«Richard, caro, sei tornato?» domandò Martha Rodgers, la
madre dello scrittore, non appena lui mise piede nell’appartamento.
«Sì, mamma. E gradirei un aiuto.»
«Certo, caro. Cos’è questo scatolone ingombrante? Appoggialo
qui.»
«È il fascicolo di un vecchio caso. Viene dall’archivio.»
«Non sapevo che all’archivio della polizia lasciassero uscire i plichi.»
«Infatti non sanno che l’ho portato via. Beckett
vuole che mi seppellisca in archivio a fare ricerche, ma io sono uno
scrittore,
non una recluta appena uscita dall’accademia. Se devo leggere qualcosa,
ho il mio studio, ben attrezzato, con luce adeguata e ogni comodità.»
«Sono sicura che Kate non avrà niente in contrario.»
«O forse parlerà con il capitano Montgomery e mi revocherà l’incarico di consulente.»
La porta d’ingresso si aprì di nuovo. Alexis Castle entrò sorridente.
«Alexis!»
«Ciao, papà. Ciao, nonna.»
Anche la ragazza notò lo scatolone.
«Hai portato del lavoro a casa?»
«Esatto.»
«Questo non è uno scatolone dell’archivio della polizia?»
Castle sorrise. «Ho la figlia più intelligente del mondo, non trovi, mamma?»
Martha annuì soddisfatta.
«Se Beckett lo scopre hai finito di fare il consulente per la polizia» aggiunse Alexis severa.
«È proprio quello che ha detto tuo padre un attimo fa…»
iniziò Martha.
Castle la interruppe subito. «Sì, ma noi non glielo diremo, giusto? Fai finta di non aver visto niente, Alexis.»
Afferrò lo scatolone e lo spostò nel suo studio.
«Ecco, il corpo del reato è svanito.»
«Sei proprio matto, papà. Vuoi sempre scherzare.»
«E da cosa l’avresti capito, mia intelligentissima figlia?»
«Quello non è l’incartamento di un caso. Sono solo
scartoffie senza valore, documenti archiviati» Alexis sorrise. «Io vado
di sopra a fare i compiti. A più tardi.»
Alexis aveva ragione. Quando aprì la scatola, Castle scoprì che il caso di Mary Ellen O’Neill non riguardava un omicidio.
Ventidue anni prima, il signor John O’Neill aveva scoperto il corpo senza vita della giovane moglie quando era rientrato a casa
una sera. Mary Ellen aveva venticinque anni ed era in ottima forma. Aveva
partorito felicemente un bambino pochi mesi prima e si era ripresa alla perfezione, prima della morte improvvisa.
Una volta trovato il cadavere, era arrivata la
polizia e il procuratore aveva subito aperto un’indagine, ma le
ricerche non avevano portato da nessuna parte. Mary Ellen non era stata
uccisa, aveva avuto un
malore, il referto medico parlava di infarto.
Il marito, distrutto dal dolore,
aveva voluto vederci chiaro
e aveva ordinato ogni possibile controllo. Non sapeva spiegarsi perché
gli esami cui la moglie si era sottoposta in gravidanza non avevano
segnalato alcun
problema, ma gli investigatori che si erano occupati del caso erano
arrivati alla conclusione che fosse stata solo una tragica fatalità.
John O’Neill aveva preso con sé il figlio di pochi mesi mentre l’indagine veniva archiviata.
Castle fece una ricerca su quell’uomo. Cosa aveva fatto negli ultimi vent’anni? Scoprì che la sua azienda di computer,
all’epoca appena nata, aveva fatto fortuna. Adesso la sede principale occupava un bel palazzo
nel centro di New York.
O’Neill era milionario.
«Strano che non abbia mai sentito parlare di lui»
pensò lo scrittore, che era membro di parecchi club esclusivi in città.
Dalle poche
informazioni trovate in internet, capì che John O’Neill conduceva una
vita molto riservata.
«Allora, riassumiamo» disse Castle ad alta voce.
Mary Ellen non era stata uccisa. La ragazza nell’obitorio non aveva un nome, non aveva documenti e anche lei non aveva segni di
violenza sul corpo. Entrambe erano state ritrovate cadavere senza nessuna spiegazione.
Una aveva avuto una vita normale, l’altra sembrava non essere mai esistita.
Era tutto molto, troppo strano.
Spostò altre carte nella scatola e vide una
fotografia. Mary Ellen O’Neill sorrideva all’obiettivo felice senza
sapere che la sua
vita era quasi arrivata al termine.
Castle sgranò gli occhi. La ragazza morta e Mary Ellen erano identiche.