Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: kiara_star    02/02/2014    3 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap12
L' ultima lacrima



XII.





«Che significa che non l'hai visto?»
Bruce scosse il capo.
«Tony, non vedo Thor da quando siete tornati alla Tower e sono certo che anche Jane non l'abbia visto. Siamo stati in laboratorio tutto il tempo.»
Odiava aver sempre così dannatamente ragione.
Avere ragione talvolta non era per nulla piacevole.
Sospirò guardando il viso di Bruce ma decise di tacergli ogni dubbio.
«Forse è andato da Clint. Ha detto che doveva chiedergli qualcosa. Ok, vado a cercarlo.»
Prima che potesse uscire Bruce lo fermò.
«Tony, che sta succedendo?»
Si guardò attorno scorgendo Jane attraverso il vetro nella camera accanto.
«Non ne sono sicuro, Bruce. Ma tieni d'occhio la Foster.»
Provò ad andare via e per l'ennesima volta fu fermato.
«Non fare il misterioso con me. Avanti, dimmi che sta succedendo.»
«Ok, ma acqua in bocca con la dottoressa.» Aspettò che gli facesse un cenno con la testa e si avvicinò per poter parlare quanto più sottovoce possibile. «Thor è un bugiardo e io voglio sapere perché.»
Bruce lo guardò confuso. «Ti rendi conto che non mi hai chiarito nulla?»
«Lo farò presto, ma ora, bocca chiusa.»
Stavolta riuscì a uscire dal laboratorio.
Jarvis aveva inviato sul suo palmare le immagini dell'arrivo di Thor.
Scendeva dall'auto, arrivava all'ingresso, raggiungeva l'ascensore, le porte si chiudevano.
Tutto nella norma, se non fosse che non compariva un solo dannatissimo frame di Thor che da quel maledetto ascensore usciva.
Aveva già passato a setaccio ogni video e forse era giunto il momento di avvertire gli altri della sua piccola iniziativa di spiare Thor e della sua altra piccola iniziativa di non metterli subito a conoscenza della comparsa di Loki alla Tower.
Forse era stato un errore attendere, forse sarebbe stato meglio fare incursione nella sua stanza e verificare immediatamente i suoi dubbi, nella peggiore delle ipotesi Thor lo avrebbe aggredito fisicamente per essere entrato nel suo bagno mentre era completamente nudo.
Ma no, la voglia di sospirare superbo “io l'avevo detto” era stata più forte, così come il desiderio di poter affermare di averci visto giusto fin dall'inizio e sbattere in faccia a Thor per primo e a tutti gli altri dopo che Tony Stark non si poteva di certo fregare.
Perché essere uno stronzo borioso e affamato di lodi era in fondo la sua vera natura.
Quell'armatura avrebbe dovuto renderlo migliore, e invece si rendeva sempre più conto di aver soltanto enfatizzato tutti i suoi difetti peggiori, con l'unica differenza che adesso il mondo glieli perdonava.
Pepper glieli perdonava e questo era ciò che aveva davvero importanza.
Magari sarebbe giunto presto un giorno in cui avrebbe dovuto fare ancora un passo per meritarsi quel continuo perdono e salvare qualche vita non sarebbe più bastato.
«Jarvis, l'hai trovato?»
«Sì, signore. L'uomo in ascensore è l'agente Brian Hustown, livello 4
Tony imboccò una svolta che lo portò davanti all'ennesimo ascensore. Se Thor era sparito, lo stesso non era avvenuto con l'altro uomo presente nella cabina di cui era riuscito ad avere un fermo immagine che Jarvis aveva subito provveduto ad analizzare e a cercare negli archivi dell'agenzia.
«Dov'è al momento?»
«Piano 23, sala A45, seconda fila, settima scrivania
Spinse il pulsante corretto e aspettò che il viaggio terminasse.
«Jarvis, Nick è qui?»
«Il direttore Fury è attualmente fuori dallo Stato, signore. La sua ubicazione precisa è un'informazione che non mi è stato possibile recuperare.»
«Tranquillo, mi basta sapere che non me lo ritroverò alle spalle nei prossimi dieci minuti.»
Non fu troppo difficile trovare l'uomo seduto sulla sua sedia, impegnato ad addentare una ciambella dall'apparenza per nulla saporita.
«Agente Brian Hustown?» lo chiamò con un sorriso.
L'uomo sollevò gli occhi dal suo monitor e gli lanciò uno sguardo annoiato per i primi due secondi, poi la noia divenne stupore.
«Signor Stark!» Fece cadere la ciambella sulla scrivania e si pulì goffamente la mano sui propri pantaloni prima di allungargliela.
Tony la strinse con vigore.
«A cosa devo l'onore? Come posso aiutarla?»
Allo S.H.I.E.L.D. la notizia del cambiamento di Thor era stata tenuta segreta, solo pochi agenti ne erano a conoscenza, al di fuori dei Vendicatori e della Hill. Quel simpatico mangiaciambelle di Hustown era ovviamente fuori da quella piccola élite, doveva quindi trovare il modo meno sospetto di chiedere informazioni.
«Oh, dunque Brian - posso chiamarti Brian?»
«Certo, signor Stark.»
«Perfetto. Vedi, Brian, sto cercando una persona, una donna, a dire il vero.»
L'uomo lo ascoltava con interesse e Tony se ne compiacque mentre vagava distrattamente con gli occhi per la stanza. «Era con te in ascensore qualche ora fa. Ho bisogno di sapere a che piano è scesa. Nessuna domanda: è in gioco la sicurezza della nazione.»
E quando tiravi in ballo la sicurezza della nazione non c'era addestramento S.H.I.E.L.D. che reggesse.
«Signor Stark, ho usato l'ascensore molte volte da questa mattina. È difficile rammentare tutti i volti che ho incrociato-»
«Bionda, alta, sexy, jeans e camicia blu leggermente fuori misura, e due “occhi” difficili da dimenticare.»
Alla sua descrizione lo vide deglutire.
Bravo Hustown, lo sapevo che avevi la vista lunga...
«Allora, agente? A che piano è scesa?»
«Piano 12B, signore, ma non credo che possa raggiungerla. È un settore ad accesso limitato agli agenti di livello 7.»
Perfetto...
E cosa era andato a fare Thor in un settore ad accesso limitato? E soprattutto, come era giunto fin lì?
Le risposte ovviamente portavano tutte un solo unico fastidioso nome: Loki.
«Grazie per il tuo aiuto.» Gli strinse ancora la mano e lo tirò più vicino. «Non dire nulla di questa conversazione. Ricorda che ad Iron Man non piacciono gli agenti pettegoli.»
«Assolutamente, signore. La mia bocca resterà sigillata.»
Sorrise soddisfatto e annuì. «Bene, e per la tua collaborazione parlerò con Fury affinché ti faccia salire a livello 5, anzi, al sesto.»
«Oh, grazie, signore! Grazie.»
Ok, aveva un tantino esagerato, ma era meglio evitare ogni futuro imprevisto.
Salutò l'agente e si diresse a passo spedito verso l'ascensore.
«Barton?» chiamò tramite l'auricolare.
«Che succede, Stark?»
«Solo una curiosità: cosa c'è al livello 12B dell'agenzia?»
«Ci sono i laboratori di analisi chimiche e qualche deposito
«E cosa c'è in quei depositi?»
«Oggetti di vario genere, alcune armi, anche qualche reperto archeologico di dubbia provenienza. In buona parte sono cianfrusaglie. Perché ti interessa?»
«Non interessa a me, ma qualcosa mi dice che interessa a qualcuno di nostra conoscenza.»
Clint non ci mise molto a capire di chi parlasse.
«Loki?»
«Esatto, e credo che Thor sia lì al momento.»
«Thor? Ma che stai dicendo, Stark? Dove sei?»
«Sto venendo da te al diciassettesimo. Dobbiamo andare subito a controllare quei depositi. Ti spiego tutto a voce.»
L'ascensore prese a scendere velocemente.












Quei corridoi erano lugubri e soffocanti. Amora li odiava.
Lei era cresciuta nell'abbraccio del verde e del sole, nel calore del giorno e nella carezza della sera.
Era nata libera e priva di radici, priva di ogni catena. Con una bellezza e un potere che le avrebbero permesso di avere ai piedi chiunque senza fare neanche uno sforzo.
Così aveva creduto finché non aveva incontrato il sorriso arrogante e luminoso del principe di Asgard e si era miseramente resa conto che anche lei poteva avere dell'oro legato ai polsi, che c'era una bellezza che attraversava gli occhi e arrivava dritta al petto. Ed era letale.
Percorse in fretta quel lungo corridoio finché non giunse nelle sue camere, quelle che Loki le aveva generosamente riservato fino all'estinzione del loro patto.
Non era riuscita più a vederlo, dacché era andato via. Ma questo lo avrebbe dovuto sapere bene, ciò che la sorprese e la irritò fu che non riuscisse a vederlo neanche adesso che non era più su Midgard, e quando aprì la porta e lo trovò lì avvertì la rabbia scivolare cocente nelle vene.
Se ne stava in piedi con lo sguardo fisso al letto, con lo sguardo fisso su di lui.
Avrebbe solo voluto cavargli quei begli occhi verdi e schiacciarli fra le falangi.
Sbatté la porta alle sue spalle per ribadire la sua presenza.
Loki sembrò non curarsene. Allungò le dita e spostò una ciocca bionda di capelli dalla fronte di Thor.
Fu troppo anche per il suo sangue freddo.
«Che ci fai qui? Hai portato a termine il tuo compito?» chiese.
«Ne dubitavi, forse?»
Quel sorriso era come uno schiaffo dritto sul viso, e volle gentilmente restituirglielo.
«I tuoi metodi di persuasione hanno dunque dato frutti?... Spero che la tua bella non si sia fatta troppo male.»
«Non quante ne farò a te se continui su questa strada, Amora.»
Il sorriso era ancora lì, la sua rabbia pure.
Incrociò le braccia sul seno e lo fissò altera.
«Le hai detto cos'è in realtà?»
Loki tornò a guardare il viso di Thor e poi il suo.
«Dov'è il Vanr?» E con quella domanda aveva risposto alla sua.
Debole. Sei un debole, figlio di Jotunheim.
Si godette quella considerazione nel caldo del suo silenzio.
«Si sta preparando. Sarà qui fra un po'.»
Loki annuì e si allontanò da letto di qualche passo.
Lo sguardo serio e pieno di pensieri. Amora sapeva bene che erano tutti diretti alla loro disfatta perché fidarsi di Loki non era mai stato qualcosa da prendere in considerazione.
Potevano fidarsi solo di una cosa: la sua debolezza.
Per quella debolezza avrebbe collaborato, per quella patetica illusione avrebbe mostrato la schiena.
Il suo pugnale era già pronto a colpirla e mai ci sarebbe stata vittoria più dolce del vederlo spezzarsi sotto i suoi occhi.
E Thor sarebbe stato per sempre suo.
Avrebbe cancellato per sempre quell'ombra, quel ricordo, quella parte di lui che non era mai riuscita neanche a sfiorare.
Il suo potere le aveva da sempre concesso di insinuarsi senza fatica nelle menti di chiunque, di giocarne e di spogliarle senza che potessero impedirglielo.
La mente di Thor era stata un prato privo di insidie, tanto puro era il suo animo e tanta la fiducia dietro quello sguardo azzurro.
Eppure quando aveva provato a forzare una porta, si era scontrata con ferri pronti a difenderla.
Non era riuscita a vedere, a sentire.
La nebbia era densa e vischiosa e non c'era possibilità di scioglierla.
Quella nebbia di cui era riuscita a scorgere solo una chioma nera, corvina come le ali di un corvo.
Un lontano ricordo di Thor sigillato da quella pece.
Chi era? Chi poteva essere l'ombra che turbava quel animo così pulito da sembrare irreale? Chi si celava dietro le piume di corvo che ne offuscavano la luce?
Thor le aveva donato carezze e sorrisi, baci di fuoco e notti prive di pudore.
Le aveva dato tutte le attenzioni di un amante generoso e le parole dolci e calde di un uomo infatuato.
Avrebbe dovuto farsele bastare, avrebbe dovuto farsi bastare la promessa di renderla una regina al suo fianco, di darle un trono su cui sedere e una stirpe d'oro da portare nel suo grembo.
Ma Amora aveva voluto qualcosa di più, aveva voluto che quella nebbia si dissipasse e le lasciasse vedere tutto, le lasciasse vedere chi davvero teneva le briglie di quel ricordo impossibile da raggiungere.
Aveva preteso risposte senza chiederle e aveva commesso l'errore più grande della sua vita.
E quell'errore glielo aveva portato via.
Perché la nera chioma non apparteneva a Sif, non apparteneva alla bella guerriera che aveva sempre suscitato la sua gelosia e alimentato le sue paure, non apparteneva alla donna che aveva reso quei timori ossessioni e a cui aveva deciso di donare il sonno senza risveglio prima che Thor glielo impedisse.
Perché, quella notte, non era il petto di Sif quello in cui avrebbe dovuto affondare la lama, ma quello dell'ombra che l'aveva seguita da quando era giunta ad Asgard. L'ombra che lei aveva ritenuto una delle tante, ammaliate dalla sua bellezza, e invece era solo la scia di una serpe pronta a mordere.
Così quando le porte si erano aperte con un boato e Thor era entrato nelle stanze di Sif, per trovarla con la lama puntata al cuore della donna, Amora aveva finalmente visto il vero viso a cui apparteneva quella chioma nera, aveva visto gli occhi verdi e velenosi alle spalle di Thor e il ghigno deforme sul suo viso.
Tu...
Thor l'aveva gettata a terra, le aveva stretto una mano attorno al collo e le aveva urlato con collera di sparire dalla sua vista.
E Amora aveva obbedito a quell'ordine.
Mentre guardava il suo principe dorato correre al capezzale della sua compagna d'armi, aveva visto un'ultima volta quegli occhi verdi ridere del suo errore.
Non era mai riuscita a vedere in quella nebbia perché lui non glielo aveva mai permesso.
Aveva rivisto quegli occhi secoli dopo, su un viso perso e sconfitto, rinnegato dal suo mondo e dalla sua gente e nonostante tutto Loki le aveva rifilato un ghigno da vincitore e le aveva mostrato finalmente cosa aveva celato in quella foschia, i frammenti di un ricordo che poteva macchiare l'onore di un principe, di certo distruggere l'amore di un fratello.
Loki le aveva fatto un dono crudele e disperato, folle e perverso.
Ora sai, Incantatrice. Dimmi, dunque, vorresti ancora essere la sua regina?
Aveva riso, Amora, aveva riso di una risata che era un urlo.
Non più di quanto tu abbia voluto che lui fosse la tua... E questo è patetico anche per te, Loki Laufeyson.
Loki aveva riso con lei.
Allora ti rallegrerai di sapere che lui adesso ha già la sua nuova regina.
Quella notizia non l'aveva sorpresa, lei già sapeva della midgardiana a cui Thor aveva deciso di dare il suo cuore.
Mi rallegro nel pensare che sei stato tu a metterlo nella condizione di trovarla. Questo è stato il tuo di errore.
Le aveva sorriso ed era sparito, sparito dietro la chiamata di un titano avido.
«Credi di riuscire a controllare il suo potere?»
Quella domanda la riportò con i pensieri al presente.
«Ora non essere tu a dubitare di me. Se non avessi potuto controllarlo non avremmo neanche iniziato questa storia» sottolineò alquanto indispettita dalla sua allusione.
«Styrkárr non apprezzerebbe un fallimento, Amora.»
Sorrise facendo ondeggiare teatralmente i capelli. «A differenza tua non sono solita averne.»
Loki continuava a camminare lentamente attorno a quel letto e non riusciva a sopportarlo. Lo voleva fuori da quella camera, lontano da lei, lontano soprattutto da Thor, e
presto sarebbe stato finalmente così.
Ancora un passo, ancora uno e avrebbe potuto avere di nuovo il suo principe, il suo bellissimo e perfetto Thor.
«La sfera?» chiese osservando la foschia dorata.
«È dove deve essere.» Loki le si avvicinò e sentì come ogni volta la nausea salire dallo stomaco. «Potrai finalmente giocare con la tua bambola, Incantatrice. Non sei felice?»
«Ne sono estasiata, Loki.» Sorrise velenosa. «E tu cerca di non rompere la tua... Mi sembra alquanto fragile.»
«Tutte le cose belle lo sono.»
«Non ti facevo un romantico.» Lo derise assottigliando lo sguardo ma Loki non cadde nella sua provocazione forse troppo gonfio di soddisfazione per aver visto il suo piano realizzarsi così facilmente.
Goditi questo momento, presto conoscerai la disperazione vera, la disperazione di perdere ciò che ami di più e non poterlo impedire.
Soffrirai, Loki Laufeyson, soffrirai come non hai mai sofferto.
Perché Amora sapeva che non c'era sofferenza peggiore di conoscere la felicità e vederla poi svanire in un lampo.
Loki avrebbe avuto tutto ciò che aveva sempre agognato, avrebbe avuto quel cuore che aveva rincorso con tale affanno, lo avrebbe avuto il tempo necessario per vederselo portare via.
Amora gli aveva dato un sogno e lo avrebbe presto tramutato in un incubo.
Gli aveva mostrato una luce, ma presto sarebbe piombato nelle tenebre.
Bella e fragile, come una statua di cristallo.
La manderò in frantumi sotto i tuoi occhi e li vedrò piangere lacrime di sangue.
Sarà questa la tua morte, subdola serpe.











«Così Amora attentò alla vita dell'amica di Thor?»
Linn annuì. «Non fu possibile neanche imputarla di tradimento in quanto lasciò Asgard prima che fosse convocato un tribunale per il processo... Almeno così mi fu detto al tempo.»
Steve era ancora confuso.
Perché mai Thor gli aveva nascosto quella storia?
Linn gli aveva narrato di Amora, del suo soggiorno alquanto lungo nel palazzo di Thor e dalle sue parole sembrava che quella donna fosse destinata a essere a tutti gli effetti la sua futura moglie.
E allora perché?
Perché si era poi rivelata una donna non degna di fiducia? Non degna del suo amore?
Credeva forse che lui potesse in qualche modo giudicarlo?
Perché, amico mio?
«E Loki? Che tipo di rapporto aveva con lei?»
«Il principe Loki non aveva una buona opinione di Lady Amora e non celava a nessuno il suo dissenso su quell'unione.»
Linn sembrava restia a parlare. Steve aveva notato che lo era soprattutto quando si trattava di Loki. Non le era sfuggito il fatto che continuasse a nominarlo dandogli il titolo di principe e usando un certo rispetto nei suoi toni, benché fosse consapevole delle sue azioni criminali contro il suo stesso regno, prima ancora che contro la Terra.
Era un po' lo stesso che era accaduto con Thor e Sigyn.
Non sapeva dire se era per questioni di etichetta o di altro.
«Loki non si fidava di lei... Aveva ragione» pensò a voce alta e per la prima volta gli parve di vederlo sotto un'ottica diversa. No, non condivideva l'idea di Thor che potesse nascondersi davvero del buono in quel cuore, ma magari un tempo qualche piccola scintilla c'era stata. Era a questo forse che si aggrappava ancora oggi il suo amico.
«Mi spiace dei torti che ha subito Midgard per mano del principe...»
Linn sembrò aver sentito i suoi pensieri e il suo viso fu attraversato da un'ombra triste.
«Uccidere degli innocenti non è un torto, Linn. È una follia.»
«Non intendevo sminuire la vostra perdita, Steve. Non era mia intenzione.»
Steve la tranquillizzò con un sorriso mentre la giovane cameriera raggiungeva il loro tavolo poggiandovi due tazze fumanti.
«Non preoccuparti, capisco il tuo punto di vista e spero comprenderai il nostro. Tu hai conosciuto anche un altro Loki, così come Thor, ma noi abbiamo solo visto la sua crudeltà. È difficile immaginare qualcosa di diverso in lui e, onestamente, non si è mai sforzato troppo per farci cambiare idea.»
Linn non aveva più detto nulla portando lo sguardo sul liquido scuro della tazza.
«È caffè. A Thor piace.»
Era riuscito a far nascere un piccolo sorriso.
«Grazie, Steve.»
Avevano camminato molto, Steve aveva di certo attraversato mezza New York e Linn lo aveva seguito senza mostrare affanno, perché la sua apparenza mite e fragile era per l'appunto solo un'apparenza. Linn veniva dal mondo di Thor e come lui ne aveva ereditato le peculiarità.
Teoricamente anche lei avrebbe dovuto essere una di quelle divinità pagane scritte sui libri.
A dispetto della gerarchia che vigeva su Asgard, Linn era a tutti gli effetti una creatura diversa dai terrestri, una creatura speciale.
Quel pensiero lo portò a mandare giù con abbondanti sorsi quasi tutto il caffè.
«Com'è?» chiese guardandola assaporare in silenzio la bevanda.
«Non saprei, è diverso dai cocktail che mi ha offerto Tony.»
Quella rivelazione lo agitò.
«Aspetta, Tony ti ha fatto bere degli alcolici?»
Linn lo guardò da sopra la tazza e annuì. «Non avrebbe dovuto?»
«No! Cioè, non credo sia sbagliato. Thor regge bene l'alcol, immagino che anche tu quindi, anche se sei una donna, perciò...» Si passò sospirando una mano sul viso
«È forse inopportuno qui su Midgard che una fanciulla beva, Steve?»
Sorrise della sua ingenua curiosità e scosse il capo. «No, certo che no, è solo che ancora devo capire bene come funzionano le cose al giorno d'oggi.»
Linn lo ascoltava continuando a bere il suo caffè tenendo la tazza con entrambi le mani.
«Ai miei tempi non era consuetudine che una ragazza bevesse, almeno credo... Onestamente non saprei risponderti con sicurezza, non ne frequentavo molte.»
Confessò con un sorriso imbarazzato.
Forse non avrebbe dovuto fare simili rivelazioni, non era di certo un bel modo di presentarsi.
Salve, sono Steve Rogers e non so come parlare a una donna perché ho passato gli ultimi settant'anni sotto zero.
Non che prima avesse poi avuto un granché di esperienza in quel determinato campo.
Pensò a Peggy come ogni volta.
«Mi piace.» Linn sorrideva. «Il caffè... credo che mi piaccia più dei cocktail di Tony.»
Sul suo viso un leggero rossore che fece sorridere anche lui.
Linn sembrava uscita da uno dei suoi amati film retrò, quelli che Clint aveva provato più volte a sostituire con dei rumorosi blockbuster di guerra. Ma Steve amava conservare un po' del suo passato, amava riviverlo anche se solo su una pellicola.
Le ragazze che si imbarazzavano per un regalo semplice, che arrossivano per un complimento.
Ragazze che non erano pin-up e che non volevano esserlo.
Quelle ragazze che in quel nuovo mondo sembravano solo storie per la televisione.
«Capisco perché al mio principe piace questa bevanda.»
«Sì, e ama anche frantumare le tazze a terra, ma qui non è visto di buon occhio.»
Linn rise. «È un gesto di apprezzamento tipico dei guerrieri di Asgard. Durante i banchetti a palazzo il pavimento si copre quasi per la totalità di cocci e vino. Sembra una sonata il rumore dei bicchieri che si frantumano. A volte i soldati della guardia fanno a gara a chi ottiene più schegge. È divertente... Pulire al termine dei festeggiamenti, ahimè, non lo è altrettanto.»
«Non ti pesa mai il tuo lavoro, Linn?» Fu una domanda spontanea. Per quello che aveva compreso, essere un'ancella era poco diverso dall'essere una domestica, con l'unica differenza che lo si era 24 ore su 24.
Non era neanche un lavoro, era una vita.
«No» rispose lei sincera lasciando che le sue labbra continuassero a sorridere dolcemente. «Io non ho mai conosciuto mia madre, Steve, e di mio padre ignoro anche il nome. Il destino che mi aspettava era triste e buio. Avrei potuto essere una delle tante ragazze nelle case del piacere, e invece la regina ha voluto far di me una delle sue ancelle. Ha voluto darmi una vita diversa... Come può pesarmi questo, Steve? Se per ripagare la sua generosità devo raccogliere dei cocci da terra o lucidare anfore d'oro, sono ben felice di farlo.»
Steve si rese conto che sapeva così poco di quel mondo lontano, in verità conosceva solo l'aspetto che narrava Thor, e Thor su Asgard era un principe.
Dai sui racconti sembrava un posto magico, speciale, che non poteva essere realmente narrato ma solo vissuto, così diceva spesse volte.
Dalle parole di Linn però sembrava non essere poi tanto diverso dalla Terra.
Schiavi e padroni, generali e soldati, re e sudditi.
Perché stupirsi se poi qualcuno con una psicologia fragile come quella di Loki finiva con l'invadere un pianeta millantando di volerlo governare; aveva passato una vita fra i fasti di una corte dove ogni parola era legge, dove si poteva salvare una vita e per questo quasi possederla.
Forse Loki non era altro che il risultato di un'educazione discutibile su di una personalità già instabile.
Evitò quella riflessione a Linn perché, sapeva, avrebbe ferito la sincera fedeltà al suo regno.
Non poté però negare di sentire un po' d'amaro sulla lingua.
Linn era una ragazza dolce e gentile e non avrebbe dovuto passare la vita a servire qualcuno, avrebbe solo dovuto viverla come voleva.
Ma in fondo cosa la rendeva diversa da lui?
Steve aveva ricevuto un dono, era stato il primo e unico, il dr. Erskine era morto per permettere a quell'idea di nascere.
E ora lui aveva deciso di vivere la sua vita per far sì che quel sacrificio e mille altri non fossero stati vani, affinché il suo dono non fosse solo il motore di una propaganda.
Linn lavava pavimenti e lui combatteva con uno scudo.
Se avessero chiesto a lui se gli pesasse essere Captain America avrebbe risposto al suo stesso modo.
«Steve, sei tu in quel ritratto?»
Seguì gli occhi di Linn oltre la vetrata: sulla fiancata di un camion fermo al semaforo, l'immagine di Captain America che beveva una Coca Cola.
«Ehm... diciamo di sì» ammise imbarazzato.
Ok, alcune volte sì, gli pesava un po'.



*



Tony si guardò intorno ancora una volta.
«Deve essere qui» sospirò alquanto esausto.
«A meno che non si sia nascosto in uno di questi box non lo vedo possibile.»
Clint al suo fianco sospirò di rimando.
Avevano setacciato quel dannato piano e non erano riusciti a trovarlo: Thor sembrava volatilizzato.
Con molta probabilità forse aveva già lasciato lo S.H.I.E.L.D., ma stavolta non c'era nessuna immagine che potesse confermarlo, né un agente guardone che potesse dir loro qualcosa.
«Possiamo sapere se è stato portato via qualcosa?» chiese.
«Ogni singolo oggetto è archiviato in un database, ovviamente. Basta fare un inventario e, prima che ti possa saltare in mente di chiedermelo: no, non mi offro volontario.»
«Allora siamo in due, falco.»
Incrociò le braccia sul petto osservando vagamente i vari scaffali.
«Credi che sia con lui adesso?» chiese Clint.
«Non so cosa pensare, sinceramente.»
Aveva raccontato a Clint di spider e di cosa aveva ripreso e Barton non era sembrato stupito più di tanto. Condivideva con lui l'idea che Thor stesse nascondendo qualcosa, così come condivideva quella che Loki fosse più squilibrato di quanto avevano creduto fino a quel momento.
«Comunque è stato imprudente da parte tua non fare niente, Tony. Chissà cosa poteva farle in quella stanza.»
«A parte che ho potuto vedere le immagini solo dopo che Thor se n'é andato, quindi non avevo la sicurezza che quel pazzo fosse davvero lì, e in ogni caso dubito che Loki le avrebbe fatto davvero del male.»
Clint lo guardò diffidente. «Ti ricordo che le ha slogato un polso senza troppi complimenti e noi eravamo tutti schierati a pochi metri.»
Tony gli restituì la stessa occhiata. «Ti sei accorto che stiamo parlando di Thor al femminile, vero?»
Barton annuì serio.
«Sì, il che vuol dir che questa storia è andata anche troppo per le lunghe.»
Si avvicinarono alla porta per uscire e Tony sbuffò stancamente premendosi due dita sugli occhi.
«Dove andiamo a cercarla ora? Mettiamo una foto sui cartoni del latte?»
Clint rise mentre raggiungevano l'ennesimo corridoio.
«Teniamola coma ultima risorsa. C'è ancora un posto dove possiamo controllare. E sarebbe il caso di informare anche gli altri di questi sviluppi, non credi?»
Tony fece spallucce. «Basta che teniamo Nick fuori da questa storia finché non l'avremo chiarita.»
«Il direttore è l'ultimo dei nostri problemi, Stark.» Clint prese una pausa e arrestò il passo. «Chi lo dice al capitano?» Certo, Steve e la sua fiducia cieca, il suo rapporto fraterno con Thor.
«Tranquillo, il nostro Rogers sarà abbastanza di buon umore da sopportare ogni brutta notizia.»
«Di che parli? Riguarda il perché l'hai chiamato prima? A proposito, dove è finito?»
Sorrise della sua espressione curiosa e semplicemente gli poggiò una mano sulla spalla.
«Donne, amico mio. Donne.» Lo superò per dirigersi verso l'ascensore.
Una volta all'interno Clint volle sapere ogni minimo dettaglio. Tony di certo non si tirò indietro.



*



Era stata una caduta da cavallo, una delle tante.
Il solco non era mai del tutto sparito, un solco seppur sottile, che riusciva sempre a sentire sotto i polpastrelli sulla spalla sinistra.
Il solco non c'era.
Sigyn sfiorò ancora la pelle trovandola spaventosamente liscia.
Tirò su la camicia con un sospiro.
Non era importante quella cicatrice, era importante il suo ricordo.
Ricordi, memorie. Frammenti di un passato che non poteva non appartenerle.
Gli abbracci di sua madre, le sue carezze sulla testa e sul viso quando era un fanciullo.
Le sgridate di suo padre. I pugni con Volstagg. I racconti delle notti di Fandral, a riderne fra boccali di birra.
I consigli di Sif, gli insegnamenti di Hogun.
Il colore della pelliccia del primo cinghiale che aveva ucciso con le sue mani, senza armi, senza neanche una pietra, per mostrare a tutti che era figlio di Odino.
Il profumo delle locande, il frastuono dei canti, il sudore e la sporcizia sotto le unghie di ritorno dall'arena.
Il sole di Asgard e le sue piogge. I suoi inverni senza neve.
Ricordi, memorie.
Si strinse ancora in quella camicia sottile e troppo piccola per quel corpo.
Un corpo plasmato da un incantesimo, un corpo che non avrebbe dovuto esistere. Mai.
Nato dal capriccio di una ninfa e morto in quello di uno stupido ragazzino ingenuo, convinto di poter affrontare tutto.
Quando quel corpo era sparito, il ragazzo aveva capito che no, non era possibile affrontare, che ciò che aveva provato era sbagliato.
Un fratello che era diventato qualcosa di diverso, per poi tramutarsi in un estraneo, e quel ragazzo ormai senza più ingenuità, aveva lasciato che accadesse.
Thor aveva voluto seppellire Sigyn nei suoi ricordi e con essa seppellire ciò che aveva fatto battere e vivere il suo cuore.
Thor aveva scelto di sotterrare quel cuore e adesso Loki era venuto a reclamarlo.
E per riaverlo era disposto a riportare alla luce tutto il resto.
Le mani avevano smesso di tremare eppure continuava a guardarle senza poterne fare a meno.
Cosa era riuscita a tenere fra quelle mani?
Niente.
Sigyn non aveva niente da stringere, aveva perduto ogni cosa in una notte di secoli prima.
Cosa poteva stringere adesso? Adesso che non aveva nulla al di fuori di una verità tossica e di un segreto che non sapeva per quanto avrebbe potuto custodire?
Non aveva niente oltre all'illusione con cui era nata e morta. E poi tornata.
Era ancora un'illusione? Lo era?
Lo sono?
Sei la cosa più reale che abbia mai conosciuto.
Mai come in quel momento aveva desiderato sentirlo mentire.
Si sollevò da terra. Non una nuvola a macchiare il cielo limpido di New York.
«Thor?»
Era la voce di Clint.
Non si voltò.
«Ah, sei qui.» Si aggiunse anche quella di Tony.
Erano voci lontane, che in realtà non udiva.
Gli occhi fissi davanti, le mani abbandonate lungo i fianchi.
Il respiro calmo e regolare.
«Ti godevi la vista?» Tony la raggiunse ma non gli dedicò neanche uno sguardo. «Senti, io e te dobbiamo fare due chiacchiere.»
«Sono d'accordo con Tony. Thor, qui ci devi qualche spiegazione.»
«Esattamente. Ci sono un paio di domande a cui gradirei rispondessi e-»
«Risposte?» sibilò con innaturale freddezza mentre guardava il viso del compagno. «Vuoi risposte, Tony? Vuoi sentirmi dire “cosa”? Cosa è accaduto in secoli così lontani che tu puoi conoscere solo per storie narrate? Cosa ho sentito in quella segreta di metallo? Cosa so sul piano di Loki?... Sono queste le risposte che vuoi, Tony?»
Non avrebbe voluto, eppure si ritrovò a guardarlo torvo, guidata solo dalla rabbia, guidata solo dalla paura.
Ma Tony se non era mai stato un soldato, era sempre stato un guerriero, per questo aveva avuto prima la sua stima e poi la sua amicizia.
Così si ritrovò a osservare i suoi occhi castani scrutarla in silenzio, quasi privi di una qualsiasi vera emozione.
«Tanto per cominciare potresti dirmi perché Loki era in camera tua qualche ora fa.»
Sorrise senza più maschere. «E quale risposta vorresti udire?»
Quale peccato vuoi che confessi?
«Una che non mi porterebbe a sbatterti fuori da casa mia e a consegnarti alle cure di Nick senza battere ciglio, e credimi quando ti dico che ho preso a calci degli amici per molto meno.»
«Ok, adesso calmiamoci.»
Clint era intervenuto a placare due animi che Sigyn sapeva erano pronti a infuocarsi, perché la calma del verbo cela solo la furia che conterranno le azioni.
«Da che parte stai?» Tony ignorò ogni tentativo di far da paciere di Clint, Sigyn al canto suo non fece altro che imitarlo.
«È questo il tuo problema? Sapere se sto in qualche modo aiutando Loki?»
«Era a casa mia, Thor! Casa mia! C'ero io e c'era anche la tua Linn, se non te ne fossi accorto, e lui era lì, a pochi metri, e tu non hai detto una sola maledettissima parola!... È questo il mio problema!»
«E cosa avrei dovuto dire? Cosa credi che avrebbe fatto Loki se avessi anche solo provato a chiamare te o qualcun altro? Pensi davvero che se ne sarebbe andato come nulla fosse? Pensi che la tua armatura lo avrebbe fermato?»
«Oh, quindi è stato un modo per proteggerci tutti? “Il grande Thor si sacrifica in nome della salvezza dei suoi compagni facendo comunella con quello squilibrato di suo fratello.” Ora sì che sei un'eroina da romanzo.»
Sentì l'affanno della rabbia prendere il soppravvento.
Afferrò con decisione la sua maglia e si avvicinò minacciosa al suo viso altrettanto furente.
«Non sopporterò altri scherni.»
«E io non sopporterò altre menzogne... Sigyn.»
Quel nome era scivolato dalla lingua di Tony come una goccia di veleno e aveva bruciato le sue mani.
Lo spinse con sdegno in avanti lasciando andare la stoffa e continuò a guardarlo senza dire una sola parola.
Cosa poteva dire? Cosa aveva da dire?
Tony aveva solo detto la verità.
Verità, verità, verità...
L'aveva rincorsa, l'aveva pretesa e per cosa? Per sentirne il peso così forte sulle spalle?
Prega solo di essere pronta a udirla.”
Adesso, sapeva, non lo sarebbe mai stata.
«Mi hai guardato dritto in faccia e hai avuto anche il coraggio di dirmi una cazzata come quella che dovevi venire qui a parlare con la Foster!»
«Tony, dacci un taglio, avanti.»
«Coraggio, bella bionda, dicci che cosa sei venuta a fare al livello 12B! Siamo tutti curiosi di sentire quale nuova balla ci rifilerai.»
«Potresti trovarti privo di sensi ancora prima che apra bocca, Anthony Stark!» lo minacciò con foga stringendo il pugno.
«Ma davvero? Beh, se credi che mi tiri indietro solo perché adesso sei una donna ti sbagli di grosso!»
Tony la fronteggiò quasi con la stessa determinazione, Sigyn sapeva non poteva avere anche lo stresso squarcio nel petto.
«Per una volta soltanto dai seguito alle parole con le azioni, invece di farti scudo con la tua lingua tagliente.»
«Non ho bisogno di scudi, io... Forse sei tu che dovresti chiederlo in prestito a Cap, dal momento che il tuo bel martello ti ha voltato le spalle, principessa
Clint le si parò davanti per tenerli separati quando tentò di afferrarlo per l'ennesima volta.
«Adesso calmatevi! Tutti e due.»
Quando incrociò l'azzurro dei suoi occhi fece un passo indietro senza però riuscire a controllare il tremore dei suoi pugni.
Avrebbe solo voluto farli schiantare uno dopo l'altro sul viso di Tony, che nella sua testa sembrava prendere sempre più velocemente i lineamenti di Loki.
Scrollò il capo coprendosi il viso con una mano mentre udiva altre parole dalla bocca di Clint, altre parole per chiedere a entrambi calma e controllo.
Sigyn non possedeva più nessuno dei due.



*



«Nat, sul tetto. Ora.»
A Natasha erano bastate quelle poche parole di Clint per raggiungere velocemente il luogo.
Una volta arrivata si era trovata davanti a una scena che sembrava uscita da un racconto di qualche anno prima quando più che una squadra erano un'accozzaglia di squilibrati privi di legami.
Forse lo erano ancora, degli squilibrati, ma di certo aver rischiato la pelle in più di un'occasione li aveva in qualche modo uniti.
Eppure dalle parole che si stavano scambiando Tony e Thor sembrava che nulla fosse cambiato dalla prima volta che si erano incontrati.
«Che sta succedendo?» chiese quando li raggiunse.
Clint teneva Tony per un braccio mentre Thor lo guardava con una luce negli occhi che somigliava terribilmente a quella che aveva coperto i suoi ormai una vita fa: persa e arrabbiata.
«Bene, è arrivata anche la nostra Romanoff. Perfetto, magari fra donne vi capite meglio.»
«Tacita la tua lingua prima che ti getti di peso da questo edificio!»
Natasha era riuscita ad afferrare in tempo Thor prima che potesse davvero mettere in pratica la sua minaccia.
«Ditemi che sta succedendo o vi faccio parlare io, e non sarà piacevole.»
Clint la guardò con uno sguardo fra il grato e il preoccupato. Tony le dedicò appena un'occhiata prima di liberarsi dalla presa di Clint e fare qualche passo più in là.
Thor non disse nulla e vedeva solo le sue spalle alzarsi e abbassarsi con furia. Fu Natasha a lasciar andare la presa.
«Allora?» intimò quando sembrò che si ritrovasse una certa calma.
Clint le aveva solo fatto quella breve richiesta ma non pensava sarebbe dovuta intervenire per placare la lite di due bambini.
Tony non rispose e Clint le fece segno di rivolgersi direttamente a Thor.
Il suo sguardo pronunziò la domanda e Thor la lesse.
«Loki è venuto da me per chiedermi di aiutarlo.»
«Lo sapevo che-»
«Dannazione, Stark, chiudi quella bocca!»
Lo zittì riuscendo in quella difficile impresa.
Tony aprì le braccia con un sorriso nervoso e non disse più nulla.
«Quando è successo?»
Tornò a prestare attenzione a Thor che però sembrava non aver smesso di essere attraversato da impercettibili fremiti.
Rabbia, pensò.
«Oggi» le rispose però guardando verso Tony. «Mi ha chiesto di recuperare qualcosa dallo S.H.I.E.L.D.»
«E ha minacciato ogni essere di tua conoscenza nel caso non l'avessi fatto... giusto?»
Non servì nessuna risposta alla domanda di Clint che si passò poi una mano fra i capelli con un leggero sospiro. «Avresti dovuto dircelo, Thor.»
«Non potevo.»
Ma qualcosa le diceva che non era la minaccia di Loki ad averlo costretto al silenzio.
«Cos'era che dovevi prendere?»
Thor non rispose.
«Qualcosa dal livello 12B.» Fu Tony a intervenire. «Probabilmente qualche arma che userà per attaccare la Terra, tanto per cambiare. Ottimo lavoro, Thor, davvero ottimo!»
«Tony...»
«Come puoi credere che possa aiutare Loki nei suoi intenti bellici contro Midgard?» C'era più della delusione nelle parole di Thor, più della rabbia. C'era sofferenza, colpa, forse paura.
Natasha non sapeva dirlo con certezza.
Sapeva solo che i suoi dubbi erano più che fondati.
«Qualsiasi fosse il motivo, l'hai aiutato. A me basta questo.»
Capì subito che se voleva sapere cosa fosse accaduto avrebbe dovuto portare Thor lontano da Tony.
«Ok. Vieni con me.» Lo prese gentilmente per un braccio pronta a fortificare la presa nel caso avesse tentato di sfuggire ma Thor, insospettatamente, si lasciò guidare senza dire niente, senza guardare nulla che non fosse il pavimento prima e le scale dopo, che non fossero le porte d'acciaio dell'ascensore.
Natasha bloccò la discesa e respirò a fondo.
«Thor...»
Il suo sguardo rimasse fisso alle porte sigillate ma la sua gola sussultò.
«Qualsiasi cosa possa dire Tony, sono certa che hai agito solo a fin di bene. Anche se sei sempre stato poco imparziale quando si trattava di Loki, so che non metteresti mai in pericolo la sicurezza della Terra... E dei tuoi compagni.»
La gola sussultò ancora, gli occhi ancora non incontrarono i suoi.
«Vi ho mentito. Tony ha ragione, io...» Un altro sussulto, un fremito delle labbra e solo l'orgoglio a far restare asciutto il viso. «Io non so neanche più chi sono.»
Un triste sorriso e una mano che andava a coprire l'ombra di invisibili lacrime.
Natasha non disse nulla, non fece nulla. Ascoltò il suo respiro affannoso finché non sfumò in un profondo silenzio. Solo allora Thor alzò il viso e la guardò.
«Io non sono Thor.»
Fece un piccolo cenno con il capo.
Lo so.



*



«Prendi.» Clint gli allungò un bicchiere con del caffè ma Tony lo rifiutò con un'espressione disgustata.
«Vuoi forse avvelenarmi?»
«Perdonaci se non abbiamo un distributore di rhum» sospirò sarcastico mandando giù il caffè senza preoccuparsi di sentirlo ardere in gola. Accartocciò poi il bicchiere di carta e lo buttò nel cestino dell'angolo.
«L'hai presa un tantino sul personale. Spero tu te ne renda conto.»
Tony sbuffò affondando le mani nelle tasche e poggiandosi contro il muro del corridoio.
«Era personale, Clint. Quella è casa mia... Deve solo ringraziare che non ci fosse anche Pepper altrimenti le avrei scatenato contro tutto l'arsenale della Mark.»
Clint si lasciò cadere su una sedia con un sospiro.
«Tu sapevi che lui era lì, Tony. Sei stato tu a far finta di nulla, ancora non ho ben capito perché. Potevi chiamarci e avremmo risolto la cosa subito.»
Tony non rispose e quando Tony Stark non aveva niente da dire non era mai un buon segno.
«Hai avvisato Bruce?»
«Sì» gli rispose brevemente mentre lo guardava osservare con attenzione la porta a qualche metro.
Dietro quella porta c'erano Nat e Thor, e Clint era più che certo che lei sarebbe riuscita a capire cosa fosse accaduto e perché, soprattutto senza fallire.
Non aveva compreso che Tony fosse così coinvolto dalla cosa, altrimenti ci avrebbe pensato due volte prima di andargli dietro alla ricerca di Thor.
Ancora non sapevano cosa Thor avesse recuperato né a cosa potesse servire quell'oggetto per i piani di Loki. Con molta probabilità c'entrava anche Amora, ma per adesso non avevano nulla su cui ragionare.
Dovevano solo aspettare che Natasha uscisse da quella porta con delle risposte, delle risposte che potessero udire.
«Che facciamo con la Foster?» chiese per spezzare il corso dei suoi pensieri.
«Ho chiesto a Bruce di non dirle niente, almeno finché non sappiamo cosa abbia combinato Sigyn.»
«Non chiamarlo così, credo lo odi.»
Lo vide finalmente sorridere. «È il motivo per cui continuerò a farlo.»
Non riuscì a non imitarlo.
Dal fondo del corridoio intanto vide la sagoma di Bruce che a passo spedito li raggiungeva.
Aveva i capelli più in disordine del solito e l'immancabile penna stretta fra le dita.
«Allora? Cosa sta succedendo?»
Clint alzò lo sguardo sul viso di Tony.
«Glielo dici tu o lo faccio io?»
Tony sospirò annoiato incrociando le braccia sul petto.
«Loki ha fatto una capatina dalle nostre parti.»
Bruce sembrò ovviamente allarmato.
«Dove? Quando?»
«Alla Tower, qualche ora fa.» Lo informò Clint alzandosi dalla sedia. «Ha chiesto a Thor di venire allo S.H.I.E.L.D. e prendere qualcosa dal livello 12B.»
«Ma la cosa più interessante, caro dottore, è che Thor l'ha fatto.» Concluse Tony senza nascondere ancora una certa rabbia.
Bruce si prese qualche secondo per assimilare la notizia guardando in alternanza i loro visi.
«Perché?»
Clint alzò le spalle. «Crediamo che Loki lo abbia minacciato e quindi Thor si sia sentito costretto-»
«No, Clint, intendevo dire, perché Loki ha chiesto a Thor di prendere qualcosa per lui?»
A quella domanda risposero entrambi con un silenzio che portò Bruce a chiarire ulteriormente il suo quesito.
«Loki non ha alcuna difficoltà a insinuarsi dove vuole né a giocare con i sistemi di videosorveglianza. Perché ha chiesto a Thor di fare qualcosa che poteva fare anche lui?»
Clint scosse il capo riflettendo sulle sue parole.
Bruce aveva ragione: come aveva celato Thor alle videocamere, avrebbe potuto celare anche se stesso.
Che senso aveva farlo fare a Thor?
Erano stati così concentrati dal capire i perché di Thor da non soffermarsi su quelli di Loki.
«Loki lo ha minacciato...» sospirò Tony con il suo stesso sguardo pensieroso. «Questo vuol dire che aveva la necessità che Thor accettasse di aiutarlo. Non era un capriccio, era un parametro fondamentale.»
«Era qualcosa che poteva fare solo Thor, quindi?» gli chiese seguendo il suo discorso.
Tony osservò a lungo i suoi occhi per poi sorridere soddisfatto.
«No, Clint. Non Thor, ma Sigyn.»
«Questo spiegherebbe il perché l'abbia tramutato in una donna» ragionò Bruce a voce alta.
Aveva un senso.
Qualsiasi cosa avesse preso Thor dal livello 12B, Loki non era in grado di prenderla.
Perché?
Ma questa era una domanda a cui poteva rispondere solo Thor... solo Sigyn.
«Dov'è adesso?» chiese Bruce.
«È con la Romanoff. Sta cercando di capirci qualcosa.»
«Noi non abbiamo avuto molta fortuna» ammise lanciando un'occhiata a Tony che decise apertamente di ignorarla.
Restarono in silenzio per una manciata di minuti ognuno con mille pensieri diversi nella testa.
«Anche Steve è con Natasha e Thor?»
A quella domanda sia sul viso di Tony che di Clint si disegnò un sorriso.
«Il capitano è in altre faccende affaccendato» rispose Stark.
«E cioè?»
Si scambiarono uno sguardo complice che confuse ulteriormente il povero Bruce.
Dato che dovevano solo aspettare per delle risposte, tanto valeva trovare un argomento con cui sopportare l'attesa.











Stava andando tutto secondo i suoi piani. Tutto sarebbe andato come aveva programmato.
Avrebbe avuto ciò che bramava da secoli, millenni, ciò che aveva desiderato possedere per poter realizzare il suo alto proposito.
Sarebbe tornato lì, nella casa da cui era stato cacciato, nel regno per cui aveva lottato e sacrificato tutto.
Da lei, che lo aveva illuso, usato e poi gettato come fosse l'ultimo dei cani.
Vendetta?
Niente di più volgare.
Non era la vendetta che bramava, non era come uno di quei due mocciosi mossi da sentimenti puerili e sciocchi.
Amore... rancore... rabbia.
Patetici moscerini.
Combatteva per un fine più alto, Styrkárr, combatteva per restituire l'ordine delle cose, per correggere gli errori del fato.
Combatteva perché aveva giurato fedeltà anche a chi non aveva saputo vederne il valore.
Lei avrebbe capito che tutto ciò che aveva fatto, che ogni azione che aveva compiuto e che era stata creduta folle era solo la più alta dimostrazione di fedeltà.
Il suo regno lo avrebbe accolto come meritava, e avrebbe guidato la guerra necessaria e l'avrebbe vinta.
L'ordine delle cose.
Il legittimo fluire di un corso deviato senza il consenso delle Norne.
Avrebbe sacrificato ogni cosa andasse sacrificata, avrebbe donato alla sua causa ogni vita che valesse la pena prendere. Non per gusto, non per diletto.
La morte era un dono, il più nobile.
Chiunque avesse avuto il privilegio di offrire la sua vita avrebbe solo fatto ciò che andava fatto.
Anche il più misero degli esseri, anche il più prode dei soldati, anche il più dorato dei principi.
Sotto le palpebre chiuse rivedeva il tumulto delle guerre, il sangue scarlatto versato senza alcuna logica.
Rivedeva il verde delle sue terre macchiato con la linfa infetta dei nemici che avevano osato alzare la spada contro il suo regno.
Rivedeva l'azzurro dei loro occhi, le loro mani grondare e le urla chiamare una vittoria che non avevano meritato.
Rivedeva il marmo del suo palazzo usurpato e mandato in frantumi.
E rivedeva lei.
Aprì gli occhi ma incontrò solo il buio delle sue stanze.
Si sollevò da terra tenendo i palmi in alto e sentendo il calore del seiðr affluire in ogni singola vena, in ogni singola scheggia di cuore.
Le ombre furono lacerate nell'istante in cui lo fece espandere fino ai limiti concessi.
Sarebbe bastato poco e sarebbe stato inghiottito e consumato da esso, ma non aveva trascorso gli ultimi mille anni a prepararsi a questo giorno se avesse temuto la sua stessa forza.
Richiamò l'energia raccolta e la compresse tutta.
Era doloroso, lacerante, eppure sorrise.
Sorrise sempre più ampiamente finché una roca risata non abbandonò la sua gola.
Era pronto.











***













NdA.
Capitolino di passaggio utile però per capire almeno un po' cosa viaggia nella testa dei nostri amati cattivoni.
Le motivazioni di Amora spero siano ora meno oscure, anche se era abbastanza chiaro cosa, o per meglio dire “chi”, volesse.
Styrkárr è invece ancora una mezza incognita, ne sono conscia, ma avrà la sua parte quando salteremo allegramente per le lande asgardiane perché è ovvio che bisogna tornare a casa prima o poi e...
Shhhh, basta spoiler, a Chiara non piacciono!
Perdonatemi lo sclero, ogni tanto svalvolo anche io.
Bene, dal prossimo un po' di azione e qualche colpicino di scena che non guasta mai ^-*
Appuntamento fra sette giorni, stavolta, superpuntuale <3
Kiss kiss chiara
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: kiara_star