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Autore: BornOfVengeance    27/01/2014    3 recensioni
Un James Hetfield un po' speciale, all'età di 31 anni, decide di trascrivere alcuni passaggi della sua vita per ripercorrere tutto quel che gli è accaduto e riconnettersi al suo passato, per lui ancora doloroso, con la speranza di far vivere ai lettori tutto quello che ha provato in prima persona.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Open Your Eyes

Anche se non l’avrei mai scelta come professione, io adoro davvero tanto scrivere, lo faccio ogni volta che posso ed è una vera liberazione per me. Non scrivo quasi mai per uno scopo ben preciso e scrivo poco spesso cose sensate, scrivo di cose che solo io posso capire, questo mi fa sentire potente, cosa che nella mia vita non sono mai stato ma che dopo tutto, non sono mai voluto essere veramente. L’unica cosa che in effetti ho sempre voluto è la felicità, adesso voi penserete “chi non vuole essere felice?” beh...in effetti credo che quasi nessuno voglia essere infelice e anche se qualcuno che lo vuole c’è, io rispetto il suo modo di essere, ma io volevo essere felice. Inutile dire che la mia storia non inizia in modo felice, anzi, tutto il contrario e non credo che vi dirò adesso se sono o non sono riuscito ad esserlo, ecco il perché di questi giri di parole! Per la prima volta in vita mia voglio scrivere e farlo in modo serio, voglio scrivere di qualcosa di concreto, di qualcosa di sensato, di qualcosa che incuriosisca la gente, che la spinga a chiedersi “e cosa succede poi?!” voglio scrivere di quello che amo, delle persone che adoro e che mi sono sempre state vicine, voglio che tutti le visualizzino e le amino proprio come le ho amate io e voglio che chi legga odi i miei nemici proprio come li ho odiati io, voglio che voi, che leggete, vediate con i miei occhi, sentiate le diverse sensazioni che ho provato con il mio corpo...insomma, che diventiate me, voglio fare anche vostre le mie disgrazie, le mie conquiste e tutto quello che seguirà in questo racconto, quindi badate di stare attenti, perché dovrete visualizzare tutto esattamente come l’ho visto io, dovrete farvi un’idea delle persone e vedervele quasi davanti mentre le descrivo e ne parlo, vi servirà molta immaginazione per fare tutto questo, e chi non ne è provvisto...beh, che se la procuri! Faccio tutto questo soprattutto per rimanere con i piedi per terra, per ricordare da dove vengo, cosa ho passato, le persone che ho incontrato, conosciuto e perso, per provare sentimenti che, una volta provati, non si possono più provare con la stessa intensità. Tutto questo mi servirà anche per farmi un esame di coscienza, per capire se certe cose che sono accadute le meritavo o no, se determinati eventi sono serviti o no a farmi diventare quello che sono oggi e magari per essere un po’ più comprensivo e clemente con me stesso nelle notti in cui non riesco ancora a dormire pensando a quello che ho passato. Sono James Hetfield, ho trentuno anni e parlo direttamente alle persone determinate a leggere tutto questo, almeno quanto me che lo scriverò e dico a chi pensa di non farcela di non mollare, tutti hanno una possibilità per qualunque cosa, tutti.
Adesso manca poco, vi spiegherò bene come funziona. Dato che ho una memoria fotografica, ricordo tutto, da quando avevo quattro anni, ogni minima stronzata, io me la ricordo, quindi narrerò la storia dal principio e dai miei diversi punti di vista che cambieranno in base all’età. Il mio proposito più grande è quello di non romanzare troppo le cose e non farle apparire troppo epiche, spero solo di riuscirci, ora sapete tutto.
E adesso veniamo a noi.

 
James Hetfield,Anno1967

che confusione! Tutti corrono dappertutto, se mamma non urlasse tanto io non riuscirei a capire che la sorellina sta nascendo, penserei solo che tutto è come gli altri giorni, solo un po’ peggio. Papà mi urla qualcosa, ma io non lo ascolto, non voglio ascoltarlo, poi mi prende in braccio e mi porta fuori per poi correre di nuovo in casa ed uscire pochi minuti dopo con in braccio la mamma, tutta rossa, che continua ad urlare. In questo momento decido che non avrò figli, troppo complicato per i miei gusti. Salgo in macchina e tengo la mano alla mamma che, vedendomi, mi sorride, uno dei suoi bellissimi sorrisi rassicuranti, che mi aiutano ad accettare tutto, anche la nascita di una sorella. Per tranquillizzarmi ha anche smesso di urlare, adesso si limita a delle smorfie di dolore ogni tanto, io ho comunque paura che qualcosa vada storto. Papà guida con aria infuriata, è meno paziente del solito e ho paura che sbotterà da un momento all’altro.
Grazie a dio siamo arrivati all’ospedale, un dottore dal viso simpatico ha portato mamma a partorire e adesso mi guarda tutto sorridente, forse spera anche lui di tranquillizzarmi, o almeno di capire cosa sto provando, di vedere anche una piccolissima traccia di una qualunque emozione nel mio viso, ma io sono intenzionato a non far trapelare niente, non piangerò, non sorriderò, non farò nulla che possa lasciar intravedere qualcosa, se nessuno mi parlerà, rimarrò muto per tutto il giorno, anche per tutta la settimana se è necessario, tanto potrei benissimo riuscirci. Il dottore mi lancia un ultimo sguardo e poi, purtroppo per me, mi fa la classica domanda.

<< Figliolo, sei contento? Stai per avere una sorellina! >>
<< No >>
<< No? Come no? >>
<< No e basta. >>

Mi siedo accanto a papà in sala d’aspetto, la mamma gli ha chiesto di non entrare con lei per starmi vicino, lei è la sola che capisce come mi sento anche se non batto ciglio per nulla. Voleva che lui mi stesse vicino per aiutarmi ma, come sempre, non se la sta cavando molto bene. Un po’ mi dispiace per lei, finche sarà una bambinetta rincoglionita e non capirà un cazzo sarà felice, poi aprirà gli occhi e si disilluderà, a quel punto saranno guai perché vedrà le cose esattamente come stanno, io forse ho aperto gli occhi troppo presto, lo dice anche la mamma quando papà la fa piangere, loro credono o sperano che io sia, non solo sordo, ma anche stupido e non li senta litigare tutte le maledette sere, ma ovviamente si sbagliano, loro, soprattutto papà, non sanno cosa ci sia nella mia testa, pensano che io sia un bambino e che non abbia pensieri miei, ma nella mia testa brulica sempre il caos, anche se da fuori non si direbbe proprio.
Finalmente, circa un’ora e mezza dopo, i dottori chiamano papà, dicendo che è andato tutto bene nonostante abbiano dovuto praticare il parto cesareo alla mamma. Entrato nella camera vedo la mamma che, sfinita, sta sul letto con gli occhi chiusi e più in la ecco la culletta con la mia sorellina dentro, di cui non so nemmeno il nome. Papà mi incoraggia a ad avvicinarmi di più, poi mi prende in braccio, così che io possa vedere la mia sorellina dentro la culla, mentre sta avvolta in una copertina rosa, con gli occhi azzurri e grandi spalancati, senza fiatare.

<< E’ bella vero? Si chiama Lisa >>

Io non rispondo, proprio come faccio la maggior parte delle volte che papà mi parla, poi sento la voce della mamma che mi chiama, così mi divincolo dalle braccia di papà e corro da lei, salendo sul suo letto e sedendomi nel bordo libero.

<< Come sta il mio animaletto ? >>
<< Bene, e tu? >>
<< Bene tesoro. Hai visto la sorellina? E’ una bimba tranquilla e non ti darà fastidio >>
<< E’ bella >>
<< Non fare quel faccino, vedrai che le vorrai bene >>

Mi limito ad annuire e mi sforzo di sorriderle. Poco dopo un’infermiera viene a dire a me e a papà che dobbiamo uscire e che la mamma deve riposare, l’indomani potremo portare lei e la sorellina a casa. Questo è il momento che temevo di più, il momento in cui io e papà rimaniamo da soli, non abbiamo mai nulla da dirci e stiamo sempre in silenzio, io lo faccio più che altro per non farlo sbottare, o sarebbero grossi guai e questo farebbe addolorare la mamma. Torniamo a casa e lui prepara due panini, che mangiamo a tavola in silenzio, dopo lui va a guardare la televisione e io vado in camera mia e mi addormento abbracciando un maglione della mamma.
***
L’indomani papà mi sveglia presto per andare a prendere la mamma e Lisa e io non me lo faccio ripetere due volte, salto giù dal letto, impaziente di rivedere la mamma. Arrivati in ospedale prendiamo la mamma e Lisa, papà metta un paio di firme e così siamo liberi di andare. Appena la mamma mi vede apre le braccia così che io possa farmi abbracciare, le vado incontro e affondo il viso nel suo petto, mi sono quasi venute le lacrime agli occhi, ma le ho ricacciate subito indietro, nessuno deve vedermi piangere, nessuno. Arrivati a casa Lisa comincia a piangere, la mamma dice che lo fa quando ha fame, così lei inizia ad allattarla al seno e la piccola si calma. Dopo poco arriva la notizia.
<< James la piccolina dormirà in camera con te. >>
Dice in modo freddo papà, addolcendo lievemente la voce sulla parola “ piccolina”. Vedendo la mia espressione la mamma decide di cercare di recuperare la situazione.

<< Sarà carino no? Adesso avrai qualcuno che ti farà compagnia >>

Li guardo con la solita espressione senza emozioni ed entro in camera mia, dove poco dopo papà inizia a montare la culla di Lisa, che dalla prima volta che ha pianto non ha più aperto bocca. Non appena mamma la porta in camera da me, finalmente riesco a fare il primo passo del processo di rassegnazione.

<< Mamma, posso prenderla in braccio? >>
<< Certo animaletto mio, vieni qui, avvicinati >>

Faccio come mi dice e tendo le braccia per riceverla, la mamma la poggia con delicatezza ed io posso finalmente guardarla. Io e lei ci somigliamo ed entrambi somigliamo alla mamma, ha già dei piccoli e sottili capelli biondi, occhi grandi e azzurri come i miei, forse un po’ più scuri e anche il suo piccolo nasino somiglia al mio. Per la prima volta in un paio di giorni sorrido con sincerità, lei è carina e posso accettarla, ma soprattutto, devo proteggerla, non sa che guaio ha combinato decidendo di nascere in questa famiglia.

<< Ti piace? >>
<< Si, tanto >>
<< Bravo il mio animaletto! Da adesso dovrai proteggerla >>
<< Lo so. Avete avvisato John? >>
<< Lo chiamiamo fra un po’ >>

John è il mio fratellastro, è nato dal primo matrimonio di mio padre e ha dieci anni in più di me, in questo momento è in Canada con lo zio Jerry, che gli aveva promesso di portarcelo. Se io sono il preferito di mamma, lui è quello di papà, e tornerà fra un paio di giorni, non ho mai capito se gli voglio bene. Poco dopo papà gli telefona e gli parla come se fosse un grand’uomo, tutto contento nel sentire che tornerà fra un paio di giorni e la rabbia mi sale dentro. La rabbia, l’unico sentimento che riesco a distinguere fra tante cose confuse. Guardo un’ultima volta Lisa della sbarre della culla e poi mi metto a letto, addormentandomi profondamente.


Bene gente! Ormai avrete capito che non riesco a stare un attimo senza scrivere qualcosa di nuovo, quindi ecco la mia nuova proposta, spero vivamente che vi piaccia! Spero anche che il sito non dia problemi come ha fatto in passato, quindi scusatemi se qualche volta una battuta salta o delle parole si storpiano. Detto ciò ringrazio chi ha letto ed ha intenzione di continuare. Al prossimo capitolo!!
  
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