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Autore: Umiko    03/02/2014    6 recensioni
Il bizzarro biglietto d'invito diceva: "Benvenuti nella nostra nuova dimora! Accomodatevi alla cena di inaugurazione con i padroni di casa Percy Jackson e Nico Di Angelo. Non c'è bisogno di portare nulla. La cena comincia alle 6 in punto. L'indirizzo è Sunshine Lane, Long Island, 38501."
Percy/Nico
***QUESTA FANFICTION E' UNA TRADUZIONE. TUTTI I DIRITTI VANNO All'AUTRICE ORIGINALE. LINK ALL'INTERNO.***
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Ade, Nico di Angelo, Percy Jackson, Poseidone, Sally Jackson
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questa fanfiction è una traduzione: l'autrice originale è Amethyst Grey (qui il link del suo profilo: X), che mi ha concesso i diritti della storia (pubblicata qui: X) e mi ha gentilmente permesso di tradurla in italiano. Questi personaggi non mi appartengono né appartengono ad Amethyst Grey, ma sono proprietà di Rick Riordan e di chi ne detiene i diritti, quindi questa storia è stata scritta e tradotta senza alcun scopo di lucro. Lo stesso per i sottoscritti Harry Potter (J.K. Rowling) e Alla ricerca di Nemo (Disney Pixar). La fic è ambientata poco dopo la fine dell'ultimo libro della prima serie, Lo Scontro Finale, perché scritta precedentemente all'uscita de L'Eroe Perduto.
Preparatevi al fluff più estremo.













«Nico, amore, non posso fare a meno di pensare che la stai facendo un po' troppo tragica.»
«Percy, dolcezza...» Bene, ora sapevo che mi stava prendendo in giro. «Forse non ricordi che i nostri genitori verranno a cena per vedere il nuovo appartamento. I nostri genitori, Perce. Nel caso tu l'abbia dimenticato, questo include mio padre, il dio dei morti, tuo padre, il dio del mare, e tua madre - ehi, aspetta, non viene anche quel tizio, Stoccafisso?»
«Si chiama Stockfis e no, non viene. E' al colloquio insegnanti-genitori di metà anno» risposi distrattamente, avendo già ascoltato Nico inveire per ore contro quanto temesse l'arrivo di quella serata. «E mia madre è a posto!» Come aveva potuto implicare che la mia dolce mammina potesse essere più spaventosa di due immortali, onnipotenti (e a volte nemiche) divinità invitate per cena? La carota che stavo sbucciando mi fu violentemente strappata dalle mani. In una raffica di affilati, esperti movimenti, Nico lasciò la carota completamente nuda. Con impazienza mi scostò dal posto per rosolare le carote nella grossa padella.
«Questo peggiora solo le cose! So gestire mio padre, ma se Sally mi sorride anche solo una volta il cervello mi si scioglie in pappa.»
«Non dirmi che hai una cotta per mia madre
«Zitto.» Nico, il diciannovenne auto-proclamato Re degli Spettri, stava arrossendo. «Hai il suo sorriso.»
Io mi illuminai, felice di vederlo arrossire ancora di più mentre mescolava gli ingredienti. Potrebbe non sembrare per via dei vestiti scuri e quella faccenda dell'aura mortifera, ma è uno dei ragazzi più dolci che abbia mai incontrato. A volte, intenzionalmente, tira fuori le cose più adorabili. Lo baciai sulla guancia e gli chiesi cos'altro avrei dovuto fare.
«Va' a vedere se le bruschette sono pronte.» Controllai doverosamente il forno, dove le fette di pane ben tagliate stavano abbrustolendo. Nessuno dei due era un grande cuoco, ma Nico si era assunto la responsabilità di preparare tutto da zero. Aveva insistito quando i nostri genitori—
Beh, probabilmente vi starete chiedendo: "In nome dell'Olimpo, che diavolo succede qui?". Lasciatemi retrocedere un pochino. Okay, diciamo forse di un paio di anni.
Dopo aver preso a calci il sederone di qualche Titano spietato e aver convinto gli dei dell'Olimpo a mostrare riconoscenza nei confronti delle divinità minori e dei loro figli (senza includere Ade nelle divinità minori), siamo rimasti ancora, mmh, una settimana prima di iniziare i preparativi per avviare la costruzione delle nuove cabine. I progetti erano stati esposti. I materiali, così come i campeggiatori disorientati, erano stati spediti.
Io spendevo la maggior parte del tempo ad allenarmi sui confini, pronto per accogliere nuovi campeggiatori o per aiutare i satiri a respingere i mostri. Feci persino amicizia con Peleo, il drago che fa la guardia al Vello D'Oro. E tutto ciò che bastava per superarlo era - beh, probabilmente non dovrei rivelarlo qui. Violazione della Sicurezza del Campo e tutto il resto. Apparentemente, qualcuno ha usato la palla rossa con Cerbero. Mmh, forse dovrei essere preoccupato a proposito di questa cena con Ade.
Ma credo che tutto sia cominciato quando Nico arrivò al campo per costruire la cabina di Ade. Lavorava da solo, evocando gli scheletri per i lavori manuali. La prima volta che mi parlò dopo lo Scontro Finale, mi confidò che temeva che quel teschio sopra la porta fosse un po' troppo. Il solco nella sua fronte mi spinse a rassicurarlo; risposi che in fondo aveva una certa personalità. Lui mi guardò scettico, poi sorrise come se fosse sollevato e divertito allo stesso tempo, il suo dubbio dimenticato. Mi ritrovai a passare con Nico più tempo di quanto ne passassi con Annabeth, la mia ragazza del tempo. Era sempre occupata con qualche idea architettonica, tanto da lasciarmi solo nel bel mezzo di un appuntamento per progettare una fogna e roba così. Non che mi importasse, non fraintendetemi. Era una di quelle stranezze che la rendevano Annabeth. (D'accordo, non che mi importasse troppo. Sono più interessante di una fogna, giusto?)
Ero davvero arrivato a pensare che la amavo. Che la amo. Non ci sono emozioni inferiori per descrivere quello che sento. Lei è stata la persona a cui ho pensato mentre facevo il bagno nel fiume Stige. Probabilmente è stata lei ad incitare la mia decisione di rifiutare l'immortalità. La nostra relazione era innocente quanto due bambini in una buca della sabbia che trovano finalmente il coraggio di prendersi le mani e darsi un bacio.
Siamo rimasti insieme per circa due anni. Era come una specie di relazione tira-e-molla. Nei periodi scolastici organizzavamo un appuntamento occasionale; in seguito, al Campo, ci vedevamo quasi tutti i giorni. Fu durante la seconda estate dopo lo Scontro Finale che realizzai di star programmando la lezione che avrei spiegato il giorno dopo al corso di canoa mentre la baciavo. Voglio dire, so che probabilmente non sono il più sensitivo dei ragazzi, là fuori (Annabeth mi ha sempre detto che la mia testa è piena di alghe), ma immagino che se la tua ragazza ti stesse baciando, tu presteresti attenzione. Mi staccai da lei e mi scusai freneticamente, spiegandole quanto fossi stanco.
Quello era il primo indizio.
Cominciai a pensare molto profondamente a quello che volevo per il mio futuro. Insomma, con la faccenda dei mostri e del mezzosangue della profezia, non avevo mai avuto il tempo di considerare che tipo di carriera avrei voluto intraprendere o se avrei vissuto abbastanza a lungo per avere dei bambini. Eppure, in quel momento, mi domandavo: "Voglio davvero passare il resto della mia vita con Annabeth?".
E la risposta era . Si, certamente. Potevo benissimo accontentarmi di crescere insieme a lei. Di avere piccoli nipotini con i miei capelli neri o con i suoi capelli biondi.
Accontentarmi, però. E forse qui stava il problema. Credo che il modo migliore per spiegare come mi sentivo fosse il nostro... uhm. Rapporto fisico. Mi piace baciare. Quindi, beh, mi piaceva baciare Annabeth, ma Harry Potter lo descriveva nella maniera giusta: bagnato. (Aspetta, questo non significa che anche Harry Potter potrebbe essere gay, giusto?) E per quanto mi piacessero Annabeth e l'acqua, non c'erano quelle scintille e quei fuochi d'artificio descritti nei romanzi rosa di mia madre. (Ok, lo ammetto, erano i miei romanzi rosa. Ce li avevo per le lezioni di letteratura greca. Fatemela passare. Intendo, sul serio: se la vostra vita fosse un enorme romanzo fantasy, non avreste l'energia per leggere altri romanzi pieni d'azione. Dopotutto, voi nemmeno credereste all'enorme quantità di avventure che vivono gli dei.)
Così siamo reciprocamente arrivati alla conclusione che era meglio per entrambi se provassimo a 'conoscere altra gente'. Questo fu quello che mi disse Afrodite quando mi forzò ad ascoltare i suoi consigli. Disse che entrambi meritavamo di meglio. E anche che dovevo provare ad essere un po' più audace.
Non sono ancora sicuro che mi stesse suggerendo di giocare per l'altra squadra. (Ma, sinceramente, considerando la storia — ora che conosco la mia storia — la mia famiglia non dovrebbe avere problemi con le relazioni tra lo stesso sesso.)
E no, non vi dirò quanto siamo arrivati lontano io e Annabeth. Non sono il tipo che rivela certi dettagli.
«Sentiamo, dottore... buone notizie o cattive notizie?»
Da qualche parte lungo la strada, Nico era scivolato su un grembiule che sarebbe sembrato carino se solo non fosse stato un'imitazione di Scilla. La parte superiore del grembiule era coperta di tentacoli e denti mostruosi, mentre quella inferiore consisteva in teste canine e qualche altro tentacolo che dava l'impressione di eruttare dal grembiule. Come faceva la gente a cucinare dopo aver visto quel coso? Forse serviva a mettere in fuga i ladri di cibo. Non che io sia un ladro di cibo o cose del genere.
«Cosa?» chiesi, avendo già dimenticato la sua domanda.
«Quell'aglio ti sta recitando la profezia che prevede il mio nobile e raccapricciante decesso?» domandò, con un'espressione così seria che mi scappò un sorriso.
Era tipico di Nico. Spesso finiva per farmi ridere deliberatamente o involontariamente. Ero attirato dal suo umorismo sarcastico come Marlin e Dory dal pesce lanterna. Pericoloso e così irresistibile. (Allusione: Alla ricerca di Nemo. Heh. Nico pensava che fosse divertente guardarlo dopo aver scoperto che mio padre ha dato una mano nella creazione del film.)
Era finalmente tornato a giocare a Mitomagia, a proposito, e mi aveva insegnato come fare. Ancora mi batte. Non è colpa mia se l'ologramma di Ares si ritrova sempre nel cimitero.
«Dice che la morte arriverà alla nostra porta con insalata di patate» risposi solennemente.
«Molto divertente. E poi ho detto a papà di non portare nulla.» Mi schiaffeggiò con uno dei guanti da forno prima di infilarli e agguantare il pane all'aglio per un'ispezione più approfondita, come per assicurarsi che Apollo non avesse davvero mandato una profezia tramite pagnotta. Dichiarandoli innocenti, spense il mini-forno per tenerli al caldo. «Renditi utile e va' ad apparecchiare la tavola» disse prima di affrettarsi verso il forno più grande, dove stava cuocendo la lasagna. Nico non sapeva se avessimo potuto servire frutti di mare, quindi aveva optato per una semplice lasagna di pollo.
Non fatevi ingannare. Il profumo agrumato non proveniva da qualche altro piatto preparato da Nico. Era il Febreeze a mascherare le precedenti due volte in cui avevamo bruciato la lasagna. La prima volta, Nico non aveva sentito il campanello. La seconda volta non si era cotta completamente, così l'aveva rimessa a cuocere. E a quel punto si era bruciata. Diciamo solo che era una fortuna che uno dei due nella stanza potesse controllare l'acqua del rubinetto.
Annusai l'odore del formaggio fondersi amorevolmente con la pasta e pensai "tre è il numero perfetto". Tirando un ultimo sospiro, scortai i nuovi tovaglioli e la nostra argenteria nella sala da pranzo improvvisata. Presto quel piccolo salotto avrebbe contenuto due delle tre divinità più potenti del mondo. Guardando pensieroso i tovaglioli, capii una volta per tutte con quanta serietà Nico stava prendendo la cosa. Uno raffigurava un delfino che nuotava in un mare cristallino, l'altro dei teschi collocati da qualche parte in un cimitero e — quello era un unicorno?
«La lasagna è pronta, la lascio riscaldare nel forno... è pronta anche la zuppa, ho appena spento il fornello. Il coperchio dovrebbe tenerla al caldo fino all'arrivo dei nostri genitori» disse Nico entrando in sala da pranzo. Notai una selvatica macchia arancione su una delle teste di lupo del suo grembiule mentre se lo sfilava. Dopodiché si sfilò la maglietta, alzandola con una sola mano. «Vado a farmi una doccia.» Mi alzai in piedi. «Non azzardarti ad entrare.»
«Nicooo—» cominciai a piagnucolare.
«No.»
«Ma puzzo di rancido.»
«Percy, puzzi di acqua salata. Tu ami l'acqua salata. Tuo padre ama l'acqua salata.»
Quello era vero. Emanavo odore di acqua salata e di animali marini ancora più salati anche quando facevo una doccia al lavoro. Lavoravo all'Atlantis Marine World Aquarium di Long Island. In realtà mi ero solo offerto come volontario per il loro centro di soccorso, all'inizio; solo dopo mi avevano assunto a tempo pieno. Essere figlio del dio del mare aiutava molto con la faccenda della comunicazione con gli animali. Devo dire che è un lavoro piuttosto figo. Una volta ho viaggiato fino all'Acquario di Vancouver per visitare il loro centro di riabilitazione di animali marini.
In ogni caso, ho sempre cercato di rimanere il più vicino possibile al Campo Mezzosangue. In quel periodo di pace moderata, conducevo tutte le attività basate sull'acqua, per lo più le lezioni di canoa dei bambini. C'erano sempre nuove imprese in corso, adesso. Gli dei si erano ficcati in testa di dover tenere i loro figli impegnati e veloci di piedi. Sono ancora l'unico ragazzo della cabina di Poseidone, con qualche visita occasionale di Tyson. Non so quanto tempo durerà. Continuo ad aspettarmi l'arrivo al Campo di un nuovo fratello o sorella mezzosangue.
«E' comunque un no, non importa quanto metti il broncio.»
«Nico, quel messaggio Iride è di quasi due mesi fa. Nessuno avrà più il coraggio di mandarne un altro.»
Lui ridusse gli occhi a due fessure. Era il suo 'sguardo della morte'. «Prova solo ad avvicinarti alla mia doccia e giuro che nemmeno il pensiero della delusione di Sally mi impedirà di spedirti nella fossa del Tartaro.»
Sapevo che era una minaccia vuota, ma gliela concessi e mi sedetti di nuovo. Aspettai che l'acqua cominciasse a scorrere prima di sgattaiolare dentro.

Mia madre fu la prima ad arrivare. Si mise a chiacchierare con Nico, che profumava di mandarini. Mamma non notò — o forse aveva abbastanza tatto da non menzionare — che avevo lo stesso profumo anch'io.
Mia madre aveva una simpatia a pelle per Nico sin dal mio quindicesimo compleanno, quando si era fermato per la torta. Nonostante il suo nervosismo, sembrò a suo agio perfino quando mamma gli mise una mano sulla spalla per enfatizzare una questione.
«...aveva solo quattro anni al tempo, figurati. E poi allungò le sue piccole dita grassocce, piene di gelato appiccicoso, e chiese al postino—»
«Mamma! Non di nuovo quella storia!» mi accigliai.
«Ma io non l'ho mai sentita.» Nico sembrava perplesso.
Mia madre rise e sembrò che stesse per continuare la storia quando il campanello suonò.
Phew, salvato dal campanello. Corsi ad aprire la porta. Poi realizzai di aver appena lasciato Nico da solo con mia madre.
Il mio cipiglio si sollevò di scatto quando vidi che alla porta c'era mio padre. «Papà!»
«Percy. Felice di vederti, figliolo.» I suoi occhi ricordavano la tranquillità del mare e mi misero automaticamente a mio agio con lui. «Come se la passa il giovane Nico?»
«Perché non lo chiedi a lui? Ha cucinato da solo un antipasto pazzesco per la cena di stasera.» Lo scortai nell'appartamento, sfilandogli dalle mani il piatto da cameriere col coperchio per portarlo in cucina.
Lo sentii dire: «Sally, è bello rivederti! Perbacco, sei meravigliosa come sempre.»
Ricordando l'ultima volta in cui mia madre era stata ridotta a balbuzie e sorrisetti nervosi, mi ricongiunsi subito a loro. Scoprii di non dovermi preoccupare; mamma esternava con Poseidone lo stesso tipo di gioia e di naturalezza che esternava con Nico.
Ade arrivò elegantemente più tardi. Quella sera indossava con grande effetto uno smoking gessato a tre pezzi che lo faceva sembrare raffinato ed intoccabile rispetto alla semplice camicia Hawaiana di mio padre. Non si poteva però negare l'inconfondibile potenza che entrambi stavano tenendo a bada.
Quando aprii la porta, Ade mi salutò con uno sguardo impassibile e un semplice: «Percy.» Avevamo stretto l'accordo di odiarci a vicenda silenziosamente e senza alcun tipo di violenza, in parte perché stavo con suo figlio. Quando Ade guardò Nico, riuscii a notare orgoglio e un rispetto riluttante e quello che potrebbe essere chiamato affetto nel Linguaggio del dio della Morte.
In mano aveva una scatola che porse a Nico con uno sguardo esasperato. «Dalla madre della tua matrigna.» Lessi l'etichetta dal punto in cui mi trovavo. Cereali Delizia di Demetra.
«Grazie, padre.» Nico prese la scatola di cereali come se gli fosse stato elargito un prezioso cimelio di famiglia. «Ti prego di passarle i miei ringraziamenti.»
«Non sono il tuo messaggero, ragazzo.»
Nico replicò pacatamente. «Scriverò un biglietto di ringraziamenti a Demetra il prima possibile.»
Ade annuì il suo consenso.
E quando Poseidone incrociò lo sguardo di Ade, la tensione nell'aria si fece tangibile. Non riuscivo a deglutire e avevo la bocca secca nell'attesa che succedesse qualcosa. «Poseidone.» Ade si rivolse a Poseidone con la massima formalità.
«Fratello» disse di ritorno mio padre. «Hai un aspetto...»
«Mortifero?»
«Stavo per dire che hai bisogno di prendere un po' più di sole. Hai un aspetto slavato.»
«I raggi del sole non raggiungono gli Inferi, lo sai.»
«Mi ricordo di un tempo passato, quando ancora non avevamo ereditato la Terra...»
«Il sole non raggiungeva nemmeno lo stomaco di nostro padre.»
Era strano sentire gli dei parlare di quando erano giovani. Un tempo precedente all'uomo. Era persino più strano sentire mio padre che parlava della carnagione di Ade. E quando smisero di scambiarsi altri convenevoli oltre al semplice fissarsi a vicenda, feci subito sedere tutti intorno al tavolo circolare. Mamma si sarebbe seduta alla mia destra, accanto a Poseidone, e Nico lo separava da Ade, che sedeva alla mia sinistra. Nico aveva pianificato tutto in anticipo, come uno strategico piano di battaglia.
Quando afferrai il pane all'aglio e la lasagna, intanto che Nico serviva la zuppa, mia madre, con un sorriso affascinante, disse: «Signor Ade, perché non si siede accanto a me? Sarebbe una vergogna separare i ragazzi!»
Era un po' snervante che mamma — la cui minuscola altezza era stata persino superata dalla mia, al compimento dei miei diciassette anni — diventasse il mediatore tra le due divinità. Ma era un pochino più rassicurante che Nico sedesse vicino a me. Almeno eravamo insieme mentre affrontavamo i nostri genitori.
Per abitudine più che altro, scartai un po' di cibo dal mio piatto nel piccolo, accogliente caminetto. «Agli dei» mormorai, e mi girai a guardare timidamente le due divinità sedute al tavolo del mio salotto. Qual era il protocollo in caso di cena con gli dei?
Mamma venne in mio soccorso seguendo il mio esempio, e gettò un bel po' di cibo nel camino. «Agli dei.» Inclinò il piatto come se stesse brindando a Poseidone e Ade. Entrambi sembravano divertiti. Mio padre disse grazie facendo cenno di sederci.
Nico ci interruppe con voce acuta e domandò: «Cos'è questo?»
Lo guardai mentre sollevava il piatto da cameriere per scoperchiare le sottili fette di quello che capii subito essere sashimi. Del traslucido pesce crudo preparato per assomigliare ad un enorme fiore che sboccia.
«Ah, quello sarebbe fugu sashimi» rispose mio padre. «Il pesce palla è una specie di leccornia in Giappone. E' altamente velenoso, e se preparato in modo sbagliato può uccidere. Ma non vi preoccupate, l'ho fatto preparare da un professionista.»
Mentre Poseidone conversava con Nico — qualcosa riguardo il cerchio della vita, se fosse giusto mangiare frutti di mare e quanto la tortura e lo spreco del cibo fossero una cattiva cosa — provai una delle fette di sashimi. Mentre masticavo, una sensazione di formicolio danzava intorno alla mia lingua. Potevo capire perché piacesse tanto, anche se, in ogni caso, se avessi voluto sfiorare la morte mi sarebbe bastato solo inclinarmi un po' più a destra.
Non riuscii a fare a meno di pensare, mentre prendevo una seconda fetta, che i pesci palla assomigliavano un po' allo stoccafisso.*
Tagliai un pezzo di lasagna e lo servii prima a mia madre. Non appena si fu adagiato sul piatto, la pasta livellata con tanta attenzione si rovesciò come una piramide delle cheerleader finita male. Mamma sorrise. «Ha un profumo delizioso. Non resisto al buon formaggio.»
La assaggiò.
«E' deliziosa, Percy! Quale ricetta hai usato?»
«Veramente è stato Nico a sgobbare per cucinarla. Io ho solo pelato le carote per la zuppa. Aspetta di assaggiare i brownies, la pastella aveva un sapore squisito» dissi a mamma. Nico sottolineò che i brownies erano solo il dessert, insistendo sul fatto che fossero il cibo divino per i mortali. Una volta, dopo aver mangiato un brownie al Campo, aveva interrogato i cuochi fino a quando non era riuscito a confiscargli la ricetta. Un'altra volta avevamo appena finito di combattere contro un gruppo di mostri che già mi stava trascinando con rinnovata energia in un negozio di alimentari per comprare cioccolata.
Lei sorrise e domandò ad Ade se era stato lui ad insegnarlo a Nico. Laconico, Ade spiegò che probabilmente Nico l'aveva preso da sua suocera. Eppure, dopo l'iniziale tensione che gli dei si tenevano sulle spalle, con mia grande sorpresa mamma e Ade stavano chiacchierando spensierati, come se lui non l'avesse mai tenuta prigioniera negli Inferi.
La conversazione a cena continuò così:
«Congratulazioni, ragazzi, per aver completato l'impresa.»
«...il traffico era migliorato grazie al collega di Dedalo, anche se ovviamente non abbastanza...»
«...la ricostruzione del castello stava procedendo finemente, soprattutto perché alcune divinità minori si offrivano volontarie per aiutare. In effetti avremmo potuto terminare la sala giochi nei cinquant'anni successivi...»
«Passami lo zucchero, Percy.» «Nico, smettila di metterlo nella zuppa.»
«Veramente la colpa di papà fu di essere così paranoico da mangiarci tutti. Non poteva semplicemente ingoiare Zeus e farla finita lì?» (Dopo questa ci fu una specie di tempesta di fulmini senza tempesta. Mamma proferì spensieratamente: «Il divino Zeus è un pochino rumoroso, non credete? Invitate anche lui alla prossima cena, ragazzi.»)
«E poi Madre Rea ha sempre preferito me.»
Nico, anima benedetta, mise un fermo a quella conversazione dicendo a voce alta: «Parlando di fratelli, come sta il piccolo Jacob?»
«Già, come sta lo sprizzo?» lo appoggiai.
Mamma ci rispose con un verso di spregio, snervata dal litigio insignificante tra le due divinità. «Voi due dovreste farci visita più spesso. Jacob sente la mancanza di entrambi. Continua a chiedermi quando lo andranno a trovare il suo fratellone Percy e l'amichetto Nico.» Tirò fuori il suo portafoglio e ci mostrò una foto. «E' abbastanza cresciuto dall'ultima volta che lo avete visto.»
Ed era vero. La foto raffigurava un bambino dai capelli neri con il sorriso confortante di mia madre e gli occhi di Paul. Con quella faccia, a quel marmocchio sarebbe bastato il fascino per tirarsi fuori da qualunque guaio delinquenziale — sempre se li avesse avuti.
«La madre di Paul lo sta tenendo per un po'. Nasconde una specie di segreto su come farlo andare a letto all'ora stabilita. Avrei voluto avere quel tipo di potere quando Percy era nei suoi anni più giovani e disubbidienti. Non importava che ora fosse, non smetteva di rimbalzare fino a quando non gli avevo raccontato almeno due favole, cantato una ninna nanna e dato il bacino della buonanotte» disse mamma lanciandomi uno sguardo affettuoso, mentre io arrossivo prima della compagnia presente. Perlomeno le sue chiacchiere sembravano distrarre la coppia di dei. Senza dare nell'occhio, Nico mi mandò un'occhiata impertinente.
Poi disse: «Percy, hai un po' di salsa di pomodoro sulla bocca.»
Alzai il braccio per pulirmi il muso con la manica, ma Nico mi afferrò per il polso. «Con il tovagliolo, sciattone.» E prese il suo tovagliolo per strofinare l'angolo delle mie labbra.
Mi accorsi che i nostri padri stavano ancora parlando, ma ci osservavano con la coda dell'occhio. Mamma ci guardava direttamente, con un sorriso intenerito.
«Ecco fatto» disse Nico, tornando al suo cibo. Masticava il sashimi con un'espressione indecifrabile, come se non sapesse decidere se il sapore crudo e appiccicaticcio gli piacesse o no.
«Grazie.» Gli diedi un bacio sulla guancia. Era un po' tardi per ringraziare e lui mi guardò come se non riuscisse a credere che avessi fatto una cosa del genere davanti ai nostri genitori, ma allo stesso tempo era estasiato.
Quando il cibo diminuì, tirai fuori il dessert. Assaporai le crostate di mirtilli fatte da mia mamma, mentre gli dei erano abbastanza presi dai brownies — per la soddisfazione di Nico. («Theobroma cacao... hai fatto le tue ricerche. Veramente impressionante, Nico.») Tutto sommato, era strano vedere Ade e Poseidone mangiare come normali esseri umani.
Poseidone fu il primo ad andare via. Aveva promesso di tornare in tempo per risolvere il caso di alcune ninfe marine riguardo il possesso di un certo giardino di barriere coralline.
«E, Ade? Vienimi a trovare prima del prossimo decennio. Magari andiamo in spiaggia e ci abbronziamo un po'» disse mio padre. Il suo sorrisetto malizioso, quello che avevo anch'io (e che mi metteva in un sacco di guai con i professori), stava brillando.
Ade fece una specie di lungo sospiro sofferto, ma da quello che avevo imparato nell'interpretazione delle emozioni di Nico capii che era contento dell'invito.
Mamma mi inghiottì nel calore del suo profumo, quello che associavo alla mia infanzia. E anche se mi arrivava solo alle spalle, mi sentivo ancora piccolo e protetto tra le sue braccia. Prima di andarsene, mi strappò la promessa di andare a trovarla la settimana successiva. Nico la scortò fino alla porta.
Questo lasciava solo me e Ade. Ci fissammo a vicenda e gli comunicai silenziosamente che era meglio per noi non cominciare a chiacchierare. Ade, che forse non ama ascoltare i semidei, aveva altre opinioni: «Almeno ora so che la tua maleducazione viene da mio fratello e non da quell'amabile signora.»
«Stai facendo un complimento a mia madre» dichiarai incredulo. «Non dirmi che ci stai provando. Perché se è così, non preoccuparti. Se mamma ha resistito a Poseidone e al suo castello in fondo al mare, può benissimo resistere a te
«Stai implicando che sono inferiore a mio fratello?»
«Beh... fisicamente parlando, non credo di avere niente di cui lamentarmi, dato che penso che Nico non sia niente male.» Lanciai un lungo sguardo riconoscente in direzione di Nico, che stava abbracciando mia mamma. «Ma comunque, è più probabile che Maria Di Angelo fosse una donna magnifica.»
Ade sospirò. «Lo era. In ogni caso, i tre Giudici Infernali sono in attesa del mio ritorno. Una certa pop star è morta di infarto, di recente, e mi vogliono lì il prima possibile.» Ci fu un attimo di silenzio nel quale aspettai che scomparisse in un lampo di luce, o qualcosa del genere. Quando mi accorsi che non sarebbe successo, gli lanciai un'occhiata curiosa.
«Percy Jackson» disse Ade, spostando lo sguardo su di me. La forza dei suoi occhi era così intensa che mi sembrò che stesse giudicando la mia anima prima del tempo. Cosa potevo fare? Assicurarmi che ricevesse il pezzo di lasagna più grosso! Ma con mia sorpresa, le sua labbra subirono una piccola contrazione, come se stessero cercando di sorridere. «Nico è felice, qui con te. E per il tuo bene, dovresti pregare che io perda la scommessa che ho fatto con le Parche. Sono convinte dell'eterna longevità della tua relazione con mio figlio.»
Distolsi lo sguardo da lui, stranito dalla sua specie di sorriso. «Aspetta, hai una scommessa su quanto tempo durerò con Nico? E scommetti contro le Parche?»
«L'ho fatto prima che iniziassero a blaterare di quella robaccia sul Destino. Non sono così emozionate dai tempi di Merlino e quel suo amico, Arthur. Sai cosa mi hanno detto?» Rischiai un'occhiata verso il dio della Morte. L'accenno di sorriso era svanito. Preferivo di gran lunga la sua espressione ti-colpirò-dal-punto-in-cui-ti-trovi.
«Mi hanno detto che siete due facce della stessa medaglia.»
Quando le sue parole penetrarono del tutto, mi sentii cadere la mascella. Ero solo io, oppure in modo indiretto Ade mi stava dando la sua benedizione? Facendo marcia indietro a quello che aveva spiegato, ricordai che le Parche avevano detto "eterna longevità". Fui travolto da un'ondata di emozioni. Significava qualcosa come finché sarete ancora in vita, giusto?
Potevo farcela benissimo.
«Grazie.»
Lui annuì e tornò a fingere che non esistessi. Dopodiché, in un silenzio relativamente socievole, ci dirigemmo verso la porta, dove Nico era rimasto solo. Ade lo salutò con qualche parolina e poi ci voltammo, per non essere accecati dalla sua vera forma.
Così eravamo di nuovo soli. Nico, il Nico con cui avrei speso la mia eterna longevità, disse: «E' stata la cosa più orribile e spaventosa che abbia mai sopportato in vita mia. Preferirei combattere ogni giorno della settimana.»
«Non era così male.» Sorrisi, ancora inceppato nella faccenda del finché sarete ancora in vita. Avevo il desiderio irresistibile di dirglielo.
Ma Nico era silenzioso.
«A cosa pensi?» domandai, avvolgendo un braccio intorno alle sue spalle per condurlo sul divano del salotto. Anche se ero ansioso di parlargli, qualcosa stava preoccupando Nico.
Lui sospirò, poi prese fiato. «Famiglia.»
Lo abbracciai forte, la sua schiena sul mio petto. Era cresciuto così tanto da superarmi di un centimetro o due, ma era ancora in grado di accovacciarsi comodamente sulle mie ginocchia. Mi piaceva sentire che lo stavo proteggendo con le mie braccia, e forse a lui piaceva la sensazione di essere protetto.
«Eravamo sempre solo io e Bianca. Non ricordo di aver avuto un'altra famiglia. Più tardi ho capito che, essendo divina, la mia famiglia era numerosa. Dopotutto, siamo diretti discendenti di Gea. Nostra nonna è la Grande Madre di tutti gli dei, ma non ho mai sentito di appartenere davvero. Certo, immagino che in parte questo sia dovuto al fatto di essere un figlio di Ade, ma volevo avere qualcosa di umano da fare. Qualcosa di normale, come aiutare il nonno a tagliare le erbacce del giardino, invece dei campi agricoli infinitamente lunghi di Demetra... oppure portare fuori la spazzatura, sedersi con loro a prendere il tè coi biscotti. Non ho mai avuto niente del genere.»
«Ma ci sono io» replicai prontamente. Poi aggiunsi: «E il nostro bidone della spazzatura sta traboccando di lasagna bruciata.»
Nico scosse la testa con affetto. «Ora ci sei tu.»
Ad un tratto non ero più così impaziente di raccontargli della conversazione avuta con Ade. Sembrava una cosa troppo grande per diventare parola e troppo grande per la parola da contenere. E se Nico non provava la stessa cosa? Se si fosse sentito intrappolato nella parola destino?
Lasciai che quella parola vorticasse nella mia mente. Il destino era predeterminato. Il fatto che stare con Nico mi mettesse a mio agio era codificato? Voglio dire, non intendo che stare con Annabeth fosse difficile. D'accordo, forse qualche volta mi riusciva difficile capirla (magari è una caratteristica femminile?) e forse il suo autoritarismo era un po' esagerato, in certe occasioni. Almeno Nico non brontolava costantemente e non voleva sapere ogni tuo singolo segreto. Si fidava di te per venirne a conoscenza al momento giusto, se la cosa lo riguardava.
E quando qualcosa andava storto, lui non cercava di scansarla. Non si comportava come se fosse troppo maturo per me. Di male in peggio, mi bloccava la strada con un grosso muro di terra nera e mi costringeva ad affrontare la situazione.
E poteva sempre rialzarlo, se qualcosa mi infastidiva.
«Che ti prende?» Nico spostò una ciocca di capelli dal mio viso. Le sue mani erano fredde, e il mio primo istinto fu di prenderle tra le mie e lasciare una striscia di baci sulle sue nocche.
«Non cambiare argomento.»
«Non cambio argomento.» Mi curvai per scoccargli un bacio sulla nuca, perché volevo e potevo farlo.
Lui sospirò e si lasciò baciare sulle labbra, uno stanco e soffice contatto di lingue alla ricerca reciproca di rassicurazione.
«Come siete carini.»
Al suono della voce ci separammo di scatto. Una bambina di otto anni con i capelli castano topo era seduta accanto al caldo, scoppiettante caminetto. Il fuoco era riflesso nei suoi occhi.
«Divina Estia.» Nico inciampò nei suoi stessi piedi per inchinarsi. Tentai di fare lo stesso, senza sembrare troppo imbarazzato per essere stato colto a limonare sul divano.
«Sedetevi, Percy Jackson e Nico Di Angelo. Sarete senza dubbio esausti, dopo una serata così movimentata.»
«Perdonateci per non averla invitata, signora» si scusò Nico con rispetto.
«Due divinità bastano per un solo tavolo.» Estia sorrise dolcemente.
«Ah, ma avrei dovuto sapere che una cena senza di voi è una cena sminuita. Posso offrirvi qualche rinfresco come compenso?»
«Sei sempre un gentiluomo con me, Nico» ridacchiò Estia. E quando lo fece, le sue guance paffute si arrossarono con salubrità. Lo stato fisico di un dio si riflette sulla condizione del suo regno. Che la dea del focolare e della casa avesse l'aspetto benefico di un milione di dollari, significava solo buone notizie per l'Olimpo.
«Beh, ho pensato che non sarebbe male far parte della lista bianca di un paio di divinità. Brownie?» sogghignò Nico.
«Ho già avuto un assaggio dei deliziosi pasticcini che hai gettato nel fuoco.»
«Ma sono riuscito a salvarne qualcuno dallo stomaco senza fondo di Percy.»
«Ehi!» protestai. «La faccenda della Maledizione di Achille mi porta ancora problemi. Hai detto che avresti smesso di prendermi in giro sull'argomento.»
«L'ho detto? A me non sembra.»
«L'hai detto.»
«Sicuro che non stavi solo sognando? Fai un sacco di pisolini spaventosi.»
«Ecco, lo stai facendo di nuovo» mi imbronciai. Razza di traditore. Mi stava facendo fare brutta figura di fronte ad una dea. E in quel momento, Estia sembrava terribilmente divertita. «Ah, mi ricordo di Achille. Quel ragazzo aveva due interruttori, mangiare e dormire. Poi ci fu Patroclo...»
Nico la interruppe dicendo: «Divina Estia, se non per i miei brownies, posso chiedervi perché ci avete graziato della vostra presenza?»
«Come hai detto prima, Nico Di Angelo, sia tu che Percy siete nella mia lista bianca. In quanto dea del focolare e della casa, vengo a portarvi un regalo per la vostra festa di benvenuto.» Agitò una mano e davanti a noi apparve un aspirapolvere. 
«L'aspirapolvere è la quintessenza della domesticità. L'ultima tecnologia di pulizia sporco-e-capelli è compresa nella confezione, perciò non avrete problemi con le visite della Signora O'Leary.»
«Ehm, grazie, divina Estia» risposi.
«Figurati, Percy Jackson. Vi auguro un gioioso futuro insieme.» E con un ultimo sorriso, le fiamme del focolare lambirono le sue braccia e lei venne avvolta dal fuoco.
Mi avvicinai all'aspirapolvere viola, che aveva un fiocco rosso sgradevolmente appollaiato su un biglietto. Lessi ad alta voce: «Casa è dove si trova il cuore.»
Ero solo io, o gli dei prestavano un po' troppa attenzione alla nostra relazione? Non che mi importasse della piccola visita di Estia, ma sul serio—
«Forza, Percy» sbadigliò Nico. «Andiamo di sopra, così posso cantarti una ninna nanna e darti il bacino della buonanotte.» Mi avvolse un braccio intorno alla vita. Ero d'accordo con lui: mia madre e tre divinità erano più che sufficienti per andare a dormire prima delle nove.
«Mmh, mi piace quando mi dai il bacino.» E mi chinai in avanti per rubarne uno.
Più tardi, nel buio, mentre eravamo sotto le coperte, mi accoccolai sul lato sinistro di Nico, badando alla ferita sul suo petto. La coda di scorpione di una manticora era sfrecciata improvvisamente, cogliendoci alla sprovvista. Il veleno lo aveva gravemente indebolito. Ricordavo com'era caduto durante la battaglia.
Non ricordavo cos'era successo dopo.
A volte la Maledizione di Achille mi spaventa con la stessa intensità. Di solito riesco a tenerla sotto controllo, ma a volte... In ogni caso, l'idiota mi dice sempre tra i sibili che riesco a gestirla brillantemente. Eppure ho notato tante volte il panico e la preoccupazione che cerca di nascondere.
Il peggio della ferita era stato guarito dai cubetti di ambrosia. Tuttavia, era il promemoria che mi ricordava la vulnerabilità di Nico alle ferite fisiche. Quando avevo cambiato le bende, quel giorno, la pelle sembrava ancora irritata.
«Ti fa prurito la fasciatura?»
«Solo quando la premi in quel modo, Perce.»
«Cantami una ninna nanna, Nico. Hai detto che lo avresti fatto.» Baciai il lembo di pelle più vicino. Lui tacque, e nel silenzio potevo quasi sentire il turbinio del suo cervello.
«You are my sunshine, my only sunshine.**»
Soffocai la risata nell'ascella di Nico. «Fai sul ser—»
«Shh» mi zittì lui. Il silenzio tra di noi era caldo e personale, e la sua voce era tenera quando cantò di nuovo: «You are my sunshine, my only sunshine. You make me happy, when skies are gray.» Al compimento dei suoi quindici anni la sua voce era cambiata, ma conservava ancora qualcosa di quel tono morbido e affettuoso di un tempo. Stesi il braccio per toccargli le labbra, come se avessi potuto catturare le sue parole tra le dita. Mi sentii sfiorare dalla sua lingua mentre cantava: «You'll never know dear, how much I love you. Please don't take my sunshine away. I'll always love you and make you happy. If you will only say the same
Percepii le sue labbra distendersi in un sorriso imbarazzato. «Non ricordo il resto della canzone.»
Mi allungai e gli diedi un bacio casto. «Hai cantato i pezzi importanti. Me la canti di nuovo?» Appoggiai con attenzione l'orecchio sul suo petto per ascoltare le vibrazioni. La giornata era più rilassante con vicinanze del genere.
Quando finì di cantare i versi una seconda volta e si mise semplicemente a canticchiare a bocca chiusa, raccolsi il coraggio e gli chiesi: «Lo sai cosa mi ha detto tuo padre?»
Nico sobbalzò per la sorpresa. «Tu e mio padre avete avuto una conversazione? Quando?»
«Poco prima che se ne andasse. Non ci ha sentiti nessuno.» Ero di nuovo ansioso di dirglielo. Volevo condividere con lui quello che stavo provando. «Mi ha confidato che le Parche dicono che siamo 'due facce della stessa medaglia'.» Cercai di pronunciarlo con la stessa voce solenne e profetica che aveva usato Ade, ma riuscii solo a sembrare ridicolo.
Nico fece una specie di sorrisetto sghembo. «Non si può davvero odiare una metà, perché è ciò che ci rende completi.»
Quando notò la mia espressione confusa e incuriosita, disse: «Afrodite ha cominciato a parlarmi da quando ho scoperto di essere figlio di Ade. Penso che abbiano una specie di scommessa in corso, lassù.»
«Io penso che Afrodite presti troppa attenzione alla mia vita sentimentale.»
«Almeno non è tuo padre a squadrare il tuo ragazzo.»
«No, è mio zio.»
«Questo è un colpo basso, Percy!» piagnucolò Nico, spingendomi sulla schiena.
«Se lo dici tu, mio caro cugino
«Cretino!» Tentò di soffocare la mia risata isterica con un cuscino. 
«D'accordo, Nico, fermati! La smetto. Scusa.» Coprii le mie ultime risatine baciandogli la guancia.
«Imbecille.» Nico roteò gli occhi e mi lanciò il suo sguardo genere 'sei-un-deficiente-ma-ti-amo-lo-stesso'.
«Mmh, you are my sunshine, my only sunshine» canticchiai.
«Ah, basta! Mi sanguinano le orecchie!»
«Ehi, non insultare le mie capacità canore!» mi imbronciai. Solo perché ero stonato, non significava che non potevo cantare.
«Certo che no. Hai diritto a tutto dopo avermi salvato la vita, padrone supremo dell'acqua del rubinetto» mi prese in giro Nico.
«Ecco, vedi di ricordartelo.» Canticchiai sulla sua spalla nuda e, quando raggiunsi la fine del verso, lo guardai dritto negli occhi, intonando con la massima sincerità: «I'll always love you and make you happy.»
«Ruffiano.» Nico piegò la testa e mi schiaffeggiò sulla spalla. 
Lo baciai sulle labbra, ridicolmente felice. Non solo ero contento, ma avvertivo quella sensazione frizzante e completa, come se non potessi togliergli le mani di dosso. «Il tuo ruffiano.»
«D'accordo, la mancanza di sonno ti sta facendo dire le cose stupide e sdolcinate delle ragazze. Buonanotte, Percy» disse Nico, infilandosi chiaramente sotto le coperte.
Facendo in modo che le mie labbra sfiorassero la pelle morbida del lobo, gli sussurrai nell'orecchio: «Buonanotte, amore.»







*E adesso vi starete chiedendo: "Ma come fa il sashimi ad assomigliare allo stoccafisso?" Ho avuto molti problemi nel tradurre questa parte. In inglese il cognome di Paul è Blofis, che ricorda la parola 'blowfish', cioé 'pesce palla'. Da qui la somiglianza con il sashimi. Ma dato che in italiano hanno trasformato il cognome in Stockfis — per tradurre la presa in giro con 'stoccafisso' — ho dovuto per forza scrivere stoccafisso, oppure la battuta di Percy non avrebbe avuto senso.
**La canzone è You Are My Sunshine di Jimmie Davis e Charles Mitchell, che credo conosciate un po' tutti: X
Questa è la traduzione del pezzo cantato da Nico: "Tu sei il mio sole, il mio unico sole. Tu mi rendi felice, quando il cielo è grigio. Non saprai mai, caro, quanto ti amo. Ti prego, non portarmi via il sole. Per sempre ti amerò e ti farò felice. Se solo tu dirai lo stesso."

  
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