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Autore: ladyvampiretta    28/01/2014    6 recensioni
Layla è destinata a morire tragicamente, così hanno deciso gli angeli. Castiel, però, ignaro di tutto, le salva la vita. I loro destini si incroceranno in un turbinio di amore e morte che li porterà ad attraversare l'Inferno e il Paradiso per sfuggire alla sorte avversa.
[Dalla storia]
"« Devo tenerti d'occhio... » continuò « ... corri un grave pericolo »
Rimasi colpita « Eh? Quale pericolo? » sbottai.
Castiel rimase impassibile « Ti vogliono morta »
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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MENEA

 

La prima cosa che mi colpì fu l'odore. Non eravamo più all'Inferno... eravamo tornati.

Il profumo del prato, l'odore di casa... era proprio come lo ricordavo. Non riuscivo a crederci: ero davvero uscita dall'Inferno?

Con lo sguardo perso, cercai quello di Castiel, che mi teneva per la vita. Lui inclinò la testa, assumendo quell'espressione di confusione infantile che tanto adoravo. Subito dopo mi rivolse un sorriso carico di sott'intesi. Sì, ero tornata a casa.

 

I giorni successivi furono traumatici. Mi svegliavo nel cuore della notte urlando. Nei miei sogni, rivivevo il trauma dell'Inferno... tutte le torture subite nei due mesi che ero stata lì sotto. In quei momenti, non riuscivo più a respirare e le lenzuola attorcigliate intorno alle caviglie mi facevano sentire come ancora legata su quella poltrona delle torture. Tornavo alla realtà tremante di paura e Castiel mi abbracciava, ricordandomi che ero di nuovo a casa.

Era passata circa una settimana e gli incubi non smettevano, così l'angelo mi portò dai Winchester. Mi spiegò che anche Dean era stato all'Inferno, ma non due ore come me... ma ben quattro mesi.

« Quindi quarant'anni... » mormorai, con la voce inclinata dal terrore.

Trovammo i cacciatori in un bar del Wyoming mentre il maggiore dei Winchester era intento a conquistare la barista, un'avvenente ragazza dai capelli rossi e ricci. A quella vista, chiesi a Castiel di riportarmi a casa. Non volevo disturbare Dean nella sua "caccia". L'angelo però, afferrò il maggiore del Winchester per una spalla e lo obbligò a voltarsi verso di noi. Non sembrò neanche tanto sorpreso. Magari Castiel, durante la mia assenza, gli aveva parlato del patto con Crowley. Ci condusse fino al motel dove alloggiava con il fratello e mi fece sedere sul letto, accanto a lui. Castiel e Sammy ci lasciarono soli per un po'. Malgrado fossimo entrambi a disagio, Dean non mi mise fretta. La prima cosa che mi chiese fu "Come stai?". Solitamente, quando si fa questa domanda, si dà poca importanza alla risposta. Si risponde con un "Bene", il più delle volte falso, giusto per non star lì a spiegare il perché di quella bugia. Ma con Dean fu diverso: era sinceramente interessato alla mia risposta. Ovviamente non stavo bene.

Il cacciatore mi fece raccontare quello che mi era successo e mi ascoltò senza interrompermi. Mi fece poche domande, ma bastarono per farmi sfogare. Gli spiegai tutte le mie frustrazioni, le sofferenze, i drammi. Il mio corpo reagiva con spasmi e lacrime ai ricordi delle torture di Crowley, ma Dean lasciò che tutto venisse fuori. Ascoltai anche il suo racconto, i suoi "anni" passati all'Inferno. Malgrado i ricordi dell'Ade fossero come una lama conficcata nell'anima, parlare con qualcuno che aveva condiviso quel dolore mi fece sentire meno sola. Castiel mi aveva consolata, ma l'essere capita da chi c'era già passato era un'altra cosa.

« Sai già che quei ricordi non se ne andranno mai... devi solo trovare il coraggio di rilegarli in un angoletto... è il massimo che tu possa fare » mi disse, comprensivo.

Solo in quel momento capii quanto dolore quel ragazzo si portasse dentro. Il Dean che avevo conosciuto era tosto, sfrontato... ma era solo una maschera che nascondeva la sua fragilità. Non lo aveva mai dato a vedere. Era tutto nascosto dietro quei suoi occhi smeraldo.

 

Dopo qualche giorno, seguendo il suggerimento di Dean, riuscii a rilegare quei ricordi in un angolo della mia mente. Certo, gli incubi non potevano sparire così, di punto in bianco, ma per lo meno, nei sogni, riuscivo a capire cosa fosse reale e cosa no.

Il fatto che non mi svegliassi più nel cuore della notte urlando, sembrò far tornare il sorriso anche all'angelo. A completare il tutto, decisi di mentirgli, dicendogli semplicemente che mi sentivo bene. Non mi sembrava il caso di continuare a torturarlo dicendogli che i ricordi c'erano ancora...

Una mattina, Castiel mi strattonò fino alla cucina, impaziente.

« Allora, ho tutti gli ingredienti che servono per l'evocazione » disse, con voce carica d'emozione. Non vedeva l'ora di evocare Menea per diventare umano. Mi mostrò tre diversi sacchetti e un barattolo contenente uno strano liquido rosso e nero. Decisi di non indagare.

Si affaccendò per cercare una ciotola, dandomi le spalle « Sam e Dean mi hanno dato una mano, da solo non ce l'avrei mai fatta... per questo ero in ritardo » mormorò. La voce gli cedette nell'ultima parte della sua affermazione. Venni percorsa da un brivido e non risposi. Non mi aveva abbandonata... aveva ritardato per noi, per trovare l'occorrente per evocare Menea.

E diventare umano.

Abbassai lo sguardo, a disagio. All'Inferno l'avevo odiato perché credevo mi avesse abbandonata, invece...

Tornò indietro e posò il tutto sul tavolo. Mi avvicinai e vidi dei segni di bruciature. Era tutto l'incantesimo per evocare Menea. Passai con l'indice sopra le incanalature, titubante.

Ce l'avevamo fatta: avremo evocato il caduto e sarebbe cominciata la nostra vita da umani. Mi risultava abbastanza difficile da credere.

« Che cosa ti prende? » domandò, facendosi scuro in volto.

Scossi la testa « Niente, è solo un pensiero » mormorai in un sussurro.

Mi guardò, confuso. Scossi nuovamente la testa.

« E' veramente finito tutto? » domandai, incredula.

Castiel non rispose. Mi lanciò un'occhiata ingenua e sorrise.

« Sì, penso di sì »

E riprese a mescolare gli ingredienti.

 

Castiel pronunciò l'incantesimo inciso sul tavolo dal fuoco.

Erano parole in latino, frasi che invocavano la comparsa di colui che custodiva la magia degli angeli stessi. Sembrava più un ordine che una mera richiesta.

Appena l'angelo finì di pronunciare la formula, i segni di bruciature sul tavolino scomparvero, come ad evidenziare che nessun altro avrebbe potuto evocare una seconda volta Menea.

Fuori si alzò un vento furioso che cominciò a far battere le persiane. Ci fu un lampo, seguito da uno scoppio. Mi voltai a guardare fuori dalle finestre, preoccupata da quel cambio climatico così repentino.

« Salve fratello » disse una voce alle nostre spalle.

Mi voltai di scatto.

Davanti a noi, si era palesata una figura.

Era alta e staturaria, dai capelli biondi e ricci che gli arrivavano alle spalle. Le iridi erano castane. Indossava dei pantaloni neri e una camicia bianca dalle maniche lunghe con sopra un gilet nero. La posa era rigida.

"Gli angeli sono soldati" mi aveva detto una volta Castiel. Guardava l'angelo, impassibile, gli occhi freddi e inespressivi.

Castiel gli rivolse lo stesso sguardo « Menea... » disse a mo' di saluto.

Il caduto spostò gli occhi su di me e mi rivolse un semplice cenno del capo.

« Devo dedurne che qualche demone ha infranto l'accordo che aveva con me » disse, altezzoso. Dalla sua voce, sembrava perfino arrogante « Castiel, mi hai evocato per uccidermi? »

Il modo naturale con cui lo disse mi lasciò perplessa. Non ci temeva per niente?

L'angelo al mio fianco fece un passo avanti « No, Menea, ti ho evocato perché ho bisogno del tuo aiuto » asserì.

Menea sembrò rilassarsi e fece una mezza risata beffarda « Il mio aiuto? Strano, voi angeli "buoni" » disse, mimando le virgolette « non provate un odio insano verso noi "peccatori"? » continuò, con enfasi.

« Sì, » fu la risposta secca di Castiel « Ma il favore che devo chiederti supera l'odio che ho nei confronti dei caduti »
L'angelo caduto ci rivolse l'ennesimo sguardo beffardo. Incrociò le braccia e spostò il peso sulla gamba sinistra, piegandola leggermente.

« E quale sarebbe? »

Mentre i due parlavano, io mi sentivo esclusa. Il gelo che intercorreva tra i due era palpabile.

« Voglio diventare umano » disse in modo solenne Castiel.

In quel momento, un tuono squarciò il silenzio notturno.

Rabbrividii.

Menea sembrò cambiare totalmente, davanti a quelle parole. Mi guardò e sorrise, per la prima volta senza alcuna malizia nello sguardo.

« Vuoi diventare umano per lei? » domandò il caduto, rivolgendomi un sorriso dolce.

Lo guardai, confusa. Il suo cambio di comportamento mi stava facendo girare la testa. Un attimo prima era arrogante e glaciale, un secondo dopo si comportava come un amico di vecchia data.

Anche l'angelo accanto a me si rilassò « Sì ». Mi avvolse la vita con un braccio e mi avvicinò di qualche millimentro a se'.

Menea scoppiò in una risata liberatoria.

« Oddio ragazzi, mi avete fatto sudare freddo! Sono secoli che scappo dai miei fratelli »

Lo guardai, sconcertata. Cos'era? Un pazzo psicolabile? Probabile. Aveva dei cambi di umore troppo repentini per essere ritenuto "normale". Mi lanciò l'ennesima occhiata e si sedette sulla stessa poltrona su cui si era seduto Crowley.

« Ah, l'amore » disse, con un tono di voce strano. Da una parte sembrava sognante, ma le dita conficcate nella poltrona esprimevano l'esatto opposto.

Quell'angelo mi faceva paura.

"L'imprevedibilità ha sempre un vantaggio in uno scontro." pensai senza staccargli gli occhi di dosso.

Era bello come tutti gli angeli.

"Bello e temibile."

Castiel lo guardava, impassibile, mentre in me l'agitazione era palese: spostavo di continuo il peso da una gamba all'altra, mentre le dita tamburellavano frenetiche in vita.

Menea diede un colpo ai braccioli del divano e sorrise.

« Vi aiuterò »

 

« Avete carta e penna? » domandò, volgendo lo sguardo su di me. Annuii e corsi in camera da letto. Tra i libri, tenevo un blocco note sempre pronto all'uso. Quando tornai in salone, sentii un'aria pesate aleggiare nella stanza. Castiel teneva le spalle rigide e le iridi puntate su Menea, il quale sorrideva sornione.

Lanciai un colpo di tosse per annunciare il mio ritorno. Gli occhi dei presenti si spostarono su di me.

« Perfetto! » mormorò il caduto, togliendomi carta e penna dalle mani e cominciando a scrivere febrilmente. Mi porse il pezzo di carta subito dopo.

« Quando avrete tutti questi ingredienti, preparate il rituale mettendoli in una ciotola nell'ordine che vi ho scritto e tu... » disse, indicando Castiel « dovrai pronunciare le parole "Accipe me fati" ». Pronunciando quelle parole, sembrò tornare ad essere un soldato. La sua voce era neutra, ma le dita tambirellavano lungo la coscia in modo da scandire i secondi.

Osservai le parole scritte sulla lista. Non ero niente di macabro e scabroso e ne fui lieta.

Passai il foglio a Cas che lo esaminò rapidamente. Gli si allargò un bellissimo sorriso sul volto.

« Abbiamo praticamente tutto! » e così dicendo, si volatizzò dalla stanza.

Tornò mezzo secondo dopo con dei barattoli in mano. Li poggiò sul tavolo.

« Manca solo una foglia di Alianto* » sussurrò, scrutando il pezzo di carta. Un fruscio d'ali e Castiel sparì ancora una volta. Io ero rimasta ad osservarlo mentre faceva avanti e indietro in modo frenetico. Sentii ancora una volta uno sbattito d'ali e l'angelo era di ritorno con una foglia in mano.

« Dove sei stato? » chiesi curiosa, mentre lasciava cadere l'ultimo ingrediente nel recipiente.

« In Cina » mormorò, mentre osservava la foglia posarsi lentamente sul fondo.

Strabuzzai gli occhi. Sapevo che Castiel poteva volare via e tornare in poco tempo, ma ne rimanevo sempre sorpresa.

Lanciai un'occhiata a Menea, ma lui si guardava i piedi. Sembrava... imbarazzato? Che ne era stato dell'angelo soldato?

Tornai a guardare la mia creatura celeste. Prese un ago e si punzecchiò l'indice. Subito, comparve sul dito una goccia rossa.

« Il mio sangue è l'ultimo ingrediente » e così dicendo, la goccia bagnò la foglia.

Gli passai una scatola di fiammiferi.

C'eravamo.... c'eravamo davvero. Era arrivato il momento decisivo.

Il cuore mi batteva all'impazzata, l'eccitazione si impadronì di me. Ce l'avevamo fatta, da quel momento, Castiel sarebbe stato un umano e nessuno si sarebbe messo in mezzo. Le parole degli angeli non avevano più senso. Qualunque fosse stato il problema, io e Cas lo avremmo affrontato insieme. L'amore aveva vinto sugli angeli, sui demoni, sul dolore e sulla paura. Avevamo vinto e la nostra vita sarebbe cominciata un attimo dopo.

Castiel mi sorrise. Era così bello, la perfezione fatta a persona. Neanche il più bel dipinto del mondo, il tramonto più mozzafiato avrebbe potuto competere con lui.

Mi prese il viso tra le mani e lo avvicinò a se' con dolcezza. Mi lasciai trasportare dal suo tocco e le sue labbra premettero dolcemente sulle mie.

« Il mio ultimo bacio da angelo » soffiò sul mio viso.

Il cuore mi scoppiava, sentivo che tutto andava bene.

Castiel lasciò la presa su di me. Accese un fiammifero e lo lanciò nella ciotola.

Con la coda dell'occhio, vidi Menea mordersi il labbro. C'era qualcosa che non andava nel suo sguardo.

Oh no.

La consapevolezza che qualcosa non sarebbe andato nel verso giusto mi pervase. Lanciai un'occhiata al caduto, spaventata. Menea mi guardò, un ombra di colpevolezza gli oscurò lo sguardo. Il cuore cominciò a martellarmi nel petto.

Mi voltai di scatto per urlare al mio angelo di fermarsi.

« Fer... » ma non ci riuscì, Castiel mi precedette.

« Accipe me fati » disse in tono solenne.

Sgranai gli occhi. Il mio sguardo corse da Castiel a Menea. Quest'ultimo, mi guardò e con il labiale mimò due parole.

"Mi dispiace" e scomparve con un battito d'ali.

Afferrai il mio angelo per la manica del trench, guardandola, inorridita. Per una manciata di secondi non accadde nulla.

Poi fu la luce.

Un bagliore bianco e puro avvolse Castiel, il quale cominciò a contorcersi dal dolore. Sembrava che la luce lo stesse avvolgendo nelle sue spire fino a soffocarlo. Il bruciore raggiunse la mia mano, ancora salda sull'impermeabile dell'angelo. Istintivamente, dovetti mollare la presa. Urlai dal terrore con tutto il fiato che avevo in gola. Castiel si sollevò da terra mentre le sue urla irrompevano nell'aria. Avrei preferito morire che sentirlo gemere in quel modo. Mi lanciai su di lui nel disperato tentativo di portarlo con i piedi per terra. Piegai le ginocchia e mi diedi la spinta. Mi librai in aria, pronta ad afferrare Castiel, ma quando feci per afferrarlo, il bagliore sembrò essere risucchiato verso il soffitto, mentre la forza di gravità mi attirava nuovamente a se'.

Castiel era sparito insieme alla luce.

 

Non so per quanto tempo rimasi ferma, immobile, al centro della stanza con lo sguardo perso nel vuoto, fisso nel punto esatto in cui era sparito Castiel.

La mia mente era andata in standby, non riuscivo a formulare un pensiero coerente.

Castiel, il mio angelo, il mio amore... andato.

Il cuore mi si strinse in una morsa mentre il gelo mi avvolgeva.

Castiel non c'era più.

Menea ci aveva ingannati.

Dovevamo sospettarlo, era stato troppo facile.

"Castiel non c'è più" pensai, mentre quelle parole mi rimbombavano in testa. Le ginocchia cominciarono a tremarmi e caddi carponi a terra. Non sentivo più niente se non il vuoto incolmabile che la sua assenza mi aveva lasciato.

Mi accorsi che stavo piangendo solo quando delle goccie mi picchiettarono sulle mani. Le urla di Castiel erano ancora una lama che mi fendeva l'anima.

Era colpa mia se il mio angelo era stato portato via. Castiel stava pagando per una colpa che non aveva.

Solo il Paradiso poteva generare quella luce. Castiel era stato portato sù dagli angeli per avermi amata.

"Devi morire per una colpa del tuo passato" le parole di Zaccaria si fecero strada in me. Qualsiasi fosse stata la mia colpa, avrei preferito di certo morire che lasciare Castiel nelle mani dei suoi fratelli.

Lui, un essere celeste, pagava per colpa mia...

Imprecai con tutto il fiato che avevo, pregandoli di riportarmelo, pregando di non torturalo. Sapevo che le mie parole non sarebbero state ascoltate.

Cominciai a picchiare i pugni sul pavimento fino a sentire la mano indolenzita. Urlai ancora e ancora. Gli angeli non sarebbero stati benigni con lui, ne ero certa. Aveva disubbidito ai loro ordini troppe volte, non sarebbero passati oltre.

Non avevo modo di salvarlo, non questa volta.

In un libro avevo letto che per andare in Paradiso, serviva essere santo o una creatura celeste. Io non rientravo in nessuna delle categorie.

Non mi restava che fare l'unica cosa sensata: chiedere aiuto ai Winchester.

 

 

 

 

 

 

*[Ailanthus altissima - in italiano "albero del paradiso" ]

 

  
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