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Autore: dilpa93    30/01/2014    10 recensioni
“Raramente i membri di una famiglia crescono sotto lo stesso tetto”
Richard Bach
*Parte della serie "Christopher Matthew Beckett"*
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Nuovo personaggio, Richard Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Christopher Matthew Beckett'
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“La vita dei morti si trova nella memoria dei vivi”
Cicerone



 
 
La tazzina produce un sottile tintinnio scontrandosi con il piattino coordinato quando Chris la poggia dopo aver bevuto, tutto d’un fiato, l’espresso.
Jim lo sorseggia lentamente gustandosi il sapore deciso. Lo ha sempre preso amaro, non vede il motivo di coprire il gusto intenso dei chicchi tostati con una, anche seppur minima, dose di zucchero.
“Allora, avrai un sacco di domande da farmi, anche se sono più che convinto che Katie ti abbia già raccontato tutto.” Aggiunge notando lo sguardo del figlio diretto verso il sidro. Facilmente intercetta i suoi pensieri. Il suo, probabile, domandarsi perché proprio l’alcol, perché scegliere un bicchiere come conforto o protezione dal dolore e non il calore e l’incoraggiamento di chi come lui stava soffrendo per quella perdita. Cosa aveva trovato di affascinante in quell’odore acro e aspro, in quel liquido ambrato piuttosto che trasparente. Eppure in quei momenti per lui il whisky aveva assunto il sapore più dolce del mondo. Un sapore in grado di fargli dimenticare per qualche ora che sua moglie non era più con lui, che riusciva a farlo rilassare e a svuotargli la mente. Ma con gli anni e le lacrime di Kate aveva capito quanto quel sapore lo avesse trasformato. Quanto avesse tramutato la gentilezza che lo caratterizzava in aggressività e cattiveria che aveva sempre creduto non appartenessero al suo animo. Aveva lasciato ogni bottiglia, riposto ogni bicchiere, allontanato da sé qualsiasi tentazione. Aveva preso i depliant delle comunità di recupero, lasciate in bella vista sul tavolo in soggiorno come monito a non crollare, e si era avvicinato al sidro di mele. Ancora ricorda la prima volta che ha assaggiato quel surrogato. Sembrava brutto brindare con il bicchiere vuoto e sua figlia era stata tanto premurosa da provvedere. Ma per farle capire come si sentiva, si era visto costretto a spiegarle che era come se a lei, impossibilitata dal bere caffeina, le avessero rifilato un decaffeinato spacciandolo per vero caffè.
“Anche tu ne avrai.”
“Le mie possono aspettare figliolo. Tu sei la mia priorità ora.”
“A dire la verità, ho solo una domanda...” Si sporge di poco, appena per controllare che Kate non lo senta. Non vuole mettere a repentaglio la sua stabilità emotiva, non dopo averlo già fatto al loro primo incontro. Lei è distratta, appoggiata al petto di Rick, semisdraiata con le gambe piegate e tenute vicino a sé. Intravede appena le loro mani sfiorarsi e i loro sguardi persi verso lo schermo della televisione accesa poco prima, così da permettere a lui e suo padre di avere un minimo di privacy.
“Parlami della mamma.” Sa quanto possa costare anche a lui, ma ha bisogno che qualcuno gli racconti di lei. Si è perso ogni cosa. La sua gioia per il primo giorno di scuola di Kate, i suoi dolci domenicali, il tempo che gli dedicava quando era ammalato e invidioso delle mille energie che invece riempivano sempre sua sorella. L’essere rimproverato perché non voleva fare i compiti, il suo entusiasmo alle partite di baseball che avrebbe continuato a giocare se solo la sua vita non fosse stata brutalmente stravolta.
“Non ricordi nulla di lei?”
“Io... si, qualcosa, ma sono più sensazioni che immagini. Ricordo il suo profumo, inchiostro e tè caldo. Il suono della sua voce... dolce quando ci metteva a dormire. La sua risata quando le facevamo qualche scherzo. Ma non riesco a ricordare il suo viso, i suoi occhi, non ci riesco.”
Poggia la mano sulla sua in quel gesto affettuoso e, con gli occhi lucidi, gli sorride inspirando a fondo per mantenere una parvenza di autocontrollo.
“I suoi occhi erano uguali ai tuoi. Lo dicevano tutti, in continuazione. Anche poco dopo la tua nascita, mostrando le tue foto in ufficio, non facevano che ripetermelo. “È uguale a Johanna. Stessi occhi”, fortuna che dopo è nata Katie per pareggiare i conti.” Entrambi ridono a quell’affermazione, una risata delicata che sembra farli avvicinare di più. “Era una donna fantastica. Aveva sempre una buona parola per tutti, la capacità di farti sorridere anche quando ogni cosa stava andando per il verso sbagliato. Una pazienza infinita, e credimi, con voi due di pazienza ce ne voleva tanta. Sai, Katherine ha cominciato a giocare a baseball a sette anni. La migliore della squadra, proprio come tu lo eri della tua.”
“Parli così perché sei nostro padre.”
“Parlo così perché è la verità. Allenamenti, partite, l’ostinazione di Kate quando vostra madre provava a convincerla a scegliere uno sport... diverso. Ricordo che una domenica pomeriggio aveva una partita di campionato importante, avevamo promesso di essere entrambi presenti. All’ultimo le hanno fissato una riunione per discutere di un caso singolare e di rilevante importanza per la sua carriera. Non ha potuto rifiutare. Pioveva quel giorno. Ricordo tua sorella che la cercava tra il pubblico. Poco prima dell’inizio della partita l’ho vista sorridere, mi sono voltato e lì c’era Johanna. Totalmente fradicia. Le guardai i piedi e notai le scarpe da ginnastica. Le teneva in ufficio in caso di emergenza. Si era fatta quattro isolati di corsa fino al campo con ancora indosso il tailleur. Tutto per non infrangere quella promessa.”
“Era speciale.” Sospira cercando di immaginarsela. Trafelata, zuppa, i capelli grondanti di pioggia, ma radiosa per essere riuscita ad esserci in quel momento tanto speciale per sua figlia. Se solo avesse potuto esserci anche per i suoi momenti speciali. Il primo saggio di pianoforte, la sua iscrizione al college. Nessuno è mai stato lì per lui. Neanche quella donna che aveva sempre creduto essere sua madre.
“Lo era davvero. E poi il suo sorriso... era radioso. Tua sorella ha preso da lei in questo. Sorrideva e non c’era nient’altro che potessi desiderare. Aveva questo potere ipnotico, era magico. Tutto in lei acquistava una luce diversa, anche gli occhi si illuminavano. Ma sai, da quando ti hanno portato via non è stato più lo stesso. Aveva perso la magia.”
“Mi dispiace.”
“Qui l’unico che deve scusarsi sono io. Non voglio più sentire quella parola uscire dalla tua bocca. Se fossi stato più attento quel giorno forse molte cose sarebbero state diverse. Non possiamo saperlo e non vale la pena rimuginarci sopra. Sei qui ora, è perfetto così, non credi?”
Chris annuisce versandosi un bicchiere d’acqua.
“Kate mi ha detto che è stata dura dopo la morte di mamma.”
“Si, lo è stato, soprattutto per lei. Ed è solo mia la colpa, non ho mai pensato al suo dolore. Le sarebbe servito averti accanto.”
“Mi sarebbe piaciuto poterci essere. Ma sembra stare bene ora.”
“È tosta, anche questo lo ha preso da vostra madre. Forte e caparbia. Ma se non fosse stato per Richard non sarei mai più riuscito a vedere sul suo viso la spensieratezza che aveva da bambina.”
“Me la ricordo. Era un piccolo tornado, sempre allegra e instancabile.”
“Instancabile lo è ancora adesso. Ma Richard... lui credo sia riuscito a tirare fuori una parte di lei ormai sepolta.”
“Quindi lui ci piace?”
“Decisamente”, ridacchia facendogli l’occhiolino.
“Peccato”, dice quasi un sussurro, “mi sarebbe piaciuto avere l’occasione di comportarmi da fratello maggiore. Qualche piccola minaccia magari...”
Kate sorride fra sé sentendoli, avendo teso l’orecchio in modo da non perdere nulla di quella conversazione. Tenta di accoccolarsi di più al petto di quell’uomo straordinario poco prima che un senso di nausea le agiti lo stomaco.
Si alza velocemente lasciando Rick con una sensazione di sconcerto e di vuoto.
“Qualcosa non va, ti senti male?”
“Devono essere state le verdure, avevano un sapore leggermente strano.”
“A me non sembrava.”
Vorrebbe potergli rispondere, magari rimarcando la sua ingordigia e l’incapacità di poter trovare qualcosa che non gli piaccia anche se obiettivamente sgradevole. Ripensa alla settimana passata in Thailandia quell’estate. Castle aveva dovuto insistere particolarmente per convincerla a prendersi un po’ di tempo per loro. Il lavoro era sempre tanto e lei non se la sentiva di prendersi ferie durante la stagione più impegnativa. Il caldo scatenava una bizzarra reazione nelle persone, aumentando improvvisamente il tasso di violenza ed aggressività. Ma Rick era riuscito a persuaderla, non ci aveva pensato due volte ad accettare dopo che lui le aveva detto che sembravano sposati da quarant’anni e ancora, invece, non avevano compiuto il grande passo.
Alla fine l’idea non si era rivelata malvagia, anzi, ripercorrendo i momenti vissuti era stata una trovata magnifica. Avevano visto posti splendidi, che neanche con la sua più fervida immaginazione credeva sarebbe mai riuscita a visitare. Provato cibi esotici e curiosi. Ma persino lei, l’impavida detective, aveva rifiutato all’offerta di locuste e ragni. Al contrario lui non si era certo tirato indietro.
Il solo pensarci adesso non aiuta il suo stomaco in subbuglio. Sale al piano di sopra con una certa celerità. Gli uomini presenti sentono solo una porta sbattere, non è difficile immaginare sia quella del bagno.
“Chi lo sa, Christopher...” bisbiglia Jim alzandosi dalla sedia avvicinandosi al figlio, “potresti doverti comportare da zio, invece che da fratello.” Gli lascia un paio di pacche sulle spalle, mentre sul viso gli compare un sorriso beffardo. Sorriso di chi ha già visto tante cose nella vita e sa riconoscere i segnali.
Come un segnale lo erano stati gli occhi lucidi di Kate quando era andata a parlarle un paio di settimane prima negando con assoluta certezza una sua gravidanza. “Sicuramente accadrà un giorno, ma non ora” aveva detto. Forse sarà costretta a ricredersi.
Osservando lo sconcerto sul viso di Chris, mentre sta raggiungendo Richard sul divano, gli lancia uno sguardo eloquente accompagnato da un’appena accennata scrollata di spalle. “Pensaci”, mima con le labbra per mantenere quella conversazione segreta alle orecchie del genero a pochi passi da lui.
Christopher alza il capo guardando in cima alle scale, come se potesse vedere Kate che nel bagno, appoggiata con le mani alla base del lavandino, si interroga davanti allo specchio sul perché di quel malore.
Pensandoci... perché no, suo padre potrebbe aver ragione.
E, fantasticando su quell’intuizione, gli torna alla mente ciò che ha detto Richard Bach, “Raramente i membri di una famiglia crescono sotto lo stesso tetto”. Per lui è stato così, eppure ora si trova davanti ad una splendida opportunità, alla possibilità finalmente di crescere con la sua famiglia accanto e di poterla veder crescere.





Diletta's coroner:

E anche questa è giunta alla fine.
Troppo zucchero per i miei standard, mi sa che mi sto ammalando, deve esserci un virus in giro :p
Grazie a chiunque sia soffermato a leggera questa piccola, piccola cosa!
Buona serata
Baci
  
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