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Autore: AleJen    02/02/2014    1 recensioni
Serafine si è appena trasferita. E' la cittadina di Lewisville, non troppo lontano da New York ma abbastanza isolata per far sì che sia un posto tranquillo. La sua famiglia è scomparsa all'improvviso e lei è rimasta sola, ma non riesce a spiegarsi una serie di fatti che accadono proprio a lei. L'unica persona cosciente di tutto ciò sembra un ragazzo a lei sconosciuto, dall'aria ribelle e una bellezza particolare...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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‘Cause I’ve seen love die way too many times, when it deserved to be alive; I’ve seen you cry way too many times, when you deserved to be alive, alive…
Serafine faceva ritorno dalla libreria. Erano le due di venerdì pomeriggio, e camminava silenziosa sulla strada bagnata. Tutto ciò che sentiva era la musica nelle cuffie, la voce carica di Hayley Williams e il suo gruppo, i Paramore, suonare la canzone Emergency.
Imboccò la sua strada secondaria, e dopo aver percorso qualche centinaio di metri vide uno… due… quattro fiocchi bianchi scendere leggeri e vorticosamente dal cielo grigio. Proprio oggi doveva nevicare… ah, ma stasera non mi perdo la serata per nulla al mondo!
La sua scelta musicale, infatti, non era a caso. Quella sera stessa i Paramore avrebbero suonato nello stesso locale in cui si esibiva Gabriel, e Serafine non se li sarebbe persi per nessuna ragione.
Finalmente intravide casa, quella casetta di legno bianca, a due piani e con un praticello e un paio di alberi ormai spogli davanti, distanziata dalle altre. Serafine cercava sempre di non pensare che Lylie aveva abitato lì, e inizialmente avrebbe voluto andare da qualche altra parte. Ma riflettendoci bene l’avrebbe messa più a disagio tornare a New York a casa della nonna, perciò l’unica idea saggia era quella di restare. E poi c’era Julia con lei, non sempre ma abbastanza da non farla sentire sola.
<< Julia, sono arrivata! >>, le urlò non appena entrò in casa. Abbandonò cappotto, berretto e stivali all’ingresso, recuperò le pantofole e strisciò i piedi trascinandosi in salotto.
<< Ciao, Serafine >>, la salutò Julia con fare moribondo e il naso tappato. Era semidistesa sul divano, sotto la coperta di lana, con una confezione di fazzoletti formato famiglia sul tavolino, caminetto e tivù accesi. Serafine ridacchiò.
<< Come stai, zombie? >>.
<< Uno schifo… Che invidia, vai a vedere i Paramore stasera >>.
<< Ma Julia, potresti coprirti per bene e venire anche tu. Te la senti? >>. Julia ci rifletté un attimo, ma poi scosse la testa.
<< Meglio di no, poi ‘sto raffreddore mi rimbambisce e non me li godrei a pieno. Vai tu anche per me >>. Serafine le sorrise dolcemente.
<< Allora mi batterò tenacemente per recuperarti un autografo di Hayley >>. Julia si illuminò.
<< Davvero faresti questo per me? >>.
<< Ovvio. Dato che non puoi vederli, mi sembra il minimo che possa fare >>.
<< Oh, grazie mille >>. Fece per tendere le braccia e abbracciarla, ma le ritirò immediatamente. << No, meglio di no. Altrimenti va a finire che ti contagio e ciao autografo >>.
 
Il buio arrivò velocemente, e altrettanto velocemente trascorse il tempo fino all’avvicinarsi imminente dell’ora dell’evento… Serafine non stava più nella pelle. Non aveva ancora smesso di nevicare, e tutto si era già coperto di un sottile e scivoloso velo bianco. Ma Serafine non si scoraggiava così facilmente. Dopo cena era subito corsa a prepararsi, e questa volta aveva optato per un maglioncino scuro con sotto una t-shirt grigia, jeans skinny blu scuro e un paio di bikers decorati con piccole borchie e un cinturino. Almeno sarò accettabile… e non rischio di ammazzarmi sulla neve! Senza far troppo rumore per non infastidire Julia che era già andata a letto, uscì.
Fuori, le sembrò di essere entrata in un’altra dimensione. Non un rumore, solo buio, silenzio, vento e neve che rendevano tutto un paesaggio irreale. Anzi, il tempo sembrava quasi esserle ostile, il vento gelido e pungente si faceva sentire fin sotto il cappotto, le maglie, la pelle, e la neve sembrava addirittura aumentare di intensità. Serafine però si fece coraggio, si calò il berretto sulla fronte e si mise in cammino.
Il marciapiede di fronte al locale si presentò decisamente più affollato rispetto alla volta precedente. Serafine era emozionatissima, forse quella era la prima cosa positiva che le accadeva negli ultimi tempi. Vedrò i Paramore, finalmente! Avvicinandosi di più, notò che stavano facendo entrare solo quelli che si presentavano con la prenotazione. Si affrettò a mettersi in coda e a prendere il foglio con la prenotazione dalla borsa, non sarebbe mai arrivata impreparata. Non appena aveva scoperto del loro arrivo, per prima cosa aveva cercato di prenotare anche se poco convinta, credendo che fosse stato già tutto sold out. Infatti così era, ma Julia aveva già preso un posto molto tempo prima e l’avrebbe portata con lei. Non la ringrazierò mai abbastanza.
Quando Serafine si sedette allo stesso tavolo dell’ultima volta, il locale era già pieno, praticamente quello era l’ultimo tavolino rimasto libero. Si guardò intorno, ormai mancava davvero poco. Serafine osservò gli altri tavoli, erano tutti più affollati del suo. Iniziava a credere di essere l’unico “lupo della steppa” del locale, quando individuò un altro tavolino altrettanto solitario ed era quello di fianco al suo. Stava per osservare chi era il forever alone lì vicino, ma il suo senso di paura aumentò, bloccandola. Se quella sensazione non la stava tradendo, sapeva già chi avrebbe visto seduto a quel tavolo. Ma ritentò… e finalmente lo vide.
Era nuovamente vestito di scuro, l’immancabile giubbotto e i jeans neri. Teneva lo sguardo fisso sulla superficie del tavolo, immerso nei propri pensieri, e ogni tanto si passava una mano tra i capelli biondi. Serafine sospirò. Come già immaginava, Gabriel sedeva lì, poco distante da lei.
In realtà non rimase solo molto a lungo. Un momento dopo un altro ragazzo lo raggiunse, sedendosi di fronte a lui. A occhio e croce doveva essere più o meno della sua stessa altezza, ma portava  corti i capelli biondo scuro ed era decisamente più massiccio. Solo, avevano lo stesso colore di occhi, la stessa e identica sfumatura di azzurro.
<< Ciao >>. Gabriel sollevò lo sguardo, salutandolo con un cenno del capo. Il nuovo arrivato gli diede un’occhiata perplessa. << Sei sicuro di volerlo fare? >>.
<< Nick, la uccideranno >>, rispose Gabriel con voce abbastanza cupa. Serafine sentì trillare il cellulare: un messaggio di Julia.
 
Come va lì? Sono già arrivati i Paramore? :D
 
<< La conosci? >>, continuò Nick. Gabriel scosse la testa.
<< No, non la conosco… beh, in realtà sì anche se non di persona, non ho mai avuto a che fare con lei direttamente. Ma non credo possa cambiare qualcosa. In realtà, avrei dovuto fermare anche l’ultimo massacro >>.
Serafine corrugò la fronte dopo quella conversazione, fingendo di leggere sul cellulare e tendendo l’orecchio. “La uccideranno?” “Massacro?”…ma che…?
Decise infine di non impazzire nel tentativo di capire, e rispose al messaggio.
 
Non ancora. In compenso c’è il tuo amico qui, con un bel tipo che mi ricorda vagamente un armadio, un tale Nick…!
 
<< Non è colpa tua >>. Serafine, nel frattempo, ricevette un altro messaggio.
 
Ah, Nick! Certo, è suo fratello maggiore ;) Lo so, sono uno più bello dell’altro <3 <3
 
Serafine sorrise tra sé, e in quel momento le luci si spensero. Restarono solo dei riflettori puntati sul palco, e finalmente i Paramore fecero la loro entrata, guidati da Hayley con i suoi capelli rosso fuoco.
Non ci furono presentazioni – anche se d’altro canto non servivano -, solo l’intro a chitarra. You were my conscience, so solid, now you’re like water. And we started drowning not like we’d sink any farther. La canzone di apertura della loro esibizione, secondo Serafine, era stata scelta bene: Monster. Serafine in realtà era ancora abbastanza pensierosa, i temi della conversazione tra Gabriel e quello che, a quanto pare, era suo fratello l’avevano incuriosita e al tempo stesso allarmata. Se il termine “massacro” lo riconducevano a “omicidio”, l’ultimo di cui aveva sentito parlare era stato proprio quello di Lylie. E se sapessero qualcosa su quello che è successo? Serafine si voltò un’ultima volta verso di loro. Ma erano completamente spariti nel nulla
I’ll stop the whole world, I’ll stop the whole world from turning into a monster, eating us alive. Don’t you ever wonder how we survived, now that you’re gone the world is ours
 
<< Grazie mille, Hayley >>. Hayley sorrise a Serafine.
<< Di nulla >>.
Serafine abbandonò la fila e uscì dal locale. Era soddisfatta di essersi fermata fino alla fine, così era riuscita a raccattare un autografo per sé e uno con tanto di dedica per Julia. Le piacerà, sicuramente! Ripose i due foglietti in una tasca all’interno della borsa, ma una folata di vento gelido la fece rabbrividire. Sollevò lo sguardo, e notò tragicamente la neve che era scesa durante quelle ore e quella che stava ancora scendendo. Spero di arrivare a casa tutta intera… Indossò nuovamente il berretto e riprese la strada di casa. Non c’era un’anima per strada, solo lei. Le faceva uno strano effetto.
Massacro… La uccideranno…
Quelle parole continuavano a risuonarle nella testa, pronunciate dalla voce di Gabriel. Che cosa sapeva, lui? A cosa si stava riferendo?
Serafine rifletteva, proseguendo passo dopo passo nella neve fresca. All’improvviso le urtarono la spalla con un colpo deciso, facendole quasi perdere l’equilibrio e risvegliandola dai pensieri.
<< Ehi, ma che…?! >>, sbottò Serafine voltandosi, ma si ritrovò a parlare con le spalle di una figura vestita di scuro e la testa coperta dal cappuccio. Sospirò, aveva parlato al vento, anche se in realtà qualcosa attirò la sua attenzione. Teneva in una mano qualcosa che rifletteva le luci dei pochi lampioni lungo la strada che si faceva più buia allontanandosi dal centro di Lewisville. Aveva una forma piatta e allungata. Una lama.
Da dietro l’angolo sbucò un’altra figura, un uomo che andava incontro a quella specie di ombra che aveva colpito Serafine. Lo riconobbe all’istante, era certa di aver visto quell’uomo dai capelli corti neri all’interno del locale e l’aveva osservata a lungo, spesso mettendola a disagio. La guardò anche in quel momento, ma la figura scura raggiunse l’uomo e lo afferrò alla gola con la mano libera, sbattendolo contro il muro della casa.
<< Che vuoi? Non farmi perdere tempo >>, disse l’uomo cercando di minacciarlo, sebbene la stretta alla gola fosse decisa.
<< E perché non dovrei? Tanto non riuscirai mai nel tuo intento >>. Serafine era convinta di aver sentito la voce di Gabriel. La figura scura era pure vestita come lui. Ma no, non può essere lui. È impossibile! Continuava a ripetersi di prendere e andarsene da lì, quella persona inoltre aveva un coltello!  Eppure non riusciva a muovere le gambe, era lì bloccata.
<< E perché non dovrei? >>.
<< Perché io te lo impedirò >>. Serafine non riuscì a vedere quel viso, di profilo era ancora coperto dal cappuccio. Ma l’espressione che aveva assunto, probabilmente ironica stando al tono di voce, fece dipingere sul viso dell’uomo la pura collera.
<< Mi stai sfidando? Non ti conviene >>.  La mano gli strinse la gola ancora di più.
<< Forse. Ma non potrai mai saperlo >>.
L’urlo di Serafine squarciò letteralmente il silenzio, non appena la lama dell’arma attraversò rapidamente e violentemente il ventre dell’uomo, per poi essere ritrarsi altrettanto velocemente. La figura scura, sorpresa, si voltò di scatto e Serafine, ancora con le mani davanti alla bocca per lo shock, si ritrovò a guardare dritto negli occhi azzurri di Gabriel. Nessuno dei due osò interrompere il contatto visivo, entrambi apparivano spaventati allo stesso livello anche se per motivi divergenti. Ma questa volta Serafine percepì qualcosa di diverso rispetto alla volta precedente. La paura non era per nulla sparita, ma si era aggiunto qualcosa che le faceva percepire Gabriel in maniera differente, anche se non era in grado di descrivere come.
All’improvviso, Gabriel si voltò e scappò via senza quasi lasciare a Serafine il tempo di reagire, sparendo dietro l’angolo della casa.
<< Ehi! >>, sentì un’altra voce maschile. Sul marciapiede opposto, spuntato da dove non ne aveva idea, c’era Nick ed era rivolto a Serafine. Attraversò la strada di corsa lasciando le impronte sulla neve e la raggiunse. << Ho sentito gridare. Va tutto bene? >>. Serafine lo guardò come se fosse un fantasma.
<< L’ha… l’ha ucciso… >>, riuscì appena a balbettare. Nick si voltò verso l’uomo che ormai giaceva sulla neve fresca, una chiazza di sangue che la contaminava, ma lo guardò in maniera superficiale.
<>. Serafine, di fronte alla domanda, si fece pensierosa restando a fissare un punto indefinito davanti a sé.
<< No… non l’ho visto in faccia >>. Nick osservò Serafine, la sua espressione mostrava evidentemente il suo suo stato di shock. Le poggiò delicatamente una mano sul braccio, scatenando in Serafine una serie di sensazioni simili a scosse elettriche in tutto il corpo al punto di farla spaventare. Lei lo guardo con la paura negli occhi.
<< Ti accompagno a casa, è meglio che te ne vai via da qui il prima possibile >>. Serafine scosse la testa decisa, scrollandosi la sua mano di dosso.
<< Non… non è necessario. Posso tornarci benissimo da sola, grazie >>. La sua voce suonò più dura di quanto volesse. Nick sospirò.
<< Sicura? >>.
<< Sì, grazie >>.
Serafine si voltò e finalmente tornò sui suoi passi. Non vedeva l’ora di rimettere piede a casa, ormai le sembrava uno dei rari posti sicuri in città.
  
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