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Autore: Lena Mason    23/01/2014    5 recensioni
Konohagakure è il villaggio più grande e potente nella terra del fuoco e di quelle limitrofe: qui convivono alcuni dei clan più importanti nell’ambiente degli shinobi. Clan con grandi abilità: gli Uchiha con lo Sharingan, gli Hyūga con il Bykugan, gli Aburame con la capacità di controllare gli insetti a loro piacimento e gli Inuzuka, grandi addestratori di cani ninja, sono solo alcuni tra i più importanti. Dopo lotte intestine, tradimenti e un tentativo di rovesciare l’Hokage, la popolazione degli shinobi di Konoha dovrà unirsi, combattere a fianco con gli altri villaggi e fermare a tutti i costi la guerra che incombe. [Spoiler per chi segue l'edizione italiana]
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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fourteenth

Fourteenth

 

Shirai riapparve direttamente nella sua stanza: silenziosamente si tolse lo chignon, prese il pigiama e il cambio di intimo e con lo sguardo perso nel vuoto si diresse lentamente in bagno.

La suddetta stanza non era molto grande: le pareti erano tinteggiate di rosa pallido, mentre le piastrelle, che ricoprivano i muri fino a due terzi della loro altezza, erano bianche. Il lavandino posizionato sulla destra opposto alla doccia, così come gli altri sanitari, era di porcellana rosata.

Shirai aprì il box e accese l’acqua, girando le manopole del caldo e del freddo fino a raggiungere la temperatura desiderata: soddisfatta si tolse poi i vestiti e si infilò sotto il getto, che in quel momento era davvero bene accetto.

Riempì la spugna azzurra di bagnoschiuma e si insaponò completamente, facendo poi scivolare via il sapone con il getto della doccia: si strofinò bene i capelli con lo shampoo agli agrumi che tanto le piaceva e poi passò anche il balsamo.

Quando ebbe finito di lavarsi, si rilassò sotto il getto, lasciando scorrere insieme all’acqua la stanchezza e quella strana sensazione che sentiva da quando Itachi le aveva detto che non sembrava nemmeno una ragazza.

Bruciavano nel petto le sue parole, come magma appena eruttato da un vulcano.

Bruciavano perché le sentiva vere: sapeva di non essere come Saori e nemmeno come Ayane.

Non aveva la femminilità di nessuna delle due, ma sentire Itachi, che doveva esserle amico, dire certe cose faceva male. Un male di inferno. Un male paragonabile alle scosse del Raikage che avevano lasciato cicatrici: segni bianchi in alcuni punti del corpo che non sarebbero mai spariti.

Non seppe quanto rimase sotto il getto caldo e nemmeno quando aveva mischiato all’acqua le sue lacrime, ma si decise ad uscire quando sulle dita di mani e piedi si formarono le grinze segno che il tempo per la doccia era finito.

Si asciugò meticolosamente e dopo aver avvolto un asciugamano intorno ai capelli come un turbante, si vestì, diede una pulita veloce al bagno, buttò i panni sporchi nell’apposito cesto e si diresse in camera, frizionandosi i capelli.

Aprì la porta con il piede scalzo, poiché le mani erano occupate e quando trovò una presenza in camera, lasciò andare l’asciugamano di botto, preparando il suo attacco, prima di capire che in camera sua c’era Itachi, seduto comodamente sul suo letto.

Shirai rimase bloccata nella posizione di attacco, mentre Itachi la guardava fisso: non l’aveva mai vista con i capelli sciolti da quando era tornata e l’infantile pigiama con i gattini non sminuiva il fatto che la trovasse… Adorabile.

Con quell’espressione stupita, i capelli che gocciolavano e il suo vestiario Itachi si ritrovò a sorridere lievemente.

«Non credo sia il caso che tu sorrida, Itachi. Cosa ci fai nella mia camera?» gli chiese, recuperando l’asciugamano e cercando di tamponare i capelli per limitare i danni al pigiama che era già piuttosto umido.

«Te ne sei andata senza darmi il tempo di scusarmi».

«Non bisogna scusarsi quando si dice ciò che si pensa realmente, Itachi. Tu pensi davvero che io non sembro un ragazza e lo accetto. Fine dei discorsi. Ora puoi anche andare, non sento il bisogno di ricevere le tue scuse e voglio dormire» gli disse, prima di avvicinarsi al letto sul quale era seduto l’altro, che la fissava dritto negli occhi.

Itachi si alzò lentamente e senza che Shirai opponesse resistenza l’abbracciò, come aveva fatto solo una volta in passato, quando suo nonno Genko Uchiha era morto.

Shirai rimase immobile per un attimo, prima di far cadere l’asciugamano a terra e circondare il torace di Itachi, afferrando la maglietta sulla schiena.

Per la prima volta Shirai si accorse di quanto fosse caldo Itachi, nonostante il suo comportarsi da freddo, e anche del buon profumo che aveva.

Itachi dal canto suo affondò il naso tra i capelli bagnati di Shirai e ne aspirò il profumo di agrumi, che l’aveva sempre contraddistinta: ogni volta che l’aveva avuta vicina e il vento gli avesse portato il suo odore si era sempre sentito come in un agrumeto con piante di limoni e arance.

Rimasero così per un attimo, fino a quando lo stomaco di Shirai non si fece sentire facendo imbarazzare la ragazza che divenne rossa in viso: alzando lo sguardo verso Itachi, con occhi grandi e imbarazzati, vide che era stupito.

Poi, tutto a un tratto, scoppiò a ridere. Erano cinque anni che non lo vedeva ridere. Dopo la sua figuraccia di anni prima, la stessa che aveva raccontato ad Ayane, Itachi aveva sorriso e ridacchiato, ma mai una risata piena come quella.

Stava ridendo di gusto, quando Shirai, sentendosi presa in giro, non decise di farlo smettere dandogli una gomitata.

«Non è colpa mia se ti sei comportato da stronzo e non ho cenato» gli disse, facendolo smettere di ridere, finalmente.

«Vestiti» le disse semplicemente.

«Oh, certo e dovrei farlo con te in camera, giusto?» rispose lei.

Itachi le voltò semplicemente le spalle, facendola sbuffare e borbottare, mentre cercava qualcosa nell’armadio: prese le prime cose che le capitarono a tiro e diede il permesso all’Uchiha di voltarsi una volta messe.

Legò i capelli in una treccia e chiese ad Itachi dove dovevano andare.

«Andiamo nel miglior ristorante di Konoha» le rispose semplicemente, prima di saltar fuori dalla finestra, seguito da Shirai.

Quando Shirai atterrò davanti all’ingresso del quartiere Uchiha, guardò verso Itachi cercando di capire cosa avesse in mente.

«Itachi non ci sono posti dove mangiare nel tuo quartiere».

«Puoi fidarti una volta senza fare domande o constatare l’ovvio?»

Shirai gli fece il gesto di chiudersi la bocca come se fosse una zip e lo seguì in silenzio: quando arrivarono davanti a casa sua si bloccò.

«Itachi, seriamente. Ti voglio bene, ma non posso morire per te. Non così» gli disse, facendogli alzare gli occhi al cielo.

«Otōsan non c’è. Avanti, vieni» le disse aprendo lo shoji di ingresso: Shirai varcò la soglia di casa Uchiha per la prima volta dopo quattro anni e venne investita dal profumo della cena che Mikoto stava preparando; sembrava una zuppa, ma non riusciva a capire quale.

Itachi chiamò la madre, la quale si affacciò dalla sala mentre si asciugava le mani con un canovaccio.

Quando vide che Itachi era accompagnato da Shirai, prima sbiancò, ma poi vedendo suo figlio guardare la ragazza con tanta serenità mentre si toglieva le scarpe, sorrise: non le importava cosa dicesse suo marito o gli altri del Clan.

Vedere Itachi così sereno e contento a lei bastava per stare bene. E poi Shirai era uno spasso.

«Neh, Itachi. Potevi dirmelo che saremmo venuti a casa tua, avrei portato qualcosa!».

«Non era necessario».

«Col cavolo, baka! È buona educazione portare qualcosa quando si va a cena a casa di qualcuno».

«Ti ho già detto che la devi smettere di chiamarmi così».

«Va bene. Allora direi che Itachi-baka Taichō è più adatto».

«Shirai…» le disse in tono minaccioso.

Il battibecco da vecchie comari tra i due venne interrotto dalla risatina di Mikoto, che fece arrossire Shirai.

«Gomen, Mikoto-san. Non volevo essere maleducata!».

«Oh, non ti preoccupare. È un piacere averti qui ed è sempre divertente vedere come tratti Itachi. Nessuno ha mai il coraggio, a parte noi della famiglia e Shisui-kun, di rispondergli a tono. E devo dire che ogni tanto gli fa bene avere qualcuno così, neh Itachi?».

«Forse, ma magari dovrebbe smetterla di chiamarmi baka… Dopo tutto sono un genio» disse, altezzoso.

«Sì, e io sono la Mizukage. Avanti, genio, diamo una mano a tua madre» rimbeccò Shirai, facendo sghignazzare ancora Mikoto, la quale li informò che a breve sarebbe rientrato anche Sasuke.

 

Mentre apparecchiava la tavola con l’aiuto di Itachi, che correggeva in continuazione l’ubicazione di ciò che lei poggiava, la porta di ingresso si aprì e, dopo un attimo, Sasuke apparve sulla soglia della sala.

Guardò per un attimo Shirai e poi disse: «Forse ho mangiato qualcosa di avariato a pranzo. La Raibaka non può essere a casa mia».

«Ohi! E quel soprannome da dove viene, Sasuke?» gli chiese Shirai e ciò fece capire al ragazzo che era davvero a casa sua e stava seriamente litigando con suo fratello per la posizione degli hashi.

«Cosa ci fai qui?» le chiese, avvicinandosi ai due.

«Tuo fratello si è comportato come un idiota, ergo non ho cenato a causa sua e per farsi perdonare mi ha portata qui» spiegò la ragazza, beccandosi una gomitata da Itachi, che la spacciò per un incidente.

«Oh, capisco. Cioè, no. In realtà non capisco più niente. Da quando voi due siete tornati amici?» chiese Sasuke, confuso e guardandoli alternativamente.

«Da quando tuo fratello mi ha supplicata dicendo che senza di me non poteva vivere» disse Shirai, che questa volta si beccò un colpo alla nuca.

«Shirai, non dire assurdità. Otōto, siamo di nuovo amici. Fine della storia».

«Fine della storia? Sai cosa succederà quando Otōsan lo scoprirà? Metterà a ferro e fuoco il villaggio, ecco cosa farà» replicò Sasuke, incrociando le braccia al petto e fissando il fratello con astio.

«E credi che io non sia in grado di fermarlo? Sei anche tu contro questa amicizia?» gli chiese Itachi.

Shirai, per stemperare la tensione tra i due fratelli, si avvicinò a Sasuke e con tono canzonatorio disse: «Certo che è contro! Gli sto rubando il suo amato nii-san, neh Sasuke-chan?».

«Non è assolutamente vero, Raibaka! E smettila di sorridere così!».

«Neh, Sasuke, la vuoi una caramella? Quando eri piccolo e carino ti bastava quella per farti passare l’arrabbiatura».

«Non mi sono mai piaciute le tue caramelle» rispose, piccato, Sasuke.

«Ma piantala! Le accettavi sempre con un sorriso e con le guance rosse».

«Questo perché da piccolo Sasuke aveva una cotta per te» aggiunse la voce melodiosa e particolarmente divertita di Mikoto.

«Okaasan! Non è assolutamente vero! Non mi è mai piaciuta questa baka!».

«Oh, guardatelo com’è arrossito! Vorrei poterti fare una foto e darla a Sakura!» lo prese in giro Shirai, che nonostante tutto non si sarebbe mai aspettata che il piccolo Sasuke avesse una cotta per lei, tempo addietro.

Sasuke alzò lo sguardo verso suo fratello, pieno di supplica: Itachi però si limitò a fissarlo, ghignare e sparire in cucina, lasciandolo nelle grinfie delle due streghe.

Si poteva sapere cosa facesse Shirai alla sua famiglia, affinché si comportassero tutti in modo così strano?

 

Mikoto aveva preparato la Tsukimi Soba e Shirai ne era contenta: a lei piaceva davvero mangiare e questo le costò le prese in giro di Sasuke, ripresosi dall’attacco congiunto delle due donne presenti in casa.

«Se continui a mangiare così, diventerai grassa».

«Oh, non ti preoccupare ci pensa il tuo caro fratello a tenermi in forma» replicò l’altra, che intuì il doppio senso della frase solo quando tutti la guardarono stupiti.

«Non intendevo quello! Con gli allenamenti! Sasuke, capisco che sei un adolescente, ma potresti pensare ad altro almeno mentre mangiamo!».

« Ma stai zitta! Io non penso a quelle cose».

Shirai si voltò verso Mikoto e, guardandola con compassione, le disse: «Mi dispiace Mikoto-san, ma con due figli così non avrà mai dei nipoti».

«Hai ragione, Shirai-chan. Spero che mi farai curare i tuoi figli, in futuro» rispose Mikoto, mentre Sasuke e Itachi alzavano gli occhi al cielo increduli di fronte alle due donne.

 

La cena era stata squisita e Shirai si trovava seduta sul pavimento in legno della veranda esterna di casa Uchiha, quando Itachi la raggiunse con una tazza di the verde accompagnata dai dango.

«Mi dispiace, ma i dorayaki non piacciono a nessuno. Ti dovrai accontentare dei dango».

«Oh, non mi lamento. Mi piacciono anche quelli!» disse Shirai, afferrando la tazza fumante che Itachi le porgeva.

Il ragazzo si sedette poi accanto a lei a gambe incrociate, rimanendo in silenzio: non sapeva se il sollievo e la pace che sentiva dentro fossero dovute alla presenza di Shirai, ma era sicuro che gli fosse mancata.

Si azzardò a lanciarle un’occhiata di sbieco, trovandola con la guancia gonfia, segno che si era già divorata almeno uno dei dango: aveva lo sguardo soddisfatto e limpido mentre assaporava il ripieno della pallina color rosato.

Itachi si ricordava bene: lasciava sempre quella bianca per ultima, poiché era la sua preferita.

E così, per farle un dispetto, si chinò lesto verso il bastoncino che teneva in mano Shirai e fece sparire la pallina bianca in un solo boccone.

Shirai guardò il bastoncino vuoto e poi Itachi e, corrucciando la fronte, gli urlò:

«Sei un baka!» e gli diede anche una pacca sulla spalla, con tanto di lieve scossa.

«Dovresti smetterla di mandarmi scosse lungo il corpo Shirai, potresti rovinare qualcosa!».

«Non c’è niente da rovinare, sei già baka di tuo!» rispose lei, mettendo il broncio, mentre Itachi afferrava l’altro bastoncino con i dango.

Lo vide mangiarli lentamente e, probabilmente per prenderla in giro, lasciò la pallina bianca per ultima.

Shirai, per non dargli la soddisfazione di vederla invidiosa, distolse lo sguardo, volgendolo dalla parte opposta rispetto ad Itachi, il quale sorrise e avvicinandosi, le piantò il bastoncino con il dango bianco davanti agli occhi.

«Non lo voglio, grazie» rispose lei, incaponendosi e non volendo dargliela vinta.

«Non mentire a te stessa, Shirai. Prendilo o me lo mangio io».

Shirai guardò il dango e poi Itachi e cedette: lasciò che la sua golosità prendesse il sopravvento e rubò il bastoncino dalle mani dell’Uchiha per poi mordere la tanto agognata pallina bianca con evidente soddisfazione.

«Basta davvero poco per farti contenta» le disse lui, mentre Shirai beveva il the.

«Hai! Mi basta un dango, del the e Itachi-baka» gli disse, sorridendogli.

Itachi rimase spiazzato nel sentirla affermare una cosa del genere, poiché non gli aveva mai detto che la rendeva felice standole vicino, nemmeno in passato.

Non poté fare a meno di sorridere lievemente a sua volta, constatando che anche per lui averla lì, insieme ai suoi amati dango e al the di sua madre, gli bastava per essere sereno e felice.

Nessuno dei due si era accorto che Mikoto li stava letteralmente spiando, tranne Sasuke quando uscì dal bagno al pian terreno: guardò sua madre sbigottito e le chiese cosa stesse facendo nascosta in quel posto.

«Fa’ silenzio, Sasuke. Guarda, guarda. Non trovi che siano adorabili insieme?» gli disse, indicando Shirai ed Itachi che in quel momento stavano sorridendo l’una all’altro.

Sasuke rimase un attimo stranito nel vedere suo fratello sorridere, per di più a una ragazza, ma poi sbuffò: «A me fanno salire l’acido, Okaasan. E poi non farti i castelli in aria: Otōsan non permetterà mai che loro due stiano insieme né come amici né come altro».

«Oh, ma tuo padre non farà proprio nulla. Se lui o Hideki-sama metteranno ancora il naso nel rapporto tra quei due, stai pur certo che se la vedranno con me, Shisui-kun, Ayane-chan e Itachi. Non lo vedi, Sasuke? Tuo fratello è felice» disse Mikoto, sorridendo.

Sasuke guardò suo fratello per un attimo e si rese conto che sua madre aveva ragione: non aveva ricordo recente di suo fratello così calmo e sereno; persino la sua postura, di solito rigida e tesa, era rilassata.

«Come può una come Shirai fare certe cose ad Itachi nii-san? Io ho sempre pensato che per smuoverlo, o farlo felice, ci sarebbe voluto qualcuno di estremamente forte. Qualcuno che per lui fosse una sfida».

«Lei è una sfida per lui, Sasuke. Non riesce a capire perché Shirai-chan a differenza degli altri del villaggio non lo tratta come il genio che è. Lo tratta normalmente. Lo prende in giro come se fosse una persona normale e non il potente genio del Clan Uchiha. Capisci? Lei è sua amica perché è Itachi» gli spiegò sua madre, sorridendo.

Sasuke capiva il ragionamento di sua madre – era il fratello di Itachi dopo tutto –, ma aveva ancora dei dubbi sul rapporto tra Shirai e Itachi.

«Okaasan, cosa succederà se uno dei due si innamorasse dell’altro? Il clan non accetterà mai un unione del genere».

«Ora, Sasuke, non preoccuparti per questo. Lasciamoli godere della compagnia l’uno dell’altra e quando le cose si complicheranno, se lo faranno, lo affronteremo, d’accordo?» disse Mikoto, sempre sorridendo.

«D’accordo» rispose il minore, salendo in camera sua.

Entrò nella camera, composta principalmente da una scrivania posta sotto la finestra, un grande armadio sul lato dove stava la porta, il letto a due piazze in quello opposto, i comodini ai lati dello stesso e un mobile dove il ragazzo teneva le sue armi: erano tutti in legno chiaro e la biancheria del letto era scura, con il simbolo del clan stampato in grande sul copriletto.

Sasuke si buttò proprio sul letto iniziando a pensare alla situazione in cui si trovava: amava suo fratello più di ogni altra cosa o persona al mondo e voleva davvero vederlo felice, ma c’era il clan.

Era stato cresciuto con l’orgoglio di appartenere ad uno dei clan più forti e stimati non solo di Konoha, ma anche di tutto il mondo degli shinobi, quindi non poteva voltargli le spalle così facilmente.

Lo sapeva, Sasuke: se avesse appoggiato suo fratello nel rapporto con Shirai, che era sicuro si sarebbe evoluto, doveva dire addio al suo clan.

Perché gli Uchiha si uniscono solo ad altri Uchiha per mantenere intatto lo Sharingan e scongiurare l’eventuale nascita di un figlio sprovvisto dell’abilità oculare.

«Ah, non poteva scegliersi una del clan? Maledetto Nii-san» disse Sasuke, soffocando le parole nel cuscino.

In realtà non pensava solo ad Itachi in quel momento, ma anche a se stesso e ad una ragazza dai capelli rosa.

Uchiha con i capelli rosa. Il solo pensiero gli faceva accapponare la pelle e sperava che fosse un carattere recessivo nella trasmissione del DNA: si addormentò completamente vestito e quindi non vide sua madre guardarlo dalla soglia della porta con un sorriso di chi aveva capito tutto da molto tempo.

La donna, lasciando Itachi e Shirai da soli al piano terra, entrò nella sua camera e prese una foto di lei e Fugaku scattata al matrimonio: sorridevano entrambi, ma loro erano stati fortunati.

Si erano piaciuti già da adolescenti, ma altre donne e uomini non erano stati così fortunati: molti erano stati obbligati a sposare qualcuno che non amavano e che, a volte, a mala pena sopportavano.

Come la madre di Saori, per esempio.

«Ah, Fugaku. Spero che tu non faccia lo stesso errore. Se solo riuscissi a vedere Itachi e Sasuke quando sono vicini a quelle due ragazze con l’occhio di un padre e non di un capo clan…».

 

   
 
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