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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    23/01/2014    2 recensioni
Quando tutto sembra andare per il meglio, si sa, le difficoltà arrivano, prima o poi.
Io, Lena Taylor, lo so bene. Ho perso i miei genitori e mio fratello e ho scoperto che colui che credevo mio zio era in realtà mio padre. Adesso vivo a New York, ho un ragazzo che mi ama e vado al college. Ma qui nella Grande Mela i problemi sono sempre dietro l'angolo, pronti a venir fuori per sconvolgere le nostre vite e far crollare le nostre certezze...
Seguito di "Little pieces of my life".
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Don Flack, Mac Taylor, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Like a Phoenix'
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Always and forever

CAPITOLO 26
 
Sono seduta sul letto nella stanza dei genitori di Louis. Sono immobile.
Dal piano di sotto sento delle risate. Staranno ridendo di ciò che mi ha fatto Louis? Glielo avrà sicuramente raccontato.
Vorrei strapparmi di dosso la pelle. Ogni brandello, ogni punto in cui mi ha toccata. Mi sento… sporca. Vorrei potermi lavare via questa orribile sensazione.
La porta si apre ancora. Mi volto. È Louis.
«Vieni.» mi dice. Non mi muovo. Mi afferra per un braccio e mi trascina giù per le scale.
«Dato che Lightman non vuole collaborare, sarai tu ad aiutarmi.»
Entriamo in salotto. Diaz è seduto sul divano. È solo.
«Bene. Ecco qui la signorina Taylor.» esclama, quando mi vede «È un piacere rivederla.» dice. Non rispondo nulla.
Louis mi dà una scrollata. «È stata lei a capire che Matt mentiva.» spiega e ci sediamo di fronte allo spacciatore.
Diaz annuisce ammirato. «Potrebbe essere una risorsa fondamentale per il nostro traffico.» dice strizzando l’occhio al mio rapitore.
Louis sorride e annuisce. 
Papà, ti prego, sbrigati.
«D’accordo. Adesso non rimane che scoprire dove si trova quella droga.»
Louis annuisce, poi parla. «Sai, non posso fare a meno di pensare a una cosa.» dice.
Diaz lo osserva e gli fa cenno di andare avanti.
«Se non l’avessi ucciso io, tu che avresti fatto?»
Diaz fa spallucce. «Bè, sai… Errare è umano, perdonare… è divino.»
Louis lo osserva. «Quindi?»
«Probabilmente sarei stato clemente.» ammette Diaz «Ma non è un male che Matt sia morto.»
Louis annuisce. «Adesso andrai a cercare la sua famiglia?» chiede.
Diaz sembra non capire.
«Sai, come hai fatto con la mia.» continua Louis.
«Oh, andiamo ragazzo mio. Non porterai ancora rancore!» esclama mettendosi in piedi.
«No. È solo che… pensavo che la famiglia fosse d’intralcio. Soprattutto quando venivano a sapere dei traffici.»
«Sì, ma la sua famiglia non parlerà. Ci ho già pensato. Hanno assicurato che non diranno nulla.»
Louis sorride e scatta in piedi. «Sai» comincia «ho sempre pensato che fossi una gran persona, Carlos.»
Diaz fa un piccolo inchino.
«Ma adesso…» continua Louis «mi fai schifo.»
Si porta una mano alla cintura e prima che Diaz possa reagire, gli spara alle gambe. Lui cade a terra gridando di dolore. Indietreggio sul divano.
«Questo è per i miei genitori. Loro non centravano nulla.»
«Sapevano troppo.» bofonchia Diaz.
«Non avrebbero parlato con nessuno!»
«Sta’ calmo ragazzo.» tenta di calmarlo.
Lui ride. «Sta’ zitto. Sei solo un codardo. Giochi a fare Dio. Minacci le famiglie degli spacciatori in modo da averli in pugno. Ma adesso basta.»
«I miei scagnozzi ti troveranno e te la faranno pagare!» grida Diaz.
«Non credo. Addio, Carlos.» solleva la pistola e fa fuoco.
Cinque colpi. Alla testa.
Rivivo la morte dei miei ancora una volta. Fa così male. I ricordi si materializzano nella mia mente come flash.
Mio padre che mi dice di non fare rumore.
Io che mi nascondo.
Urla di dolore.
Romanoff che li tortura.
Cinque colpi di pistola.
I loro corpi.
Mia madre. Morta.
Mio padre.
Le sue ultime parole.
La sua morte.
Le mie grida.
Chiudo gli occhi e sento le lacrime bagnarmi le guance. Quando li riapro, vedo che le mie mani sono piene di sangue. Per un momento credo di avere le allucinazioni, che quello sia il sangue dei miei genitori. Poi capisco. Ho premuto così tanto con le unghie contro i palmi, da ferirmi.
Continuo a vedere Romanoff, Steve e Caroline, i loro corpi… James che muore dissanguato, Laura impiccata nella nostra stanza al college.
Mi premo le mani contro le tempie.
Basta! Basta! Basta!
Non voglio più vedere nulla. Basta!
Louis è ancora in piedi accanto a Diaz, ormai esanime. Sorride compiaciuto. Si rigira la pistola tra le mani e poi sferra ancora un calcio al cadavere.
Si volta verso di me. «Torniamo di sopra.»
Mi afferra per un braccio e mi trascina su per le scale. Dalla stanza dov’è rinchiuso Cal non proviene nessuno rumore. Che abbia ucciso anche lui? Eppure non ho sentito spari.
Ma avrebbe potuto farlo in altri modi. Avrebbe potuto soffocarlo, accoltellarlo…
Le immagini di Cal morto mi si materializzano davanti.
Sangue. Morte.
Basta!
Tento di respingerle.
Entriamo nella stanza dei genitori di Louis e lui mi getta a terra ancora una volta.
Chiude la porta a chiave.
«Perché l’hai fatto?» riesco a chiedere.
Sorride. «Aveva ucciso i miei genitori.» come fosse la cosa più ovvia del mondo.
Mi volto. Non voglio guardarlo. Ho paura di cosa potrebbe farmi adesso.
Mi solleva per un braccio e avvicina il suo viso al mio.
Prima che possa ricominciare a spogliarmi lo blocco e tento di allontanarlo poggiando le mie mani sul suo petto.
Lo allontano con una spinta.
«Basta, Louis. Smettila!» grido. Non so da dove sia uscita la voce. Non lo so, davvero. Non so dove io abbia trovato la forza per oppormi. Forse è l’istinto di sopravvivenza.
«Basta?» chiede.
Mi allontano e indietreggio. Lui mi osserva.
Sorride. «Puoi scegliere. O questo, o la morte.»
Abbasso lo sguardo.
Preferisco morire. Non deve più toccarmi. Non lascerò che continui. Lo potrà fare una volta che sarò morta, ma non ora.
«Uccidimi, allora.» sbotto sollevando lo sguardo.
Sorride perplesso. «Davvero? È quello che vuoi?»
«Sì.»
«D’accordo.» annuisce e si avvicina.
Lo osservo. Come pensa di farlo? Mi soffocherà? Mi sparerà? Spero solo sia veloce, che finisca presto.
Senza preavviso mi sferra uno schiaffo. È così forte che mi fa cadere a terra. Ricomincio a piangere.
«Preferisci ancora morire?» chiede e io annuisco.
Un calcio alle costole.
Un altro, ancora.
Basta, basta, basta!
Mi solleva per le spalle e mi spinge contro la parete. Sta ridendo. Queste cose lo divertono.
Un pungo allo stomaco.
Cado a terra.
Si avvicina al comodino di fianco al letto e apre un cassetto. Estrae un coltello.
«Allora… Vediamo un po’.» dice avvicinandosi ancora. «Lo sai che ci sono infiniti modi di uccidere e torturare una persona con un coltello?» mi dice.
Sta’ calma, Lena. Tra un po’ sarà tutto finito.
«Vuoi vedere?» domanda. Non rispondo.
Sorride e si avvicina ancora. Mi prende una mano e prima che possa muovermi, mi incide un taglio sul polso.
Gemo dal dolore. Ritraggo il braccio.
«Ancora adesso preferisci morire?» chiedo.
«Sì.» dico in un sussurro.
«Bene.»
Mi taglia l’altro polso.
Piango. Che altro posso fare?
Mi solleva per un braccio e mi fa sdraiare sul letto. Si mette accanto a me e mi stringe la gola con una mano.
«Sai, all’inizio pensavo di utilizzarti solo come esca per attirare Taylor e fargli capire che Diaz era un assassino, ma adesso penso che anche se tu fossi morta, loro verrebbero a cercarti comunque. E almeno io mi divertirei un po’.» spiega. Scuoto la testa.
Si alza dal letto e tira fuori le sigarette dalla tasca.
Ne accende una e comincia a fumare guardando fuori dalla finestra. Io rimango immobile sul letto. Paralizzata dal dolore. Il sangue cola lungo i miei polsi. Tento di fermare l’emorragia con le mani.
«Spero che Taylor arrivi presto, così ucciderò anche lui. Non era questo il piano, ma non importa. Così potrò finalmente spacciare in pace.»
Si avvicina ancora. Tento di muovermi verso la porta ma lui mi blocca.
«Dove vai? Non abbiamo ancora finito.» Mi tiene ferma per la gola e ha appoggiato le sue ginocchia sulle mie braccia, così che non possa muovermi.
Non lo implorerò, se è questo che vuole. Non lo farò mai.
Ride, compiaciuto per il dolore che provo.
Poi prende la sigaretta e la poggia sul mio avambraccio. Il dolore che provo è terribile. Indescrivibile.
Continua ancora e ancora.
Basta! Voglio morire, non può uccidermi e basta?
Fa la stessa cosa sul collo e poi prende il coltello.
Lo rigira nella mano destra a poi me lo punta alla gola.
«Vediamo un po’…» comincia pensieroso «Voglio lasciarti qualcosa che ti permetta di ricordarti di me.»
Poi sorride.
Alza il coltello e incide mi incide una piccola stella sul collo. Grido da dolore.
Grido per la disperazione, la paura.
Basta!
Che mi uccida. Voglio che tutto questo finisca.
Il campanello suona nuovamente.
Lui mi solleva per un braccio e mi getta a terra contro il guardaroba. Sbatto violentemente la testa. Non riesco più a muovermi. Sono debole.
La glicemia è scesa, non riuscirei nemmeno a muovere un passo se mi alzassi in piedi. Sono troppo debole anche solo per sollevarmi sui gomiti. Respiro e tento di non vomitare. Ho lo stomaco sottosopra.
Louis si pulisce il coltello ai pantaloni, si avvicina alla porta e la apre. «Rimani qui.» mi dice.
Esce lasciando la porta spalancata. Se solo potessi alzarmi e correre via.
Ad un tratto, sento la porta d’ingresso spalancarsi violentemente.
«Fermo! Polizia di New York!» sento gridare.
La polizia? Sto sognando? Sono davvero qui? Non riesco più a capire cos’è reale e cosa non lo è. Louis vorrà prendermi in giro. Illudermi. Darmi il colpo di grazia facendomi credere che mio padre mi abbia trovato.
Un sparo.
Due.
Tre.
Passi.
Porte che sbattono.
Sento dei passi su per le scale. Mi muovo appena. Ruoto la testa verso la porta.
«Lena!» sento gridare.
Papà?
È davvero lui?
Vedo un uomo affacciarsi alla porta della stanza.
«Lena!» è mio padre. È Mac. Corre verso di me. Mi solleva la testa e mi stringe a sé.
«Papà...» sussurro tra le lacrime.
«Sono qui. Sono qui.» mi rassicura.
«Cal…» sussurro.
«Lo hanno già liberato.» mi tranquillizza. «Mi dispiace, tesoro. Mi dispiace di non essere arrivato prima. Perdonami.» singhiozza. Gli stringo il braccio con una mano.
«Mac!» la voce di Flack mi riporta i vita.
Entra nella stanza e si inginocchia accanto a me.
«Lena, amore mio. Stai bene?» chiede. Annuisco.
Sta piangendo. Me ne accorgo solo ora. Don Flack sta piangendo.
Accenno un sorriso rassicurante. Ma non sto bene. Non sto per niente bene.
«Dobbiamo portarla in ospedale.» dice Mac. Mi solleva e io mi stringo a lui.
«Ti voglio bene.» sussurro con la voce rotta dal pianto.
«Anche io ti voglio bene, Lena. Andrà tutto bene.»
Scendiamo le scale e usciamo da questa maledetta casa. L’aria autunnale mi sferza il viso. Respiro.
«Mac! Come sta?» chiede la voce di Jo. La vedo avvicinarsi e lo stesso fanno Danny, Lindsay e Sheldon.
«La porto in ospedale.» spiega mio padre e lei mi accarezza i capelli.
Mi poggia su una barella e mi accarezza i capelli.
«Non ti lascio più, Lena. Te lo prometto.» mi assicura. Annuisco impercettibilmente.
Quando mi caricano sull’ambulanza, posso finalmente riposare. Chiudo gli occhi e cado in un sonno profondo.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Scusate per il ritardo nella pubblicazione, ma con la scuola ultimamente non riesco più a fare quello che mi piace! Uff!
Comunque, eccomi qui.
Finalmente, Lena è salva. Dopo tutte le disgrazie, finalmente Mac e Don sono arrivati.
;D
Spero tanto che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere! ;D
Per farmi perdonare pubblicherò il prossimo domani!
Un bacio, Izzy, xX__Eli_Sev__Xx
 
 
   
 
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