Il corridoio era lungo e di un bianco accecante, nonché inquietante per
via delle numerose porte che lo fiancheggiavano a destra e a
sinistra. Percorrendolo si avvertiva un senso di oppressione e di
mancamento di fiato. Nessuna apertura a spezzare la teoria di quel
candore abbagliante. La sola soluzione era di attraversarlo alla
svelta, senza soffermarsi troppo sui particolari, trovare la propria
porta, entrare e chiudersi tutto alle spalle e riprendere respiro.
Questa era l'architettura moderna: spazi o troppo vasti, da
agorafobia, o troppo angusti da claustrofobia. E poi il silenzio:
assordante, una morsa sul petto. Neppure i passi riuscivano a
spezzarlo, attutiti dal pavimento insonorizzato. Dovevi augurarti che
non ci fosse un black-out che neppure le sbiadite lampade d'emergenza
sarebbero bastate a fugare del tutto le ombre spaventose annidate in
alto e negli angoli, alle svolte. L'uomo, quando vi entrò, dimenticò
subito se fosse giorno o notte, che ora fossero, che giorno segnava
il calendario. Lì le convenzioni erano del tutto azzerate. Si
procedeva in un'altra dimensione, un vortice di assenze temporali
tranne che quello spazio che poteva contenere una sola persona. Se ne
incontravi un'altra, proveniente in senso opposto, ti dovevi
appiattire contro una parete per farla passare. Qualcosa di
allucinante. Una struttura creata ad hoc per farti impazzire, se ci
permanevi per un p' di tempo, nonché pericolosa, adatta ad ogni
tipo di agguato. Lì nessuno ti avrebbe udito, se chiedevi aiuto: eri
belo e fottuto. Questi erano i pensieri dell'uomo che, velocemente,
lo stava attraversando, alla ricerca della sua porta. Fischiettò
un'arietta per darsi un tono ed anche per sentirsi vivo e presente.
In fondo al corridoio, intravide l'angolo di una svolta ed aumentò
l'andatura. Sperò che il corridoio non continuasse ancora e che non
ci fossero altre giravolte in quel budello. A un terzo del cammino, o
a metà, non gli fu chiaro, l'uomo avvertì un freddo improvviso che
gli attanagliò le viscere. Si abbracciò il corpo istintivamente e
continuò spedito, ma, ad un tratto, inspiegabilmente, scivolò e si
trovò con le terga a terra. Borbottò un maledizione dentro di se e
cercò di rialzarsi, appoggiando una mano alla parete. Percepì,
però, una forza che lo bloccava al suolo e, mentre faceva sforzi per
recuperare la posizione eretta, guardò in avanti e, a pochi metri di
distanza, gli parve di distinguere una trasparenza aerea, vaporosa,
alta quanto una persona, dapprima biancastra e, successivamente,
verdastra. A mano a mano la figura sembrò prendere consistenza,
trasformandosi nell'abbozzo d'una forma umana. Il sudore imperlò la
fronte dell'uomo e il cuore gli prese a sbattere spasmodicamente. Un
senso di paura gli strinse la gola. La figura, pur mantenendo la sua
trasparenza, s'andava mutando in qualcosa di più preciso e
riconoscibile. Diventò mobile e dal nucleo si staccarono quelli che
potevano essere definiti arti, inferiori e superiori. In quel punto
del corridoio la luce, stranamente, era fioca. Nello stesso momento
si sentiva un acre odore di ozono. Dopo qualche istante, quelle
sembravano braccia si abbassarono, afferrarono le gambe dell'uomo e
cercarono di trascinarlo violentemente in avanti. L'uomo, in
principio, rimase paralizzato dal terrore, ma l'istinto di
conservazione prese il sopravvento. Con sforzo sovrumano tentò di
liberarsi da quella stretta possente che lo attirava a se. Non urlò:
sarebbe stato inutile,nessuno avrebbe udito un granché in quel
labirinto. Disperatamente scalciò, furiosamente annaspò con le
braccia , si puntellò con le mani sul pavimento, spinse all'indietro
la schiena e riuscì a sfuggire a quella presa terribile. Scattò in
piedi, si girò e prese a correre in senso inverso. La forma sembrò
inseguirlo, rapida, ma giunta sotto una luce più intensa, si
ritrasse ed arretrò fino a dissolversi del tutto. Lasciò, però,
dei residui in forma di filamenti fluttuanti nell'aria. L'uomo
correva a perdifiato per mettere quanta più distanza possibile da
quell'orrore. Riuscì a guadagnare l'uscita nel sole e all'aria
aperta e respirò profondamente Cercò di riguadagnare il controllo
di se stesso. Si guardò attorno: mai come allora la città gli
sembrò più bella, nonostante lo smog e il traffico.