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Autore: Brandyleaf    24/01/2014    2 recensioni
Corre l'anno 40 della Quarta Era della Terra di Mezzo. La regione del Minhiriath è desolata, colpita da distruttive epidemie e dalla prima venuta di Sauron; ma non del tutto. Una piccola comunità è riuscita a sopravvivere. Ora, dopo la sconfitta dell'Oscuro Signore, gruppi di Orchi si sono stabiliti lungo il fiume Inondagrigio per cause sconosciute, e la popolazione è stata ancor più dimezzata. Fra i superstiti, fuggiti verso il nord, si trovano Gimilith e Niluzimril, giovani fanciulle che risiedono ora lungo il Verdecammino. Ma ciò non durerà a lungo. La loro strada si separerà bruscamente; e così il loro destino.
«Non mi serve il tuo aiuto, Elfo Silvano. Posso farcela da sola.»
«Ho bisogno della Contea, piccolo Hobbit. Ho bisogno di te.»
La gente urlava. Gimilith trattenne il dolore, assieme alla paura e alla rabbia, e cercò con l’amica il resto della comitiva con cui erano giunte lì: ma non trovarono nessuno. Solo morti. Il fumo bruciava le narici e, se la ragazza alta correva senza vedere altro che il padre dallo sguardo vuoto, Niluzimril rifiutava ogni pensiero. Avanzava fra le fiamme, e basta. Perché aveva paura.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Fate leads to different roads,
but the finish line is just one.






× Prologo ×

 




Gimilith guardava il soffitto da ore, ma il sonno non la prendeva. Era esausta per il lungo viaggio, eppure aveva troppi pensieri che le frullavano in testa e le impedivano di scivolare in un sonno ristoratore.
Si alzò dal letto e si accostò alla finestra della stanza. La locanda in cui alloggiavano si affacciava sulla piazza principale del piccolo villaggio, poco distante dal Verdecammino. Essa era molto piccola, di terra battuta; ma vi trovavano posto dieci bancarelle, probabilmente per il mercato settimanale. Ora i pochi carri della sua gente, ultimi abitanti del Minhiriath, occupavano lo spazio rimanente, rendendo quasi impossibile alle sentinelle di muoversi nell’oscurità notturna.
Gimilith tornò al giaciglio e vi si sedette sopra, sbuffando. Poco prima, nella stanza adiacente, si era svolto un forte litigio, e la ragazza era ancora furiosa. Perché colui che conduceva i superstiti del Minhiriath, padre della sua migliore amica, aveva preso la sciocca decisione di dirigersi a Brea? Era assurdo. Aveva tentato di persuaderlo, come Niluzimril, ma egli le aveva fatte tacere, e invitate a lasciare che le decisioni fossero prese dagli uomini. Dovevano giungere il prima possibile a Rohan, e non potevano perdere tempo. Con il rischio, poi, di avere un’orda di Orchi alle calcagna… Si alzò di scatto, stizzita, e prese la sua spada.
«Sono una donna, e per di più una ragazza… se non vogliono ascoltare le mie opinioni, la mia abilità da spadaccina è inutile.» Detto questo, si mise in posizione d’attacco.
 Niluzimril, nel frattempo, era in piedi davanti alla finestra della camera a cinquanta piedi di distanza, il corpo teso e lo sguardo nervoso di chi dorme sonni agitati da molto tempo. Sospirando, alzò la spada dalla lama poco curata e rudimentale. La luce della luna si rifletteva su di essa, illuminandone il metallo grezzo. Era un’arma semplice e poco lavorata, che aveva trovato nella fuga dal Minhiriath.
«Allora, Nili» mormorò. Con un colpo secco, agitò la spada e fece un affondo, tagliando l’aria notturna. Indietreggiando, tentò nuovi colpi e finì spalle al muro, parando un nemico immaginario. La parete vibrò a causa dell’impatto, e la ragazza gettò un’esclamazione di stupore. Abbassò l’arma, respirando, e crollò sulle proprie gambe. «Sono un’incapace» disse. «Incapace di combattere per più di trenta secondi. Ci credo che mio padre non si fida di me.»
Posò la spada a terra, il respiro tremante. Era solo un peso per la sua famiglia e per i suoi compagni di fuga. Probabilmente non sarebbe sopravvissuta nel viaggio verso Rohan, anzi, sarebbe morta in breve tempo: e ciò avrebbe rappresentato solo una liberazione per coloro che amava.
Si alzò e sistemò l’arma nel fodero, bruciacchiato alle estremità, probabilmente da molto tempo. Quando lo posò a terra, accanto ai suoi altri averi, udì un grido appena accennato nella notte. Non pareva propriamente d’allarme, ma la ragazza alzò il capo di scatto, tendendo le orecchie. Lo udì nuovamente qualche attimo dopo. Aggrottò le sopracciglia perplessa; cautamente, strinse le dita sul fodero e avanzò fuori dalla propria stanza, lasciandosi guidare dalle esclamazioni brevi e soffuse. Quando notò da dove provenivano, ed esse si fecero abbastanza distinte da comprenderne le parole, Niluzimril sorrise. «Non è un po’ tardi per allenarsi, Gim?» cantilenò, entrando nella camera.
 Gimilith si voltò sorpresa. Gocce di sudore luccicavano sulla sua fronte. «Zitta, ti ho sentito prima che facevi la stessa cosa» ansimò. «Dovremmo dormire, ma chi ci riesce?»
«Con questi pensieri, nessuno.» Niluzimril si sedette sul letto e soffermò lo sguardo sulla mappa lì accanto, coperta da piccoli appunti scritti con un pezzo di carbone. «Stavi studiando?»
«L’unico modo per quietarmi. Anche se non mi ascolteranno.»
«Anch’io credo che sia pericoloso deviare il viaggio, sai» mormorò la fanciulla. Gimilith si sedette accanto a lei, posando la spada. «Ma come ha detto mio padre, siamo donne. E a Brea…» aggiunse, esitante «potremmo trovare degli Hobbit.»
L’altra rimase in silenzio una decina di secondi. «E’ ancora presto per la Contea, Nili.»
«Lo so!» esclamò Niluzimril. Si alzò in piedi, apparendo comunque molto bassa. «Lo so. L’ho detto a mio padre. Vorrei solo… vederli. Ma non posso. E’ meglio così.»
«Pensa a Rohan, Nili» sorrise Gimilith entusiasta. «Alle sue regge, ai suoi abitanti, e al fascino di una terra narrata quanto Gondor nelle leggende!»
«Se ci arrivo, a Rohan» mormorò la ragazza in piedi. «Non conto neanche di giungere alle Montagne Nebbiose.»  
Gimilith le scoccò all’istante uno sguardo severo e le diede un pugnetto sulla spalla, che fece dondolare l’amica quasi come se ella non reagisse affatto. «Non dire sciocchezze: sei abile, forte e resistente. Forse è meglio che tu vada a dormire, ti fai idee assurde.» Alzandosi, strinse le spalle di Niluzimril e la condusse alla porta. «Dormi bene e non pensare a queste assurdità, d’accordo?» La abbracciò e, quando si staccò da lei, le sorrise convincente.
«Buonanotte, Gimilith» disse a sua volta Niluzimril, curvando le labbra in un sorriso esitante. «A domani.» E percorse il tratto del corridoio verso la sua stanza, mentre la mezzanotte rintoccava nell’aria.
 
«Svegliati, Nili! Sta andando tutto a fuoco!»
Quando Niluzimril si svegliò, il volto di Gimilith era davanti a lei, incorniciato dalle fiamme. L’odore di fuoco era pesante; la ragazza si alzò di scatto, tastando disperatamente alla ricerca della propria spada.
«Cos’è successo?» urlò, gli occhi sgranati dalla paura.
«Devono essere stati gli Orchi!» ansimò forte Gimilith, con la propria arma in mano. «Lo sapevo… Faremo le nostre ipotesi dopo. Raccogli le tue cose e scappiamo prima di bruciare qui!»
Niluzimril afferrò una borsa di pelle e vi infilò pochi averi: del resto, dormiva in una stanza quasi del tutto spoglia. Quando ritrovò la propria, seppur piccola, spada, abbandonò con l’amica la camera e ritrovò uno scenario spaventoso.
«Sono arrivati anche qui» mormorò, gli occhi fissi sull’incendio.
«Dobbiamo ritrovare i nostri padri, Nili» le disse determinata Gimilith, seppur con sguardo disperato. La trascinò verso l’uscita della locanda, inciampando sulle scale e sbattendo contro i fuggitivi. Il fumo entrava nelle loro narici, respirare diveniva sempre più difficile.
«Papà!» urlò Gimilith. Troppo tardi la spada della fanciulla andò a conficcarsi nella schiena di un Orco; il corpo dell’immonda creatura cadde a terra, travolgendo quello di un uomo di pelle scura, trafitto da sette frecce sulla schiena.
«Non… No… Gim!» Niluzimril si voltò verso l’amica e si morse un labbro. «Dobbiamo andare. L’hai detto tu.»
Le parole di Niluzimril risuonavano nelle orecchie di Gimilith senza significato, mentre la giovane avvertiva sul corpo un calore febbrile e distruttivo. Lentamente indietreggiò e annuì, asciugandosi con un gesto stizzito le lacrime che bruciavano gli occhi scuri. «Sì» disse.
La gente urlava. Gimilith trattenne il dolore, assieme alla paura e alla rabbia, e cercò con l’amica il resto della comitiva con cui erano giunte lì: ma non trovarono nessuno. Solo morti. Il fumo bruciava le narici e, se la ragazza alta correva senza vedere altro che il padre dallo sguardo vuoto, Niluzimril rifiutava ogni pensiero. Avanzava fra le fiamme, e basta. Perché aveva paura.
«Padre!» chiamò, ancora. Le rispose solo il fragore dell’incendio.
«Sta bruciando tutto! Fuggite!» Una folla di persone le travolse lungo la strada, che era inondata dal caos. Niluzimril si voltò di scatto, tentando di incrociare lo sguardo di Gimilith; ma vide solo metà del viso disperato dell’amica portata lontano dalla folla terrorizzata, mentre le loro mani venivano brutalmente separate.
«Gimilith!» urlò, con voce stridula. La marea di gente che sfociava nella piazza le impediva la vista; erano calcati l’uno sull’altro, e ben presto si ritrovò schiacciata contro il corpo sudaticcio di un uomo molto più alto di lei.
«Gimilith!» si sgolò di nuovo, invano.
L’unica risposta fu lo strillo acuto di un bambino.







Angolo Brandyleaf
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction e, siccome mi sarebbe piaciuto renderla speciale, sono quattro mani a scriverla: il nome Brandyleaf è infatti l'unione di Brandybuck e Greenleaf, ossia i cognomi di Merry e Legolas, i nostri personaggi preferiti. Come avete potuto notare, le due protagoniste, Gimilith e Niluzimril, hanno caratteri abbastanza differenti: questo non solo perché io e la mia "collega" ne gestiamo una a testa, ma anche perché inseriamo un po' i nostri caratteri nei due personaggi. A voi il compito di scoprire in quale delle mani di 'Brandy' e 'Leaf' è affidata ciascuna delle due ragazze!
Aspettiamo recensioni e commenti che ci aiutino a migliorare. Un saluto dalla Terra di Mezzo!
  
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