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Autore: Gens    02/02/2014    3 recensioni
"Si sentiva in apnea. Un’apnea di bugie."
Niente è semplice: la vita non è semplice, la morte non è semplice, l'amore non è semplice.
Dal primo capitolo:
"Harry continuò a fissarlo e la prima cosa che lo colpì furono i suoi occhi: fu come se ci fosse cascato l'oceano seguito dal cielo dentro. Gli occhi brillavano di un azzurro cristallino, erano puri, quasi quanto il cuore del ragazzo. Risplendevano di una luce propria, come le gemme preziose e Harry pensò che fosse sbagliato metterli in mostra in quel modo. Ma poi mosse la testa, come se fosse assurdo pensare a quelle cose."
|| LARRY ||
Genere: Azione, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Apnea of lies



Tante erano le domande che affollavano la mente di Harry. 
Cosa voleva dirgli suo padre di così importante?
Perché sua madre non aveva voluto anticipargli nulla?
Perché era sembrata così nervosa e seria quando gli aveva riferito che suo padre gli avrebbe parlato quel venerdì sera?
Ma, dopo l’uscita di Louis dall’auto, erano ben altre le domande che si stava ponendo.
Perché suo padre aveva reagito così dopo che Louis si era presentato completamente?
In che modo suo padre aveva conosciuto il padre di Louis?
Come mai conosceva la casa di Louis, nonostante quest’ultimo non gli avesse detto niente?

Una curiosità morbosa lo divorava, dall’interno.
Tanti quesiti, troppi. E nessuna risposta.
Harry avrebbe voluto domandare a suo padre. Avrebbe voluto chiedergli tutte le spiegazioni di cui necessitava, tutte le domande di cui non aveva risposta.
Ma il volto di suo padre si era diventato scuro, era pensieroso, e sembrava nervoso, arrabbiato.
Harry non l’aveva mai capito, mai. Né da bambino, quando il giorno di Natale non apriva i regali perché con una valigetta in mano, usciva di casa mentre lui e sua sorella si fiondavano sui molti pacchi sotto l’albero, né quando da ragazzo non lo vedeva mai a casa e vedeva sua madre stare in ansia, fissando la porta di ingresso, come se potesse spalancarla da un momento all’altro.
Così Harry aveva deciso di non fare domande, non in quel momento.
Scelse allora di concentrare il suo sguardo fuori dal finestrino.
Campi di fragole rosso vivo decoravano il lato destra della strada che la loro auto percorreva con una modesta velocità, rendendo sfuocate quelle piccole figure.
A questi campi, si alternavano quelli di fiori; macchie indistinte di tanti colori: gialli, bianchi, rossi, viola.
 

“Dove mi porti papà?” chiese il piccolo Harry, spostando i ricci dagli occhi e ritornando con le mani sul vetro e la faccia appiccicata ad esso.
Des sorrise alla vista di suo figlio così emozionato per quel “viaggio” fuori dal solito e si affrettò a rispondergli: “Ti porto in un posto, in una pineta precisamente”.
Harry staccò gli occhi dalla strada e si risedette bene sul sedile.  “Una pineta? – chiese dubbioso – Perché?”
Des rise, perché si aspettava una domanda del genere da suo figlio.
“È un posto a cui tengo tanto, e vorrei condividerlo con te”.
Sul volto del bambino si dipinse un sorriso, il sorriso più vero che un bambino ti può mai dedicare. Condividevano così poco.
Entrambi rimasero in silenzio per un tempo che sembrò infinito.
Harry non sapeva che dire, non era uno di quei bambini che parlava molto. Soprattutto con suo padre.
“Perché non abbiamo fatto venire anche Zayn con noi?” chiese il bambino oscillando avanti e indietro le gambe che non riuscivano a toccare terra.
“Perché è un posto segreto. Lo conosceremo solo io e te, me lo prometti, Harry?”. Des staccò gli occhi della strada quel poco che gli permise di guardare nei luccicanti occhi verdi di suo figlio e assicurarsi che lui avesse capito. Harry annuì perché quello sguardo, veloce e profondo, lo aveva lasciato senza parole.
“Promettimelo, Harry” ripeté il signor Styles, per essere certo che il bambino avesse capito.
“Te lo prometto, papà”.
 
 
Harry staccò gli occhi dal finestrino laterale e si concentrò sulla strada davanti a sé.
Era la stessa strada, ne era sicuro. Stessa direzione. Magari stesso posto?
Harry non capiva, perché lo stava portando alla pineta per parlargli? Qualunque posto sarebbe andato bene, no?
E poi, non andavano in quella pineta dalla volta in cui suo padre gliel’aveva mostrata per la prima volta, che se Harry gliel’aveva chiesto più volte, di ritornarci.
Che senso aveva tornarci adesso?
 
 
“Siamo arrivati” esordì il signor Styles, parcheggiando in una stradina vicino la pineta. Scese dall’auto e si diresse verso la portella di suo figlio. Gliel’aprì e lo aiutò a scendere.
Fece scattare la serratura e dopo essersi assicurato che l’auto fosse ben chiusa, prese per mano suo figlio, percorrendo insieme a lui quel poco spazio che mancava alla pineta.
Harry rimase deluso alla vista di questa: si immaginava ampie colline ricoperte di alberi altissimi, un ruscello che percorreva tutto il boschetto, panchine, giochi per bambini colorati, un chioschetto di gelati.
Invece, tutto quello che vide fu un piccolo spazio ricoperto di alberi, nessun ruscello, nessuna panchina, nessun gioco o chioschetto.
“Papà, non mi piace” ammise Harry, quando arrivarono all’entrata di questa pineta. Il marciapiede distrutto, la terra tutta bagnata.
Des sorrise. “È vero, non è bellissima. Ma è speciale” disse, mentre camminavano ancora mano nella mano.
“Come fa una cosa così schifosa a essere speciale?” chiese il piccolino.
“Harry – lo rimproverò suo padre – Una cosa, per essere speciale, non deve essere per forza bella.”
 
 
Il signor Styles parcheggiò esattamente dove aveva lasciato l’auto anni prima.
Spense il motore, scese dall’auto.
Questa volta, però, non si avvicinò ad aiutare suo figlio.
Harry abbandonò il suo sedile e chiuse la portella, sbattendola, e si fermò ad aspettare suo padre. 
Questo fece scattare la serratura e iniziò ad incamminarsi, senza lasciar uscire parola.
E ad Harry non restò altro da fare che seguirlo.
 
 
“Guarda Harry, questo è il mio albero preferito” Des posò la mano sulla corteccia di un vecchio albero e batté la mano su di questo come se fosse un vecchio amico.
“Sembra molto vecchio” disse Harry, girando in tondo.
“Tutti gli alberi della pineta sono molto vecchi, è proprio questo a renderli belli. Hanno vissuto tante cose, hanno visto tante persone, tante storie” gli sorrise, vedendo che aveva catturato la sua attenzione.
“E ha visto anche la tua storia, papà?”.
Il signor Styles sembrò oscurarsi, ma si riprese in un lampo e sorridendo a suo figlio disse: “Sì, Harry. Ha visto anche la mia storia, ma non è questo il punto. Vedi bene dove si trova l’albero e ricordalo, ricordalo per sempre”.
Il piccolo Harry sollevò un sopracciglio. “Perché mai?” rise.
“Perché quando sarai grande e non saprai dove cercare, lo troverai qui”.
Harry non capì.
Perché suo padre pensava a quando sarebbe diventato grande?
Perché avrebbe cercato qualcosa?
Cosa poteva trovare in un albero?
E poi, perché non gli diceva cosa?
“Tranquillo Harry, sei ancora piccolo. Non hai bisogno di capire”
 
 
Arrivati all’entrata della pineta, il signor Styles si rivolse ad Harry e gli chiese: “Ricordi ancora dov’è l’albero, Harry?”.
Il ragazzo alzò le sopracciglia e spostò il suo sguardo all’interno della pineta. Era rimasta la stessa.
Si incamminò. Non era più tornato in quel posto, eppure sapeva ancora dove si trovava l’albero.
Camminò, svoltando ora a destra e ora a sinistra tra gli alberi nuovi che erano cresciuti, fino a quando non si soffermò su uno.
Posò la mano sulla corteccia e proprio come suo padre aveva fatto quelli che sembravano secoli prima, diede dei colpetti, quasi stesse salutando un vecchio amico.
Des gli regalò un sorriso. Harry non lo vedeva sorridere da così tanto tempo.
“Sono contento che tu sappia ancora dove si trova” gli disse, poggiando anche lui una mano sulla corteccia.
“Te l’ho promesso” gli rispose Harry, staccandosi dall’albero e mettendo le mani in tasca.
Abbassò lo sguardo, quel tempo sembrava così lontano.
“Harry, è arrivato il momento che tu sappia un po’ di cose” iniziò il signor Styles, camminando avanti e indietro per la pineta.
“Cosa?”
“Ascoltami Harry, non interrompere. – gli disse duro – Che lavoro faccio secondo te?” ma senza nemmeno aspettare una risposta, continuò: “Bene, sicuramente niente di quello che credi. Faccio parte di un gruppo di persone che non fanno nulla di buono, Harry.
Io mi occupo di traffici illegali, costringo le persone a far rispettare le mie regole, faccio favori e in cambio ne richiedo di enormi”
Harry rimase in silenzio. Lui cosa centrava in tutto quello?
“Faccio del male, uccido se ce n’è bisogno. Ho una storia così lunga e intricata che lo Stato non può fare nulla contro di me.
Ma ho dei nemici, e il fatto di essere vivo adesso, è un miracolo.
Probabilmente ti starai chiedendo perché te lo sto dicendo…”.
Harry annuì, troppo sconvolto da quelle rivelazioni.
Non riusciva a dire nessuna parola, sembrava che gli si fossero bloccate tutte quante in gola. Sentiva il respiro pesante, l’aria che gli mancava.
Si sentiva in apnea.
Un’apnea di bugie.
“Perché tu, Harry, prenderai il mio posto”.













Salve! Siamo giunti finalmente alla rivelazione!
So che vi aspettavate di più, qualche spiegazione o simile, ma la mia aspirazione è pari a 0! Vi chiedo di essere clementi e per il momento di accontentarvi di questo.
Il raiting rosso è riferito all'attività di Des... ma non vi anticipo nulla!
Ringrazio SOPRATTUTTO i recensori, i lettori silenziosi, coloro che hanno messo la storia tra seguite, ricordate e preferite!
Chiedo scusa per eventuali errori, colpa degli ospiti.
Vi dico solo che alla fine ho pensato all'hashtag su Twitter e se vi va potete scrivere qualcosa. E' #ilay.
Vi ringrazio tanto. A presto!
-Angela
  
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