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Autore: Anle    12/06/2008    7 recensioni
[...]Non si meravigliò più di tanto, quando trovò la cucina intasata da dolci: l’immagine di torte ripiene, ciambelloni, croissant, roba-non-identificabile, biscotti, roba-non-identificabile-bruciata, pasticcini, riempì i propri occhi, procurandogli un gran mal di testa. Da qualche mese a quella parte, era sempre la stessa drammatica storia; sospirò, massaggiandosi le tempie con entrambe le mani.
Mettendo un piede avanti, Kankuro entrò nella stanza guardando sconsolato la scena che si ripeteva ogni benedetto giorno di luna piena.
Ben o male, alla fine, era arrivato a capirlo il perché, anche se a stento riusciva a darsi una spiegazione che esentasse dal è completamente andata.
Addentando una fetta di torta al cioccolato – dall’aria passabile –, dovette ricredersi sulle capacità culinarie della sorella: il fatto che, al primo morso, non avesse riscontrato nessun sintomo, era rincuorante. [...]
[Sandcest; Gaara/Temari]
[Prima classificata al concorso Sette Parole indetto da Killer Queen 7]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara , Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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gaatema

Autore: Anle

Titolo: Waste paper and pudding hearts
Personaggi:
Sabaku no Gaara; Temari; Kankuro;
Pairing:
Gaara/Temari;
Raiting:
Giallo;
Genere:
Introspettivo; malinconico;
Avvisi:
Incesto; one-shot

Obbligo: cucchiaino, pentimento, gioielli, sale, pastello, pozzo, fotocopia.

Divieto:  telefono, aria, il verbo odiare, fazzoletto/i, amore (il verbo amare è permesso), specchio, fiocco.

 

 

 

Waste paper and pudding hearts

[Gaara=> Temari] [Temari=> Gaara]

 

 

 

 

~I love the way you bleed inside my head.





Non si meravigliò più di tanto, quando trovò la cucina intasata da dolci: l’immagine di torte ripiene, ciambelloni, croissant, roba-non-identificabile, biscotti, roba-non-identificabile-bruciata, pasticcini, riempì i propri occhi, procurandogli un gran mal di testa.  
Da qualche mese a quella parte, era sempre la stessa drammatica storia; sospirò, massaggiandosi le tempie con entrambe le mani.
Mettendo un piede avanti, Kankuro entrò nella stanza guardando sconsolato la scena che si ripeteva ogni benedetto giorno di luna piena.
Ben o male, alla fine, era arrivato a capirlo il perché, anche se a stento riusciva a darsi una spiegazione che esentasse dal è completamente andata.
Addentando una fetta di torta al cioccolato – dall’aria passabile –, dovette ricredersi sulle capacità culinarie della sorella: il fatto che, al primo morso, non avesse riscontrato nessun sintomo, era rincuorante.
Appena deglutì, apparve il fratello, che non commentò in alcun modo lo stato della cucina, né si chiese per quale motivo Kankuro lo fissasse stranito, e meno che mai gli interessò di sapere perché d’un tratto mise da parte il suddetto pezzo di torta, assumendo un’aria disgustata.
Gaara, d’altro canto, prese il bricco del caffè e, dopo averlo versato nella propria tazza, – incuriosito – si avvicinò alla miriade di dolci, deciso a prendere qualcosa.
<< Non quelle - lo avvertì il marionettista da dietro - sono dure come il marmo >> ed indicò con il mento delle ciambelle sulle quali il Kazekage stava allungando una mano.
Rinunciando all’idea del dolce-col-buco-in-mezzo, si sedette al tavolo, bevendo in silenzio la propria bibita, evitando di sperimentare altro.
Gaara avvertì d’un tratto il fratello schiarirsi la voce. << Allora, sentito niente ‘sta notte? >> chiese, squadrando un budino mal riuscito poco più in là delle crepes – anch’esse sfatte.
<< Niente >> rispose, senza scomporsi. Ma le labbra gli si arricciarono, inspiegabilmente. << Lo sai che ho il sonno pesante, da quan- >>. Tentò di completare la frase, ma la testa arruffata che fece capolino dalla porta glielo impedì.
Portando una mano avanti per coprire lo sbadiglio, Temari biascicò un << ‘Giorno >>, sedendosi poi accanto al fratello minore, mentre quello maggiore la guardava di sottecchi.
<< Pensavo avresti dormito fino a tardi >> constatò Kankuro, ed un angolo della bocca si piegò un po’.
Piccata, la kunoichi afferrò il bricco del caffè – strappandolo bruscamente dalle mani del Kazekage.
<< Hai pensato male >> ribatté, cercando di rimanere il più possibile indifferente, anche se la tazza che reggeva cominciò a tremare, facendo inclinare il liquido pericolosamente.
<< Ho da lavorare – fece d’improvviso Gaara, alzandosi –, non aspettatemi per cena >>.
Il silenzio che seguì, dopo che ebbe varcato la soglia, fu abbastanza esplicativo.
<< Dovresti parlargli >> esclamò poi Kankuro, cercando lo sguardo  sfuggente  di lei.
Temari sbatté in risposta la bevanda sul tavolo. << Vado ad allenarmi >>. Chiuse così, senza preavviso, la discussione, lasciando il Marionettista ad ingollare il secondo pezzo di torta, nient’affatto soddisfatto del risultato – né dell’uno né dell’altro. << Mi sa che a questa ci ha aggiunto il sale >> appurò, ed il volto assunse l’ennesima smorfia di disgusto.

 

 

 

***

 

Let me slip away, I'm barely holding on (I find it pulling at me, a sea of troubles drowning).
Every now and then I feel the end of us (It's such a shame to feel you drifting).

 

 

 

eliotipia 1 (sf.) Procedimento utilizzato in passato per ottenere mediante la luce solare più copie da un negativo fotografico o da un lucido. Oggi è sostituita dalla fototipia. (V.) S. f., fotocopia.

  
Temari sfogliava stancamente le pagine del dizionario, cercando di distogliere la propria mente dagli inutili problemi di ordinaria amministrazione: in mano, teneva svogliatamente un pastello rosso, prendendo nota su di un’agenda alla propria destra.
D’un tratto, sbuffò, chiudendo il volume, che - risentito per la malagrazia – fece un tonfo sordo e sollevò qualche nuvoletta di polvere.

Etcciù!, uno starnuto le uscì dalle labbra, incontenibile. E il pastello cadde in terra, miseramente. Maledicendo se stessa, si strinse poi nelle spalle, rassegnata ad aspettare qualcuno che [non] sarebbe arrivato presto.
Sentendo la luce filtrare dalla finestra, su di sé, si alzò e chiuse la tenda, oscurando la luna che riluceva
[piena] luminosa nel cielo.
Non riusciva davvero a capacitarsi del perché toccassero sempre a lei, lavori del genere: Temari qua, Temari là, e la scusa della sorella maggiore era sempre buona. In fondo, non aveva che poco più di tredici anni.
Tornando a sedersi, poggiò la testa sul tavolo, chiudendo gli occhi: tentativo inutile, anche perché sapeva bene che non sarebbe riuscita a prendere sonno, dopotutto.
Rivolse allora lo sguardo verso l’orologio a muro, sostenendo la testa con un braccio: le 2.37, segnava ancora.
Decisamente annoiata, riprese a sfogliare il dizionario, rimanendo comunque vigile – sia mai, venisse colta impreparata. Rabbrividendo al pensiero infelice, scorse di nuovo le parole, cercandone qualcuna di interessante.
Gli occhi si soffermarono inspiegabilmente ad una voce tanto interessante, quanto banale:


amare 1 (v.)  volontà di vero bene per sé e per l'altra persona; dedizione; dono si sé; sacrificio per qualcosa di più grande.
Sinonimi: affetto, affettuosità, affezione, amorevolezza, bene, desideri-
sì, e tante altre belle cose.
Nonostante considerasse tutto ciò solo un mucchio di balle, la parola sacrificio prese a ronzarle nella testa, ostinatamente.
Fare nottata, rimanere a tediarsi tutto il tempo, stare seduta su una scomodissima sedia, sopportare il peso delle palpebre era  forse una specie di sacrificio.
Già, e tutto questo per chi? Storse il naso, evitando di pensare ad una testa rossa dagli occhi da demone.
Corrugando la fronte, strappò la pagina con veemenza. Dannazione, pensò: non era mai stata capace a controllarsi.
E dei brividi [nuovamente] la colsero impreparata.

 

 

 

***

 

 

tropicciata del ricettario.La kunoichi prese ad esaminare attentamente gli ingredienti, scorrendo con l’indice la pagina stropicciata del ricettario. Si girò quindi attorno per vedere se avesse tutto a portata di mano, ed incominciò a dosare le quantità.
<< Tre uova, duecentocinquanta grammi di farina, un litro e mezzo di latte e un pozzo di bur- no, un pezzo, un pezzo di burro >> memorizzò, mettendosi all’opera.
La pastella riuscì fuori dopo mezz’ora di imprecazioni, mescolate, e schizzi d’impasto sulle pareti. Ma alla fine si poteva ritenere soddisfatta.
Cercò quindi di mettere in funzione il forno, stando attenta a non azionare troppe cose contemporaneamente: quella manopola rossa, ad ogni modo, non la convinceva affatto. Rileggendo poi la ricetta, si rese conto che il forno non sarebbe servito a nulla, se non a far esplodere la pasta.
Perciò, riprese la scodella e fece per rimetterla sul ripiano, tentando di trovare un modo per dare forma a quell’intruglio.

<< Che stai facendo? >>. Clanck.
La scodella cadde in terra, e il preparato si riversò sul pavimento, con pigrizia.
<< G-gaara >> riuscì a malapena a balbettare, presa decisamente di sorpresa. Il fratello continuò a rimanere sulla soglia, come se stesse studiando il quadro globale; ma sicuramente era una sua impressione: di solito, era un tipo impulsivo, lui. Ed infatti quando fece qualche passò avanti, Temari non se ne meravigliò.

Cerco di dimenticarti. << Nulla, va’ a dormire >> disse [fingendo di essere] rassicurante, e tentando così di allontanarlo. Ma lui non smise di avanzare.
Se fosse stata in un’altra situazione, probabilmente, la posizione buffa che assunsero le sopracciglia del fratello, l’avrebbe fatta sorridere, magari ridere. Però, ora, voleva unicamente che se ne andasse.
<< Cos’è tutta questa roba? >> chiese, con lo sguardo che andava dai pacchi di farina, alle pentole che occupavano – più del dovuto – il lavandino. Poi, quando vide la scodella in terra, e quello che c’era dentro, sembrò quasi sorpreso. << Stai cucinando >> constatò, apparendo lui stesso perplesso da ciò che aveva appena formulato: che le parole Temari e cucinare non fossero mai state pronunciate nella stessa frase, non era un mistero.
Ciò che invece lei si ritrovò a pensare, era che – grazie a Dio – quella non era una domanda. << Ci sto provando >> ribatté, facendo poi per chinarsi a raccogliere la pastella ormai andata.
Inaspettatamente, al movimento della sorella, seguì quello di Gaara che l’interruppe nel mentre, prendendole il polso, con gentilezza.
Temari ebbe quasi un sussulto, alla stretta di lui. << Che stai facendo? >> toccò a lei, ora, chiedere.
Ma il fratello, con normalità, avvicinò il proprio viso alla mano di lei, e stringendole l’indice, circondò il dito con le proprie labbra.
La sorella, nonostante stordita dal gesto, non poté evitare di riflettere che fosse completamente andato.
<< Sa di… – ci pensò su un attimo, assaporando l’impasto nella bocca. – farina >>.
<< Oh >> fece Temari, inclinando un angolo della bocca, delusa. << Avrebbe dovuto sapere semplicemente di impasto per crepes >>.  Ma non si rese neanche conto che la propria mano era ancora fra quella di Gaara. Forse, perché non era così male?
Il Kazekage accennò ad un sorriso, di più non gli riuscì, notando poi << Almeno, è buono >>. Ed inconsapevolmente, si ritrovò a stringere la presa. << Grazie >> fece lei in risposta, non capendo se dovesse accettarlo come un complimento, o meno.



<<  Gemme… >>

<< Che vai blaterando? In casa non abbiamo gioielli >>.

<<  I tuoi occhi lo sembrano >>.



Com’è che li chiamano? Ah, sì: flashback.
Non le capitavano frequentemente, ma erano comunque fastidiosi [quelle poche volte che] quando arrivavano.
Riscossasi, si rese conto di essere [pericolosamente] troppo vicino al [volto del] fratello. Fece quindi per scansarsi, sperando che delle chiazze rosse non le avessero colorato, vigliacche, le guance.
Gaara, però, inspiegabilmente, strinse le dita attorno alla mano di lei. << Mi fai male – si lamentò, e gli occhi di lei si colorirono di una sfumatura di paura -. Lasciami >> ribadì il concetto, perentoria.
D’altro canto, lui sembrò non capire - o fece semplicemente finta –, perché d’un tratto accorciò le distanze tra di loro, avvicinando il proprio viso al suo. << Ti ho detto di all-! >> cercò di scostarlo da sé, ma lo sguardo che le rivolse non permise repliche. Lui allora si fermò.
<< Hai paura di me >> disse, e le iridi gli si tinsero di scuro, umiliate dalle parole della sorella.

Sei mio fratello, pensò, ma la cosa non la rincuorò affatto: anzi, il respirò parve d’un tratto difficoltoso. << No, che dici? >> rispose allora lei, nonostante sapesse bene che [aveva ragione] quella non fosse una domanda.
La stretta si allentò di colpo, e la mano di Temari cadde molle lungo il fianco: all’improvviso, si sentì inspiegabilmente [sporca] vuota, rendendosi conto, con rammarico, che quel calore le mancava.
Quindi, fu lei stavolta ad afferrargli la mano, a stringere le sue dita con le proprie, ad avvicinarlo a sé, a respirare sul suo collo, ed infine a ricambiare [senza pentimento] il gesto di prima: ora, della pastella le insaporiva le labbra, delicatamente.

 




Deglutì. E decisamente non avrebbe [mai] voluto trovarsi lì, in quel momento.

<< C-che c-cosa hai fatto? >> disse, ma forse quello che ne uscì fu un urlo, perché il fratello arretrò, come spaventato.

Il volto di lui riluceva inspiegabilmente, e Temari, deglutendo, constatò con orrore che quello fosse sangue.

<< Vattene >> mormorò, la voce che tremava più di prima.

Lei [non]  era una bambina, non dovrebbe vedere cose del genere.

<< Vai via >> ripeté, ma il fratello tentò di raggiungerla.

La kunoichi, allora, premette le mani contro la testa, rannicchiandosi a terra, in preda al terrore.

Facendo qualche passo avanti, Gaara urtò contro il tavolo e il dizionario cadde a terra, facendo un tonfo sordo.

Lei non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, capace solo di stringere i denti.

Quando, però, sentì d’improvviso mugolare, non si trattenne da alzare il viso, e ciò che vide le fece coprire la bocca con una mano, per lo stupore: Gaara stava piangendo.

 

 

                                                                                        

I love the way you bleed inside my head (I find it pulling at me, a sea of troubles drowning),
but something's gotta change, I'm barely holding on (It's such a shame to feel you drifting).


***


Ci risiamo, ragionò, agitandosi fra le lenzuola: 3. 21, calcolò mentalmente, ad occhio e croce.
Nonostante gli allenamenti estenuanti della mattina, non riusciva a chiudere occhio.

‘Fanculo a te, rifletté carinamente nei confronti di Morfeo, e [soprattutto] magari anche di qualcun altro.
Era davvero impensabile dormire, sapendo che fino a qualche tempo, in notti come questa, lei rimaneva alzata, attendendo che tornasse.
Inutile stare sdraiata a non fare niente: tanto valeva provare a fare almeno qualcosa di buono.
Quindi, alzandosi, si diresse verso la cucina. Proprio come ai vecchi tempi.

 

 

 

 

Era davvero sollevato che tutta quella maledetta storia fosse finita. Sì, insomma, ormai erano passati anni e credeva che la cosa fosse completamente superata, considerando anche il fatto che riteneva la sanità mentale della sorella di gran lunga più sana, appunto.
Oddio, era sempre stata una ragazza testarda, manesca, impulsiva… Si corresse, maledettamente impulsiva. Ma fino a questi livelli, non aveva mai pensato li potesse raggiungere.
Entrò un po’ titubante nella stanza, facendo attenzione a non imbattersi in schizzi di qualcosa-di-molto-appiccicoso sul pavimento.

Decisamente, doveva aver lavorato tutta la notte: non aveva mai pensato che così tante cose assieme potessero stare tutte in uno stesso posto.
Sospirando, avanzò ancora e - prendendo poi un cucchiaino dal cassetto alla destra del lavandino – si avvicinò al tavolo, curioso. << Va be’, tanto vale provare >> disse, ed affondò l’utensile in un budino a portata di mano, fiducioso.

Fine


 

 

 

 

Note dell’autrice:

Non avrei mai pensato di arrivare prima, sul serio: c’erano diverse cose che non mi convincevano – e non mi convincono tutt’ora. Ad ogni modo, sono ovviamente contenta di essermi classificata così in alto e che la storia sia piaciuta. J
Faccio i miei complimenti a: _Ayachan_, e Queen_of_Sharingan_91, rispettivamente arrivate seconda e terza. Ed anche alle altre partecipanti al concorso, ovvio!
Ringrazio in ultimo le giudicesse Killer Queen 7 e Kakashina93 per i giudizi dettagliati ed esaustivi: io sarei stata troppo pigra per farli. xD
Ah, le frasi citate qua e là appartengono alla canzone Weatherman dei Plus 44.  Inoltre, le definizioni sono state prese da sito Dizi.it.
 

Alla prossima, sperando che mi ritorni la vena ShikaInosa. *_*


 

Anle

  
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