Autore:
Anle
Titolo:
Waste
paper and pudding hearts
Personaggi: Sabaku no Gaara; Temari; Kankuro;
Pairing: Gaara/Temari;
Raiting: Giallo;
Genere: Introspettivo; malinconico;
Avvisi: Incesto; one-shot
Obbligo: cucchiaino,
pentimento, gioielli, sale,
pastello, pozzo, fotocopia.
Divieto:
telefono,
aria, il verbo odiare,
fazzoletto/i, amore (il verbo amare è permesso), specchio,
fiocco.
Waste
paper and pudding hearts
[Gaara=>
Temari] [Temari=> Gaara]
~I love the way
you bleed
inside my head.
Non si
meravigliò più di tanto, quando trovò
la cucina intasata da dolci: l’immagine
di torte ripiene, ciambelloni, croissant, roba-non-identificabile,
biscotti,
roba-non-identificabile-bruciata, pasticcini, riempì i
propri occhi,
procurandogli un gran mal di testa.
Da qualche mese a quella parte, era sempre la stessa drammatica
storia; sospirò, massaggiandosi le tempie con entrambe
le mani.
Mettendo un piede avanti, Kankuro entrò nella stanza
guardando sconsolato
la scena che si ripeteva ogni benedetto giorno di luna piena.
Ben o male, alla fine, era arrivato a capirlo il perché,
anche se a stento
riusciva a darsi una spiegazione che esentasse dal è
completamente andata.
Addentando una fetta di torta al cioccolato –
dall’aria passabile –,
dovette ricredersi sulle capacità culinarie della sorella:
il fatto che, al
primo morso, non avesse riscontrato nessun sintomo, era rincuorante.
Appena deglutì, apparve il fratello, che non
commentò in alcun modo lo
stato della cucina, né si chiese per quale motivo Kankuro lo
fissasse stranito,
e meno che mai gli interessò di sapere perché
d’un tratto mise da parte il
suddetto pezzo di torta, assumendo un’aria disgustata.
Gaara, d’altro canto, prese il bricco del caffè e,
dopo averlo versato
nella propria tazza, – incuriosito – si
avvicinò alla miriade di dolci, deciso a
prendere qualcosa.
<< Non quelle - lo avvertì il marionettista da
dietro - sono dure
come il marmo >> ed indicò con il mento delle
ciambelle sulle quali il
Kazekage stava allungando una mano.
Rinunciando all’idea del dolce-col-buco-in-mezzo, si sedette
al tavolo,
bevendo in silenzio la propria bibita, evitando di sperimentare altro.
Gaara avvertì d’un tratto il fratello schiarirsi
la voce. << Allora,
sentito niente ‘sta notte? >> chiese,
squadrando un budino mal riuscito
poco più in là delle crepes –
anch’esse sfatte.
<< Niente >> rispose, senza scomporsi. Ma
le labbra gli si
arricciarono, inspiegabilmente. << Lo sai che ho il sonno
pesante, da
quan- >>. Tentò di completare la frase, ma la
testa arruffata che fece
capolino dalla porta glielo impedì.
Portando una mano avanti per coprire lo sbadiglio, Temari
biascicò un
<< ‘Giorno >>, sedendosi poi
accanto al fratello minore, mentre
quello maggiore la guardava di sottecchi.
<< Pensavo avresti dormito fino a tardi >>
constatò Kankuro, ed
un angolo della bocca si piegò un po’.
Piccata, la kunoichi afferrò il bricco del caffè
– strappandolo bruscamente
dalle mani del Kazekage.
<< Hai pensato male >> ribatté,
cercando di rimanere il più
possibile indifferente, anche se la tazza che reggeva
cominciò a tremare,
facendo inclinare il liquido pericolosamente.
<< Ho da lavorare – fece d’improvviso
Gaara, alzandosi –, non
aspettatemi per cena >>.
Il silenzio che seguì, dopo che ebbe varcato la soglia, fu
abbastanza
esplicativo.
<< Dovresti parlargli >> esclamò
poi Kankuro, cercando lo
sguardo sfuggente di
lei.
Temari sbatté in risposta la bevanda sul tavolo.
<< Vado ad allenarmi
>>. Chiuse così, senza preavviso, la
discussione, lasciando il
Marionettista ad ingollare il secondo pezzo di torta,
nient’affatto soddisfatto
del risultato – né dell’uno
né dell’altro. << Mi sa che a questa
ci ha
aggiunto il sale >> appurò, ed il volto
assunse l’ennesima smorfia di
disgusto.
***
Let
me
slip away, I'm barely holding on (I find it pulling at me, a sea of
troubles
drowning).
Every now and then I feel the end of us (It's such a shame to feel you
drifting).
eliotipia
1
(sf.) Procedimento
utilizzato in passato per ottenere mediante la luce solare
più copie da un
negativo fotografico o da un lucido. Oggi è sostituita dalla
fototipia.│
(V.)
S. f., fotocopia.
Temari
sfogliava stancamente le pagine del dizionario, cercando di
distogliere la propria mente dagli inutili problemi di ordinaria
amministrazione: in mano, teneva svogliatamente un
pastello rosso, prendendo nota su di un’agenda alla propria
destra.
D’un tratto, sbuffò, chiudendo il volume, che -
risentito per la malagrazia
– fece un tonfo sordo e sollevò qualche nuvoletta
di polvere.
Etcciù!, uno starnuto
le uscì dalle labbra, incontenibile. E il pastello cadde in
terra, miseramente.
Maledicendo se stessa, si strinse poi nelle spalle, rassegnata ad
aspettare
qualcuno che [non] sarebbe arrivato
presto.
Sentendo la luce filtrare dalla finestra, su di sé, si
alzò e chiuse la
tenda, oscurando la luna che riluceva
[piena] luminosa nel cielo.
Non riusciva davvero a capacitarsi del perché toccassero
sempre a lei, lavori del genere:
Temari qua, Temari
là, e la scusa della sorella maggiore era sempre buona. In
fondo, non aveva che
poco più di tredici anni.
Tornando a sedersi, poggiò la testa sul tavolo, chiudendo
gli occhi:
tentativo inutile, anche perché sapeva bene che non sarebbe
riuscita a prendere
sonno, dopotutto.
Rivolse allora lo sguardo verso l’orologio a muro, sostenendo
la testa con
un braccio: le 2.37, segnava ancora.
Decisamente annoiata, riprese a sfogliare il dizionario, rimanendo
comunque
vigile – sia mai, venisse colta impreparata. Rabbrividendo al
pensiero
infelice, scorse di nuovo le parole, cercandone qualcuna di
interessante.
Gli occhi si soffermarono inspiegabilmente ad una voce tanto
interessante,
quanto banale:
amare
1
(v.) volontà
di vero bene per sé e per l'altra persona; dedizione; dono
si sé; sacrificio
per qualcosa di più grande.
Sinonimi: affetto, affettuosità,
affezione, amorevolezza, bene, desideri- sì,
e tante altre belle cose.
Nonostante
considerasse tutto ciò solo un mucchio di balle, la parola sacrificio prese a ronzarle nella testa,
ostinatamente.
Fare nottata, rimanere a tediarsi tutto il tempo, stare seduta su una
scomodissima sedia, sopportare il peso delle palpebre era forse
una specie di sacrificio.
Già, e tutto questo per chi? Storse il naso, evitando di
pensare ad una
testa rossa dagli occhi da demone.
Corrugando la fronte, strappò la pagina con veemenza. Dannazione, pensò: non era mai
stata capace a controllarsi.
E dei brividi [nuovamente] la
colsero impreparata.
***
<< Tre uova, duecentocinquanta grammi di farina, un litro
e mezzo
di latte e un pozzo di bur- no, un pezzo,
un pezzo di burro >> memorizzò, mettendosi
all’opera.
La pastella riuscì fuori dopo mezz’ora di
imprecazioni, mescolate, e
schizzi d’impasto sulle pareti. Ma alla fine si poteva
ritenere soddisfatta.
Cercò quindi di mettere in funzione il forno, stando attenta
a non
azionare troppe cose contemporaneamente: quella manopola rossa, ad ogni
modo,
non la convinceva affatto. Rileggendo poi la ricetta, si rese conto che
il
forno non sarebbe servito a nulla, se non a far esplodere la pasta.
Perciò, riprese la scodella e fece per rimetterla sul
ripiano, tentando
di trovare un modo per dare forma a quell’intruglio.
<< Che stai
facendo? >>. Clanck.
La scodella cadde in terra, e il preparato si riversò sul
pavimento,
con pigrizia.
<< G-gaara >> riuscì a malapena
a balbettare, presa decisamente di
sorpresa. Il fratello
continuò a rimanere sulla soglia, come se stesse studiando
il quadro globale; ma
sicuramente era una sua impressione: di solito, era un tipo impulsivo,
lui. Ed
infatti quando fece qualche passò avanti, Temari non se ne
meravigliò.
Cerco di
dimenticarti.
<<
Nulla, va’ a dormire >> disse [fingendo
di essere] rassicurante, e tentando così di
allontanarlo. Ma lui non smise
di avanzare.
Se fosse stata in un’altra situazione, probabilmente, la
posizione buffa
che assunsero le sopracciglia del fratello, l’avrebbe fatta
sorridere, magari
ridere. Però, ora, voleva unicamente che se ne andasse.
<< Cos’è tutta questa roba?
>> chiese, con lo sguardo che
andava dai pacchi di farina, alle pentole che occupavano –
più del dovuto – il
lavandino. Poi, quando vide la scodella in terra, e quello che
c’era dentro,
sembrò quasi sorpreso. << Stai cucinando
>> constatò, apparendo lui
stesso perplesso da ciò che aveva appena formulato: che le
parole Temari e cucinare
non fossero mai state pronunciate nella stessa frase, non
era un mistero.
Ciò che invece lei si ritrovò a pensare, era che
– grazie a Dio – quella
non era una domanda. << Ci
sto provando >> ribatté, facendo poi per
chinarsi a raccogliere la
pastella ormai andata.
Inaspettatamente, al movimento della sorella, seguì quello
di Gaara che
l’interruppe nel mentre, prendendole il polso, con gentilezza.
Temari ebbe quasi un sussulto, alla stretta di lui. <<
Che stai
facendo? >> toccò a lei, ora, chiedere.
Ma il fratello, con normalità, avvicinò il
proprio viso alla mano di lei, e
stringendole l’indice, circondò il dito con le
proprie labbra.
La sorella, nonostante stordita dal gesto, non poté evitare
di riflettere che
fosse completamente andato.
<< Sa di… – ci pensò su
un attimo, assaporando l’impasto nella bocca.
– farina >>.
<< Oh >> fece Temari, inclinando un angolo
della bocca, delusa.
<< Avrebbe dovuto sapere semplicemente di impasto per
crepes >>. Ma
non si rese neanche conto che la propria
mano era ancora fra quella di Gaara. Forse, perché non era
così male?
Il Kazekage accennò ad un sorriso, di più non gli
riuscì, notando poi
<< Almeno, è buono >>. Ed
inconsapevolmente, si ritrovò a stringere
la presa. << Grazie >> fece lei in
risposta, non capendo se dovesse
accettarlo come un complimento, o meno.
<<
Gemme…
>>
<<
Che vai blaterando? In casa non abbiamo gioielli >>.
<<
I tuoi occhi lo
sembrano >>.
Com’è
che li chiamano? Ah, sì: flashback.
Non le capitavano frequentemente, ma erano comunque fastidiosi [quelle poche volte che] quando
arrivavano.
Riscossasi, si rese conto di essere [pericolosamente]
troppo vicino al [volto del]
fratello. Fece quindi per scansarsi, sperando che delle chiazze rosse
non le
avessero colorato, vigliacche, le guance.
Gaara, però, inspiegabilmente, strinse le dita attorno alla
mano di lei.
<< Mi fai male – si lamentò, e gli
occhi di lei si colorirono di una
sfumatura di paura -. Lasciami >> ribadì il
concetto, perentoria.
D’altro canto, lui sembrò non capire - o fece
semplicemente finta –, perché
d’un tratto accorciò le distanze tra di loro,
avvicinando il proprio viso al
suo. << Ti ho detto di all-! >>
cercò di scostarlo da sé, ma lo
sguardo che le rivolse non permise repliche. Lui allora si
fermò.
<< Hai paura di me >> disse, e le iridi gli
si tinsero di
scuro, umiliate dalle parole della sorella.
Sei mio
fratello,
pensò, ma la
cosa non la rincuorò affatto: anzi, il respirò
parve d’un tratto difficoltoso. <<
No, che dici? >> rispose allora lei, nonostante sapesse
bene che [aveva ragione] quella non
fosse una
domanda.
La stretta si allentò di colpo, e la mano di Temari cadde
molle lungo il
fianco: all’improvviso, si sentì inspiegabilmente [sporca] vuota, rendendosi conto, con
rammarico, che quel calore le
mancava.
Quindi, fu lei stavolta ad afferrargli la mano, a stringere le sue dita
con
le proprie, ad avvicinarlo a sé, a respirare sul suo collo,
ed infine a
ricambiare [senza pentimento] il
gesto di prima: ora, della pastella le insaporiva le labbra,
delicatamente.
Deglutì.
E decisamente non avrebbe [mai] voluto trovarsi lì, in quel momento.
<<
C-che c-cosa hai fatto? >> disse,
ma forse quello che ne uscì fu un urlo, perché il
fratello arretrò, come
spaventato.
Il volto di
lui riluceva inspiegabilmente, e
Temari, deglutendo, constatò con orrore che quello fosse
sangue.
<<
Vattene >> mormorò, la voce che
tremava più di prima.
Lei [non] era
una bambina, non dovrebbe
vedere cose del genere.
<<
Vai via >> ripeté, ma il fratello
tentò di raggiungerla.
La kunoichi,
allora, premette le mani contro la
testa, rannicchiandosi a terra, in preda al terrore.
Facendo
qualche passo avanti, Gaara urtò contro il
tavolo e il dizionario cadde a terra, facendo un tonfo sordo.
Lei non ebbe
il coraggio di alzare lo sguardo,
capace solo di stringere i denti.
Quando,
però, sentì d’improvviso mugolare, non
si
trattenne da alzare il viso, e ciò che vide le fece coprire
la bocca con una
mano, per lo stupore: Gaara stava piangendo.
I
love
the way you bleed inside my head (I find it pulling at me, a sea of
troubles
drowning),
but something's gotta change, I'm barely holding on (It's such a shame
to feel
you drifting).
***
Ci risiamo,
ragionò, agitandosi
fra le lenzuola: 3. 21, calcolò mentalmente, ad occhio e
croce.
Nonostante gli allenamenti estenuanti della mattina, non riusciva a
chiudere occhio.
‘Fanculo
a te,
rifletté
carinamente nei confronti di Morfeo, e [soprattutto]
magari anche di qualcun altro.
Era davvero impensabile dormire, sapendo che fino a qualche tempo, in
notti
come questa, lei rimaneva alzata, attendendo che tornasse.
Inutile stare sdraiata a non fare niente: tanto valeva provare a fare
almeno qualcosa di buono.
Quindi, alzandosi, si diresse verso la cucina. Proprio come ai vecchi
tempi.
Era davvero
sollevato che tutta quella maledetta storia fosse finita.
Sì,
insomma, ormai erano passati anni e credeva che la cosa fosse completamente superata, considerando
anche il fatto che riteneva la sanità mentale della sorella
di gran lunga più sana,
appunto.
Oddio, era sempre stata una ragazza testarda, manesca,
impulsiva… Si
corresse, maledettamente impulsiva. Ma fino a questi livelli, non aveva
mai
pensato li potesse raggiungere.
Entrò un po’ titubante nella stanza, facendo
attenzione a non imbattersi in
schizzi di qualcosa-di-molto-appiccicoso sul pavimento.
Decisamente,
doveva aver lavorato tutta la notte: non aveva mai pensato che
così tante cose assieme potessero stare tutte in uno stesso
posto.
Sospirando, avanzò ancora e - prendendo poi un cucchiaino
dal cassetto alla
destra del lavandino – si avvicinò al tavolo,
curioso. << Va be’, tanto
vale provare >> disse, ed affondò
l’utensile in un budino a portata di
mano, fiducioso.
Fine
Note
dell’autrice:
Non avrei
mai pensato di arrivare prima, sul serio: c’erano diverse
cose che non mi
convincevano – e non mi convincono tutt’ora. Ad
ogni modo, sono ovviamente
contenta di essermi classificata così in alto e che la
storia sia piaciuta. J
Faccio i
miei complimenti a: _Ayachan_, e Queen_of_Sharingan_91, rispettivamente
arrivate seconda e terza. Ed anche
alle altre partecipanti al concorso, ovvio!
Ringrazio
in ultimo le giudicesse Killer Queen 7
e Kakashina93 per i giudizi
dettagliati ed esaustivi: io sarei stata troppo pigra per farli. xD
Ah, le
frasi citate qua e là appartengono alla canzone Weatherman dei Plus
44. Inoltre,
le definizioni sono state prese
da sito Dizi.it.
Alla
prossima, sperando che mi ritorni la vena ShikaInosa. *_*
Anle