “Vuoi raccontarmi cosa ti hanno chiesto?” le chiese dolcemente, appoggiandole una mano alla spalla che a quel contatto sussultò. Greg allora le andò davanti,  sedendosi accanto a lei e spostandole via i capelli “Harp, ma stai piangendo?” chiese stupito, vedendo il viso delle giovane arrossato dalle lacrime. Lei non rispose, limitandosi a strizzare gli occhi, mentre un leggero tremolio le si diffondeva per tutto il corpo.
Un braccio  del ragazzo le passò attorno alle spalle mentre la attirava a sé, appoggiandola al petto. Con l’altra mano prese la sua, intrecciando le dita con quelle di Harper.
Rimase quasi sconvolto da quella visione.
Harper non piangeva praticamente mai. L’aveva vista commuoversi per qualche caso particolarmente ostico, ma mai piangere così disperatamente.
Sembrava distrutta e questo lo feriva più di ogni altra cosa.
“N-non è giusto” disse a fatica, mentre non riusciva ad impedirsi di piangere “Io lavoro duro e questo è quello che ri-ricevo in cambio?!”
“Shh…. È tutto ok.” le appoggio un bacio sulla fronte, continuando a stringerla a sé.
Harper non si sforzò nemmeno di controllare che qualcuno potesse vederli quando alzò il capo verso Greg, scontrando le sue labbra e accarezzandole dolcemente in un bacio.
Aveva bisogno di sentire che quello che stava facendo non era sbagliato.
Perché sapeva benissimo che non lo era affatto.
 
 
 
 
 
July 12 2013
Manhattan  (New York)
Lexigton Ave.
Ore 01.12 am.
 
 
Sheldon alzò gli occhi dal cadavere e li puntò al cielo, come se da esso potesse mai venire qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse condurli immediatamente da Andrea.
Il tempo scorreva e loro non riuscivano ad esaminare la scena come solito per diversi motivi, primo fra tutti, di Sid non si vedeva nemmeno l’ombra.
“Non possiamo spostare il cadavere fino a che il coroner non arriva.” Disse il ragazzo di colore rivolto a Danny, appena colse quel suo sguardo che sembrava voler buttare tutto all’aria  “Voi? Scoperto qualcosa?”
Il biondo sospirò sconsolato “Se non fosse che hanno perso un uomo, conferirei a questi criminali il premio di ‘migliore rapimento dell’anni’. Sono stati velocissimi, silenziosi e meticolosi nonostante gli spari e non si sa come hanno portato via Andy dalla strada, visto che eccetto i colpi di arma da fuoco, nessuno ha sentito o visto nulla. Ne furgoni, ne un’auto.”
“Nessuna idea?”
“Ho appena controllato qui attorno tutte le banche, uffici e negozi che utilizzano videocamere di sorveglianza, chiedendo al detective Lovato di far alzare tutti dalle brande e ottenere i filmati di stasera” disse Lidsay avvicinandosi, accaldata dalla corsa “Corro in laboratorio con Adam e iniziamo a visionarli, appena arriveranno.”
“Io porto i bossoli alla balistica” disse Jo, mostrando loro delle bustina di plastica contenente le preziose prove “La pistola non è ne quella di Flack ne quella di Andrea, sembra una calibro 45. Controllando nell’IBIS, forse riusciamo a risalire ad un nome”
“Don come sta?” chiese Adam al biondo, che scosse piano il capo prima di voltarsi. A pochi metri da loro, su una panchina, sedevano Flack e Mac, il primo con il capo chino e una mano appoggiata alla nuca, per tamponare il sangue nonostante esso avesse finito di scorrere. Taylor invece gli parlava piano, come a voler creare una sorta di zona privata e intima, tra loro due.
Insieme, tentavano di ricostruire quella scena ancora e ancora, per non perdere nemmeno un piccolo dettaglio.
“Quanti erano precisamente?”
“Tre, Mac” rispose il moro sospirando “Tre figli di puttana. Sono usciti dal nulla…. Hanno messo quella fottuta deviazione e noi ci siamo cascati come due novellini.”
Mac aggrottò le sopracciglia “Deviazione?”
“Sulla strada principale. Se no perché pensi che avrei lasciato l’auto sulla 73th?”
“Non saprei ma sulla via principale non c’è nessuna deviazione.”
Flack alzò il capo di scatto, pentendosene non appena avvertì una fitta forte “Devono averla rimossa, perché prima c’era. Ne sono certo.”
“Come erano questi uomini? Li hai visti bene?”
Don annuì “Non portavano maschere o altro, ma erano professionisti, Mac. Non degli stupidi qualsiasi. Sapevano il fatto loro….”
Il cellulare del supervisore prese a vibrare e appena gettò un’occhiata allo schermo, non riconobbe il numero. Non capì nemmeno da che Stato fosse partita, ma sicuramente non da New York.
Ignorò volutamente la chiamata, decidendo di richiamare non appena finito di occuparsi di Flack. Fece mente locale “Anche se so che servirà a poco, perché i professionisti spesso sono irrintracciabili, vorrei che tu ci fornissi un identikit dei due uomini che sono scappati. Hai ucciso tu il terzo?”
Il moro scosse il capo “Andrea…. Lei lo ha disarmato e poi gli ha sparato.”
“Perché poi ha lasciato andare la pistola?”
“Perché un’altra era puntata alla mia testa. Dopo ho sentito solo uno di loro dire che dovevano sbrigarsi e quello accanto a me mi ha colpito alla nuca facendomi perdere i sensi. Da li un buco nero…”
L’agente gli diede una pacca sulla spalla “Andrà tutto bene Don, la troveremo”
“Mac è colpa mia, io non sono stato in grado di-”
“Non dire sciocchezze” Taylor si accorse di esser stato un po’ duro così addolcì il tono “Tu hai fatto il possibile”
Sentì il cellulare che riprendeva a farsi sentire così si alzò e con garbo chiese a Flack di aspettare un istante, prima di allontanarsi di qualche passo.
“Taylor.”
-Buonasera, detective Taylor- la voce profonda di un uomo  arrivò pacata, vagamente pragmatica.
“Scusi se devo essere brusco” mise le mani avanti l’agente newyorkese “Ma sono oberato di lavoro e chiunque lei sia-”
-Anche a lei manca un agente, sbaglio?-
Taylor si irrigidì un istante soppesando la frase attentamente. Forse aveva in linea uno dei rapitori.
Con un gesto della mano, richiamò l’attenzione della sua squadra, indicando poi il cellulare. Danny fu il primo a capire, allertando Adam che subito prese il portatile dalla sua auto.
“Potrebbe darsi.” Rispose cauto Mac “Con chi sto parlando, tanto per iniziare?”
-D. B. Russel.- si identificò subito l’uomo, stupendolo –Sono il supervisore del turno di notte, scientifica di Las Vegas-
Quelle parole lasciarono Taylor ancor più interdetto “La scientifica di Las Vegas?” domandò senza capire.
-Harper Kessler, uno dei miei agenti,  è sparita stasera intorno alle sette e mezzo, sulla scena del crimine a cui stava lavorando con altri due suoi colleghi. Nessuna impronta o altre tracce da parte del rapitore, o dai rapitori. Sappiamo solo l’ha dovuta senz’altro sedare per portarla via, visto che Harper è una combattente. Non sappiamo altro…. Il biglietto trovato nella giacca di Harper era pulito da impronte e altro, immagino che ne abbia ricevuto uno anche tu, sicuramente con una frase del Piccolo Principe sopra.-
Mac ascoltò attentamente ogni singola parola, facendo cenno ad Adam di controllare “Come faccio a sapere che siete davvero della scientifica di Las Vegas?” domandò scandendo per bene.
Il ragazzo si mise subito al lavoro.
-Ti basterà tracciare il numero, non credi?-
Mac dovette attendere pochi secondi.
Adam alzò un pollice, confermando che stava davvero parlando con un collega.
“Buonasera, Russel, mi dispiace fare la sua conoscenza in questa circostanza.”
-Per favore, chiamami D.B. Io mi sono preso confidenza senza nemmeno chiederla, ma ora come ora ho altro per la testa.-
Ma tirò un sorrisetto teso,”E sia, D.B. Tornando al discorso di prima… Il bigliettino, con la frase del Piccolo Principe…. L’avevano messo in tasca a Flack, il nostro detective che era con la giovane poliziotta che hanno rapito qui a New York.  Stesso modus operandi, anche noi non abbiamo testimoni.  Sono fuggiti senza essere visti, nonostante questa non sia di certo una città deserta.  Abbiamo di meglio, forse: bossoli e un rapitore ci ha lasciato le panne.”
-La giovane Andrea di Maio è davvero un asso con la pistola in mano.-
“Già lo è….” Mac sorrise appena prima di sospirare “Come procediamo, Russel? Posso garantire da ora che che le prove raccolte non porteranno da nessuna parte.”
-Sicuramente. Sanno il fatto loro queste persone….- D.B. prese un respiro prima di concludere – Va avvertito anche il tenente Caine, della polizia scientifica di Miami.-
Taylor fissò pensieroso un punto a terra, vicino alle sue scarpe, prima di aver un’illuminazione “Vuoi dire che…?”
-Sua figlia, Melrose, anche lei CSI. Scommettiamo che le modalità sono le medesime?-
“Come è possibile che siano riusciti a fare tutto questo in una sola notte?” domandò senza capire Taylor “Ci penso io, a chiamare Caine. Poi che si faremo?”
-Beh, direi di fare ciò che ci è stato detto: troviamo ciò che abbiamo dimenticato e così troveremo le ragazze. Ho intenzione di mettere tutta la squadra sui vecchi casi di Harper e cercare possibili implicazioni.-
“Faremo così anche noi, poi ci riagioneremo.”
-D’accordo, buona fortuna con Caine.-
“Lui è un buon amico, ma sono certo che non gli farà poi così piacere sapere che ragazza di casino si è creato.”
-Immagino. Buona fortuna, Mac.-
“Anche a te,D.B”
Mac chiuse la chiamata, andando nella rubrica e sfogliandola prima di trovare il numero del collega di Miami.
“Mac, che succede?” chiese Flack, senza capire..
L’altro gli battè la mano sulla spalla “Ho una chiamata fondamentale da fare. Tu vai a casa a prepararti, datti una risistemata e di anche a Danny e gli altri di farlo...”
“Prepararmi per cosa?”
“Ricontrolleremo ogni caso, ogni rapporto e ogni virgola del lavoro di Andrea, da cinque anni e mezzo a questa parte.”
 
  
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