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Autore: Soloimperfezioni    04/02/2014    0 recensioni
Vittorio, 16 anni, dalla straordinaria bellezza ma con una spaventosa tristezza dentro. Circondato da troppe persone si è sempre sentito solo e mai al centro dell'attenzione fin quando, dopo due orribili episodi che cambieranno la sua vita incontra una persona che lo cambierà definitivamente..
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Vittorio p.o.v

-Sono 4 ore che sono qui dentro, posso vedere come sta?- Ero nervoso e nauseato, sentivo la rabbia che mi ribolliva in tutto il corpo ma cercai di non darci molto peso. Mio padre era andato a cercarmi per tutto il quartiere. voleva parlarmi di una 'sorpresa' subito. Mentre stava tornando a casa, non indossando gli occhiali stava per investire una ragazza di 22 anni, o almeno così ho capito, che gli si fiondò davanti mentre correva per attraversare, frenando di colpo è stato colpito dalla macchina che stava dietro di lui, sbattendo la testa contro il finestrino e andando fuori strada. Il conducente che lo ha tamponato è morto 2 ore dopo l'arrivo in ospedale e la moglie aveva ferite gravi, volevano denunciarci ma ora non mi interessava, in questo momento mi interessava solo mio padre. 
Una grassa infermiera dai capelli apparentemente sporchi e rossicci si parò davanti me, mia mamma e mio fratello, con uno sguardo dispiaciuto che mi sapeva tanto di finzione. 
-Mi dispiace davvero, ma posso far entrare solo la Signora. Voi dovete attendere fuori.- Indicò me e mio fratello e se ne andò. Davide iniziò a trafficare col cellulare, cercai di spiccicare mezza parola con lui ma non mi considerò minimamente, decisi di andare a farmi un giro per l'ospedale. Sicuramente non era il posto più bello dove una persona potesse andarsi a fare un giro, ma dovevo rimanere lì, avrei potuto rivedere mio padre nel giro di poche ore e non volevo essere altrove.
Non presi l'ascensore, non mi piacevavano in generale gli ascensori, figuriamoci quelli di un ospedale, chissà quanta gente ci entrava, che cazzo ci facevano. Non ero così ossessionato con l'ordine e la pulizia ma mi avevano sempre fatto schifo i posti come ascensori pubblici, metropolitane ecc. 
Arrivai dal nono piano fino al piano terra in uno stanzino abbastanza grande e triste. Il pavimento era rigorosamente bianco, naturalmente come in tutto l'ospedale e sulle pareti dietro al balcone dove servivano caffè, sicuramente disgustoso, c'erano delle strane mattonelle laccate bianche con delle paperelle e fiori completamente verdi e rosa. Tre o quattro tavolini sparsi in giro, messi così casualmente per rendere il posto più 'accogliente'. 
Beh, non c'era niente da dire, sperai solamente che i servizi sanitari dell'ospedale erano di gran lunga migliori rispetto all'arredamento di quel posto. Ero affamato. Ero arrivato in ospedale alle 5 di notte, e adesso erano quasi le 10:30. Con un briciolo di disgusto per quel posto, mio malgrado ordinai un cornetto vuoto sperando di non trovare brutte sorprese. Lo consumai nel giro di due secondi senza fottermene del fatto che all'interno era ancora leggermente congelato. Me ne uscii con una calma assoluta e sperai di non rimetterci più piede e, distratto dal cellulare che inizia a squillarmi, sbatto contro una ragazza che mi liquida all'istante: 
-Stai più attento, siamo in un ospedale, non in mezzo ad una strada.- Mi guardò torva e io ricambiai ammiccando un sorriso. 
Non sapevo sinceramente cosa dire perciò continuai a camminare,ma rimasi a pensare a quello strano incontro, dimenticandomi della telefonata sul cellulare. 'Credo di averla già vista da qualche parte' pensai, mentre mi ricordai che aveva dei capelli sul rosso-arancione, riccissimi. Ho sempre amato le ragazze rosse, ma quando ne incontravo anche riccia, beh impazzivo anche se non mi litavo al semplice sguardo, anche se mi sarebbe sempre piaciuto conoscerne una. 
Federica, la mia migliore amica aveva i capelli neri e lisci. Semplicemente lisci. Non lo avevano mai colpito più di tanto. Erano i suoi occhi che lo meravigliavano ogni volta che si specchiava in essi. D'un marrone intenso, quasi incandescente e tutto intorno, nei contorni, erano più chiari, fino ad accennare un verde. Tornò al nono piano, sempre a piedi e non trovò nè suo fratello nè sua madre, trovò però quella grassa infermiera dai capelli rossicci che lo guardava torva. Feci per sedermi quando dalla camera 134, quella di mio padre, sbucò mia mamma, con uno sguardo più rilassato rispetto a quando ci aveva lasciata. 
Appena mi vide, mi sorrise e pronunciò le uniche parole che nelle ultime 6 ore volevo sentirmi dire. 
-Puoi entrare, è fuori pericolo- Dal suo sorriso se ne aprì uno anche sul mio viso e mi alzai di scatto, entrando in camera ma quello che vidi mi spaventò più di quanto fossi stato male in quelle ore. 
Mio padre, sdraiato sul lettino d'ospedale fra quelle quattro lenzuola ruvide e stropicciate aveva un braccio completamente mutilato. Mi sorrise e io scoppiai a piangere, un pianto che si insinuò per tutti i corridoi dell'ospedale quando scappai fuori e tutta d'una corsa, dal nono piano mi ritrovai fuori l'ospedale a piangere disperatamente. 
'Perchè mia mamma sorrideva? Mio padre aveva perso un braccio! Cazzo un braccio! pensai. Iniziai ad urlare tutto quello che mi venne in mente e una coppia di quelli che credevo fossero ultrasessantenni mi iniziarono a guardare male. 
-Che cazzo volete? Cosa volete?- urlai, con la voce rotta per le lacrime calde che scendevano sulle mie guancie lentamente. Distolsero lo sguardò e scossero il capo. 
-Perchè cazzo? Perchè?-


Ecco il secondo capitolo. Mi dispiace solo perchè è giusto un pò più cortino rispetto all'altro ma non avevo idee per questo incontro ma non vi preoccupate, i prossimi capitoli saranno di gran lunga migliori! 
-ellblue
  
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