Passarono mesi da quell’incontro. Il branco mi era stato più vicino del solito ma presi una decisione, mi ero affezionato troppo a quel giovane e anche se conoscevo loro da più tempo preferii accostarli e seguire il suo percorso. Dicevo, passarono mesi da quell’incontro, era quasi estate, passeggiavo col mio compagno per quartieri; dopo ore di acceso discorso, ci trovammo davanti al giardino, a quel giardino che mi aveva accompagnato per gli ultimi anni della mia vita, avevo le lacrime agli occhi quando vidi il fumo salire al cielo e sotto di esso la mia famiglia. Lui non sapeva che io l’avessi lasciata per stargli vicino perché non aveva amici e si incamminò verso essa, cercai di impedirglielo ma non volle ascoltare le mie suppliche e lo seguii; al suo arrivo si alzarono tutti, lui li salutò ma a loro non importava, loro fissavano me. Gli chiesi di allontanarsi e che ci saremmo rivisti il giorno dopo, sapevo che non comprendesse tuttavia mi ascoltò, andò via, non ero sicuro che l’avrei più rivisto. Loro volevano spiegazioni, spiegazioni della mia fuga, mi avrebbero affiancato comunque fino in fondo, tutto dipendeva da me, tutti dipendevano da me, io ero il burattinaio che doveva saper muovere i fili delle persone che mi circondavano così che tutti forse sarebbero andati d’accordo, giusto ‘forse’: non era facile immaginarselo, tantomeno metterlo in atto nella realtà. Avevo abbandonato gran parte della mia vita per seguire una persona, la cosa corretta? Me lo chiedo tuttora.