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Autore: Hibei    03/02/2014    12 recensioni
cit/ «Non voglio comprare nessun biscotto, grazie».
«Che bell'accoglienza. Fai sempre così o oggi è il mio giorno fortunato?».
«Eh...?».
«Ti sembro un fottutissimo boy-scout per caso?».
Naruto lo squadrò da capo a piedi con un cipiglio irritato. Il fatto che Yuki non fosse in casa faceva da parafulmine a quel pezzo di ferro ambulante; se suo figlio avesse udito anche solo una sillaba di fottutissimo avrebbe annichilito quell'individuo e la sua bella faccia da schiaffi lì, sul pianerottolo, risparmiando alla donna delle pulizie quei cinque piani con ascensore fuori servizio solo per raccogliere i resti di quel... quel...!
«Chi cazzo sei allora?»
...Dopotutto Yuki in casa non c'era.
Il giovane moro gli scoccò un'occhiataccia, come se il suo non sapere chi fosse l'avesse offeso mortalmente. Fu poi come se provasse un'immensa fatica — e Naruto s'immaginò in sottofondo le trombe dell'Apocalisse — che lo sentì annunciare: «Il baby sitter».
[NaruSasu!]
Naruto ha 26 anni, padre di Yuki di 6. Per accudire il figlio, ha trascurato il lavoro e adesso non può più permetterselo. Cerca dunque un baby sitter e, su consiglio di Sakura, assume Sasuke.
Hope you enjoy it!
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun contesto
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 Hibei biascicò: Non ho neanche la forza di fare le mie solite NdA chilometriche — anche se so già che non saranno tanto ridicolmente corte, conoscendomi — ma vi chiedo scusa per aver fatto così tardi nel postare, ma solo così ho rispettato davvero la settimana. Sì, perché me ne sono resa conto dopo che il 27 era lunedì e non domenica. Che poi avrei potuto aggiornare anche ieri se avessi avuto abbastanza energia da reggermi in piedi e postare. Oggi poi è stata una giornata che megl​io non parlarne, ed eccomi qui adesso, al solito orario improponibile. Mi scuso per chi aspettasse il capitolo ieri, spero che l'attesa di un giorno in più sia valsa! Beh, sì, insomma, qui c'è uno spazietto più dedicato a 'Suke e al suo “colloquio di lavoro”, nonché introduzione al perché abbia optato per un lavoretto simile che altro. Qualcuno l'ha già intuito ma non mi pronuncio in merito, non vorrei che andaste a sbirciare nelle recensioni e rovinarvi la sorpresa (capirai che sorpresa poi). ewe
A tal proposito, ci tengo a ringraziare tutte le persone che già seguono Baby Sitter *abbreviamo in pessimo modo*, quelle che hanno recensito, facendomi sorridere ad ogni nuovo commento come una beota e ad ogni piccolo lettore silenzioso, che mi fa capire che c'è dalla visualizzazione, e tanto mi basta, è più di quanto sperassi. Grazie davvero di cuore a tutti.
E torniamo qui un attimo. 
Vorrei anticipare una cosa: questo capitolo è stato diviso in due perché altresì sarebbe risultato troppo lungo e temevo quindi noioso, perciò ho preferito dividerlo in due parti. Sono più che altro due capitoli di chiarimenti e affini, transizioni per introdurre al meglio il co-protagonista della storia, quindi questo sarà più cortino del prossimo, ancora incentrato sull'entrata in scena di Sasuke e la chiamata di Sakura (spiegando anche che rapporto c'è tra i due). Per la seconda parte, Non odiate né me né Suigestu (e anche Ita-nii in futuro, aw) per aver sfottuto l'otouto. Sasuke istiga prese in giro come se non ci fosse un domani, e direi che entrambi ci siamo più che trattenuti! Per quanto riguarda Yuki, invece, farà la sua ufficiale comparsa in quello che per voi sarà il quarto capitolo, “Dov'è Otou-san?”. Qui sì che ci sarà l'incontro del terzo tipo. (?) 
Bene, bando agli spoiler che sono fin troppo espansiva. Mi ritrovo in piena crisi perché ho scoperto una nuova OTP e la mia connessione ha deciso di morire prima che potessi riguardare i più bei momenti di questi due. Se qualcuno segue/ha mai visto Queer As Folk; sto parlando di Brian e Justin. Cinque stagioni divorate in pochi giorni — mi hanno rinchiusa in casa per “punizione”, avevo letto il suggerimento in una fanfiction... che potevo fare? Adesso mi ritrovo col cuore spezzato, ma è un dolore che alle fangirl piace. #masochismoistheway. Ad ogni modo, pur essendo un po' volgaruccio e più esplicito di quel che immaginassi (insomma, me l'hanno anche doppiato in italiano e con doppiatori parecchio conosciuti, lo sapete meglio di me che qui censurano tutto e non assumono mai interpreti rinomati per serie di questo tipo), lo consiglio. A me è piaciuto davvero molto. 
Ora. Vado a piangere quel che rimane delle mie lacrime. 
Il prossimo aggiornamento dipenderà ancora dal fatto se sia viva o meno, quindi aspettatevi il prossimo tra domenica/lunedì. Il tutto dipende anche da come la prenderò per il 663, che se non mi mette tutto apposto mi farà cascare dal baratro in cui Kishi-kun fa di tutto per farmici finire dentro. 
Grazie ancora a tutti, sperando che la storia continui a piacervi: una buona lettura, tanti baci, alla prossima! [Visto che ho scritto tanto comunque?] ♥






 
~ Capitolo 02. ~

Il disagio di chi vuole maturare circondandosi d'infanti. #1





Quanti ne erano passati, cinque, dieci, trenta minuti? E loro stavano ancora così, lì, fermi, a fissarsi in cagnesco, quasi ringhiando sommessamente, col più giovane che lanciava di rado occhiate curiose alla stanza circostante e il più grande che non vedeva l'ora di sbatterlo fuori di casa sua a suon di calci — pur preparandogli il tè.

Lui e quel suo stupido nasino alla francese, più bianco di un cadavere, la sufficienza impressa nell'espressione falsamente angelica.

Stronzo. Era sicuro che fosse uno stronzo.

E nero. Quel tizio lo era troppo.

Quando rischiò di scottarsi, distratto, nel prendere la teiera, lo udì distintamente fare uno sbuffo, tsk, il che era probabilmente quanto più vicino ci fosse ad una risata derisoria. 

Lo odio, digrignò i denti, soffiandosi sulla mano offesa per lenire il fastidio della piccola bruciacchiatura. È un moccioso arrogante. Chissà che razza d'influenza avrebbe su mio figlio!

Il moro inspirava.

Gli darò fuoco.

Ed espirava.

Chiederò ad Hidan di torturarlo durante uno dei suoi riti satanici.

Il soggetto dei pensieri del biondo, tuttavia, non parve dare troppa importanza alle tacite maledizioni che l'Uzumaki gli scagliava contro ad ogni respiro che emettesse, più impegnato a scrutare con disinteressata attenzione quella che pareva una cucina ben arredata con adiacente il soggiorno, che ai suoi rantoli da bestia demoniaca. Una casa che di primo acchito pareva accogliente, piena di cianfrusaglie sui mobili, forse souvenir?, ma troppo grande per viverci da soli. Notò poi alcune foto sulle mensole, accanto a spezie e barattolini dal dubbio contenuto; delle cornici erano state abbassate o private della loro fotografia. Se fossero in quelle condizioni indipendentemente o meno dalla sua presenza — magari quell'evaso di Azkaban era riservato — non gli importò di chiederselo.

Fu riportato alla realtà della situazione quando quello che, a quanto aveva capito da Sakura, si chiamava Naruto gli sbatté la tazzina stracolma di un liquido fumante davanti agli occhi, sibilando a denti stretti un Tieni.

Il corvino lo incenerì col proprio sguardo di pece, maledicendosi per non avere davvero del carbone ardente al posto delle iridi. Quanto avrebbe voluto lancergliene addosso, avendo inteso le palesi intenzioni dell'ossigenato padrone di casa.

Questo idiota voleva ferirmi con gli schizzi di questa specie d'intruglio di magma, mi ci gioco le pa-

«Allora,» frenò inconsapevolmente la parolaccia il più grande. «ti manda Sakura-chan, giusto?».

Il ragazzo annuì, accomodando il volto sul palmo sinistro, nuovamente annoiato.

«Però» iniziò calmo, tanto inaspettatamente che Naruto troncò ogni parola sul nascere, improvvisamente incuriosito dal movimento di quelle labbra sottili. «Non sei un po' cresciutello per avere il baby sitter? Forse ti servirebbe una badante».

Per poco non gli cadde la teiera sul piede scalzo.

Ancora quel dannatissimo ghigno. 

«Sta a sentire, Chibi-teme1» ignorò l'evidente disappunto dell'altro quando gli piantò il dito al centro del petto. «Non so chi tu sia, né quale rapporto abbia con Sakura, ma per avermi consigliato te e la tua arroganza sono certo che avrà le sue ragioni. Io mi fido di lei — a meno che tu non sia un vagabondo a caso che l'ha sentita parlare al telefono dell'argomento e te ne stia approfi- maledetto, stai cercando di fregarmi?!».

Il non scout strabuzzò gli occhi, sentendosi internamente scioccato, poi stizzito ed infine inviperito come non mai, domandando, con un poco promettente sguardo adombrato, «Mi stai accusando, idiota?».

Il biondo divenne paonazzo. «Tu mi hai chiamato come?».

«Non di certo col nome di un ingrediente».

Si aspettava che gli inveisse contro; con suo sommo stupore, non avvenne nulla di tutto ciò. Naruto, dal canto suo, semplicemente allungò le braccia. Così, per istinto. Lo vide fissarlo spaesato, con quelle sue pozze scure, ancora comodamente seduto dall'altro lato del piccolo tavolo, gli occhi cerulei a rimirare quel collo bianco, immacolato, una vena in leggera rilevanza; sembrava così dannatamente fragile. 

Quanto avrebbe voluto strozzarlo.

«Come ti chiami?» continuò invece il più grande, ignorando lo spasmo che aveva avuto il suo zigomo a quel gesto scortese.

Il giovane lo fissò un attimo, stranito, inclinando ancor di più il capo, attratto da quelle singolari cicatrici che aveva su ambe le guance.

«Sasuke» snocciolò poi, avvicinandosi alla tazzina e soffiandovi sopra per raffreddare il tè.

Adesso siamo di poche parole?

«Bene, Sasuke» scandì con strafottenza. «Quanti anni hai?».

«Diciotto» affermò con semplicità, sollevando all'insù un angolo della bocca al notare lo sguardo stupito del biondo, che evidentemente pensava fosse più piccolo. Che idiota. «Perché?».

Naruto si ricompose —  mancava solo un'altra bella figura con quel bastardello appena nato —, schiarendosi la voce con un deciso colpo di tosse, motivando: «Sembri più giovane» Sembri una femmina. «E poi mi pare giusto che io sappia con chi dovrei lasciare mio figlio».

Meglio sottintendere che non l'avesse già assunto per garantito. A Sasuke non parve importare neanche questo.

«Non ne vedo l'utilità. Potrei anche avere trentanni o più, sarei sempre io, l'età non stabilisce l'entità di una persona».

Ah, perfetto.

Gli aveva mandato Freud.

Naruto sospirò pesantemente, sentendosi sfibrato da quello pseudo colloquio che era ancora solo alle pendici, concedendogli un 
«Vero,» concorde — benché d'accordo non lo fosse affatto. «ma di questi tempi non si è mai prudenti abbastanza».

Stranamente, Sasuke senza cognome non ribatté. Effettivamente dava più l'idea di un tipo taciturno che propenso alle chiacchiere, magari apriva bocca solo per provocazione. Pareva ancor più annoiato di prima, e continuava a fissarlo. 

Sentendosi appena un po' a disagio, in quel silenzio inaspettato e sotto quegli occhi attenti e scuri, il biondo decise di riprendere in mano la situazione, «Vai ancora al liceo?» optando per una domanda semplice quanto scontata.

Il più piccolo sollevò di poco le sopracciglia corvine, rispondendo con un altrettanto semplice e scontato . «L'ultimo anno», precisando.

Naruto annuì, non sapendo bene cos'altro aggiungere; nulla dei piani sul futuro, per carità, era sicuro che l'avrebbe linciato se si fosse messo a fargli discorsi sul suo avvenire. 

E l'avrebbe fatto sentire troppo spudoratamente vecchio.

Tuttavia, un'altra domanda varcò l'inospitata terra della sua mente, che aveva mollato il buon senso e l'istinto di sopravvivenza sulla statale per rimorchiare una ben più eccitante totale mancanza d'intelletto.

«Sasuke?».

«Hn?».

«Perché ti sei proposto come baby sitter?».

Fu con quella domanda inopportuna che Naruto Uzumaki finì in cima alla sua lista nera delle persone che sapevano — o avrebbero saputo, ma ciò era irrilevante poiché il tutto era imminente — troppo.




Bang! Due settimane prima. 

«È inutile discuterne, Sasuke. Non andrai a vivere da solo, e questo è quanto».

Fugaku Uchiha si era sempre sentito così dannatamente in dovere di praticare dispotismo ovunque andasse che persino sua moglie non aveva più cercato di farlo rabbonire. Se poi l'aria austera serviva per impartire un ordine ad uno dei suoi figli, tanto valeva rinunciare in partenza al porgergli una richiesta. Chiunque sano di mente l'avrebbe capito.

Sasuke, ovviamente, di sano non aveva nulla. Proprio per questo, quello era l'ennesimo di una lunga serie di tentativi per convincere il padre nel farlo andare a vivere da solo, ottenendo ulteriori dinieghi e sguardi pieni di disapprovazione.

«Non puoi costringermi a rimanere qui» aveva quasi urlato, una volta, al limite della sopportazione, di tutte quelle piccole umiliazioni inflitte e subite per troppo tempo. E al capo famiglia non piacque.

«È vero, non posso. Senza contare che l'amata maggiore età che decanti tanto non m'impone più alcun vincolo genitoriale su di te; sei libero di andartene, quel che succederà sarà, se riuscirai a trovare lavoro e mantenerti» commentò duro, come se del destino del figlio non gliene importasse. Un'occhiata alla moglie, e affievolì i propri toni. «Sei ancora troppo immaturo, tornerai indietro di tua spontanea volontà» concluse, sicuro, ferendo il figlio più di quanto non volesse.

«Stai dicendo che non sarei in grado di farcela?».

«Esattamente».

Perché? 

Perché doveva per forza nutrire una così scarsa fiducia nei suoi confronti?

Però Itachi se n'era andato. Per Itachi andava bene. 

Perché Itachi aveva informato, non chiesto.

“Vado a vivere per conto mio”.

“Posso andare a vivere per conto mio?”.

Male, male. Così non andava. Se non mostrava un po' di autorevolezza, come avrebbe potuto mai ottenere il consenso del padre? Ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa che aveva di sé l'immagine di uno smidollato ancora aggrappato alla sottana della madre.

Un momento.

Scommesso?


«Perché non scommettiamo, allora?» ghignò, certo di aver attirato veramente l'attenzione del padre per come lo vide osservarlo finalmente negli occhi, il riflesso dei suoi.

«Di che scommessa stai parlando?».

Era risaputo, difatti, che la perfetta convinzione di quell'uomo d'affari di avere sempre in mano la situazione fosse il suo tallone d'Achille; difficilmente perdeva, in effetti, una scommessa, ma quando l'evento apocalittico si prodigava ai comuni mortali, anche la maschera inscalfibile di Fugaku Uchiha s'incrinava. 

E solo i Kami potevano sapere quanto Sasuke avrebbe goduto nel dimostrare a suo padre, una volta per tutte, quanto avesse torto sul suo conto, e quanto non fosse mai un affare sicuro puntare tutto sulla propria arroganza ereditaria — scansata da Itachi per cederla tutta al suo otouto sei anni dopo la sua nascita.

Il diciottenne sorrise furbo. «Nulla di che. Io scommetto che riuscirò a trovare un lavoro — qualsiasi, non ha importanza di che tipo — e racimolerò abbastanza soldi da potermi permettere un appartamento, dimostrandoti inoltre di essere maturo abbastanza per gestire la mia vita. Tu ovviamente punti sull'esatto contrario».

L'uomo lo fissò, pareva dubbioso. «Quindi, cosa c'è in palio?».

«Se vinco io, dovrai ammettere a gran voce di avermi sottovalutato e di essertene pentito».

Fugaku Uchiha che si pente.

Era più facile vedere l'impassibile e frigido nii-san nudo in un Night Club come professionista. 

D'altra parte non vedeva suo fratello da due anni, che ne sapeva di che affari si occupasse.

Il padre ignorò volutamente la provocazione del figlio, congiungendo le mani sotto il mento, guardandolo con un cipiglio di serietà stampato in volto.

«E se vinco io?».

Sasuke deglutì. Forse per il tono del genitore, forse perché la possibilità di perdere e subire l'ennesima umiliazione era un po' più presente man mano che i secondi venivano scanditi dalle lancette sottili dell'orologio del suo ufficio.

Stava per rispondere; non gliene diede modo.

«Se vinco io, sarai tu ad ammattere di esserti sopravvalutato e di esserti pentito di aver lasciato la tua casa».

Se solo non fosse sembrato troppo impossibile, l'Uchiha junior avrebbe giurato d'aver distinto una lieve nota di divertimento nella voce di Fugaku.

Rischiò di palesare la sua incertezza deglutendo un po' più rumorosamente, ma quando l'uomo gli porse la mano, come a sancire quell'accordo ufficiale tra loro...

Fu in quel momento che Sasuke gettò il suo vacillare in un angolo remoto della mente, stringendo con decisione la mano più grande dell'uomo già convinto di avere la vittoria in tasca, come fece intendere il suo gesto di portare quella stessa mano dentro quella della sua giacca. 

Uscì dal suo ufficio, a testa alta, convinto più che mai a fargli vedere di cosa fosse in grado. 

Sperava solo di non dover tornare indietro a capo chino.






1Le fonti mi dicono che ‘chibi’ in giapponese significa ‘piccolo’; in questo caso, Naruto lo apostrofa come chibi-teme per mettere in risalto il fatto che, se lui è un vecchio da badante (a ventisei anni. Povero Nacchan! XD), Sasuke è un marmocchio. Quindi letteralmente sarebbe “Piccolo bastardo”.
Si amano, si amano! XD
 


 
  
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