Nella sede del Dodicesimo distretto della Polizia di New
York c’è un ampio open space con le
postazioni di lavoro di tutti i detective. Castle si accomodò su una sedia accanto
alla scrivania di Beckett e appoggiò due bicchieroni di caffè americano sul
tavolo.
«Novità sul caso della ragazza senza nome?» domandò.
«No. Abbiamo preparato una lavagna, come al solito, ma...»
«Qual è il problema?»
«Il problema è che la lavagna è quasi vuota. Non ci sono
dettagli, non ci sono elementi. Vieni, ti faccio vedere.»
Beckett precedette lo scrittore nella stanzetta in cui aveva
preparato il riassunto visivo del caso.
La foto della ragazza era appesa al centro dello spazio, con
accanto l’indicazione a penna dell’indirizzo dov’era stata trovata. Non era una
delle solite belle foto sorridenti che attaccavano alla lavagna, ma una triste
immagine del volto scattata sul tavolo dell’obitorio.
«Ecco qui, Castle. Questi sono gli elementi che abbiamo.»
«Non vedo scritto niente.»
«Infatti. Sul cadavere non c’erano documenti. Non c’è l’arma
del delitto. Anzi, non c’è nemmeno la ferita.»
«Qual è la causa della morte?»
«Non lo so.»
«Grandioso!»
«Castle, non fare dell’ironia sulla morte di una ragazza.»
«Non sono ironico. Questo è un caso interessante.»
Entrò Esposito.
«Ehi, Beckett.»
«Dimmi, Javier.»
«Ho fatto alcune ricerche. La foto non corrisponde a
nessun’altra immagine nei database del riconoscimento facciale, e nemmeno le
impronte digitali hanno dato risultati. Questa ragazza non ha mai fatto la
patente, né il passaporto, né la tessera sanitaria. Non è mai stata arrestata.
Ho cercato ovunque ma non ho trovato niente.»
«Forse è straniera» disse Castle. «Oppure si è sottoposta ad
una plastica ricostruttiva che le ha cambiato completamente il volto. Adesso è
irriconoscibile grazie ad un chirurgo senza scrupoli che le ha cambiato i
connotati e poi le ha modificato le impronte digitali con un’operazione
altamente rischiosa… Esposito, Beckett, ragazzi, non vi interessano le mie
ipotesi? Ehi, dove state andando?»
Erano usciti senza ascoltarlo. Castle li inseguì aggiungendo
altre ipotesi.
Beckett si voltò per rimproverargli di aver parlato a
vanvera, ma il telefono sulla sua scrivania la precedette con un squillo.
«Beckett.»
«Kate, sono Lanie. Potresti passare da me in obitorio? Ho i
risultati delle analisi e sono sicura che vorrai vederli.»