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Autore: Hypnotic Poison    10/06/2008    3 recensioni
“BIP! Ciao Gab, sono Sharpay! È da un sacco che non ci sentiamo, e proprio quando ti chiamo tu non ci sei? Ma che fine hai fatto? E poi dicevano che ero io la Regina di Ghiaccio! In ogni caso, ti ho chiamata perché invitarti al Red Rose Club ad Albuquerque, domani sera alle nove! Saprai meglio di me che giorno è, vero? Chad ha deciso di dare una festa, così mi ha chiesto di chiamarti..."
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gabriella Montez, Troy Bolton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La luce che filtrava dalle tende socchiuse la svegliò

La luce che filtrava dalle tende socchiuse la svegliò.

 

Si stropicciò gli occhi con una mano, spostandosi poi i capelli all’indietro.

 

Focalizzò un attimo il luogo in cui era: la sua camera da letto ad Albuquerque.

 

Non ricordava molto di ciò che era successo dopo che aveva litigato –di nuovo- con Troy: l’unico ricordo confuso erano Chad e Taylor che la riaccompagnavano a casa e la mettevano a dormire.

 

Il resto era tabula rasa, ma forse non era nemmeno accaduto altro.

 

Si mise a sedere sul letto, tenendosi la testa tra le mani; tra lo champagne, drink e le lacrime, le era venuto un mal di testa che avrebbe ucciso un elefante.

 

Si alzò traballando, scese in cucina e aprì l’armadietto dei medicinali, in cerca di un analgesico.

 

-Aspirina e caffè!- ricordò il rimedio consigliatole da Tay.

 

Mentre accendeva la macchinetta, guardò l’orologio, che segnava le dieci. E appeso al frigorifero, un bigliettino, proprio come quando era adolescente: Sono andata a fare la spesa, torno presto! Baci, mamma.

 

Sorrise appena, poi versò il liquido bollente in una tazza e ingoiò la pastiglia.

 

Improvvisamente, il cellulare al piano di sopra squillò.

 

Gabriella corse veloce al piano di sopra, ma non fece in tempo a prendere il telefonino che questo smise di suonare; qualche istante dopo, però, sul display apparvero le parole Hai ricevuto un nuovo messaggio nella segreteria telefonica.

 

Si accigliò, pensando a chi l’avrebbe potuta chiamare, e digitò il numero della segreteria.

 

“BIP! Sono io. Voglio parlarti. Ci vediamo a mezzogiorno al bar dietro la scuola. È importante. BIP!”

 

Rimase ferma tutto il tempo del messaggio, senza respirare. Troy l’aveva chiamata per avere un appuntamento con lei, per parlare.

 

Pensò subito di non andarci, non dopo quello che era successo la sera prima. Poi, però, capì che non poteva deluderlo un’altra volta.

 

E aveva un disperato bisogno di vederlo, anche solo per sentirsi dire che non avrebbe più voluto vederla.

 

Riattaccò con la segreteria e compose il numero di Taylor.

 

“Pronto?” rispose con voce assonnata quest’ultima dopo qualche squillo.

 

“Mi ha chiamata, Tay. Dice che mi vuole vedere al bar dietro la scuola a mezzogiorno!” spiegò tutto d’un fiato.

 

L’amica si passò una mano tra i capelli: “Ma chi?” borbottò.

 

“Troy! Chi vuoi che sia stato?”

 

“Ah, giusto…” Taylor ripiombò sul cuscino, stanchissima “Cosa pensi di fare?”

 

Gabriella si morse un labbro: “Non lo so. Tu cosa dici?”

 

Vacci. Altrimenti continuerai a pentirtene.

 

La mora fissò il suo riflesso nello specchio tondo dal bordo rosato: “Sei sicura?”

 

Certissima…” rispose lei, ad occhi chiusi e pronta a riaddormentarsi.

 

“Va bene, grazie. Poi ti racconto!” Taylor riagganciò e posò il cellulare sul comodino.

 

Lei, che di norma era una mattiniera, non vedeva l’ora di poter continuare a dormire.

 

Sprimacciò un po’ il cuscino e si rimise giù, al fianco di Chad che non aveva sentito niente, e che aveva poggiato il braccio sopra di lei.

 

-Povera Gabby…- pensò prima di crollare –Spero soltanto che tutta questa faccenda si risolva bene…-

 

La cantante, intanto, si era seduta sul letto, con un grave problema per la testa: cosa mettersi?

 

Non aveva pensato a portarsi del ricambio: il suo piano originale prevedeva dormire a casa della madre –fatto-, mettersi la prima tuta che avrebbe trovato e ripartire per Los Angeles appena dopo pranzo.

 

E invece era arrivato quel fulmine a ciel sereno.

 

Sospirò, prese di nuovo il cellulare e chiamò Sharpay, sperando di trovarla sveglia.

 

-Rispondi, ti prego, rispondi…- pensò disperata.

 

Al quarto squillo, finalmente la bionda rispose: “Gabby… che c’è?”

 

“Ciao, Shar… posso venire da te ora?”

 

“Beh, certo. Ma perché?”

 

Gabriella si alzò subito e corse giù: “Ho bisogno di un vestito. Poi ti spiego quando arrivo.”

 

 

###

 

 

“Sharpay, ma hai tutto rosa!!

 

Lei sbuffò: “Non esagerare adesso, Gabry! Diciamo solo che la maggior parte dei miei vestiti è rosa. Ma adesso vedrai che troveremo qualcosa per te…”

 

Gabriella lanciò un’occhiata preoccupata all’orologio: “Sì, ma sbrighiamoci che sono già le undici.

 

“Che ne dici di questo?” Sharpay le mostrò un abitino argento, lungo sopra al ginocchio, senza maniche.

 

La mora alzò un sopracciglio: “Shar, è il caffè dietro la scuola, non il ristorante sulla Main Avenue!”

 

“Va bene, va bene!” la bionda lo rimise a posto “Allora sul casual: jeans, maglietta e ballerine!”

 

Gettò queste cose sul letto: i pantaloni, una canottiera lunga bianca, un maglioncino marrone aperto e delle ballerine di pelle bianche.

 

Gabriella le osservò: “Dici che andranno bene?”

 

Lei la guardò: “Tutti i miei vestiti vanno bene, tesoro. E ora forza, a cambiarti!”

 

Dopo l’operazione di vestizione, la cantante dovette subire anche quella del trucco.

 

Finalmente, a mezzogiorno meno un quarto, Sharpay la ritenne pronta: “Perfetto, puoi andare!”

 

L’amica infilò gli occhiali da Sole e prese fiato: “D’accordo. Allora vado.

 

Sharpay sorrise e la spinse: “Vai, che è tardi! Poi mi racconterai!”

 

La fissò entrare in macchina dalla finestra, senza smettere di sorridere. Si sentiva piacevolmente realizzata; in fondo, era stata lei a farli cantare insieme, no? Quindi in un certo senso aveva contribuito.

 

“Zeke!” chiamò, non appena lo vide passare per il corridoio.

 

Lui ritornò sui suoi passi e la guardò interrogativo, asciugandosi i capelli bagnati con un asciugamano.

 

“Penso proprio che oggi Gabriella e Troy faranno pace. spiegò lei contenta “E tutto grazie a me.”

 

Il ragazzo la fissò: “Confare la pace’ intendi dire che si rimetteranno insieme?”

 

“Certo!” rispose la bionda, girando le mani verso l’alto “E’ ovvio che quei due si amano…”

 

“Ma… Troy è innamorato di Kay, lo sai. Le ha anche chiesto di sposarlo!”

 

Sharpay sbuffò: “Oh, non fare il pessimista! Bolton guarda Gabriella come quando stavano insieme. Con Kay è solo una cotta… e poi quella donna sarà anche un architetto, ma non ha assolutamente gusto!”

 

Zeke alzò gli occhi al cielo: “Se lo dici tu, Shar…”

 

E in fondo al cuore, pregò però che la sua ragazza avesse ragione.

 

 

###

 

 

Gabriella parcheggiò davanti al bar a mezzogiorno preciso.

 

Era talmente agitata che le tremavano le mani, le gambe e si sentiva le farfalle nello stomaco.

 

Scese dall’auto, ringraziando di riuscire a stare in piedi, ed entrò nel caffè.

 

Troy era già lì, seduto a uno dei tavolini vicino alla vetrata. Rigirava un cucchiaino nella sua tazzina che lei sapeva essere piena di caffè macchiato, a testa bassa.

 

Non potè far a meno di pensare a quanto fosse bello, anche con quella semplice maglietta bianca e i jeans beige.

 

Lo raggiunse, senza sedersi: “Ciao…”

 

Lui alzò di scatto la testa: “Ciao, Gabriella. Siediti, coraggio.

 

La ragazza si accomodò sulla sedia, togliendosi gli occhiali, e lui sorrise: “Sarai stupita da questo invito, no?”

 

Gabriella annuì, così Troy continuò: “Scusa se ho già preso un caffè, ma la cameriera ha insistito. Tu vuoi qualcosa? È ora di pranzo, ormai.

 

La mora scosse la testa: “Prendo solo un caffè, grazie.

 

Lui sorrise, chiamò la cameriera e ordinò il caffè per lei.

 

“Troy… perché mi hai chiamata?” esordì lei all’improvviso. Non ce la faceva più.

 

Il castano la guardò dritto negli occhi: “Non mi va di non sapere le cose. Soprattutto quelle importanti.”

 

Gabriella sostenne il suo sguardo con fierezza, ma in realtà dentro si sentiva sbriciolare come un vetro rotto.

 

“Un biglietto, Gabriella. È tutto quello che mi hai lasciato. Un fogliettino con scritto che mi amavi troppo, che avevi paura e che volevi rimanere sola. Ho dovuto rincorrerti fino a Los Angeles, litigare con la tua manager solo per poterti parlare. Per sentirmelo dire in faccia che mi stavi liquidando. la mora combatteva contro le lacrime mentre lui diceva tutte quelle cose “Ora voglio capire, davvero, il perché.”

 

“Te l’ho già detto, il perché…” mormorò.

 

“NO, non me l’hai detto! Cazzo, Gabriella!” Troy aveva alzato la voce “Perché devi sempre trattarmi così? Io ti amo, e ho il diritto di sapere!”

 

Gabriella abbassò gli occhi sulla sua tazzina: “Tu non devi amare me. Devi amare Kay.

 

Il ragazzo si abbandonò contro lo schienale della sedia: “Perché la tiri sempre fuori?”

 

“Perché è giusto così!” esclamò lei “Le hai chiesto di sposarti, state insieme da due anni, lei ti ama! È lei la donna che deve stare sempre nei tuoi pensieri!”

 

Troy le si avvicinò di scatto e sussurrò: “Come può essere nei miei pensieri se nel mio cuore c’è un’altra?”

 

“Dimenticati quest’altra…” Gabriella fece per voltare la testa, ma il ragazzo le prese il volto tra le mani e la costrinse a guardarlo: “Devo capire una cosa, Gab… baciami…”

 

Lei cercò di allontanarsi: “Perché? Lo sai che non servirà a nulla! Hai già preso un impegno, non tradire la sua fiducia!”

 

Ma Troy la ignorò, si sporse oltre il tavolo e la baciò con passione.

 

La mora non fece niente per fermarlo, anzi, si lasciò andare a quel sentimento che la invase tutta, affogandola nei ricordi di tre anni prima.

 

Quando si staccarono, si guardarono negli occhi: “E con questo?” balbettò lei.

 

Il ragazzo sorrise: “Con questo ho capito.

 

Gabriella deglutì: “Cosa?”

 

Lui continuò a sorridere: “Che mi ami.”

 

“Non capisco cosa ci sia da ridere.” affermò lei, ancora con il viso tra le sue mani “Ti ripeto, ti ricordo, Troy, che tu devi sposare Kay.”

 

Il castano si accigliò: “Perché devo?”

 

La cantante sbuffò: “Le promesse si mantengono, Troy. Tutte, dalla prima all’ultima.

 

Troy le fissò le labbra, passando il pollice sopra le sue guance: “Tu avevi promesso che saremmo rimasti sempre insieme…”

 

Gabriella rimase in silenzio. L’aveva incastrata, aveva rigirato la frittata. E adesso?

 

“Sai che odio arrendermi,” sentenziò lui “Sai che non lo farò.”

 

La mora alzò gli occhi al cielo: “Per l’amor di Dio, cerca di ragionare! Tu non-” ma il ragazzo bloccò le sue parole con un altro bacio.

 

“Mi conosci, Gab. Sai che non ragiono con la mente, ma con il cuore. Non sposerò più Kay, ora che ti ho ritrovata, perché sarebbe come tradirla giorno dopo giorno.”

 

Ma a quelle parole, Gabriella si alzò in piedi: “Non puoi farle questo, Troy, e lo sai. Dobbiamo guardare in faccia alla realtà: è impossibile, ormai. Per favore, lasciami andare. Non mi cercare più. Tanti auguri per il tuo matrimonio, e salutami Kay. Grazie per il caffè. Addio.”

 

E con il cuore in gola e fiumi di lacrime pronti a straripare dai suoi occhi, Gabriella si girò e corse via dal bar, lasciandolo ancora una volta seduto ad un tavolino, con la morte nel cuore.

 

 

###

 

 

Il numero cinque lampeggiava sul display della segreteria telefonica.

 

Gabriella spinse il tasto play e si sedette sul divano.

 

“BIP! Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Gabriella, tanti auguri a te!!” sorrise alle voci di Sharpay e Zeke che le cantavano quella canzoncina “Ehi, fantasma, quand’è che vieni a farci una visita? Ci dispiace non poter essere lì, quindi perché non scendi tu? L’elicottero è sempre pronto!! Un bacione! BIP!”

 

Ci fu un attimo di pausa, e poi partì il secondo messaggio: “BIP! Eh già, Gab, oggi è proprio il quattordici dicembre, e anche tu, tesoro mio, hai venticinque anni! Siamo vecchie, sorella!!Taylor era allegra come sempre “Anche Chad ti fa gli auguri, benchè adesso sia in palestra ad allenarsi con quegli spilungoni. Arriviamo domani e stiamo tutto il weekend, d’accordo? Porto una valigia vuota per le spese ed anche tutti i tuoi regali… sai perché Shar non può venire? No, immagino che non te l’abbia ancora detto. Beh, te lo dico io: aspetta un bambino!! Ce l’ha rivelato ieri… fai finta di niente!! A domani, baci, e auguri!! BIP!”

 

Sgranò gli occhi: Sharpay incinta?! Non ci poteva credere! Chissà che mamma sarebbe stata…

 

“BIP! Ciao Gabby, siamo Kelsie e Jason, direttamente dalla Francia! Siamo venuti a fare un viaggetto, ho accompagnato una mia alunna di pianoforte a fare un provino così abbiamo colto l’occasione! Ma non potevamo dimenticarci del tuo compleanno! Tantissimi auguri, ed un abbraccio! BIP!”

 

“BIP! Ehi, genietta, come te la passi? Quand’è che vieni ad Albuquerque? Dovrò aspettare ancora molto per mangiare i brownie di tua mamma?” Gabriella rise alla battuta di Ryan “Ma credo di starmi scordando qualcosa: auguri! Sei ad un quarto di secolo, mia cara! Non senti il peso degli anni sulle spalle?! Scherzo! Saluti anche da Martha!! Baci! BIP!”

 

“BIP! Ciao tesoro, sono la mamma! Tanti, tanti auguri di buon compleanno! Arriverò a Los Angeles per lavoro dopodomani, ti porterò il tuo regalo! Chiamami se hai tempo! Ti voglio bene! BIP!”

 

Sorrise di nuovo, e pigiò lo stop. Si alzò in piedi, sgranchendosi i muscoli.

 

Era stata una bella giornata. Anche se in fondo sapeva sarebbe potuta migliorare con solo una cosa in più.

 

Scosse la testa, e decise di farsi un bel bagno rilassante.

 

All’improvviso, il telefono squillò di nuovo.

 

Pensando che, vista l’ora, fosse una cosa di lavoro, inserì direttamente la segreteria telefonica e fece per andarsi a cambiare.

 

Ma non appena partì la chiamata che stava registrando, si bloccò.

 

“Ciao, sono Gabriella, lasciate un messaggio e vi richiamerò al più presto! BIP! Sono solo le cinque e hai già inserito la segreteria… questo vuol dire che non hai voglia di parlare con nessuno. E mi sembra strano, visto che giorno è oggi.

 

Gabriella sentì gli occhi riempirsi di lacrime, e si girò verso il telefono.

 

“Chissà, magari hai già sentito i messaggi degli altri. Avrai saputo di Sharpay, e ti sarai chiesta come sarà. E saprai che Tay ha intenzione di svaligiare tutti i negozi di Los Angeles. Magari adesso volevi cambiarti e farti un bagno caldo, proprio come fai sempre. Con i sali alla lavanda, quelli che usi sempre.

 

Piangeva in silenzio, ascoltando le sue parole, immaginandoselo ad Albuquerque, in una casa che forse condivideva con Kay, steso sul letto a parlare.

 

“Poi ti saresti messa l’accappatoio bianco, ti saresti seduta e avresti guardato la televisione. Forse gli highlights dei Lakers, ma non di certo quelli dei Red Hawks, vero?” sentì Troy ridere amaramente “Mi piacerebbe sapere cosa stai pensando adesso. Ora che sei nella tua casa di Los Angeles, al 4814 di Masfield Avenue.

 

Gabriella si accigliò: come faceva a saperlo?

 

“Probabilmente sei in salotto, ma non hai ancora acceso la luce. Penso che tu debba annaffiare un po’ i fiori, mi sembrano secchi… ma l’albero è molto bello, davvero.

 

Spalancò gli occhi, e si chiese di nuovo: come diavolo faceva a saperlo?

 

“Già, Gab… come faccio a sapere che hai dei fiorellini rosa davanti a una casa con la porta rossa?”

 

Mentre le lacrime le scivolavano lungo il collo, corse alla porta, la aprì e se lo trovò davanti, ancora a parlare al cellulare.

 

Troy sorrise e chiuse la chiamata: “Buon compleanno, Gabriella…”

 

Le si mozzò il respiro, non poteva crederci. Lui era lì, dopo due mesi che non si vedevano, dopo che gli aveva detto di non cercarla più.

 

“Co-cosa ci fai qui?” balbettò.

 

“So che non avrei dovuto cercarti, ma ti avevo promesso che non mi sarei arreso, Gab.” spiegò tranquillo “Ho lasciato Kay il giorno dopo che ci siamo incontrati al bar. Le ho detto che stavo mentendo sia a lei, sia a me.”

 

Gabriella sentiva la testa girare, non ci capiva più niente: “Co-come l’hai la-lasciata? P-perché Tay o gli altri n-non me l’hanno detto?”

 

Lui fece spallucce: “Gliel’ho chiesto io di tenere il segreto. Ed è stata proprio Taylor a dirmi dove abiti.

 

La mora si accigliò: “Ho come l’impressione che tutti abbiano sempre voluto che tu lasciassi Kay per me…”

 

Il castano sorrise: “Senti, posso entrare?”

 

Lei si fece da parte, confusa, poi chiuse la porta e lo guardò.

 

Bello come sempre, sorridente, felice. Come l’aveva sempre voluto. Ancora una volta, si chiese quale fosse stato il vero motivo della sua scelta così dolorosa.

 

Gli si avvicinò, posandogli una mano sulla guancia: “Sei sicuro di volere me?”

 

Troy sorrise: “Mai stato più certo…” si abbassò e la baciò, posandole le mani sulla vita e stringendola a lui.

 

Gabriella, senza smettere di piangere, intrecciò le braccia dietro al suo collo e rispose a pieno al bacio.

 

“Al piano di sopra…” mormorò dopo un po’.

 

Lui sorrise malizioso, poi la prese per mano e insieme salirono le scale.

 

 

###

 

 

Gabriella guardò Troy, steso a pancia in giù al suo fianco, che dormiva profondamente, con i ciuffi di capelli castani chiaro che gli ricoprivano il viso.

 

Sorrise felice, sedendosi sul letto: quello era il più bel compleanno della sua vita. 

 

Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra: il Sole era quasi tramontato, e tante piccole stelline stavano spuntando.

 

Troy si mosse, borbottando qualcosa, e lei rise intenerita.

 

Lo amava, accidenti se lo amava. E si dava mentalmente della deficiente per averlo perso per tre anni, solo per la paura.

 

All’improvviso, qualcosa che spuntava dalla tasca dei jeans del ragazzo, malamente buttati a terra, attirò la sua attenzione.

 

Prese la camicia da notte da sotto il cuscino, l’infilò e scese dal letto, curiosa.

 

Si accovacciò a terra e prese quella scatolina di velluto nero. Il cuore battè più forte.

 

Troy, in quel momento, allungò la mano destra e, non sentendo la ragazza vicino a lui, si tirò su di scatto: “Ah, Gab, sei lì…” bofonchiò.

 

“Troy… cos’è questo?” domandò lei, senza avere il coraggio di aprirla.

 

Lui arrossì, si sedette e si grattò imbarazzato la nuca: “Oh, ehm… beh, hai trovato il tuo regalo…”

 

Gabriella sgranò gli occhi, passando un dito sul velluto, e si voltò verso il ragazzo, che le fece segno di sedergli vicino.

 

Poi le prese il cofanetto dalle mani: “Ecco… avrei voluto dartelo magari in un ristorante, a cena, ma tu l’hai scovato prima, quindi…”

 

Lo aprì, rivelandole un anello con un piccolo diamante splendente.

 

Lei si portò le mani alla bocca, mentre già sentiva gli occhi inumidirsi: “Troy… dimmi che non è quello che penso…”

 

Il castano sorrise: “Avrei dovuto farlo tanto tempo fa, Gab… che ne dici?”

 

“Ma… ma Troy… noi non possiamo!”

 

Lo sguardo azzurro del ragazzo si fece triste: “Perché? Possibile che noi due non possiamo mai fare niente?!

 

Gabriella scosse la testa: “Ascoltami… prima di tutto, tu abiti ancora ad Albuquerque e io qui a Los Angeles e-”

 

“Esiste l’aereo, Gab, o l’elicottero di Sharpay!” l’interruppe “Ma sai benissimo che posso venire a giocare nei Lakers…”

 

“Troy, non siamo mai a casa, nessuno dei due! Ti ricordi com’era, vero? Ci incontravamo solo a sera tarda, troppo stanchi anche solo per mangiare!” esclamò lei.

 

Troy incrociò le braccia al petto: “E allora? Una volta non t’importava. E comunque, non è più così. Tu non devi fare i salti mortali per registrare un CD, ormai t’invitano da tutte le parti, io sono entrato nella squadra e non credo abbiano molta intenzione di lasciarmi andare.

 

Poi però si alzò in piedi: “Ma evidentemente sei tu che non mi vuoi, Gabriella. Sei tu quella che ha paura, non io. Io sarei disposto a viaggiare ogni giorno per stare con te, ma non vedo perché farlo se tu non lo vuoi.

 

Lei lo prese per un braccio, impedendogli di uscire dalla camera: “No, aspetta. Io… non c’è cosa che più vorrei al mondo, Troy. Solo… siamo pronti per una cosa del genere?”

 

Il castano si abbassò alla sua altezza: “Abbiamo passato cose peggiori di un matrimonio, Gab. Non sarà tanto male, vedrai. Prometto sin da ora che non lascerò troppe cose in giro.

 

Gabriella scoppiò a ridere, poi arrossì: “Solo una cosa…”

 

Lui annuì, così lei continuò: “Me… me lo puoi chiedere per bene?”

 

Troy rise, ma s’inginocchiò e le prese la mano: “Vuoi tu, Gabriella Anne Montez, nel giorno del tuo venticinquesimo compleanno, accettare di diventare mia moglie?”

 

La mora ridacchiò imbarazzata e fece di sì con la testa: “Sì, lo voglio, signor Troy David Bolton.

 

Il ragazzo le infilò l’anello al dito, poi la tirò verso di sé e la baciò.

 

Lei riprese a ridere senza una vera ragione se non la felicità, incrociò le braccia dietro al suo collo.

 

“E’ il più bel compleanno che abbia mai festeggiato…” mormorò poco dopo.

 

Troy sorrise, e le baciò la fronte: “Allora buon compleanno, Gab…”

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

Siamo così giunte alla fine della fic! Spero che vi sia piaciuta, perché non sono sicura di come è venuta fuori. Ve l’ho detto, mi ha ispirata Spiderman 2, e non c’entra assolutamente niente!

 

Ma ora ringrazio chi mi ha commentato lo scorso capitolo:

 

romanticgirl: in effetti, povera Kay, sedotta ed abbandonata… ma farò di tutto per mettere sempre insieme Troy e Gabriella, è una promessa!

 

Tay_: sei molto democratica, hai ragione su tutto! Già, Kay non se lo merita… però come si possono dividere quei due?!? XDXD Tvttb!

 

Ciokina14: Kay fugge molto lontano da te, anche se ora non ne ha più bisogno, visto che il nominativo “signora Bolton” lo prenderà Gabriella (lo prenderei volentieri anche io, tanto per fare un esempio) e la biondina rimarrà a bocca asciutta! Tvb!

 

Titty90: Le canzoni sono molto belle, posso assicurare! Magari te le mando via msn… ehi, il mio piccolo Troy non si tocca!! XDXD Spero che anche questo capitolo sia all’altezza degli altri! Bacione, ti voglio bene

 

 

Vi abbraccio strette tutte, e vi auguro buone vacanze!

 

Baci

 

 

Hypnotic Poison

   
 
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