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Autore: Diamante Narcissa Uchiha    31/01/2014    2 recensioni
Storia partecipante al contest [Multifandom e Originali] Poesie in prosa di AmahyP
Eric ha perso la persona che amava di più al mondo: il suo Alan.
Torna a casa dopo la sua morte, riflette e trova qualcosa d’inaspettato.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Humphries, Eric Slingby
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Alan and Eric, who live after the death in love songs'
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Storia partecipante al contest [Multifandom e Originali] Poesie in prosa di AmahyP
Titolo: “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”
Autore (forum e EFP se sono diversi): DiamanteSutcliffe – Diamante Narcissa Uchiha
Fandom (se scelto): Kuroshitsuji/Black Butler
Pairing: shonen-ai
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico
Rating: Giallo
Introduzione: Eric ha perso la persona che amava di più al mondo: il suo Alan.
Torna a casa dopo la sua morte, riflette e trova qualcosa d’inaspettato.
Avvertimenti: AU

 
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”
Si chiuse piano la porta alle spalle, questa emise un rumore sordo e la serratura scattò con un suono metallico.
Sospirò pesantemente e vi si appoggiò: lui non c’era più.
Lo sguardo era basso, gli occhi vuoti, le braccia lasciate lungo i fianchi, le guance rigate dalle lacrime piante mentre tornava a casa.
Era ormai quasi un’ora che aveva lasciato lui, pallido e freddo sul suo letto d’ospedale.
Quando tutto era successo, lo avevano sollevato di peso dalla sedia su cui aveva giaciuto per giorni, al suo fianco, le sue mani erano state strappate da quella di Alan, il suo viso aveva lasciato violentemente il petto di lui.
Lo avevano costretto ad andare a casa e a riposarsi...
«Hai appena perso l’amore della tua vita, Eric. Vai a casa per favore. » Grell e la sua solita premura. Di certo, lui era stato molto più cortese dei medici.
Appena gli infermieri lo avevano lasciato fuori dalla stanza, l'amico gli si era avvicinato, gli aveva accarezzato una guancia e stretto una mano nelle sua.
Gli aveva sussurrato così piano quelle parole, quell'invito così allettante ma al contempo doloroso, quasi fosse stato un segreto, come se in quel corridoio ci fosse stata una folla e non solo loro. Non voleva che qualcun altro sentisse, che qualcun altro intaccasse quel dolore troppo intenso.
Eric lo aveva guardato, lasciando perdere la trama delle mattonelle che, a poco a poco, stavano acquisendo sempre più attrattiva, e notò come gli occhi di lui fossero lucidi, il modo in cui cercava di rimanere sereno pur nascondendo un'infinità tristezza.
Lo ringraziò anche lui a bassa voce. Grell sorrise appena e gli frizionò un poco la schiena, indirizzandolo all'uscita.
Rimasto solo, il rosso guardò all'interno della stanza, dove, tra i camici bianchi, il viso pallido di Alan gli spezzò il cuore alla prima occhiata.
 
Camminò verso il soggiorno ed a tentoni cercò l'interruttore sulla parete alla sua destra. Lo trovò e accese la luce.
Le librerie che ricoprivano la quasi interezza dei muri furono illuminate così come il resto del mobilio che arredava la stanza.
Le guardò, le librerie, ad una ad una: pochissimi libri erano propri, la maggior parte erano di Alan: era lui il lettore di casa.
Le sue labbra si tirarono in un sorriso di pochi istanti, in quanto calde lacrime avevano ricominciato a bagnargli il viso.
Non riusciva ancora a concepire che lui non sarebbe più tornato in quella casa, che non gli sarebbe più stato accanto.
Non avrebbe più ascoltato la sua voce quando leggeva mentre era seduto sulla poltrona e gli si poggiava sulle ginocchia, quasi fosse un bambino.
Non avrebbe più potuto abbracciarlo da dietro alla mattina, quando preparava la colazione.
Non avrebbe più baciato le sue labbra, accarezzato la sua pelle, non avrebbe più avuto il suo corpo caldo contro il proprio.
Si asciugò gli occhi con la manica della camicia e si diresse verso una delle scansie in legno.
Sfiorò con l'indice e il medio le copertine dei volumi fino a soffermarsi su uno in particolare.
Lo estrasse e ne guardò la copertina: Alan l'aveva personalizzata, sigillando un rametto di erica sulla superficie bianca con una speciale pellicola era così fiero di quel libro, non che il suo preferito.
Spesso lo leggeva, pur essendo un racconto per bambini, lo adorava anche più di qualcosa adatto alla sua età di ventiquattrenne.
Si sedette sulla poltrona che era solito ospitare lui e lo aprì.
La scritta “Una casa di melograni di Oscar Wilde” si ergeva sulla pagina completamente bianca. Girò ancora.
Le parole che tante volte aveva sentito uscire dalla bocca di Alan ora erano sotto i suoi occhi; ogni sillaba era un colpo al cuore. Lui non c’era più.
Sfogliò le pagine velocemente quando, improvvisamente, un fogliettino uscì e gli cadde sulle cosce.
Chiuse il libro, lo mise tra la sua gamba e il bracciolo e prese il piccolo pezzo di carta: a quanto pareva vi era scritta sopra una poesia.
Riconobbe la scrittura di Alan, di quando era ancora un suo studente all’università, che recitava:
 
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.”
(Eugenio Montale)
2 marzo 2011
 
La rilesse più e più volte e le lacrime si affacciarono ancora ai suoi occhi.
Era di certo impossibile che Alan avesse preveduto tutto ciò che era successo in quegli ultimi mesi, a quei tempi non si era ammalato nemmeno una volta, per quella poesia sembrava essere stata scritta apposta per loro.
Le scale le avevano percorse sia letteralmente sia figurativamente: gradini su gradini dal loro appartamento al reparto d’ospedale in cui tentavano di curarlo e la loro vita insieme, seppur durata relativamente poco, era stata costellata da scalinate tal volte coperte da un morbido tappeto, tal volte tappezzate da cocci e chiodi che pungevano i piedi.
Seppur tutte le difficoltà che li aveva fatti spesso desistere, erano rimasti l’uno accanto all’altro senza lasciarsi mai.
Riguardò ancora la poesia.
Una fitta lo prese al cuore e un singhiozzo soffocato si sprigionò dalla sua gola.
Quante volte lo aveva aiutato offrendogli il braccio? Quante volte lo aveva aiutato a fare anche le cose più semplici, quando anche gli occhiali erano risultati inutili?
Eppure quegli occhi, seppur cechi, riuscivano sempre a vedere dentro la sua anima, al di là delle parole, a leggerla come uno dei libri che amava tanto.
Alan capiva come si sentiva, Alan sapeva quale sarebbe stato il suo destino.
«Eric, devi andare avanti, qualsiasi cosa accada. Il mondo ha ancora bisogno di te.» gli aveva sussurrato un giorno, mentre con incertezza gli accarezzava i capelli.
Lo aveva abbracciato di slancio allora, e se l’era stretto al petto: non avrebbe mai voluto lasciarlo andare.
Eppure… Eppure l’aveva fatto, aveva dovuto contro la sua volontà. Il destino era stato crudele e se l’era preso prim’ancora che potesse rendersene conto.
Era stato così felice con lui, nulla, sembrava, avrebbe rovinato quell’idillio. Tuttavia…
Accarezzò le parole della poesia, quasi fossero petali di un fiore delicato.
Incredibile, vera, dolorosa, piena d’amore, insostenibile.
Appoggiò la testa allo schienale e si lasciò andare a un pianto liberatorio; ancora una volta.
Ormai aveva perso il conto di quante volte le lacrime gli avevano rigato le guance.
-Alan…- quel piccolo sussurro si diffuse nella stanza, quasi lui avesse potuto sentirlo e raggiungerlo in salotto. Quanto avrebbe voluto che succedesse.
Strinse il fogliettino in una mano e il libro nell’altra. I ricordi più profondi erano conservati in quella carta.
Li avrebbe protetti, li avrebbe salvati da tutto; lo avrebbe fatto per dare ancora una chance a se stesso, per rendersi finalmente custode e adempiere al meglio il suo compito: Alan gli era sfuggito dalle mani come un alito di vento ma per quel libro e per quella poesia non avrebbe commesso il medesimo errore.
Sarebbe stato più forte per conservare le uniche cose che più di ogni altra gli avrebbero tenuto nel cuore il suo amore.
-Vivrò, per non lasciarti andar via.-


Dia's Time
Incredibilmente ce l'ho fatta! :D
Tante cose sarebbero dovute essere approfondite ma il tempo è stato ed è tiranno quindi non sono riuscita a realizzare tutto come avrei voluto. -.-
Anyway, aspetto i vostri commenti! ;-)

 
   
 
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