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Autore: AleJen    03/02/2014    1 recensioni
Serafine si è appena trasferita. E' la cittadina di Lewisville, non troppo lontano da New York ma abbastanza isolata per far sì che sia un posto tranquillo. La sua famiglia è scomparsa all'improvviso e lei è rimasta sola, ma non riesce a spiegarsi una serie di fatti che accadono proprio a lei. L'unica persona cosciente di tutto ciò sembra un ragazzo a lei sconosciuto, dall'aria ribelle e una bellezza particolare...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Da tre giorni Julia aveva notato qualcosa di strano in Serafine. Sapeva che non era mai stata particolarmente loquace o socievole, ma da quando era andata a vedere i Paramore aveva drasticamente tagliato i contatti con gli altri e ciò incominciava a farla preoccupare. Non aveva ancora voluto raccontarle nulla di quello che era successo né semplicemente detto com’era andata la serata. Si rintanava sempre nella propria camera, limitandosi a farsi vedere solo al lavoro e per i pasti, oppure usciva per andare a fare qualche passeggiata senza volere nessuno con sé.
In quel primo pomeriggio di domenica Julia era seduta a gambe incrociate sul divano davanti alla tivù, quando sentì i passi far scricchiolare i gradini di legno della scala.
<< Serafine? >>.
<< Sì? >>. Serafine si affacciò alla porta del salotto, indossava già il suo cappotto e il berretto grigio fatto a maglia. Julia la guardò dritto negli occhi.
<< Esci? >>. Serafine annuì.
<< Porto i fiori alla nonna >>, rispose semplicemente mostrandole un mazzo di lilium bianchi.
<< Ok. Ci vediamo più tardi, allora >>. Serafine abbozzò un sorriso, girò i tacchi e uscì.
Julia sospirò e decise di alzarsi. Salì al piano superiore e raggiunse la camera di Serafine, aprendo la porta appena socchiusa. La prima cosa che notò nell’ordine sempre perfetto di quella stanza furono i disegni. Quando erano tornate da New York, Serafine aveva appeso all’armadio i suoi disegni di quello che era stato il ragazzo che vedeva nei suoi sogni, il quale portava gli stessi lineamenti di Gabriel. Adesso quei disegni erano triplicati, occupando buona parte di entrambe le ante del mobile. Dai semplici e vecchi ritratti con espressioni diverse si passava a quelli che lo ritraevano come un angelo. Oltre a quelli che aveva già visto se ne era aggiunto uno molto più grande, composto da quattro fogli attaccati assieme e mostrava Gabriel a occhi chiusi e ali spalancate e dettagliatissime, disegnato con tratti morbidi e armoniosi. Gli ultimi disegni arrivati, invece, erano diversi. I tratti a matita erano più aspri e ritraevano Gabriel con i suoi soliti abiti da ribelle e le ali piegate dietro le spalle. Il suo sguardo incuteva timore, sebbene fosse solo un disegno Julia non riuscì a guardarlo negli occhi un momento di più. Doveva essere quello che Serafine sentiva e che le aveva raccontato, il suo senso di paura.
Julia si voltò per osservare il resto della stanza. Si erano aggiunti gli oggetti e i soprammobili che si era portata da New York, e sul letto c’era un libro aperto. Julia riconobbe l’edizione del “Paradiso Perduto” che Serafine aveva preso dall’appartamento di sua nonna. Lasciò il volume aperto alla stessa pagina in cui era stato lasciato, ma solo ora notò che in mezzo c’era un foglietto piegato. Lo prese tra le mani, lo aprì e iniziò a leggerlo.
 
The wind picked up, the fire spread, the grapevine seemed left for dead. The northern sky looked like the end of days, end of days…
Serafine, a passo lento, camminava lungo la stradina in salita e coperta di neve che portava al cimitero con solamente la canzone Grapevine fires dei Death Cab for Cutie che le teneva compagnia. Intorno a lei tutto era bianco, tutto era neve, freddo e solitudine. I pini innevati insieme a tutto il resto le ricordavano i paesaggi natalizi che si vedono sulle cartoline, e ora che ci pensava mancava poco meno di un mese a Natale. Ma tanto ormai che importa? Gli ultimi giorni l’avevano decisamente turbata, e prima di tutto voleva fare un po’ di ordine nella propria vita. Non sto capendo più niente… Vedere Gabriel uccidere con freddezza quell’uomo davanti ai suoi occhi l’aveva sconvolta, e ricordava ancora la scena come se l’avesse appena vissuta. Eppure non aveva voluto rivelare a nessuno ciò che aveva visto, tantomeno aveva voluto dire a suo fratello Nick che era stato Gabriel ad aver ucciso. Non tanto perché era suo fratello… in realtà, molto probabilmente non l’avrebbe detto nemmeno se fosse stato qualcun altro ad averglielo chiesto.
Inoltre, Serafine continuava inconsciamente a fare disegni su disegni con lo stesso soggetto, rendendosene conto solo quando ormai aveva finito. Era come se la sua mano avesse acquistato un’intelligenza propria e avesse fatto quel che voleva senza chiedere il permesso al cervello. Ma ciò che l’aveva sconcertata di più era il biglietto che aveva trovato nell’opera di Milton. Aveva riconosciuto all’istante la scrittura elegante di sua nonna Clara:
 
Mia piccola Serafine, se stai leggendo questo biglietto significa che io non sono più qui. Ti prego, fai davvero molta attenzione a muoverti, troppi pericoli si nascondono nell’ombra e sono ancora invisibili ai tuoi occhi. So che tutto ciò ti è incomprensibile, ma capirai presto il significato che si cela dietro le mie parole.
Ti voglio bene,
Clara
 
Esattamente come quel foglietto diceva, Serafine non capiva di che genere di pericolo si trattasse. Ma il solo pensiero di non essere in grado di individuarlo le metteva i brividi.
Qualche minuscolo fiocco di neve iniziò a scendere dal cielo quando Serafine giunse di fronte al cancello del cimitero di Lewisville. Era isolato da qualsiasi abitazione, in mezzo al freddo e alla neve. Non c’era nessuno, ma intravide delle impronte sulla neve ghiacciata. Le osservò superficialmente e attraversò il cancello aperto. Solo seguendo il percorso per giungere da sua nonna, notò che le impronte percorrevano la stessa strada perciò decise di seguirle finché non avrebbero preso una direzione diversa. Alla fine, però, le impronte di fermarono poco prima di un paio di stivali neri che si trovavano di fronte alla tomba di sua nonna Clara. Serafine sollevò lo sguardo, domandandosi chi potesse essere. Ma trasalì, e istintivamente fece un passo indietro.
Riconobbe il giubbotto nero con il cappuccio, e riconobbe Gabriel con i capelli biondi appena scossi dall’aria gelida. Lui sollevò lo sguardo, e infine si voltò verso Serafine. Si osservarono per qualche istante, come quella sera, ma Gabriel indietreggiò di un paio di passi, lasciandole spazio. Serafine gli lanciò un’occhiata diffidente, poi decise di avvicinarsi. Tesissima si abbassò poggiandosi sui talloni, e tolse dal vaso il vecchio mazzo di fiori che ormai iniziava a sciuparsi.
<< …la conoscevi? >>, domandò di punto in bianco Gabriel, anche se c’era un filo di esitazione nella sua voce che Serafine trovava sempre stupenda.
<< Era mia nonna >>, rispose in breve, cercando di concentrare tutta la propria attenzione sui fiori. Tolse il mazzo di lilium dalla carta e lo sistemò nel vaso. Il suo sguardo però finì per cadere su un dettaglio che prima non aveva notato, qualcosa di nuovo vicino alla lanterna con la candela sempre accesa. Era una statuetta bianca raffigurante un angelo con le mani giunte. Non c’era l’ultima volta che sono venuta.
<< Quella l’ho messa io. Spero che non ti infastidisca >>. Serafine inarcò le sopracciglia, sorpresa.
<< No, per nulla. Anzi, a lei avrebbe fatto piacere >>, rispose infine risollevandosi. Gabriel teneva ancora gli occhi su di lei.
<< Mi dispiace molto, Serafine >>.
Serafine trasalì di nuovo, l’ultima cosa che si sarebbe aspettata era di sentirsi chiamare per nome da Gabriel. Lei aggrottò la fronte.
<< Come conosci il mio nome? >>. Gabriel sollevò le spalle.
<< Sei l’unica nipote di Clara, mi aveva parlato spesso di te >>.
<< Oh… Certo, capisco >>. No che non capisco, invece. Come fai a conoscere la nonna? Proprio tu?
<< Era una persona splendida. A volte non riesco ancora a credere che sia successo >>. Serafine abbassò lo sguardo, Gabriel aveva ragione.
<< Nemmeno io… >>, sussurrò, con le lacrime che inarrestabili iniziarono a scenderle dagli occhi. Abbassò la testa, i capelli che le scesero ai lati del viso coprendola in parte. Gabriel si avvicinò a lei, posandole delicatamente le mani sulle spalle. Diversamente da quanto potesse aspettarsi, le sue mani le infusero calore che percepì anche attraverso i vestiti. Velocemente cercò di asciugarsi le lacrime.
<< Scusami, non volevo…>>, disse infine Gabriel a bassa voce, ma Serafine lo interruppe.
<< Non è nulla >>.
All’improvviso Gabriel la lasciò, voltandosi verso una cappella sovrastata da alcune statue alate. Si fece scuro in viso, ma Serafine non riuscì a individuare nulla di particolare nel punto in cui si era concentrato.
<< Inizia a farsi freddo… Forse è meglio andare >>, annunciò senza distogliere lo sguardo. Serafine annuì.
 
Il cielo si era incupito ancora rispetto a un paio d’ore prima. Aveva smesso di nevicare, ma ne minacciava altra. Gabriel e Serafine stavano percorrendo la via del ritorno in città, l’uno di fianco all’altra.
<< Oh, mi stavo dimenticando di presentarmi >>, disse di punto in bianco Gabriel, spezzando il silenzio. Si fermò e, sorridendo appena, le tese la mano. << Mi chiamo Gabriel >>.
Serafine ricambiò il sorriso e gli strinse la mano che, sebbene lui portasse abiti abbastanza leggeri e facesse decisamente freddo, notò essere tiepida. Gabriel ridacchiò.
<< Anche se suppongo che lo sapessi già >>. Serafine aggrottò la fronte.
<< Perché? >>.
<< Per via di Julia. Vi avevo viste alla stazione di polizia due settimane fa >>.
<< Giusto. Eravate compagni di classe? >>.
<< Sì, al liceo. Ma solo negli ultimi anni >>.
Tra loro cadde nuovamente il silenzio, entrambi si erano fatti pensierosi. Serafine aveva notato una cosa importante fin da subito. Il suo senso di paura era completamente scomparso. In realtà non ne capiva il motivo, involontariamente era arrivato e altrettanto involontariamente se n’era andato. Inoltre stava quasi per dimenticarsi che Gabriel aveva ucciso un uomo davanti ai suoi occhi, e ora stava camminando al suo fianco. Impossibile pensare di essersi sbagliata, era certa che fosse lui quella sera – i suoi lineamenti erano troppo particolari per poter essere scambiati per quelli di qualcun altro.
Appena giunsero al bivio, Serafine si fermò.
<< Ehm… Io abito giù di qui >>, disse lei dal nulla, non senza un certo imbarazzo, indicando la sua stradina. Non che l’argomento fosse imbarazzante, era che rivolgersi a Gabriel le faceva un effetto strano. Gabriel le rispose con un sorriso più evidente, che di rado si faceva vedere sul suo viso. …wow. Sì, vale decisamente tutte le lodi che Julia ha fatto alla sua bellezza.
<< Posso accompagnarti, se vuoi >>.
<< Mmm… ok, grazie >>.
Gabriel e Serafine percorsero quelle centinaia di metri che mancavano fino a casa, o meglio, alla casa di Lylie. Gabriel proseguiva con le mani nelle tasche dei pantaloni neri e attillati, mentre Serafine di tanto in tanto lo spiava con la coda dell’occhio. Rispetto a quanto credeva, con Gabriel si trovava stranamente a suo agio. Si era pure dimostrato gentile nei suoi confronti, perciò aveva dovuto ricredersi. …ma ha ucciso un uomo!
<< Abiti là per caso? >>, le domandò Gabriel indicando la penultima casa della via, una casa bianca, non molto grande e distanziata dalle altre, dietro a un paio di alberi spogli. Serafine sollevò le sopracciglia, stupita.
<< Beh, sì. Ma come fai a saperlo? >>.
<< Mmm… Intuizione, diciamo >>. Serafine sorrise appena.
<< Hai avuto l’intuizione giusta >>. Esitò un attimo, ma decise che era ora anche per lei di mostrare un minimo di gentilezza. << Ehm… Posso offrirti un caffè? C’è anche Julia >>.
<< Mah… Visto il freddo, non posso proprio dirti di no >>, le rispose con aria abbastanza divertita. Serafine scrutò il suo abbigliamento, poi alzò gli occhi al cielo.
<< Ma una sciarpa o un paio di guanti no? >>. Gabriel le fece gli occhi dolci.
<< Dai, non criticare il mio stile. A questo ci penserà già Julia >>. Serafine inarcò un sopracciglio, trattenendo una risata.
<< Seriamente? >>.
<< Sta’ a vedere >>.
 
Serafine e Gabriel entrarono in casa senza fare una parola né il minimo rumore. Gabriel seguì Serafine in cucina e si sedette al tavolo, guardandosi intorno mentre Serafine preparava la macchinetta del caffè. Pochi istanti dopo, Julia apparve sulla soglia.
<< Ciao Serafine >>, disse sorridendo, ma quando si voltò involontariamente alla sua sinistra e vide Gabriel seduto al tavolo, sobbalzò. << Oh, ehm… Ciao Gabriel. Qual buon vento ti porta qui? >>. Gabriel sogghignò, incrociando le braccia sul petto.
<< Mmm… non sapevo cosa fare e ho deciso di fare l’infiltrato in casa altrui >>. Julia lo fulminò con lo sguardo e lo raggiunse, sedendosi vicino a lui.
<< Ha ha, che simpatico >>. Julia osservò meglio l'abbigliamento di Gabriel, poi sospirò. << E tu sei andato in giro così? Non vorrei dire, ma l’hai vista la neve? Quella materia bianca che c’è praticamente su tutto, fredda, fatta di acqua? >>.
Serafine, ascoltando le parole di Julia, si voltò verso di loro e subito Gabriel le lanciò un’occhiata d’intesa.
<< Che ti dicevo? >>. Serafine rise, e Julia guardò prima l’una poi l’altro.
<< Perché? Che vi siete detti? >>.
<< Nulla Julia, non preoccuparti >>.
 
<< E quindi adesso tu e Gabriel vi conoscete. Bravi >>, disse Julia a braccia incrociate e con una certa soddisfazione nella voce, mentre dalla finestra guardava Gabriel che si allontanava nella ormai semioscurità. Serafine sospirò.
<< Non è stato per mia scelta >>.
<< Dai dai, raccontami com’è andata >>. Serafine si strinse nelle spalle.
<< Era davanti alla tomba di nonna, si conoscevano. Mi è sembrato strano però, io sono certa di non avere mai visto Gabriel prima >>.
<< Certamente non sarà casuale. Tu lo sognavi, e ora scopri che conosceva tua nonna >>.
<< Mmm non lo so, può essere però non riesco a capire… Voglio dire, nonna mi parlava sempre di qualsiasi persona con cui faceva conoscenza, ma di lui non mi ha mai detto nulla. Lui però mi ha chiamata per nome ancora prima che mi presentassi >>. Julia spalancò gli occhi.
<< Ah. Quindi lui sapeva di te mentre tu non sapevi di lui sebbene io non gli abbia detto niente di te >>. Serafine inarcò un sopracciglio perplessa davanti al giro di parole.
<< Ehm… sì, così sembrerebbe >>.
<< Però è bello, vero? >>.
<< Beh, non posso dire che non lo sia >>. Julia la indicò con aria trionfante.
<< Ahaaaa sei arrossita! >>.
<< Uffa dai smettila, mi stai mettendo in imbarazzo >>.
<< Ok ok, la smetto. La prossima volta che vi vedete, però, promettimi che farai meno la timida >>.
<< Ci proverò  >>.
  
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