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Autore: Athenae    26/01/2014    1 recensioni
Sono passati dieci anni da quando Midorima e Takao frequentavano le superiori. Cosa è accaduto nel frattempo?
Due strade diverse, due mondi diametralmente opposti.
Due amici che sarebbero potuti essere molto di più, due anime tormentate dal rimorso.
Entrambi persi in un passato troppo lontano, imprigionati in un presente che non gli appartiene.
Ma il destino ha ancora tante altre sorprese in serbo per loro… e tutte le certezze, tutti i sentimenti e le verità del presente si ritroveranno sconvolte da un passato che non era mai stato dimenticato.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kiyoshi Miyaji, Nuovo personaggio, Shintarou Midorima, Takao Kazunari
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo I

- Perfection, so imperfect. -

 
Inspirò.
L’aria novembrina gli schiaffeggiò il viso.
Espirò.
Il suo respiro caldo, a contatto con l’aria fredda, creava delle nuvolette di vapore acqueo che rapidamente si dissolvevano.

Finalmente aveva terminato quella lunga giornata di fatiche. Sentiva tutta la stanchezza accumularsi nelle spalle. Ne massaggiò una con la mano libera, osservando la strada trafficata ed illuminata dalla luce giallognola dei la lampioni.
Non vedeva le stelle che avrebbero dovuto brillare nel cielo notturno di Tokyo: raramente riusciva a scorgerne una sola. Solo un blu denso, macchiato del grigio dello smog, si estendeva sopra la sua testa. Ciò nonostante, come alcuni credono in un Dio o in delle divinità invisibili, lui era convinto che quelle luci solitarie governassero il suo destino e quello altrui.

La mano si spostò dalla spalla alla tasca del cappotto scuro.
Bene.

L’orsetto di pezza viola – il lucky item del giorno – era al suo posto. Poteva stare tranquillo. Rimase, poi, qualche istante in quella posizione. Lo sguardo vagò in direzione dell’orologio digitale che si trovava sull’edificio di fronte allo studio medico.

20.05: devo andare o farò tardi.

Pensò, stringendo la presa sulla valigetta di pelle per poi buttarsi nella folla che percorreva caoticamente il marciapiede. Due flussi. Chi andava e chi tornava, e poi gente che urlava, bambini che piangevano, risate di donne: l’ora di punta.
Neanche osservava le facce, tante, che gli andavano incontro. Aveva ben in mente qual era la sua priorità: raggiungere la macchina che aveva parcheggiato poco lontano. Di certo osservare visi di sconosciuti non lo avrebbe aiutato nel suo intento.

Ogni giorno si faceva trascinare in quel via vai incessante, era un avvenimento necessario e quotidiano ma ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Si rendeva conto che, ormai, la sua vita si stava riducendo a nient’altro che un ripetersi di eventi perfettamente identici; la si poteva riassumere in un percorso circolare che iniziava la mattina alle 8 e finiva dodici ore dopo: casa – macchina – ospedale – macchina – folla – studio – folla – macchina – casa. Il suo “programma di vita” non cambiava quasi mai se non in casi particolari, eppure questo non lo turbava affatto. Aveva scelto lui stesso di vivere ordinatamente, in modo pulito e organizzato. Questo equilibrio perfetto che si era venuto a creare era una sorta d’incantesimo, una protezione contro le brutte sorprese che il fato gli poteva riservare.

Era talmente immerso nei suoi pensieri, anche questi principalmente rivolti verso il lavoro oppure verso quello schema fisso della sua giornata, che andò a sbattere contro qualcosa…no… qualcuno. Abbassò lo sguardo dal proprio metro e novantacinque (forse di più, l’ultima volta che aveva controllato risaliva a qualche anno prima) e incontrò quello impertinente di un’adolescente nel pieno della pubertà.

La squadrò. Bassa, grassottella, viso appesantito dal trucco e poco invitante, seni tondi e malcelati da un top troppo stretto, fianchi larghi, una gonna che si riduceva a un pezzo di stoffa che riusciva a malapena a contenere le sue forme abbondanti. Non aveva, poi, un’espressione amichevole e la botta ricevuta le aveva scompigliato i capelli color fucsia fosforescente, facendola assomigliare ad un buffo personaggio di qualche anime o manga da quattro soldi.

Gli lanciò un paio di insulti che lo riportarono alla realtà e che si sentì costretto ad ignorare, ricambiando lo sguardo bellicoso della ragazzina con uno gelido, prima di proseguire.

Se anche lei diventasse così, non le permetterei di uscire fuori di casa.

Rifletté, stizzito, mentre si avvicinava a una BMW argentata: un piccolo lusso a quattro ruote motrici che si era concesso. Aveva fretta di riconnettersi con l’anello mancante della sua giornata, quello che poteva renderla completa: tornare a casa.
 
Si sentì rassicurato dall’odore familiare della pelle degli interni dell’auto, allacciò la cintura di sicurezza e ripescò dalla tasca le chiavi mettendo in moto. Il display sul cruscotto s’illuminò di un bell’arancione acceso.

20.15: sarò a casa per le 20.30. Cenerò per le 20.45 e, poi, avrò un po’ di tempo per finire quelle maledette pratiche…

Fece marcia indietro e si mise in carreggiata. Inchiodò lo sguardo sulla strada.


 
Quello era uno dei pochi momenti in cui sentiva di essere veramente solo. 
Lui e se stesso, nessun altro. 
Forse era il momento della giornata che odiava di più. Perché pensava.
Ricordava.
Più lo faceva e più si sentiva soggiogato da un immenso senso d’angoscia, il petto gli si faceva pesante e la bocca dello stomaco si chiudeva. Non riusciva a capire quale fosse la causa di tutto questo.


 
Strinse il manubrio con forza.
 


La sua vita era perfetta. 


Non c’è nulla che non vada. Nulla.

Non osava ritenersi insoddisfatto. Come avrebbe potuto? Aveva raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato e il suo tenore di vita era invidiabile. Si era dedicato anima e corpo per trovare la propria strada, il proprio posto nel mondo, e ci era riuscito. Ne era convinto.

Ma anche quel giorno, come sempre, venne sopraffatto da quelle tristi sensazioni già citate. Con maggiore intensità di prima.


Forse perché si avvicinava il “suo” compleanno. 
Il compleanno di “quella persona” che occupava, come un fantasma, i suoi ricordi.


 
Aprì lo stereo al massimo volume.

Le note penetranti della Sonata in Re maggiore di Schubert riempirono l’abitacolo della BMW e la sua mente affollata da pensieri troppo ingombranti.
Era strano per uno come lui amare un brano imperfetto come quello. Non esisteva la perfezione in questa sonata che, a detta di molti, era notevolmente noiosa. Perché? Per il semplice fatto che il componimento in sé è impreciso. Una scelta voluta. Perciò ognuno ne dava una propria interpretazione e, chi riusciva a non scivolare nella tecnica, ne dava una chiave di lettura che riusciva a valorizzare il brano e lo rendeva accattivante. Era una sfida per ogni pianista, uno stimolo.

Questo era l’unico componimento che riusciva a spazzare via le sue preoccupazioni. Quella macchia nell’opera lo affascinava e catturava profondamente.
Solo alla fine dell’esecuzione le note calanti lo riportavano al mondo reale e a tutto il resto.

****

Intanto il paesaggio era cambiato velocemente. I grattacieli erano diventati case popolari per poi lasciare spazio a villette circondate dal verde.
Spense il motore. Sfilò le chiavi, slacciò la cintura, afferrò il mazzetto di quelle di casa e scese chiudendosi lo sportello dietro.

Un altro schiaffo da parte dell’aria gelida e inclemente.

La villetta bianca, la sua ultima meta, si stagliava in mezzo al piccolo giardino recintato.

Shintarō si avviò verso la porta, iniziava a sentirsi tranquillo. L’anello che chiudeva il cerchio era a uno sguardo di distanza.

Fece per armeggiare con il chiavistello ma riuscì a spalancare la porta in tempo che si sentirono dei passi dall’altra parte, leggeri e delicati.
Si lasciò scappare un lieve sorriso quando, finalmente, il legno scomparve dal suo sguardo.

Un sorriso candido e due occhi verdi come i suoi lo salutarono dal basso.

<< Papà! Sei tornato! >>










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ANGOLO DI ATHENAE: 

Salve a tutti! Finalmente sono in tempo con la consegna! *sprizza gioia da tutti i pori*! Grazie per aver letto la storia fin qui! Siamo finalmente arrivati al vero inizio degli eventi, non vedevo l'ora! Spero di non aver pasticciato con Adult!Midorima... sarebbe un bel guaio. Ad ogni modo volevo iniziare col dirvi che sì, faccio apposta a sospendere il capitolo in questo modo ma non vi aspettate che il prossimo rinizi da questa scena... avrete tutti i chiarimenti a tempo debito. all'inizio partiamo da una semplice fine-giornata del nostro dottore e, come avrete visto, poi la scena si sviluppa durante il viaggio di ritorno. Per chi vuole saperlo non mi sono affatto invenata il riferimento alla Sonata in Re Maggiore di Schubert, esiste veramente ed è realmente un componimento imperfetto... una delle due sonate composte dal maestro quando era ancora in vita, se non erro. L'idea di utilizzarlo come contrapposizione a quella che è la vita "perfetta" di Midorima mi è nata sopratutto per sottolineare quanto sia in realta instabile il suo stato d'animo (spero di esserci riuscita). Nel prossimo capitolo... nuove sorprese <3 spero che vi sia piaciuto quello che avete letto fino ad adess. Purtroppo continuo ad avere impegni e problemi con internet per cui, purtroppo, dovrò aumentare il periodo di produzione dei capitoli. GOMEN!

Questa volta appuntamento per il 12 febbraio! Perdonatemi davvero T^T !

baci e grazie mille per il supporto che mi avete dato in questi giorni,

Athenae.

 
   
 
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