Libri > Le Cronache di Narnia
Segui la storia  |       
Autore: _joy    31/01/2014    9 recensioni
"... Tu sei giusta per me. E io ti voglio per me. In modo egoista, folle e assolutamente deciso. Non voglio nessun’altra. Non sceglierò mai nessun’altra. Voglio te e solo te. Voglio che tu mi sposi, che passi la tua vita con me. Voglio che invecchiamo insieme. Voglio che tu sia la madre dei miei figli. Voglio tanti figli e voglio crescerli con te. Voglio passare le mie giornate con te al mio fianco, voglio ascoltare i tuoi consigli e voglio studiare con te qualsiasi cosa ti appassioni. E voglio che tu sia accanto a me ogni notte della mia vita, da oggi… alla mia ultima notte"
Cosa accadrebbe se Hermione Granger venisse catapultata a Narnia e incontrasse il principe Caspian? E se quel mondo magico fosse minacciato da un'antica nemica? E se quell'antica nemica fosse legata misteriosamente a Gellert Grindewald? Chi potrebbe salvare Narnia, allora?
[Caspian/Hermione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Jadis
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Grande Magia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
banner


A Giulia, perchè non riesco a non pensare a quanto mi sarebbe mancata

 

La Casa di Aslan era uno dei posti più strani e affascinanti che Hermione avesse mai visto.
 
E sì che di posti strani lei ne conosceva qualcuno.
 
Interamente scavata nella terra e nella pietra, si sviluppava sotterraneamente e sopra di lei si dispiegava la pianura.
Solo una collina sorgeva, indisturbata, dalla terra e, sotto di essa, poche rovine di un piazzale circondato da colonne.
 
Caspian le aveva spiegato che, al tempo della guerra contro Miraz, la Casa di Aslan era integra, ma durante la battaglia i due eserciti si erano scontrati sulla pianura e avevano provocato molti danni.
Incoronato re, Caspian aveva poi tentato di farla ricostruire, ma un affossamento del terreno ne aveva completamente ostruita una parte considerevole.
Lo stesso accesso, un imponente passaggio di pietra, era quasi invisibile ormai, seppellito com’era dalla vegetazione.
«Ora non sembra, lo so, ma il portale di accesso spezzava la collina» le disse Caspian «L’architettura era antica, le pietre intagliate a mano… e nella collina spuntavano finestre, camminamenti e persino un terrapieno che fungeva da posto di osservazione per molti uomini»
Hermione si guardò attorno, perplessa.
Lei vedeva solo una pianura dissestata, con l’erba e le piante che avviluppavano una pietra ormai poco visibile.
Eppure, Caspian la condusse con passo sicuro verso la collina e, tra le pietre, individuò con precisione un passaggio angusto.
«Vieni dietro di me. Attenta ai gradini»
 
Se non l’avesse avvertita, probabilmente lei si sarebbe rotta una gamba, come minimo.
Entrando a tentoni, sentiva massi ed asperità sotto le suole degli stivali ma era difficile poter dire se c’era un appiglio sicuro e dove esso fosse.
Ma Caspian era lì: le prese la mano e la guidò con sicurezza nei primi passi all’interno, dove il buio era talmente fitto che la lama di luce proveniente dall’ingresso aveva più un’aria inquietante che rassicurante.
Con le dita strette a quelle di lui, Hermione mosse un paio di passi esitanti, poi gli finì addosso.
«Ahi!»
«Scusa» rispose lui, lasciandole la mano «Non muoverti, aspetta un secondo»
Dopo un attimo, Hermione vide una scintilla di luce.
Caspian aveva acceso una torcia, grazie a una pietra focaia.
«Accidenti. Degno del miglior talento scout» commentò.
«Grazie… aspetta, devo ringraziarti? È un complimento?»
Lei annuì.
«Tu non sai accendere un fuoco? Come fai nel tuo mondo?»
«Uso la bacchetta magica…»
 
Alla luce della torcia, lei lo fissò, speranzosa, ma lui scosse il capo.
«Hermione, ne abbiamo parlato… lo sai che…»
Lei mugugnò e abbassò gli occhi, muovendo un paio di passi nella grotta.
Irragionevolmente, Caspian si sentì in colpa: le aveva spiegato che restituirle la bacchetta era una responsabilità enorme, perché Narnia non era pronta per accogliere la magia.
Ma, trovandosi a guardare una Hermione così desolata, si sentì male.
«Ehi» le prese la mano per trattenerla «Ora non tenermi il muso»
«No che non lo faccio»
Ma Hermione sfuggì il suo sguardo, quindi lui le posò una mano sotto il mento e gentilmente le fece alzare il viso.
Si guardarono, alla luce della torcia.
«Invece sì» riprese «Hermione, mi dispiace, ma ti ho spiegato che la magia a Narnia…»
Lei sospirò e lui tacque.
Dopo un attimo, la ragazza disse:
«Quello che non vuoi capire è che la magia è una parte di me. È come se ti dicessi che non puoi più cavalcare o…leggere…o respirare. Come reagiresti?»
«Ma tu puoi fare tutte queste cose!» ribatté lui, spiazzato.
«Sì, certo, ma è un esempio di cose che tu fai con naturalezza. Per me è così con la magia: non è che un mago usa la bacchetta solo per attaccare o difendersi, la usa per fare…tutto. Accendere un fuoco, pulire una stanza, rammendarsi un vestito…. Qualunque cosa»
Il re batté le palpebre.
«Se puoi fare tutto questo… perché avete gli Elfi Domestici?»
 
Hermione sembrò spiazzata, poi sorrise.
«Sai, saresti un grande testimone del C.R.E.P.A…. vorrei portarti a casa con me. Ottima domanda. Direi che molti maghi si sentono troppo superiori e importanti per rammendarsi i calzini. Ammesso che lo sappiano fare. Non tutti sono bravi con gli Incantesimi Domestici… il mio amico Ron, per dirne una, è un disastro»
«Ma… ha una bacchetta anche lui?»
«Caspian, avere una bacchetta non significa essere un mago capace»
«È solo che…sembra tutto così facile. Così potenzialmente…possibile»
«Lo so, ma avere una bacchetta magica non è la soluzione ai problemi del mondo. È per questo che viviamo nascosti dai babbani… Immagina come reagirebbero al pensiero della magia!»
«Ammetti che è un’idea tentatrice…»
«Tu di certo sembri più tentato che spaventato»
«Sono affascinato…»
«Ma non mi ridarai la mia bacchetta»
Lui esitò.
«Non posso, Hermione. Davvero. Se dipendesse da me… ma ho delle responsabilità che non posso trascurare»
«Tu non ti fidi di me» constatò lei in tono piatto.
«Non è vero» rispose subito lui.
Seguì un attimo di silenzio in cui Hermione studiò gli occhi neri di lui: la luce della torcia, così vicina e intensa, li faceva sembrare ancora più scuri.
«Pensi che io potrei usarla per fare del male a qualcuno?»
«No, certo!»
«Pensi che potrei fare del male a te?» lo incalzò lei.
«Non essere assurda! No che non lo penso!»
«E quindi?»
Lui sospirò.
«Ascolta, hai visto cosa è successo nel bosco. Per quanto io possa essere affascinato dalla magia e sicuro che tu sei buona, ti immagini cosa succederebbe se ti ridessi la bacchetta e i miei consiglieri ti vedessero fare magie in giro per il castello?»
«Non farei magie in giro!»
«Allora la bacchetta non ti serve» concluse lui, soave.
 
Hermione lo fissò, truce, ma tutto quello che ottenne fu di strappargli un sorriso.
«Ascolta, Hermione: gli altri non ti conoscono come me. Non capirebbero e lo sai bene»
Lei rifiutò di assentire di fronte a quella logica.
«È una cosa stupida, retrograda e idiota!» si infiammò «E se tu solo volessi…»
«Cosa? Avere qualcuna che mi rammenda i calzini?»
L’occhiataccia di Hermione fu un capolavoro di disprezzo.
La ragazza si voltò di scappo e fece per allontanarsi, ma lui la afferrò per un braccio.
«Ehi, piccola, senti…»
«Non chiamarmi piccola!» ruggì lei, sempre dandogli le spalle.
Caspian sorrise e la tirò più vicina a sé, dolcemente ma con fermezza.
Quando lei tentò di opporsi, lui strinse la presa sul braccio, facendole inequivocabilmente capire che non aveva possibilità di opporsi.
«Guardami» mormorò.
Lei rimase testardamente girata, come lui sapeva benissimo che avrebbe fatto.
 
Il re sorrise ancora, stupito di come quella ragazzina caparbia sapeva divertirlo, intrigarlo e lasciarlo anche ammirato per il suo coraggio e la sua caparbietà, insieme.
Ma lui ormai la conosceva e sapeva come trattarla.
In silenzio si chinò su di lei, sempre di spalle, e avvicinò il viso al suo orecchio: Hermione se ne accorse solo quando sentì la sua voce mormorare tra i suoi capelli:
«Bu!»
 
Hermione reagì con un urlo di paura che avrebbe potuto risvegliare i morti.
 
Caspian rise così di gusto che dovette appoggiarsi al muro.
«Non è divertente!» urlò lei «Sei un…un troll maleducato e…»
Il re stava praticamente singhiozzando, così forte da lasciarsi scivolare la torcia di mano, per cui lei giudicò inutile cercare le parole per completare la frase.
Si voltò e mosse qualche passo rabbioso e svelto verso l’interno della caverna, quasi alla cieca per via della bassa luce offerta dalla torcia caduta, che si stava spegnendo.
 
E fu così che cadde.
 
 
L’urlo di paura di Hermione, così diverso dallo strillo isterico di poco prima, riportò bruscamente Caspian alla realtà.
Si allontanò dal muro nel secondo esatto in cui la torcia, rotolando piano, si spense del tutto.
Il re imprecò e, a tentoni, la cercò sul pavimento.
«Hermione!» urlò, nel buio.
 
Niente.
 
«Hermione!» urlò più forte, muovendo le mani freneticamente.
Non ebbe risposta, ma in compenso la trovò.
 
Eccola.
Ecco la torcia.
 
Nel silenzio assordante, il sovrano estrasse dal giustacuore la pietra focaia e cercò di riaccendere la torcia.
Non ci riuscì al primo colpo, imprecò più forte, riprovò.
Appena la fiamma si riaccese scattò in avanti, ma il suo cuore perse un colpo.
 
La terra era smossa come la ricordava e, fin dove la torcia riusciva a scacciare le tenebre, si vedevano pietre franate e terra smossa.
Il pavimento era una distesa di massi e crepe.
«Hermione!» gridò, cercando di aguzzare la vista.
E, finalmente, sentì un flebile richiamo in risposta.
 
Cercò di muoversi più in fretta che poteva, senza rischiare di finire anche lui in un crepaccio.
La voce di lei lo attirò verso una spaccatura del terreno abbastanza ampia, che si rivelò essere anche discretamente profonda.
Chinatosi a terra, Caspian abbassò la torcia il più possibile, esplorando con lo sguardo il crepaccio.
 
Non era profondissimo, decise.
Un salto di un paio di metri, forse qualcosa di più.
Poteva anche rischiare di calarsi così, ma…
Rifletté velocemente, mentre parlava:
«Hermione, come ti senti?»
«Non…» balbettò lei, cercando di alzarsi.
 «Ferma, non muoverti! Mi hai capito? Dico davvero, stai ferma! Scendo io a prenderti!»
Il re si alzò in piedi con un movimento fluido.
Lei era cosciente, ma non poteva rischiare di farla arrampicare, decise.
«Hermione, prendo una corda e vengo a tirarti fuori, ok?» gridò «Aspetta un secondo!»
«Non…Non lasciarmi qui!» gemette lei, debolmente.
«No che non ti lascio qui!» lui addolcì il tono «Vengo a prenderti in un attimo. Stai lì buona!»
 
Alla massima velocità possibile, il sovrano guadagnò l’uscita.
Accecato dalla luce forte del sole, batté le palpebre un paio di volte mentre già correva verso Destriero.
Per fortuna, una fune e un coltello erano sempre presenti nella borsa legata alla sella.
In men che non si dica, Caspian rientrò nella Casa di Aslan.
Cercò di muoversi in fretta, malgrado il buio.
Non diede quasi tempo agli occhi di abituarsi alla penombra, tanto che macchie di luce gli danzarono davanti agli occhi.
Riprese la torcia e la fissò a un supporto nel muro.
No, non andava bene: la luce non arrivava a rischiarare la cavità in cui era caduta Hermione e lui non poteva rischiare di muoversi alla cieca.
Caspian perse qualche minuto per assicurare la torcia alle rocce, in modo che non cadesse e non si spegnesse lasciandoli nel buio, poi fissò la corda a un masso sporgente, ne lasciò cadere un’estremità nel crepaccio e si calò piano attraverso la fenditura del terreno.
 
Nello spazio angusto che si era creato nel crepaccio, Hermione era semidistesa sulla terra e tentava di puntellarsi su un gomito.
La luce era scarsissima: quella della torcia baluginava in alto, lontana, e da buchi del terreno filtrava debolmente del chiarore.
Il re toccò terra rapidamente e si inginocchiò vicino a lei, cercando di non urtarla.
Veloce e deciso, le passò le mani sulle braccia, sulle gambe e sul torace, ignorando le deboli proteste di lei, per assicurarsi che non si fosse rotta qualcosa.
«Tutto a posto, credo… non dovresti esserti rotta niente» disse.
 
In quel momento, Caspian si accorse che gli tremavano le mani.
Prese un respiro e si impose di calmarsi, sedendosi vicino alla testa di lei.
«Ah, bene» stava dicendo intanto Hermione «È stato un intermezzo divertente, nulla di che… magari lo faccio più spesso…»
Lui sorrise debolmente.
«Se non altro, il tuo spirito indomito non ha risentito della caduta»
Lei scosse la testa e fece per sollevarsi, ma lui la fermò.
«Ferma, non muoverti!»
«Ma sono scomoda, ammaccata e…»
«Senti, Hermione, ora stai ferma e buona e aspetti un momento prima di muoverti…»
Lui aveva alzato la voce e lei lo imitò subito:
«Senti tu, piuttosto: io non ho dodici anni e tu non puoi dirmi cosa fare e cosa no! Volermi mettere seduta non fa di me un’irresponsabile e…»
«Scappare al buio in un posto pieno di crepacci fa di te un’irresponsabile! Da una dodicenne mi aspetterei più cervello!»
«Senti, accidenti di un narniano… io a dodici anni sono stata pietrificata da un basilisco, mentre tu ti sollazzavi con i tuoi cavalli, ci scommetto! Non venire a dirmi…»
Hermione si mosse di scatto, nella foga della discussione, ma il movimento brusco del capo le provocò le vertigini, per cui annaspò e allungò una mano per sostenersi.
Lui immediatamente si protese in avanti e la prese in braccio.
 
In un secondo, scese il silenzio.
 
Caspian se la sistemò meglio tra le braccia e la sollevò a sedere, facendola appoggiare al suo petto.
Quindi, con un tono di voce molto più calmo, disse:
«Scusa… Non volevo farti sedere perché temevo ti fossi fatta male alla schiena e in quel caso muoversi è pericoloso»
«Lo so» mormorò lei in risposta «Ma riesco a muovere gambe e braccia, ho provato prima, per cui lo escluderei…»
Il re rise debolmente.
«Sei anche un’esperta di medicina?»
«Nozioni base di pronto soccorso: dovrebbe averle chiunque con un minimo di cervello…»
Hermione si interruppe di colpo, quando lui posò delicatamente una mano sul suo collo per tastarlo leggermente.
«Ti fa male?» chiese, premuroso.
Lei rispose negativamente, realizzando in quell’attimo quanto fossero vicini e grata per il buio che nascose il suo rossore improvviso.
Era tra le braccia del re e il profumo di lui – un misto di pelle, cuoio, erbe fresche e un vago odore di cavallo – improvvisamente sembrò saturare l’anfratto.
Lei respirò a fondo e socchiuse gli occhi.
«Ho solo un gran mal di testa» mormorò.
Caspian le fece poggiare la testa sulla sua spalla e Hermione trattenne appena in tempo un sospiro.
Il re le accarezzò i capelli.
«Mi spiace» disse «Hai battuto la testa?»
«Ho battuto tutto» brontolò lei.
«Fortuna che hai la testa dura, così non corri rischi» scherzò Caspian.
«Divertente» bofonchiò lei in risposta.
Ma, inaspettatamente, lui la strinse più forte.
«Mi hai fatto spaventare, davvero» mormorò, piano.
 
Hermione sgranò gli occhi.
Il tono di lui era così…. Sincero. Preoccupato. E dolce.
Incredibilmente dolce.
 
Lei si mosse, confusa e un po’ dolorante, ma Caspian si limitò ad aspettare che lei si sistemasse comodamente prima di appoggiare la schiena contro la parete di roccia e stringerla a sé.
Lei esitò solo un attimo, poi voltò un po’ la testa e posò la guancia sul petto di lui.
 
È così alto – fu il suo primo pensiero, seguito subito dopo da:  che cretina che sono.
 
Caspian riprese ad accarezzarle i capelli, in silenzio, ed Hermione, assurdamente, si sentì all’improvviso euforica.
Per un po’ rimasero in silenzio.
Hermione si lasciò cullare dal battito del cuore di lui, forte e regolare, e quasi non si accorse che gli stava stringendo la camicia nel suo pugno.
«Hermione» mormorò lui, dopo un po’ «Davvero sei stata… pietrificata da un basilisco?»
Lei annuì, trasognata, e gli raccontò della Camera dei Segreti e di quello che era successo a Hogwarts durante il suo secondo anno di scuola.
«C’era un basilisco che strisciava…nei muri?» esclamò lui «Ma com’è possibile?»
«Nelle tubature, non nei muri» corresse lei.
«Cosa sono le…»
«Ah, sono dei…tubi… lo sai cosa sono i tubi? Mmm…» Hermione faticava a riportare i pensieri su qualcosa che non riguardasse la sensazione di essere tra le braccia di lui «Sono tipo… degli involucri di materiale impermeabile che servono a condurre l’acqua nei bagni, nelle cucine…»
«Accidenti» mormorò lui «Quindi nessuno da te gira con secchi pieni d’acqua?»
«No. Noi apriamo un rubinetto e l’acqua scorre, semplicemente»
Lui appoggiò il capo all’indietro, contro la parete.
«C’è così tanto, del tuo mondo, che vorrei vedere…»
«Dovresti venire» disse lei, d’impulso «Fare uno scambio culturale… Insegnare qualcosa di Narnia e vedere come esiste la magia in altri mondi…»
 
 
Per un attimo, Hermione si concesse di sognare ad occhi aperti: Caspian ad Hogwarts.
Tra i suoi amici, nella sua scuola.
Caspian che frequentava le sue lezioni e che giocava a Quidditch.
Di certo sarebbe stato un Grifondoro, come dubitarne?
Così fiero, così coraggioso, così cavalleresco… le doti perfette per essere uno di loro.
Sarebbe stato popolarissimo a scuola, gentile com’era, e sarebbe stato il sogno di metà della popolazione femminile di Hogwarts.
E… chissà se, tra tutte, avrebbe preferito lei.
Dopo la loro conversazione notturna in giardino, Hermione aveva cercato di imbrigliare le sue recalcitranti fantasie su quel giovane alto e moro e di dirottarle verso sentieri più possibili e consoni.
Caspian era re e apparteneva ad un altro mondo, ma soprattutto era quello che si poteva tranquillamente definire un figo da paura.
Probabilmente, nel suo mondo, si sarebbe messo con una altrettanto figa, una come Fleur Delacour.
Con una fitta d’angoscia, Hermione pensò alla bellezza di Lilliandil.
Quella era una bellezza giusta per fare da contraltare a quella bruna e calda di lui.
Eppure… a Caspian non piaceva Lilliandil.
Non era solo bello, era anche un ragazzo intelligente, onesto e razionale.
E responsabile.
E gentile.
E affascinante.
 
Con una fitta d’angoscia, Hermione si chiese se la sua  sciocca cotta non avesse assunto le proporzioni di un inopportuno, imprevisto, assurdo, immotivato e indesiderabile innamoramento folle e totale per il re di Narnia.
 
 
Stava riflettendo con sgomento su quella prospettiva – che si poteva benissimo leggere in un altro modo: lei che si faceva spezzare il cuore senza rimedio – quando lui rispose:
«Non sai quanto lo vorrei… ma purtroppo il mio posto è qui»
Lei faticò un momento per riportare la mente sulla loro conversazione.
«Ah. Certo»
Cadde di nuovo il silenzio, poi lui propose:
«Te la senti di provare a metterti in piedi? Non vorrei si spegnesse la torcia: risalire al buio sarebbe più complicato»
Lei annuì e, a malincuore, si staccò da lui.
Ma Caspian si alzò con un movimento fluido e le tese entrambe le mani.
«Alzati piano…»
Lei annuì, imbarazzata per la sua goffaggine, ancora più evidente se paragonata alla grazia di lui.
Ma, quando fu in piedi, barcollò e gemette.
Caspian la riprese al volo tra le braccia.
«Che c’è?»
«La caviglia» ansimò lei, appoggiandoglisi pesantemente contro.
 
Lui non esitò un secondo: si voltò e le disse di passargli le braccia attorno al collo.
«Tieniti forte: ti porto su io»
«Ma…» tentò di obiettare lei, prima che lui afferrasse saldamente la corda e accennasse ad arrampicarsi.
A quel punto, non le rimase che stringersi forte alla sua schiena e, in un attimo, lui si sollevò aiutandosi con la corda.
Come se fosse la cosa più facile del mondo, come se non avesse anche il peso di lei sulle spalle.
Hermione, che era una studentessa tanto brillante quanto poco agile, non fece in tempo a meravigliarsi per quella prova di forza e abilità che lui l’aveva già fatta sedere su un masso, vicino alla torcia, e le stava sfilando lo stivale.
«Che fai?» chiese, senza fiato.
«Controllo che tu non ti sia rotta una caviglia»
Ma sembrava tutto a posto: la caviglia era gonfia, ma non rotta.
Accovacciato sui talloni davanti a lei, Caspian si sfilò la camicia.
Hermione sgranò gli occhi.
«Che…ehm…che succede?»
«Te la fascio. Non devi appoggiarci il tuo peso: non è rotta ma non devi sforzarla»
Il re strappò delle strisce di stoffa dalla camicia e la bendò strettamente.
«Vorrei avere del ghiaccio» mormorò.
 
Vorrei avere la forza di non saltarti addosso! – pensò invece lei, occhieggiando il suo petto nudo e completamente dimentica del dolore alla caviglia.
Quando ebbe finito, Caspian si appoggiò sui talloni e guardò Hermione, tanto che il cuore della ragazza perse un battito.
«Ti prego, perdonami» mormorò il re.
Lei batté le palpebre.
«Ehm… per cosa?»
Lui la fissò, dolente.
«Mi prendi in giro? Sono stato un vero idiota, prima, e tu hai rischiato di farti veramente male. Scusami»
«Oh…è anche colpa mia. Non dovevo allontanarmi nel buio, mi avevi detto di stare attenta. È che a volte agisco d’impulso…»
«D’impulso, eh?» Caspian le lanciò un’occhiata da sotto le ciglia folte «Mi hai fatto prendere un colpo!»
Lei sorrise.
«Scusami»
Gli tese una mano, spontanea, e lui, lasciandola senza parole, la prese e la baciò sul palmo.
Mentre lei lo fissava senza fiato, lui si alzò e la sollevò tra le sue braccia.
«Andiamo: ti riporto al castello»
 
Hermione ci mise un paio di secondi a ricordare dov’erano, soprattutto perché lui era ancora senza camicia.
La sua pelle pareva scottare.
«Aspetta!» esclamò all’improvviso, tornando sulla terra «Voglio vedere la Casa di Aslan!»
«Non hai visto abbastanza, per oggi?»
«Ho visto un crepaccio, veramente, e nient’altro. Dai, ti prego…»
Lei sapeva di non essere una di quelle ragazze smorfiose e capaci di convincere i maschi a fare quello che volevano con un semplice battito di ciglia: le sue armi erano l’intelligenza e la ragionevolezza, da sempre.
Per cui si stupì non poco quando Caspian, senza che lei insistesse, si voltò verso l’interno della costruzione.
«Per favore, puoi reggere tu la torcia?» chiese, semplicemente.
 
Procedettero lentamente verso l’interno della Casa di Aslan e, dopo il primo tratto completamente rovinato, Hermione poté ammirare una enorme stanza circolare, ricavata nella pietra.
Si rese però veramente conto delle dimensioni del luogo quando Caspian si abbassò per consentirle di posare la torcia su un braciere: come per magia, il fuoco si propagò in un cerchio di fiamme.
Il braciere era enorme e costeggiava le mura perimetrali.
Di fronte agli occhi sgranati di Hermione la pietra rivelò i suoi segreti: i bassorilievi che ornavano le mura raccontavano la storia di Narnia e del suo signore, Aslan.
Caspian, sempre reggendola tra le braccia, le mostrò alcuni passaggi, unendo la sua voce al racconto delle immagini.
 
Era meraviglioso: come una stupenda biblioteca incisa nella pietra, silente e disponibile solo per loro due, unici esseri umani in un luogo senza tempo.
 
E, con una sicurezza totale, Hermione disse:
«Questo posto ha conosciuto la magia»
«Come lo sai?» mormorò il re.
«Lo sento» rispose lei, convinta.
Voltò la testa verso la parte sinistra della sala e Caspian, obbedendo a una sua muta richiesta, la portò verso quel lato.
Imboccò con passo sicuro un corridoio e poi la depose delicatamente su una enorme pietra, per sedersi poi accanto a lei.
«Questa è la pietra del sacrificio di Aslan» mormorò «E quello era lo specchio da cui mi è apparsa la Strega Bianca»
 
Hermione si voltò di scatto.
Dello specchio non rimaneva nulla, solo frammenti polverizzati a terra.
Esisteva però ancora la cornice, un’elaborata struttura in pietra e legno, imponente e barocca.
 
Quanto vorrei avere la mia bacchetta.
Il pensiero attraversò fulmineo la mente di Hermione.
Cosa poteva fare, senza?
Non riusciva nemmeno a camminare… e comunque, non doveva insospettire Caspian.
Ma era così frustrante starsene lì, seduta, a osservare con occhi spenti… il nulla.
Non c’era niente da vedere, solo una cornice vuota.
Hermione non sapeva cosa aspettarsi… ma quello era decisamente deludente, decise.
Si voltò verso il re e lo vide fissare a occhi sgranati la cornice.
Lo chiamò per nome e lui sembrò risvegliarsi bruscamente da un sogno a occhi aperti: batté un paio di volte le palpebre e sembrò metterla a fuoco con un certo sforzo.
«Raccontami di questo incontro con la Strega»
Lui prese fiato, esitante.
«Ero seduto proprio qui, dove sei tu, perché avevo litigato con Peter, di nuovo… Miraz incombeva su di noi con un esercito mostruoso e tutto sembrava così difficile… e poi sono arrivati questo nano e questa strega orribile, vecchia, cadente… mi hanno parlato della Strega Bianca, mi hanno promesso che lei mi avrebbe aiutato.. e poi lei è comparsa, dietro lo specchio. Era… bellissima. Paurosa. Mi ha detto che c’era il modo di risolvere tutto, che la soluzione era a portata di mano e dovevo solo liberarla. Ma io mi sono opposto… allora la strega mi ha imprigionato, aveva una forza mostruosa… e il nano mi ha tagliato la mano per prendere il mio sangue…»
Hermione lo aveva ascoltato in silenzio, incoraggiandolo a raccontare, ma a quel punto chiese:
«A questo punto voleva prenderti il sangue?»
«Sì, ma… non c’è riuscita perché è arrivato Peter, ma lo voleva. Perché?»
«Il sangue è un elemento potentissimo nelle pozioni e negli incantesimi» rispose lei, sovrappensiero «Mi fai vedere dove ti hanno ferito?»
Lui le tese la mano destra, con il palmo verso l’alto.
Lei la prese tra le sue e vide il segno di un taglio, ormai una pallidissima cicatrice, attraversare il palmo in tutta la sua lunghezza.
Lo sfiorò dolcemente con l’indice e lui non si ritrasse.
«Quando Voldemort è tornato in possesso del suo corpo» disse lei, all’improvviso «Ha usato il sangue di Harry per la pozione. Sangue di un nemico… un elemento vitale e potente. Forse la magia, a Narnia, non è poi così diversa da quella del mio mondo»
 
Il re la osservava ad occhi sgranati.
Hermione sospirò e gli lasciò la mano.
Si guardò ancora attorno, preoccupata.
Quell’elemento del sangue l’aveva inquietata.
Ma, a ben pensarci, forse non era così strano… la magia, dopotutto, era una materia.
Una disciplina.
Lo studio e la ricerca portavano di certo a dei punti comuni e il sangue umano era un elemento catalizzatore, di certo: era così strano che la Strega Bianca lo volesse?
Che incantesimo intendeva usare?
Lo stesso che Voldemort aveva usato per risorgere?
 
Hermione sospirò, frustrata.
«Caspian… Caspian?»
Lo chiamò perché lui stava ancora fissando la cornice, ipnotizzato.
Quando si voltò verso di lei, la ragazza gli vide nello sguardo un bagliore nuovo, verdastro, gelido.
Per un momento le si bloccò il respiro, mentre pensava alle parole di Drinian.
Sbarrò gli occhi, ma fu un attimo.
Il re batté le palpebre e chiese:
«Hai freddo? Stai tremando»
I suoi occhi erano di nuovo scuri e caldi: gli occhi di Caspian.
Lei annuì lentamente.
«Sì…è freddo, qui»
«Andiamo? O vuoi vedere altro?»
«No, grazie…torniamo al castello»
Il sovrano la prese nuovamente fra le braccia e lei gli strinse le sue al collo.
In silenzio, lui si diresse verso l’uscita.
Hermione studiava il suo profilo nella luce calda proiettata dal fuoco, che disegnava grandi ombre di loro sulle pareti.
Sembrava il solito Caspian.
Ma… cos’era stato quel riflesso?
Una sua suggestione?
Uno scherzo della luce?
 
Nessuno dei due aprì bocca fino a quando non furono alla luce.
Caspian sistemò Hermione su un masso, al sole, e rientrò nella Casa di Aslan per spegnere il fuoco.
Lei, alla luce, cercò di calmarsi e di pensare razionalmente.
Richiamò alla memoria tutto quello che aveva letto nei libri e che Ginny Weasley le aveva raccontato della possessione di Voldemort.
Non era un argomento di cui la sua amica parlava volentieri, ma da quello che aveva saputo le sembrava che le situazioni fossero molto diverse.
Innanzitutto, Ginny aveva dei buchi di memoria di ore: non sapeva dov’era andata, non ricordava cosa aveva fatto, ignorava come era arrivata da un posto all’altro.
Caspian era sempre circondato di gente, non aveva dato segnali preoccupanti e non si era messo a vagare come un sonnambulo per Cair Paravel.
Era nervoso e irascibile… ma in fondo era sotto pressione: un re giovane, con tante responsabilità, con tanti doveri… era così strano che fosse nervoso?
 
Hermione si mordicchiò pensosa un’unghia e considerò il problema da un altro punto di vista.
Drinian non le era sembrato un visionario allarmista, Cornelius neppure.
Se loro si preoccupavano, avevano dunque ragione?
 
In quel momento, Caspian uscì dalla Casa.
Camminò verso di lei, illuminato dalla luce del sole, e la ragazza lo studiò attentamente.
Sembrava proprio lui.
 
Malgrado questo, quando lui si chinò per prenderla in braccio, lei gli prese il viso tra le sue mani e fissò gli occhi nei suoi.
«Che succede?» sorrise lui, divertito.
«Mmm… niente» mormorò Hermione, fissandolo attentamente.
 
Effettivamente, gli occhi di lui erano normali.
Cioè: non normali ma bellissimi e inusuali, ma come sempre.
Allora…
 
 
Ma il cervello di Hermione si svuotò in una frazione di secondo di ipotesi e congetture, perché in quel momento Caspian annullò la distanza tra loro e posò le labbra sulle sue.

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: _joy