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Autore: Eridani    27/01/2014    2 recensioni
Non so bene, non so come, ma ecco che mi viene in mente la storia di "Cenerentola". E allora ho pensato: perchè non... ispirarmi? Quindi, storia che prende molto spunto da quella fiaba, anche se, come noterete, molte cose sono diverse.
Avvertimento: universo alternativo e personaggi un pò (tanto) sfasati, anche se ho cercato di mantenerli abbastanza IC. Altrimenti non riuscivo a far andare avanti la storia!
[partecipante alla challenge "D'infiniti mondi e AU" indetta da AleDic sul forum di EFP]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Amanda, James T. Kirk, Sarek, Sorpresa, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La luce non era mai stata così forte, accecante e il suo calore così intenso. Se non fossero mancati ancora miliardi di anni prima che il sole del suo sistema passasse alla fase successiva della sua vita espandendo ulteriormente il suo raggio, Spock avrebbe pensato di trovarsi all'interno della sua fotosfera, tanto era il calore che lo circondava in quell'istante. 
«Spock, vieni da me.» sentì una voce chiamarlo. James lo chiamava a sè. 
E per la prima volta in quel mondo incantato, Spock parlò.
«Dove sei?»
«Vieni da me... segui la mia voce...»
«Non... non riesco a...» cominciò Spock, girando sul posto smarrito, cercando di capire da quale direzione venisse la voce. 
«Sentimi...» lo interruppe «Sentimi...»
In quel momento Spock avvertì un lieve tocco sul dorso della mano, come un lieve soffio di vento. Alzò il braccio, come se qualcuno lo stesse tirando, e camminò dritto davanti a sè, facendosi guidare solamente da quella leggera sensazione.
Più si innoltrava in quel paesaggio, più la temperatura si faceva elevata, più gli sembrava di immergersi nel fuoco. Ma invece di sentirsi scottare dalle fiamme dorate che lo circondavano, ciò che la sua pelle sentiva, ciò che il suo corpo gli trasmetteva non era dolore, ma puro benessere. Un benessere che dal corpo si espandeva fino a raggiungere la sua mente e il suo spirito. E quando il paesaggio intorno a sè non diventò altro che un'unica luce dorata, così intensa da dover chiudere gli occhi di fronte alla sua potenza, Spock si sentì avvolgere, abbracciare, e tutto il malessere che lo aveva fatto cadere nell'oblio del sonno era diventato un ricordo lontano.




Quando aprì gli occhi, la prima cosa di cui si accorse fu il calore, che pure da sveglio non lo aveva abbandonato. I sogni precedenti non si erano mai spinti nel mondo reale, non erano mai riusciti a trasmettergli sensazioni tali da poter essere sentite alla luce del sole.
E un movimento molto vicino gli fece intuire che ciò che la sua pelle stava in quel momento avvertendo non era affatto dovuto al delirio del sonno.
Girò lentamente la testa verso destra.
Non riuscì subito ad identificare quel colore, quel misto di marrone chiaro, verde e oro che si intrecciavano. Non riuscì a dare un nome a quella strana tinta. 
Ma un viso gli venne subito alla memoria: solo un'altra volta aveva osservato nelle profondità di quelle sfumature, tanto da perdersi nei loro caldi e rassicuranti vortici; solo una volta aveva avuto la possibilità di osservare quelle iridi e tutto ciò che a loro stava attorno. Ed ora, per la seconda volta, poteva farlo di nuovo. 
Dopo l'iniziale smarrimento, il suo sguardo si spostò più in alto, verso il ciuffo di capelli color grano che ricadeva sulla fronte spaziosa, quasi a voler dare un tocco di disordine; più in basso, verso le guance soffici e le labbra ancor più morbide e rosee. E il suo sguardo si fermò lì per un periodo di tempo che il suo orologio interno non riuscì a calcolare, tanto la sua concentrazione era rivolta a quello che aveva davanti.
«Ben svegliato.» udì a malapena, mentre osservava stregato le labbra muoversi «Ti senti meglio ora?»
Qualcosa dentro di lui gli suggerì che quella che gli era stata rivolta era una domanda, ma quello stesso qualcosa non riuscì a suggerirgli una risposta sensata da dare; pertanto rimase muto e impietrito, mentre il suo sguardo tornò a scrutare le profondità accoglienti degli occhi che lo avevano accolto al risveglio.
Sentì una mano accarezzargli la guancia, leggera come una foglia d'autunno che lenta cade a toccare il terreno.
«Spock?» si sentì chiamare. E a quell'appellativo riuscì finalmente a trovare la parola.
«James?» chiese dubbioso, sperando di essersi veramente svegliato, ma ancora incerto della verità.
«Sì, Spock, sono io.» rispose il giovane Capitano con il sorriso sulle labbra. «Tua madre mi ha accennato del tuo malessere, e non ho potuto fare a meno di venire qui.»
«Qui?»
«Sì... inizialmente intendevo semplicemente sedermi accanto al tuo letto, ma poi...»
Quando le parole caddero nel silenzio, Spock si rese conto della posizione in cui si trovavano: entrambi sdraiati sul suo letto, Jim che lo stringeva forte a sè. Sapeva che normalmente avrebbe dovuto gentilmente allontanarsi da quel corpo così vicino, ma al contrario rimase lì, immobile, quasi timoroso che anche solo un minimo movimento potesse rompere quell'aura di beatitudine che li circondava.
«Ti do forse fastidio? Vuoi che me ne vada?» chiese James, che non voleva veramente staccarsi da quel corpo più caldo del suo, ma che se gli fosse stato chiesto avrebbe obbedito.
«No.» rispose Spock, sconvolto egli stesso dalla sua risposta.
«Ne sono lieto.» affermò Kirk, stringendo lievemente l'abbraccio.
«Ma una cosa mi incuriosisce: è normale per voi umani salire sui letti altrui, specialmete quando essi sono già occupati?» chiese, ancora incredulo.
«No.» sorrise «Non sempre. Non in situazioni come questa.»
«E cosa ti ha spinto a farlo?»
«Tu.» rispose dolcemente «Me lo hai chiesto tu.»



Kirk aprì la porta che Amanda gli aveva indicato. La stanza era spoglia, ampia e spaziosa, ricca di luce e così... così simile e adatta al suo proprietario. Proprietario che in quel momento si trovava sdraiato su uno dei pochi mobili presenti, un letto al centro della camera.
Si avvicinò e gli si inginocchiò a fianco, non volendo sprecare ulteriori secondi per prendere la sedia vicino alla scrivania e portarla lì, ma nemmeno volendo violare lo spazio del vulcaniano sedendosi sul bordo del giaciglio. 
La figura era immobile e pallida, quasi un cadavere, e se Kirk non avesse saputo che Spock era semplicemente malato, lo avrebbe preso come tale. Quella carnagione spenta gli faceva gelare il sangue, quella visione di cera gli fece salire alla mente il dubbio che forse la lieve influenza di cui sospettava potesse essere qualcosa oltre la sua conoscenza, molto più grave di ciò che aveva immaginato.
Con timore portò la mano a sfiorare il braccio che gli si trovava vicino, disteso sopra il sottile lenzuolo. Freddo. Levò subito la mano. La sua pelle non aveva sentito nulla di quel calore che sul ponte di comando era stato capace di circondarlo e di fluire dentro di lui.
«Mh...»
Un sussurro, un lamento infastidì il silenzio ghiacciato.
«Nh... Non...»
Kirk si sporse di più, avvicinando l'orecchio al volto del vulcaniano.
«Non andare...»
Kirk rimise la mano sul bicipite che pochi attimi primi aveva osato toccare.
«Non vado da nessuna parte.» mormorò.
Cominciò a muovere la mano su e giù per l'arto, comincindo un lieve massaggio, sperando in quel modo di trasmettere un pò di calore a quel corpo altrimenti troppo freddo. E dal lieve colore verde che si stava espandendo sugli zigomi del suo Ufficiale Scientifico, capì che era la cosa giusta da fare. Scese fino a ricoprire la mano dalle dita lunghe e affusolate con la sua, la sollevò e la strinse forte con entrambe le mani, accarezzando lentamente ogni falange, strofinando il palmo con i polpastrelli, premendo forte lì dove le vene si mostravano senza vergogna sul polso. Portò le loro mani verso le sue labbra e lì le poggiò, immobili. Rimase così, osservando il corpo che secondo dopo secondo riacquistava la tinta di quella sera, le labbra e i muscoli del viso che perdevano la loro tensione, il petto che si alzava e scendeva con regolarità.
Desiderava avvicinarsi ulteriormente.
«Vieni da me...» bisbigliò Spock.
Avrebbe voluto seguire quel consiglio, ma non poteva farsi guidare da un delirio.
«Vieni da me...» disse nuovamente «Sentimi...»
Sentiva il suo controllo scivolargli sotto le dita, sapeva che un'unica ulteriore parola avrebbe infranto quel sottile vetro che ancora gli impediva di ricadere sopra quelle coperte.
«Sentimi...»
E fu troppo. Troppo perchè Kirk rimanesse lì immobile.



«Spero di non essere stato troppo invadente.» disse Kirk, che eppure non riusciva a pentirsi di essersi avvicinato così tanto a quel corpo che tra le sue braccia aveva cominciato a riprendere calore, a risvegliarsi, che dal freddo immobile dell'inverno si era destato nel caldo turbinoso dell'estate.
«Il tuo tocco non lo è mai.» rispose Spock, riversando in quelle parole tutta la dolcezza che quel giovane gli destava nel petto.
Kirk portò una mano a coprire l'occhio destro del vulcaniano, che nel frattempo si era girato tra le sue braccia fino a mettersi sul fianco, permettendo loro di guardarsi pienamente, di bere delle loro visioni.
«Ho faticato per trovarti. Mi è stato impedito. Ma non sono riuscito a starti lontano.»
«Mio padre...»
«Sì, e in parte l'ammiraglio Nogura.»
«Ma sei venuto lo stesso.»
«Con un pò di aiuto. Un impertinente uomo in divisa.»
«Gli dobbiamo molto.»
«Moltissimo.» concordò Kirk «Grazie a lui finalmente posso fare ciò che non ho potuto fare lì, sul ponte dell'Enterprise, quando ti ho visto svanire davanti a me...»
«E cos'è che hai tanto voluto ma che non hai avuto il tempo di fare?» chiese Spock, speranzoso di vedere se il suo desiderio, quello che lo aveva urtato appena alle sue orecchie era giunto il suono di quella voce, quella che lo aveva chiamato e guidato nei suoi sogni, era il gemello del desiderio che si nascondeva in quegli occhi luminosi, in quelle mani ferme e in quelle labbra socchiuse.
E quando proprio quelle labbra sfiorarono le sue, un flusso di felicità vagò per tutto il suo corpo, risvegliato dalla consapevolezza che la sua voglia era pienamente incontrata dall'uomo a cui mai avrebbe potuto rifiutare nulla.
La sua mente catalogò ogni sensazione, ogni tocco e rumore. Era la prima volta che si lasciava andare in questo modo, che permetteva al suo corpo di reagire e di offuscare la sua mente, la prima volta che si lasciava toccare. Ma tutto ciò sembrava giusto. Era giusto. Sapeva essere giusto.
Afferrò la mano che ancora era appoggiata al suo viso e la strinse, incrociando le dita, facendo aderire i loro palmi, sentendo attraverso quel contatto il battito del cuore di James che leggermente accelerava, sempre di più... fino a quando quel lieve tocco di labbra terminò e i due tornarono a guardarsi, le parole sospese nell'aria. Anche solo il suono dei loro respiri sembrava essere di troppo.
«James.»
«Shhh... non dirre nulla.»
«Devo.» rispose con convinzione.
«Allora parla. Ti ascolto. Adoro il suono della tua voce. L'ho adorata fin dal primo momento in cui l'ho sentita, quando essa era l'unico aiuto nei miei sogni, l'unica guida.» disse, portando due dita a sfiorare la bocca del suo amato. Amato. Sì, sentiva di avere il diritto di attribuirgli quel sostantivo.
«E' stato... stranamente non riesco a trovare il giusto aggettivo per definirlo.»
«Bellissimo? Favoloso, eccezionale, incantevole, meraviglioso, magnifico... perfetto?» suggerì, con un ghigno angelico sul viso e con una luce negli occhi che poteva essere facilmente paragonata alle fiamme dorate del sole.
«Potrei descriverlo così, se volessi diminuire il suo valore.» affermò Spock, con un lieve tocco di sorriso che andò a piegargli le labbra e a mostrarsi apertamente nei suoi occhi.
«E pensa che puoi riviverlo tutte le volte che vuoi...»
«Tutte le volte che voglio...»
«Semp...»
Kirk non potè finire, perchè le sue labbra furono nuovamente bloccate in un bacio, e poi un altro, ognuno diverso dall'altro, eppure tutti uguali nel bisogno, nella delicatezza, nella grazia, nell'urgenza e nella necessità.
Ma non si spinsero oltre, perchè per ora quello bastava. Per ora il solo fatto di essersi ritrovati era tutto ciò che importava, il solo fatto di potersi finalmente toccare e sentire era il sogno che da tempo cercavano di esaudire.



Nel frattempo Sarek aveva fatto ritorno a casa. 
Amanda lo accolse col sorriso sulle labbra, come ogni altro giorno. Sarek trovava questo suo comportamento innocentemente illogico, ma ogni volta non poteva fare a meno di sentire un flebile senso d'affetto battere contro le barriere del suo controllo.
«Ci sono novità sulla salute di Spock?» chiese come prima cosa. 
Non lo dava a vedere, ma Amanda sapeva bene quanto suo marito fosse preoccupato per suo figlio.
«Non ancora, ma confido che ce ne saranno presto.»
Sarek alzò un sopracciglio a quella risposta emblematica.
«E' successo qualcosa di cui non sono al corrente?» chiese, conscio che sua moglie avrebbe risposto con sincerità alla domanda, che mai gli avrebbe mentito.
«Marito mio...»
«Si?»
«Siediti.»
Sarek semplicemente obbedì. Amanda gli si sedette a fianco e gli prese la mano.
«Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?»
«Non potrei mai dimenticarlo.» rispose, stringendo lievemente la presa.
«Ricordi quello che ti ho detto?»
«Mi hai detto, e cito testuali parole, "ho visto qualcosa nei tuoi occhi, e non ho potuto fare a meno di esserne affascinata".»
«E tu mi hai risposto di aver visto la stessa cosa nei miei.»
«Devo ammettere che sono numerose le volte in cui riesci a farmi comportare in maniera altamente illogica.»
Amanda rise, di una risata giovane come quella di una bambina.
«In maniera umana, vorrai dire. "Illogico" e "umano" non hanno lo stesso significato.»
«Ma spesso sono sinonimi.»
Amanda rise di nuovo.
«Vero.»
Entrambi rimasero in silenzio per qualche istante, finché Sarek non lo ruppe.
«Moglie mia, non mi hai ancora detto cos'è accaduto.»
«Ho visto di nuovo quella luce.»
Sarek la guardò dritta negli occhi, impietrito; rinforzò le sue barriere e tentò di riprendere possesso della sua mano per intrecciarla sul grembo. Ma Amanda non glielo permise.
«Non mi fraintendere. Io sono e ti sarò sempre fedele.» disse, enfatizzando le sue parole dando una lieve stretta alla mano del marito «Ma Spock...»
«Sono sollevato dalla tua confessione,» si addolcì nuovamente il vulcaniano «ma continua: voglio sapere di nostro figlio.»
«Ho ragione di affermare che Spock... Spock ha incontrato la sua luce.»
«Ne sei certa?»
«Certissima come solo una madre può. E fra poco te ne renderai conto anche tu.»
Proprio in quel momento Sarek e Amanda udirono il rumore di passi avvicinarsi.
Spock e Kirk entrarono nella stanza.
«Padre.» lo salutò Spock con un piccolo inchino del capo.
«Figlio mio, vedo che ti sei ripreso.»
«Pienamente.» affermò, sfiorando deliberatamente la mano di James mentre parlava. «Padre, lui è James, Capitano dell'Enterprise.»
In un primo momento i pensieri di Sarek si rivolsero agli eventi dei giorni passati e alla disubbidienza del figlio, ma un istante dopo la sua mente si riappacificò, notando quel semplice gesto di complicità fra i due uomini.
«Buongiorno, Ambasciatore.» salutò Kirk, riuscendo a ristabilire parzialmente la sua famosa aura di comando.
«Benvenuto nella mia dimora, Capitano Kirk.» rispose sinceramente l'anziano vulcaniano «Mi rammarico del fatto che dovremo salutarci presto: se non sbaglio domani dovrà cominciare la sua missione.»
«Non si sbaglia. E riguardo a questo, sono venuto qui per...»
«Per portare mio figlio con sè.» lo anticipò Sarek.
«Esatto. So che lei non...»
«Sono certo che Spock sarà un ottimo Ufficiale;» lo interruppe Sarek per la seconda volta «possiede tutte le capacità fisiche necessarie e sono sicuro che tra non molto tempo anche la sua mente raggiungerà la tranquillità opportuna. E confido che lei sarà parte della sua crescita.»
Aveva riconosciuto i sintomi, li aveva già visti in passato e lui stesso li aveva provati. Ma non si era arrischiato a fare una diagnosi. Non era a conoscenza che suo figlio avesse incontrato qualcuno... qualcuno di "speciale", come avrebbe detto sua moglie. Ma il fatto di vederlo ora, dinnanzi a lui, pieno di energie... c'era solo una spiegazione possibile. Ed era che suo figlio si era finalmente ricongiunto con la persona che era stata capace di disordinargli la mente, di danneggiare le sue barriere; la persona da cui Spock non poteva più essere separato, per il suo benessere fisico e mentale, per la sua stessa felicità. 
Detto ciò si alzò accompagnato dalla moglie e si diresse verso i due giovani fino a fermarglisi davanti. Prese tra le sue una mano del figlio e una del Capitano, le portò a contatto e si allontanò di un passo.
«Spock, fino a un'ora fa la mia volontà era quella di impedirti un tale viaggio, ma dopo aver visto questo,» disse indicando con un cenno del capo la coppia «mi rendo conto di non potermi intromettere. E conoscendoti, anche se lo facessi il mio giudizio non ti fermerebbe.»
«E' il suo modo per darti la sua benedizione.» disse Amanda «E tu, James,» aggiunse rivolgendosi all'umano «sono contenta di averti incontrato e ti sono enormemente lieta per aver portato la serenità a mio figlio.»
Detto questo li baciò entrambi sulla fronte e con un sorriso materno augurò loro tutto il bene possibile.



Quando la nave entrò in curvatura le stelle sfilarono veloci sull'enorme visore della plancia.
Il Capitano dell'Enterprise era seduto sulla poltrona al centro del ponte di comando, affiancato alla sua destra dall'Ufficiale Scientifico.
Stava cominciando una nuova avventura e molti imprevisti si sarebbero succeduti sul loro cammino, ma entrambi avevano l'animo tranquillo. Entrambi potevano contare sul proprio compagno, confidare nel suo affetto e supporto.
A loro insaputa il loro amico bizzarro, spavaldo e dai poteri quasi soprannaturali li osservava divertito, soddisfatto del suo lavoro. 

E con il viso rivolto verso le stelle, tutti vissero felici e contenti.
   
 
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