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Autore: Emily27    01/02/2014    2 recensioni
A volte una serata come tante può trasformarsi in qualcosa di speciale...
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, il periodo natalizio è passato ormai da un po',
ma pur avendo l'idea non ho mai avuto tempo di scrivere
questa mia prima FF nel fandom di NCIS.
E' una storia divisa in due parti, non vi tedierò a lungo ;)
Vi lascio alla lettura :)





Regola numero dodici



- Prima parte -

La barca e il bourbon



 
Jethro Gibbs non odiava il Natale, semplicemente non gli andava di festeggiarlo. Non più, dal giorno in cui qualcuno gli aveva portato via Shannon e Kelly. Da allora niente era più stato uguale.
Una volta credeva nella magia del Natale, adesso lo trascorreva in compagnia della barca e del bourbon. Soltanto quando stava con le sue ex-mogli si era sacrificato a partecipare a pranzi e cene, sopportando i loro parenti con i quali non aveva mai legato e aspettando con ansia che la giornata finisse.
Dato che al momento non si ritrovava nessun caso per le mani, avrebbe trascorso quella sera della Vigilia rintanato nello scantinato, come sempre.
Quel giorno aveva passato l'intera mattinata e buona parte del pomeriggio dietro la scrivania, immerso nelle scartoffie: un piacere unico. Andava però fatto, come Abby andava rifornita di Caf-Pow.
Entrò nel suo laboratorio senza fare rumore, impresa resa semplice dalla complicità della musica che copriva il rumore dei suoi passi, e le depositò davanti l'enorme bicchiere della bevanda, lasciandole contemporaneamente un delicato bacio sulla guancia.
Abby, con le dita che volavano sulla tastiera e lo sguardo fisso sullo schermo del computer, trasalì.
«Gibbs! Vuoi farmi prendere un colpo?!» esclamò, prima di corrugare la fronte e domandarsi: «Perchè non ho captato la tua presenza? Devi avere affinato i tuoi poteri nel materializzarti...»
Jethro sorrise. «Qualche piccolo aggiornamento.» Mantenendo il sorriso, osservò gli addobbi posizionati ovunque nel laboratorio, perfino l'ippopotamo e lo spettrometro di massa sembravano annunciare: è Natale!
«Grazie, mi ci voleva» disse lei dopo aver bevuto una lunga sorsata di Caf-Pow. «E dato che sei qui, ti chiedo una consulenza.»
«Dimmi.»
«Questa sera ho una festa a casa di un amico e sono indecisa su cosa indossare. Il vestitino verde da elfo, o quello marrone in finto pelo di renna? Ho anche il cerchietto con le corna!»
Mentre Abby aspirava ancora avidamente dalla cannuccia, Gibbs ci pensò su.
«Non sono la persona più adatta per questo genere di consigli, ma... Perchè non un vestito da Babbo Natale?»
«Oh, Gibbs, sei un genio!» si entusiasmò la ragazza battendo le mani.
Jethro lo aveva detto scherzando, ma non si sarebbe stupito se si fosse davvero vestita in quel modo che, dopotutto, in confronto al vestito da renna, poteva considerarsi “normale”.
In quel momento Ducky comparve nel laboratorio, con indosso cappello e cappotto e una cartellina sotto al braccio.
«Ehilà, Jethro, sei qui. Ciao Abigail.» I due lo salutarono a loro volta e il Dr. Mallard disse: «Oggi è la Vigilia, ho concesso una giornata di ferie al signor Palmer e anch'io me ne vado via prima del solito. Impiegherò almeno tre ore per convincere mia madre.»
Ducky sospirò e Gibbs chiese: «Convincerla di cosa?»
«Che domani sarà Natale e non il giorno del Ringraziamento.»
Jethro lo guardò con tenerezza e comprensione. Il dottore era molto legato alla madre, la quale da qualche tempo era degente presso una casa di cura per malati alzheimer, e vederla sfiorire giorno dopo giorno era per lui fonte di tristezza.
«Tua madre è una persona deliziosa» affermò Abby regalandogli un sorriso.
Un altro sospiro e il dottore passò al motivo per cui si trovava lì, ritrovando un tono più allegro.
«Beh, non mi resta che augurarvi di trascorrere un sereno Natale.»
«Buon Natale Ducky!»
Abby lo strinse in un abbraccio affettuoso, poi anche Gibbs disse: «Buon Natale.»
«Vi saluto miei cari» fece il Dr. Mallard mentre si avviava a lasciare il laboratorio, bloccandosi però sulla soglia e sfilandosi da sotto il braccio la cartellina. «Che sbadato, uscivo con questa, dimenticandomi di portarla a Jenny.»
«Vai, ci penso io» si offrì Gibbs andando a prendere l'incartamento dalle mani di Ducky.
«Grazie, Jethro, mi faresti un favore.»
Quando il dottore se ne fu andato, Abby si levò il camice e iniziò frettolosamente a spegnere tutti i macchinari. «Vado via anch'io, devo ancora cercare il vestito da Babbo Natale e prepararmi per la festa!» Detto questo andò ad abbracciare Gibbs. «Buon Natale!»
«Buon Natale.» Jethro si domandò quante altre volte avrebbe dovuto dirlo, ma, d'altro canto, era Natale.

Mentre saliva la scale per recarsi dal direttore, Gibbs s'impose di credere che se le stava portando quell'incartamento era solo per fare un favore a Ducky, e non perchè in tutta la giornata non l'aveva ancora vista.
Una volta là, notò che Cynthia non si trovava alla sua postazione, evidentemente anche a lei doveva essere stato concesso un giorno di ferie. Un buon Natale in meno.
Entrò nell'ufficio di Jenny, naturalmente senza bussare. Il direttore sollevò la testa dal portatile e lo guardò al di sopra degli occhiali.
«Jethro...»
«Da parte di Ducky» fece lui posando la cartellina sulla scrivania.
«Grazie» disse Jenny, mentre Gibbs si accomodava su una delle sedie davanti a lei. «Che programmi hai per questa sera?» gli chiese levandosi gli occhiali.
«Barca e bourbon.»
«Io ho una cena d'auguri alla Casa Bianca e un invito valido per un'altra persona. Ti andrebbe di accompagnarmi?»
Gibbs le lanciò un'occhiata stupita. Conoscendolo bene, come le era passato per la mente quella richiesta? Lui, alla Casa Bianca, il regno degli intrighi di palazzo.
«Ho forse la faccia di uno che partecipa alle cene d'auguri alla Casa Bianca?» le domandò sporgendosi in avanti.
Lei fece la stessa cosa, piantando gli occhi in quelli azzurri dell'agente.
Il cuore di Jethro perse un battito. Era inutile negarlo, quella donna aveva il potere di travolgerlo, anche solo con uno sguardo.
«No, ma hai quella di uno che dovrebbe ricominciare a festeggiare il Natale» sostenne Jenny in un velato rimprovero.
Gibbs si ritrasse tornando ad appoggiarsi allo schienale della sedia. «Perchè, il mio non è forse un buon modo per festeggiarlo, Jen?»
La Shepard scosse il capo e chiuse il portatile. «Okay, ma se dovessi cambiare idea chiamami. Ora è meglio che io vada, prima della cena ho qualche faccenda da sbrigare.»
Jethro la seguì con lo sguardo mentre lasciava la scrivania e andava a prendere il cappotto e la borsa dall'appendiabiti. Si alzò a sua volta.
«Se anche cambiassi idea non potrei venire» affermò. All'occhiata interrogativa che Jenny gli rivolse infilandosi il capotto, rispose, ironico: «Regola numero dodici.»
«Mai uscire con un collega» recitò lei intanto che mettevano piede fuori dall'ufficio. «Comunque non sarebbe una vera e propria uscita.»
Gibbs l'accompagnò fino all'ascensore. Quando erano a Parigi, le loro “uscite” erano state estremamente piacevoli, e ancora adesso la sua vicinanza gli scuoteva i sensi. Era un guaio che Jennifer Shepard fosse finita a ricoprire un incarico che la poneva così a stretto contatto con lui, diventando una tentazione a cui era sempre più difficile resistere.
«Buon Natale agente speciale Gibbs» gli augurò Jenny dall'interno dell'ascensore.
«Buon Natale direttore Shepard» rispose lui prima che le porte si chiudessero.

Gibbs tornò alle sue scartoffie prendendo posto alla scrivania. Scrutò DiNozzo, McGee e Ziva, i quali stavano lavorando concentrati tra computer e documenti religiosamente silenziosi, troppo silenziosi, non avevano nemmeno alzato la testa al suo passaggio. Strano, pensò aggrottando la fronte.
Non appena Jethro ebbe abbassato lo sguardo sui suoi fogli, Tony chiamò Tim sottovoce.
«McGenio...»
Con la coda dell'occhio Gibbs vide McGee che faceva un deciso cenno di diniego col capo e puntava l'indice sul collega. DiNozzo sbuffò e Ziva tossicchiò, richiamando poi la sua attenzione.
«Gibbs...»
«Dimmi, agente David» rispose senza sollevare la testa e continuando a scrivere.
«Tony avrebbe qualcosa da chiederti» disse la ragazza facendo seguire alle sue parole una risatina.
Jethro portò lo sguardo su DiNozzo giusto in tempo per vedere la smorfia che le stava indirizzando.
«Allora, DiNozzo?» lo esortò.
«Sì, capo. Ehm... Come passerai questa sera della Vigilia di Natale?»
Per caso anche lui intendeva invitarlo ad una cena alla Casa Bianca?
«Esattamente come passo la vigilia di tutti gli altri trecentosessantaquattro giorni dell'anno.»
«Capisco... E tu, McGee?»
Tim sospirò sonoramente e rispose: «Andrò a casa di un'amica a vedere un film.»
«Oh oh! Amica, casa e film all'interno della stessa frase... Se non si trattasse di te, direi il preludio a dei festeggiamenti coi fuochi d'artificio!» Tony ridacchiò e riprese: «Invece scommetto che resterete tutta la sera sul divano a guardare Una poltrona per due
«Chi te lo dice?» ribattè piccato McGee.
«Hai ragione, Pivello, scusami. Guarderete Miracolo nella 34a strada
Dopo essersi beccato un'occhiataccia da parte del collega, DiNozzo si rivolse a David.
«Tu non festeggi il Natale, ma avrai sicuramente degli impegni per stasera, vero?»
«Certo, la mia vita sociale è più animata di quanto tu creda...» disse lei con uno sguardo allusivo.
Gibbs, che fino a quel momento era rimasto spettatore silenzioso e divertito, chiese: «E tu, DiNozzo, cosa farai stasera?»
«Cenetta intima a casa mia con una ragazza...» rispose lui esibendo la sua migliore espressione da latin lover, per lasciare intendere tutto il resto.
«Con una teenager vorrai dire» s'intromise Ziva facendo dello spirito e rimediando in cambio un'altra boccaccia da Tony, il quale puntò poi gli occhi sul suo orologio da polso.
«È solo che... Non le ho ancora preso un regalo e le donne ci tengono. Spero di riuscire a fare in tempo, dovrò girare tutti i negozi della città per trovare quello giusto e...»
Timothy lo interruppe e in tutta calma tagliò la testa al toro.
«Capo, Tony intende domandarti se, per favore, oggi che è la Vigilia potremmo andare a casa un po' prima.»
«Ci stavo arrivando» tenne a precisare DiNozzo.
Gibbs trattenne un sorriso: aveva intuito fin da subito dove volevano andare a parare con i loro discorsi. Riabbassò la testa e riprese a scrivere, creando un clima d'attesa che durò un paio di minuti, al termine dei quali concesse: «Andate.»
Dopo un grazie pronunciato quasi all'unisono, i tre agenti si affrettarono ad alzarsi, indossare i cappotti e lasciare le scrivanie. Stavano già precipitandosi verso l'ascensore, quando si arrestarono e McGee disse: «Ah, capo, buon...»
«Andate, prima che cambi idea!» tuonò Gibbs dal suo posto. Li guardò filare via di corsa, poi si rimise all'opera sui documenti sparsi per tutta la scrivania: sei mesi di lavoro arretrato.
Trascorse più di due ore, ritirò l'ultimo foglio nell'ultimo dossier. A quel punto gli restava ancora da aprire cinquantadue e-mail, ma rimandò ad un'altra volta, adesso era tempo di andare a casa.
La barca e il bourbon lo stavano aspettando.



 
  
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