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Autore: saretta_    08/06/2008    2 recensioni
1. Washi
Come foglio, non ha mai dimenticato nulla.
Assorbe le storie, le stringe a sé come cimeli preziosi, li numera e li nomina.
Ricorda, ricorda e trasmette, errori ed eroi, distruttori e distrutti.
5. Shugotenshi - dedicata ad Atena11
6. Sorewa - dedicata a Crilli
7. Yuki - dedicata ad Halinor
8. Speciale! White Midnight, per tutte le Mosche Bianche!
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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[Shin]


2. Miho

Ino si tappò le orecchie con forza, fino a farsi male, e strinse gli occhi.

Strinse così tanto gli occhi che sentiva le pupille stritolarsi.
Mordendosi l’angolo della bocca, riuscì a non gridare; sentì ben presto il sapore del sangue in bocca.
Niente.
Essere lì, accucciata in un angolo, sporca dei suoi stessi escrementi, circondata da sangue vecchio e spazzatura, non bastava a quel lurido stronzo.

Evidentemente non li bastava.
Doveva anche sgridarla, doveva insultarla e sputarle addosso.
Ino si graffiò le orecchie, ma sentiva lo stesso quelle parole sporche e rozze, così poco adatte al profilo nobile dell'uomo e all’aria da gentleman che aveva.

«Sei una puttana! Puttana! Mi ha sentito? Sei inutile, muori!»

Ino quasi ringraziò il cielo quando arrivò il primo calcio negli stinchi.
Perché quando arrivava alle botte, l'uomo si dedicava con tutta l’anima a ridurla in fin di vita e perciò si dimenticava di insultarla. Era quasi una liberazione.
Ino non urlò: sapeva che era quello a cui mirava, sapeva che lui godeva nell’ascoltare i suoi strazi, e così morse ancora di più le labbra.
Proprio lì, nel mezzo del labbro inferiore, c’era uno squarcio esteso da cui usciva parecchio sangue. E ogni sera la ferita si riapriva.

Sapeva che era tutta colpa sua. Che stupida! Doveva immaginarlo.
In tanti si erano premurati di ricordarglielo, con tatto e delicatezza.
Ma lei si riteneva troppo furba.

Era risaputo che, ai tempi nostri, andare a ragazzi tutti i wee-kend e a vestirsi [comportarsi] da prostituta, prima o poi qualcuno che ti concia per le feste lo trovi.
Eppure sembrava così per bene. Un medico, chi potrebbe sospettarne?
Con quel viso giovane e fresco, quel carisma invidiabile, c
on quei suoi occhiali da secchione... sexi.
Ma proprio quegli occhialini che rassicuravano l’immagine di Kabuto nascondevano il luccichio pazzo delle sue iridi scure.
E lei, troppo frivola e ingenua [ubriaca], si era buttata fra le sue braccia senza ripensamenti.
Lo conosceva anche di vista, il professore più giovane della Scuola di Medicina dove andava Sakura.
Non avrebbe mai immaginato che proprio lui potesse rinchiuderla nella sua cantina.
Che potesse picchiarla e usurpare di lei ogni sera.
Che potesse nutrirla a scarti di cibo masticato e ingiurie.

Eppure si trovava lì. Mentre Kabuto le prendeva i capelli per tirarla a sé e darle l’ennesimo schiaffo, la mente di Ino viaggiò proprio a quei capelli che adesso gemevano dal dolore.
Pensò a quando, una volta ritrovatasi di nuovo al buio, poggerà una mano sul duro pavimento e sentirà una soffice coperta: ciuffi biondi che giocano fra le sue dita.
E da lì, la sua mente si collegò al il ricordo del sogno che faceva tutte le notti da quando era rinchiusa lì.
Era solo una sagome scura cirocondata da luce, con capelli rinchiusi in una coda ribelle che sembravano una buffa cresta, ma aveva comunque qualcosa di familiare.
E la sagoma si chinava su di lei, la prendeva in braccio e iniziava a cullarla con dolcezza. La mattina Ino si svegliava con un calore nel petto simile a un gatto che fa le fusa, e non riusciva a reprimere la speranza di un salvataggio da lì a pochi secondi.

Ma la sagoma liberatrice
non arrivava mai. Eppure… eppure lei continuava sperava.
Non aveva altro, oltre che la speranza.

Le labbra di Kabuto premettero prepotentemente sulle sue, risvegliandola dai suoi pensieri, e leccarono con gusto depravato il sangue che sgorgava.

Lo allontanò come poté, ma quelle braccia che aveva tanto ammirato erano troppo forti per quel corpicino gracile, indebolito dai giorno di prigionia [quanto tempo è passato? Una, due settimane? Una vita intera?].

Fu allora che qualcosa lo interruppe di colpo.
La porta della cantina, che troneggiava in cima alle scalette di pietra scheggiata, si aprì con violenza, e il fascio di luce quasi accecò la povera Ino.
Per questo ci mise qualche secondo a riconoscere che le sagome scure in movimento erano poliziotti armati che sbatterono Kabuto al muro e cominciarono a urlare.
 Ino piegò la testolina affascinata da quello che stava succedendo attorno a lei.

Nessuno si ricordò di lei, nessuno venne ad aiutarla.
Ino provò ad alzarsi, appoggiandosi al muro. Ma ricadde con un tonfo, senza forze.

Fu solo allora che due agenti le si avvicinarono, porgendo le mani per aiutarla, figure ombrose contro il getto di luce che arrivava dalla porta scardinata.
Ma quelle mani d’uomo estranee che la cercavano la spaventarono ancora di più, quindi allargò gli occhioni, si rintanò fra le proprie braccia, e cercò di farsi piccola piccola con l’unico desiderio di sparire.
E loro non capivano, si avvicinavano sempre più.

Ma una voce li fece fermare.
Un ragazzo alto li spinse via, e il suo profilo stagliato contro la luce la rassicurò d’un tratto.

Addirittura, senza accorgersene, le sue labbra si stiracchiarono in un sorriso sghembo.
Il ragazzo si inginocchiò davanti a lei, guardandola dritta negli occhi.
La mano di Ino viaggiò lentamente fino alla guancia dell'ombra, dove la barbetta non fatta le ricordò qualcosa… l’immagine di un uomo con una sigaretta in bocca e un sorriso paterno… Asuma! Asuma-sensei! Era forse lui?
No. La mano di Ino si spinse sul naso, e quello era lungo e dritto. Quello di Asuma Sarutobi era più schiacciato.
Accrezzò gli occhi a mandorla, dalla pupilla scura e profonda.
La fronte era aggrottata, ma i polpastrelli spianarono quelle rughe.
Le orecchie erano piccole ma con lobi carnosi.

All’improvviso il ragazzo scattò, abbracciando Ino con delicatezza, avvolgendola completamente. Era caldo e profumava di sigarette, erba e legno.
 Ino strofinò il viso nel suo spazio fra il collo e la spalla.


«Shikamaru…»


«Ino, oh Ino. Ti ho cercato dappertutto… sapevo, sapevo che era Kabuto, ti ha sempre guardata in un modo, un modo che… non mi credeva nessuno Ino… è tipo temuto e rispettato quello stronzo… ma ce l’ho fatta Ino… Guarda, guarda come ti ha ridotto… dov’è, lo uccido! LO UCCIDO

Shikamaru si staccò dalla bionda per andare verso Kabuto, ora trattenuto con la forza per terra; un agente stava mettendogli le manette.
Gli occhialini erano dimenticati in un angolo, e una lente luccicava rotta.

«No…»

Ino trattenne Shikamaru per una manica, e mansueto le tornò accanto.

«Ino, è colpa mia: se te l’avessi detto prima forse… ti amo.»

La ragazza sorrise, ma lo squarcio sul labbro non le permise di ridere.

«Shikamaru… Shikamaru…» continuava a ripetere, passando le sue mani ormai rovinate su tutto il suo viso, sul petto e fra i capelli ribelli «eri tu, la mia unica vera speranza.»




***
Spazietto! Oddio, triste triste questa shot... da notare quanto detesti Kabuto.
Se davvero Ino si comporterà come viene descritta in tante ficcy, quindi sempre in giro per locali indossando abiti minuscoli e striminziti, non è da escludere che possa succedere qualcosa di simile.
Oddio, non credo che a Kishimoto-sama verrà mai in mente una scena simile per fortuna xD
Nota: Miho vuol dire Speranza.
 
 Ringraziamenti *.*
ryanforever - grazie tessò! Fatta InoShika: se non ti piace però ne faccio un'altra *.* tu comanda padrone!xD
crilli - sono morta dal ridere leggendo la tua recensione xD per yaoi e yuri per adesso non mi sento in grado, forse in futuro... prossima ficcy NaruHina!
Hipatya - onorata di una tua recensione. E grazie per tutti i complimenti, davvero, non li merito. Subito dopo la NaruHina, ci sarà la SasuSaku!

Nelle prossime shot affronterò coppie a me sconosciute. Perdonatemi eventuali errori e probabili cadute nell'OOC!
sa


  
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