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Autore: Angel Stormer    23/01/2014    0 recensioni
Un mondo magico, surreale.
Un mondo impenetrabile, nascosto.
Un mondo abitato da miliardi di creature a noi sconosciute.
Un mondo in pericolo.
Solo una ragazza potrà decidere come andrà a finire.
Tutto per colpa di una maledetta profezia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fay non aveva mai conosciuto il vero significato della parola "felicità", e pensava che non ne sarebbe mai venuta a conoscenza. Non riusciva a ricavare un ricordo che si avvicinasse a quel termine nemmeno scavando nei ricordi più lontani, nella sua infanzia.

Tutto ciò che ricordava era sempre quel triste, grigio orfanotrofio nel quale viveva da circa diciassette anni, che l'aveva aiutata ad alimentare l'odio verso il mondo, la vita e sé stessa.

Non aveva idea del perché fin da piccola fosse vissuta in quell'orfanotrofio, nessuno le aveva mai detto niente, non sapeva se i suoi genitori fossero morti quando lei era una neonata o se fosse stata abbandonata lì proprio da loro, ignorando il cupo futuro a cui la stavano affidando.  

Forse i suoi genitori erano dei pazzi, dei malati di mente oppure erano troppo immaturi per dedicarsi a lei, ma ormai Fay non si poneva più queste domande e pensava a loro a volte con malinconia, fantasticando su quanto la sua vita sarebbe stata diversa in loro presenza, e altre volte con disprezzo, protestando per il destino in cui l'avevano lasciata sprofondare.

L'unico pensiero che le suscitava speranza era che nel giro di un anno avrebbe compiuto diciotto anni e finalmente si sarebbe liberata di quello strazio di vita, in un orfanotrofio che odiava dal primo giorno che ricordava.

C'erano vari motivi per cui Fay non sopportava il luogo in cui viveva, per prima cosa si trovava male con le sue compagne: era cresciuta con loro ma questo non l'aveva aiutate a stringere amicizia o per lo meno un rapporto che non avrebbe suscitato uno sguardo sprezzante o un desiderio di sferrarsi un pugno tutte le singole volte che si vedevano.

Tutte le altre ragazze, però, avevano fatto amicizia tra loro fin da subito e per quanto lei ricordava, avevano preso di mira Fay fin dal principio, lasciandola sola ed emarginata dal gruppo, e questo contribuì a rendere la ragazza scontrosa e chiusa.

Le suore dell'orfanotrofio femminile poi non aiutavano per niente; ogni giorno Fay doveva subire i loro rimproveri e ad assistere alle loro noiose lezioni.

Lei odiava seguire le regole, e non sopportava chiunque le dettasse degli ordini, per questo quello non era il posto giusto per lei; ogni singola giornata la ragazza era obbligata ad eseguire tutto ciò che le suore le imponevano: dall'indossare quella fastidiosa ed inutile uniforme (della quale Fay non aveva mai capito lo scopo, dato che per le ragazze era proibito uscire dall'edificio) al dover assistere alle lezioni che per sette ore occupavano le sue giornate.

Cosa poteva interessare a lei di poesie da imparare a memoria o di stupidi calcoli ed equazioni da risolvere? Le suore affermavano continuamente che tutto ciò che insegnavano sarebbe stato fondamentale per il loro futuro e che per quello dovevano prepararsi al meglio... ma se davvero dovevano prepararsi a ciò che le aspettava, perché erano obbligate a rimanere rinchiuse in quella prigione?

Questi erano i motivi principali per i quali Fay non riusciva neanche più contare sulla punta delle dita tutte le maledette volte che era scappata da quel luogo e ovviamente era stata sempre ripescata e riportata con la forza dentro l'orfanotrofio, ma era ormai da un anno che aveva smesso di uscire di nascosto perché si era accorta che non ne valeva la pena, dato che non conoscendo Londra, città così grande e pericolosa, non aveva posto in cui scappare e nascondersi, così veniva sempre ritrovata dietro l'edificio.

Soltanto poche volte era riuscita a poter affermare con sicurezza di essere "scappata" e andava così fiera di quella volta a dodici anni, che era riuscita a raggiungere il piccolo negozio di alimentari di fronte l'orfanotrofio e a comprare un pacchetto di gomme da masticare anche se non aveva mai raccontato a nessuno del fatto che mentre riattraversava la strada per rientrare a "casa" aveva rischiato di essere investita da un'auto, ma a parte questo era molto orgogliosa dell'avventura che era riuscita a portare a termine.

Fay amava le avventure.

Fin da piccola era stata sempre affascinata da tutte le storie e i racconti che parlavano di avventure, ma anche di fiabe e favole e tutto ciò che riguardava un universo magico, un universo parallelo, nel quale poteva rifugiarsi liberamente ogni volta che si sentiva infelice, arrabbiata, delusa o provava qualsiasi sentimento negativo.

Era consapevole che la magia e tutto ciò che la riguardava non esisteva, ma dentro di lei restava sempre una piccola speranza, un piccolo luccichìo, che teneva in piedi il suo mondo e faceva in modo che tutte le volte che leggeva un libro o una fiaba, lei ci rientrava, lasciandosi la vita reale alle spalle.

Questo era un altro motivo per il quale le altre ragazze la prendevano in giro, la chiamavano "bimbetta" perché erano convinte che la fantasia fosse soltanto una cosa per bambini, ma a lei non importava, si era ormai abituata alle loro continue prese in giro e aveva capito che cercavano di irritarla in ogni modo e ci trovavano gusto a farlo.

Quando era più piccola era convinta che non esistevano ragazze più perfide delle sue compagne, ma crescendo si era resa conto della loro immaturità e che non valeva la pena di irritarsi ogni volta che le tiravano fuori un nuovo nomignolo o offesa, Fay si limitava ad ignorarle ed a sopportarle, stando al loro gioco.

E tra compagne insopportabili e suore acide, possiamo tranquillamente affermare che la ragazza non viveva una vita facile.                                                                                                              

                                                                                    *                                                                                   Erano passate un paio di settimane dall'arrivo di una nuova compagna nell'orfanotrofio femminile di Londra; il suo nome era Ella, una bambina di circa dieci anni rimasta orfana quando era appena nata e poi andata a vivere con sua nonna, deceduta pochi giorni prima del suo arrivo nell'istituto.

Fay provava simpatia per la bambina, e lo trovava strano, dato che non era da lei provare simpatia nei confronti di un'altra persona, ma Ella era diversa; aveva una certa goffagine mescolata con la comune ingenuità di ogni bambino che nel complesso emanavano tenerezza ed anche un tantino di allegria.

Come previsto la bambina, essendo l'ultima arrivata era stata subito presa di mira dalle altre compagne e questo spinse Fay a sviluppare un istinto protettivo nei confronti di Ella, perché le stava accadendo proprio ciò che era successo e stava continuando a succedere a lei.

Ora erano come due sorelle.

Dove c'era una, c'era anche l'altra; vederle una accanto all'altra era anche piuttosto buffo poiché le loro caratteristiche fisiche erano completamente in contrasto: Ella era piccola e bassettina (normale per la sua età), paffuta e con i capelli lisci e scuri, neri come i suoi occhietti, che nonostante questo emanavano continuamente vivacità, mentre Fay era alta, snella con i capelli mossi, lunghi, color rosso fuoco, gli occhi azzurri cristallini e la carnagione chiarissima, con il viso punteggiato da una moltitudine di lentiggini.  

Anche di carattere erano molto diverse: Ella era una bambina allegra, vivace sempre pronta ad aprir bocca ed a giocare, mentre Fay era una ragazza alquanto chiusa ed introversa, spesso brusca e maleducata a causa della sua infanzia difficile.

In realtà neanche la ragazza sapeva perché stesse così spesso insieme alla bambina, probabilmente perché non voleva che passasse le stesse cose che aveva passato lei e se magari avesse avuto qualcun altro al suo fianco e non sarebbe rimasta sola come era accaduto a Fay, sarebbe riuscita a superare meglio le varie situazioni.

                                                                                       *
Una sera Fay ed Ella erano state chiuse fuori dal dormitorio dalle altre ragazze per l'ennesima volta.

La bambina sferrò ripetutamente dei pugni verso la porta del dormitorio con le sue manine paffute. 
-Ella smettila, non ci faranno entrare- 
Fay si sedette per terra ed incrociò le braccia. 
L'altra sbuffò e imitò la ragazza. 
-Chiamiamo suora Catherine...-  
-No, peggioreremmo la situazione, sai com'è fatta...- 
Ella sbuffò una seconda volta prima di aprire di nuovo la bocca. m-Allora cosa facciamo?- 
-Quello che abbiamo sempre fatto- le rispose Fay.  
-E cioè?- 
-Niente- 
Ella riprese a sbattere i pugni contro la porta.
-Ti ho detto di smetterla, non serve a niente!- ripeté l'altra. 
Le ragazze da dentro la stanza risero accertandosi di essere sentite dalle altre due. 
-Sentile come ridono ... uffa, voglio entrare io- 
-Ma lasciale ridere, non sanno quanto si stanno rendendo ridicole- commentò Fay. 
-Sì però intanto loro si divertono... noi invece stiamo qui a non fare nulla per ribellarci- protestò la bambina. 
E detto questo si buttò stesa al suolo. 
-Allora io dormirò qui stanotte- annunciò Ella con il viso soffocato nella moquette. 
-Preparati perché sarà così- 
Fay appoggiò le spalle al muro, prima di continuare a parlare. 
-E questo è soltanto l'inizio-  
-Che cosa intendi?- domandò la bambina.
L'altra non aveva voglia di parlare.
-...Buonanotte- le rispose senza aggiugere una parola. 
-'Notte- 
Fay si preparò a passare un'altra notte insonne, appoggiata al muro freddo, come lo era il resto dell'edificio.

Stava fissando il vuoto da quelle che a lei parevano ore quando...    

-Fay-        

Alla ragazza venne un tuffo al cuore, un sussurro simile ad una folata di vento aveva scandito il suo nome. 
Pensò che fosse stata soltanto un'allucinazione, quindi lasciò perdere e riprese a fissare il vuoto.

 -Fay-                                                                                                                                                                    

Trasalì di nuovo, questa volta però non poteva ignorarlo. 
Si alzò in piedi cercando di capire da dove venisse.

-Fay-  

Di nuovo. 
Scrollò Ella, che era rimasta stesa per terra. 
-Ella svegliati!-  
-C-cosa c'è?-  esitò la bambina, sbadigliando. 
-Lo hai sentito anche te?- 
-Sentito cosa?!- domandò svogliata.
Fay si guardò intorno.
-Quella voce!- 
 -Ma quale?!?-  

-Fay-    

La ragazza rabbrividì per la quarta volta. 
-Hai sentito?- 
-Io ... no- le rispose tranquillamente la bambina. 
-Forse devi solo dormire...-  
-Ma no, io ho sentito veramente una voce... mi chiamava, ha detto il mio nome!- 
Ella sprofondò di nuovo il viso nella moquette. 
-Ti sarà soltanto sembrato... io voglio dormire- 
Fay si guardò di nuovo intorno; voleva saperne di più, lei aveva sentito veramente qualcuno che la chiamava, voleva sapere da dove proveniva.

-Fay-              

Ancora una volta, ora aveva sentito da dove giungeva. 
Si diresse verso le scale che portavano nella mansarda.  
-Dove stai andando?- 
La ragazza sentì Ella chiamarla da dietro. 
-Non ti preoccupare, torno subito- anche se non ne era certa... ma voleva soltanto dare un'occhiata.
La bambina si alzò a sedere. 
-No, non voglio stare qui da sola-
Fay fu combattuta, voleva andare avanti ma allo stesso tempo non voleva lasciare Ella sola. 
-Ti ho detto che torno al più presto, non ti preoccupare- 
la rassicurò. 
La bambina acconsentì. 
-Ok, però devi mantenere quello che hai detto- 
-Sì, promesso- 
Fay si incamminò verso le scale, illuminate da un'ampia finestra posta all'apice dell'imponente parete, che lasciava penetrare uno sprazzo di luce argentata nel corridoio, dando un'idea di mistero e magia, e ciò piaceva molto alla ragazza. 
Appoggiò il piede destro nel penultimo scalino, quando sentì di nuovo quella voce velata pronunciare le seguenti parole:

-Avvicinati-

 Fay si fece strada nella stretta mansarda, ma non notò niente di interessante, era soltanto una piccola, polverosa e disordinata stanza, piena di scatole ed oggetti coperti da lenzuoli bianchi che brillavano illuminati dalla luce dalla della luna che, come nel piano inferiore, penetrava da questa volta una piccola finestra circolare. 
Ciò che poi catturò il suo sguardo fu però un grande specchio posto al centro della stanza, anch'esso illuminato dalla luce fioca della luna.
Fay si avvicinò ad esso, attirata da un vago scintillìo che aveva appena attraversato il suo bordo argentato. 
Si appostò davanti allo specchio, pronta a vedersi riflessa in esso, ma quello che vide non fu quello che si aspettava.
Lo specchio non rifletteva alcuna immagine.
Improvvisamente la voce parlò di nuovo, questa volta più forte.

-Avvicinati Fay-

Proveniva dallo specchio. 
Una folata di vento gelato avvolse la ragazza. 
Fay indietreggiò, intimorita.  
Un altro soffio di vento freddo irruppe nella stanza e fece oscillare la superficie dello specchio.        
Sì, la fece ondeggiare
La ragazza non riuscì a credere a ciò che aveva visto. 
Avvicinò un dito alla superficie dello specchio, per assicurarsi che fosse solida. 
Ma non lo era. 
Al tatto non assomigliava per niente ad uno specchio, riuscì a sentire appena una sensazione di acqua gelata e torbida ma non percepì molto, perché ristrasse subito il dito con riluttanza, inquietata dalla consistenza.
Raccolse un mozzico di candela abbandonato al suolo e provò a lanciarlo verso lo specchio. Quello lo trapassò e non tornò più indietro.

-Vieni Fay, non aver paura-  

La ragazza non aveva idea di cosa dover fare, moriva dalla voglia di oltrepassare quello strano affare ma allo stesso tempo non si fidava.Dove l'avrebbe portata? 
E se non sarebbe più potuta tornare indietro? 
Cosa ne sarebbe stato di lei?  
E se invece non lo faceva? 
Di chi era veramente quella voce?
E cosa voleva da lei? 
 La ragazza pensò che in fondo non aveva nulla da perdere e che probabilmente non le sarebbe costato niente varcare quello "specchio".  
Avvicinò la mano alla superficie ghiacciata e la immerse in essa. Un brivido le attraversò la schiena e la fece trasalire, obbligandola a ritrarre la mano.  
Fay notò che la mano era completamente asciutta, era rimasta inalterata. 
Dopo aver contemplato la mano, alla ricerca del trucco, la ragazza fece un respiro profondo e si immerse nello strano liquido, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro, ignara di ciò che la stava aspettando.

 

  
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