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Autore: jileysavedme    05/02/2014    1 recensioni
"Un suicidio non uccide solo una persona."
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Quanto mi sei mancata, che diavolo hai fatto in tutto questo tempo? Devi spiegarmi qualcosa Nik.” Rosa mi abbracciò forte farfugliando qualcosa sotto voce che non capii, ero felice di vederla e lei anche ma aveva ragione, era da un po’ che non ci vedevamo. Da quando avevo incontrato il “Mr. Pistole e bombe” la mia vita era cambiata, non aveva più la piega di una volta, quella noiosa vita che facevo e le giornate intere passate sdraiata sul letto a testa in giù col telefono all’orecchio e la punizione di restare chiusa in casa di mia madre e ila linea telefonica come unica via di comunicazione con lei. Erano ormai passate tre settimane, Justin cominciava a fidarsi di me e mi lasciava più libertà dell’inizio, Scott era fiducioso in me e sapeva che non avrei detto una sola parola a nessuno al contrario di Justin che ancora sospettava qualcosa su di me, la mia migliore amica invece non era cambiata, era sempre la stessa e anche io da un certo punto di vista. Se solo avesse saputo di cosa stavo passando, se solo avesse saputo di Justin.. Era un segreto, un segreto avrei dovuto tenere nascosto perfino alla mia migliore amica, come cosa era frustante ma mi rassicurava il fatto che almeno lei era al sicuro e fuori da questa storia così rischiosa.
“Scusami, ho avuto complicazioni..” Cercai di giustificarmi in qualche modo, di certo non gli avrei mai detto la verità. “Sai.. Mia madre e le sue punizioni..” Sorrisi.
Lei mi avvolse fra le sue braccia di nuovo facendomi sentire calore da parte del suo corpo che fu asfissiante dato già il sole caldo sopra la mia testa che mi faceva sudare.
“La prossima settimana se vuoi vieni da me.” Le presi la mano stringendola.
Lei sorrise timidamente, poi sospiro cercando di dire qualcos’altro.
“Ho sentito David..” Il suo viso felice si trasformò in viso deluso e quasi disperato. “Non sono sicura di piacergli.” Lei si guardò i piedi consolandosi da sola.
“Ehy!” Avvolsi un braccio attorno al suo bacino avvicinandola a me. “Cosa ne sai che non gli piaci? Coi ragazzi non si sa mai, lo sai come sono fatti.” Lei si sforzò di farmi un sorriso.
“Ricordi il ragazzo dell’estate scorsa? Quello moro e occhi verdi. Era carino, e ti piaceva.” Lei aggrottò la fronte cercando di capire a cosa mi stessi riferendo. “L’ultimo giorno del mare ti scrisse in un e-mail che era innamorato di te ma non fu in grado di dirtelo in faccia.” La guardai, lei sospirò ricordando il ragazzino di quell’estate che a dire la verità stuzzicava anche a me, non era male a ma ora che avevo incontrato Justin ero sicura che nessuno lo avrebbe battuto. Quel ragazzo era stato con noi tutta l’estate e all’ultimo si era dichiarato, roba da matti.. Perché farlo l’ultimo giorno, a Rosy non gli era rimasto nulla se non dirgli che era troppo tardi. Io sbuffai appoggiando la schiena contro la panchina, chissà se anche Justin in fondo provava qualcosa? Che sciocchezze, ci conoscevamo da così poco.. Eppure, io mi ero innamorata così velocemente, quella foto. Si, tutto scattò da quella foto, non l’avrei mai dimenticata.
Rosy si tirò su di morale un po’ grattandosi la testa. “Hai ragione, i ragazzi sono imprevedibili.. Dovrei dargli tempo?” Si girò verso di me cercando una risposta, io annuii con la testa accennandogli un sorriso affettuoso.
Sapevo dare consigli molto bene, ma chi mai li avrebbe dati a me? Forse ero io quella più incasinata, a chi mai gli sarebbe venuto in mente di andare dietro a un criminale, solo a una stupida. E si, forse era così. Forse ero stupida, anzi, senza il ‘forse’. Ero una stupida.
Salutai Rosy alla fermata del autobus e restammo in attesa che arrivasse sotto il sole che ci riscaldava la pelle parlando del più del meno, ridendo e scherzando come facevamo sempre. Il bus arrivò e salutai Rosy con un cenno della mano prima che sparì entrando nel mezzo affollato, il sole mi stava cuocendo il capo e i capelli mi davano caldo, infilai la mano nella tasca dei pantaloncini e tirai fuori un elastico e mi legai i capelli col classico “cipollotto” tirandoli su il più possibile lasciando il collo ben scoperto, cominciavo a sudare e la pelle bagnata mi dava fastidio, a passo più svelto del solito mi diressi verso l’appartamento di Justin che era poco più in la da dove mi trovavo.
Citofonai e la voce di Scott chiese chi fosse e aprii il portone senza problemi, salii le scale lentamente godendomi il fresco che c’era nel piano terra che mi rinfrescò quanto bastava per farmi sentire bene, presi la maniglia della porta ed entrai in casa, Scott era seduto al tavolo della cucina, lo raggiunsi salutandolo con un cenno della mano.
“Ben arrivata, vuoi qualcosa da mangiare?” Scott mi morse un pacchetto di caramelle e altri dolciumi. Affianco a lui c’era un cesto pieno di dolci e cioccolato, qualche lattina di birra e un pacchetto di sigarette.
“No grazie, sto a posto. Dov’è Justin?” Mi guardai in torno.
Scott alzò un dito indicandomi il soggiorno riempendosi la bocca di caramelle, andai nella direzione in cui mi aveva indicato entrando in soggiorno senza fare rumore, trovai Justin disteso sul divano che aperto gli faceva da letto matrimoniale, in mano teneva una bottiglia di birra e le carte di cioccolatini per terra, il viso concentrato sulla tv e l’espressione neutra.
“Ciao Justin.” Justin si voltò verso di me posando la bottiglia sul pavimento, notò le mie gambe scoperte e ne perlustrò ogni centimetro, così fece per il resto del mio corpo fino al viso dove si soffermò per qualche instante, si voltò di nuovo verso la tv alzando le spalle ignorandomi.
“Ciao.” Infine rispose, freddo, ma rispose.
Io lanciai uno sguardo a Scott che capii la mia richiesta d’aiuto che si alzò dal tavolo portandosi un se il pacchetto di sigarette.
“Justin puoi essere più gentile per favore?” Scott sbuffò sedendosi dall’altro lato del divano lasciando lo spazio in mezzo, ma lui lo ignorò come aveva fatto con me. Scott guardò di nuovo me indicandomi di sedermi con un cenno della testa.
“Puoi sederti, non mordiamo.” Feci come aveva detto e mi adagiai sul divano affianco a Justin che si girò verso di me accennandomi un sorriso perverso.
“Parla per te, Scott.” Mi morsi un labbro, rannicchiandomi in mezzo fra loro, l’ultima volta in cui ero stata con due maschi insieme non era andata bene, scossi la testa cacciando via l’immagine della festa poco prima che comparse Justin.
“Sei più carina coi capelli legati.” Scott interruppe i miei pensieri.
“Grazie.” Arrossii rannicchiandomi di più fra i cuscini del divano, Justin sbuffò seccato riprendendo la bottiglia verde contenente birra e bevve fino a finirla.
Scott sfilò una sigaretta dal pacchetto che prese anche Justin, prese l’accendino e l’accese soddisfatto.
“Tu fumi?” Chiesi aggrottando la fronte, non avevo mai visto Scott fumare una sigaretta fino ad ora.
Lui lanciò l’accendino a Justin che lo prese al volo e accese anche lui, Scott fece un tiro soffiando fuori una nuvola bianca di fumo.
“Ogni tanto, prima non fumavo.” Ne fece un altro e Justin con lui, soffiarono entrambi verso di me, e io tossì per l’intossicamento.
“Justin ti ha contagiato?” Guardai Justin che giocava col telefono continuando a fare tiri profondi.
“Direi di si.” Scott annuii facendo un tiro.
Scossi la testa e continuai a guardare Justin che posò il telefono nella tasca dei jeans e mi rivolse uno sguardo soffiandomi in faccia, resistetti alla tentazione di tossire di nuovo.
“Non dovresti, ti fa male.” Mi rivolsi a Scott che alzò le spalle come Justin e spense la sigaretta nel posa cenere ormai finita.
Scott si alzò lo sguardo al cielo lanciando poi un’occhiata a Justin che si alzò dal divano con scatto sistemandosi la canotta mentre la collana color oro tintinnava.
“Abbiamo bisogno di soldi Scott?” Lui prese i suoi occhiali scuri indossandoli.
“Siamo quasi a secco e abbiamo ancora tante cose da prendere.” Scott sbuffò lasciando cadere una mano sulla faccia infastidito.
“Non puoi chiedere a Josh se te li da lo stesso? Digli che lo pagheremo più avanti.” Justin aggrottò le sopracciglia bagnandosi le labbra con la lingua.
Studiai per bene l’espressione di Justin per poi passare su quella di Scott che sembrava a dir poco disperata ma restai in silenzio ad ascoltare la conversazione.
“No, abbiamo fin troppi debiti da pagare con lui Justin.” Scott sbuff un’altra volta più stressato di prima.
“Che cosa succede?” Infine parlare incuriosita dalla discussione fra loro che stava prendendo una piega drammatica.
Justin mi fulmino con lo sguardo appena aprii bocca, che cosa aveva che non andava con me? Gli tenni testa con lo sguardo fulminandolo a mia volta ma lui fu più forte di me e riuscii a contrastarmi, tolsi gli occhi dai suoi intimorita dal fatto che non ero utile in nessun modo per loro, mi accucciai come un cane sul cuscini del divano guardando Scott, la mia unica via di scampo.
“Nicole stai tranquilla, è tutto a posto.” Lui mi rivolse uno sorriso rassicurante mentre Justin ci sorpassò chiamando Scott con un fischio a cui subito ubbidì come un cane.
I due ragazzi si parlarono sotto voce discutendo di qualcosa che ancora non capivo ma sapevo che si sarebbe trattato di qualcosa a che fare con bombe e armi, ne ero più che sicura e ormai non mi faceva più paura quel idea.
“Nicole?” Scott mi chiamò, io alzai il collo per rispondere guardandolo da lontano, mi fece cenno di venire da lui e io scattai in piedi.
“Dato che hai deciso di restare con noi ancora..” Scott fece una pausa guardando Justin che portò le braccia al petto aggrottando la fronte. “Vorremmo una mano in più da parte tua.” Infine finì.
Dovetti ragionarci un po’ alla sua richiesta per poi capire che si trattava di un invito ad “aiutare” la sua banda di criminali malefici, e chissà di quale aiuto si trattava.
“Io.. Non so, che cosa dovrei fare?” Chiesi.
“B’è ci aiuterai nelle missioni e starai con noi e agirai semmai ne avremmo bisogno.” Justin scoppiò a ridere rumorosamente all’affermazione di Scott e alzo una mano in segno di scuse, aggrottai la fronte. Sapevo benissimo che non sarei servita a nulla e che a Justin della mia presenza non frega un bel niente ma per me lui era importante, fin troppo anche.
Criminale di merda.” Imprecai nella mia mente il più possibile lasciando spazio a un sorriso sul mio viso.
“Perfetto allora, è deciso.” Scott batte una mano sul tavolo di legno per poi infilarsi pistole e tutto l’occorrente per fare un “missione”.
 
Questa volta prendemmo un grosso furgone bianco identico a uno di quelli che vedevo in giro e ci saltammo a bordo pronti per partire ma non fu ne Scott e ne Justin a stare nel posto di guida.
Al volante c’era un tizio coi rasta neri e pelle nera e vestiti fin troppo larghi per il suo corpo, piercing in faccia e una camicia bianca sbottonata davanti quanto bastava per far vedere il tuo dorso completamente tatuato accompagnato da collo e braccia fino ai polsi, un po’ come Justin.
Mi guardai dietro e seduto per terra dentro al furgone partito in quarta c’era lui che si infilava un passamontagna con visibili solo gli occhi, me ne lanciò uno che presi al volo.
“Mettitelo.” Lui ringhiò.
“Cosa? Perché?” Chiesi.
“Non fare domande e mettitelo.” Ripeté più duro di prima.
Scott e il tizio coi rasta fecero lo stesso infilandosi il tessuto nero sul volto e turbata feci lo stesso. Puzzava di fumo e con se anche l’aria dentro il furgone, c’era cenere nera su tutta la superficie della parte interna del furgone, l’igiene non era la massimo e quasi mi sentii svenire. Odiavo i posti sporchi e per di più i posti sporchi e stretti, il furgone frenò di botto facendomi sbalzare in avanti e caddi per terra affianco a lui che con uno strattone mi tirò su ringhiando come un cane dall’irritazione.
“Stai attenta maledetta ragazza.” Lui si alzò da terra aprendo lo sportello del furgone che mostrò davanti a noi un grosso edificio con la scritta “banca”. Io scattai immediatamente in piedi sbarrando gli occhi, avevano intenzione di rapinare una banca, m’irrigidì all’istante in cui comparve nella mia mente la mia foto segnaletica come quella di Justin fra gli spartiti della polizia.
“Volete rapinare una banca?” Alzai la voce togliendomi il passamontagna. Justin scattò verso di me che feci un passo indietro sbattendo contro la parete del veicolo.
“Cazzo, ti devi stare zitta!” Lui imprecò sotto voce coprendomi la bocca con una delle sue grandi mani, il suo alito misto di menta e fumo mi soffiò in faccia e scossi la testa.
“Vieni con me.” Aggiunse, tolse la mano dal mio viso e mi prese per un braccio facendomi salire nel posto davanti del furgone insieme al guidatore.
“Tienila d’occhio.” Il ragazzo rasta strizzò l’occhio a Justin che sorrise.
Lui e Scott si allontanarono a passo svelto fra le vetrate dei negozi fino a non riuscire a vederli più.
Ero in ansia e il ragazzo affianco a me ne metteva addosso ancora di più, fui troppo presa a controllare la parte dove erano scomparsi Scott e Justin che non mi accorsi che il ragazzo rasta mi stava puntando una pistola contro, sgranai gli occhi guardando la pistola verso di me.
“Cosa vuoi fare?” Lui scosse la testa ridacchiando.
“Tenerti d’occhio bellezza.” Lui schioccò i denti tirando fuori una sigaretta accendendola.
“Puoi metterla giù, io non me ne vado.” Strinsi i denti.
Lui mi studiò un po’ accettando la mia affermazione e posò l’arma nei pantaloni come la teneva Justin.
“Allora, cosa sei? La puttana di Justin? O magari di entrambi.” Lui rise profondamente facendomi schizzare il battito cardiaco alle stelle.
“Cosa?” Sbottai. “Non sono la puttana proprio di nessuno!” Incrociai le braccia al petto.
“Hai ragione, non puoi essere la puttana di Scott. Solo Justin sa scegliersele carine come te.” Lui sorrise facendo cadere una ciocca rasta sulla spalla. “Ma siccome siamo molto amici, noi ce le dividiamo sempre.” Lui posò una mano sulla mia coscia scoperta dai pantaloncini, i brividi mi percorsero la schiena e la luce dei lampioni fecero brillare il suo anello lucido incastrato nelle sue dita, la sua mano salii dalla mia coscia fino al mio inguine destro dove gli fermai la mano irritata.
“Ti ripeto che non sono la puttana di nessuno, giù le mani cane!” Sbottai di nuovo più irritata di prima, lui rise di nuovo e stacco la mano dal mio corpo per poi riattaccarla al mio braccio.
“Sei difficile ragazza, mi piaci un sacco.” Lui mi soffiò in faccia il fumo. “Se vieni con me ti faccio divertire un mondo.” Io alzai una mano pronta per lasciarli una bella cinquina in faccia ma lui mi bloccò subito stringendo il mio polso nella sua mano che lo circondava completamente.
“Lasciami andare!” Alzai la voce.
In quel momento desiderai che Justin fosse stato con me per aiutarmi ma lui non c’era e un altro maniaco sessuale criminale voleva impossessarsi di me e del mio corpo, era possibile che non me ne andava bene nemmeno una? Per mia fortuna quando girai lo sguardo vidi il corpo di Justin uscire di corsa dal retro della banca con un sacco marrone in spalla accompagnato da Scott, fui sollevata ma anche in ansia e non sapevo se ce l’avremmo fatta.
Il ragazzo rasta mi lasciò immediatamente andare e io scesi dal autoveicolo aprendo lo sportello del furgone come nelle istruzioni che mi aveva dato Scott prima di partire. Justin saltò immediatamente a bordo seguito subito dopo da me, la campanella d’allarme della banca cominciò a suonare nel esatto momento in cui il veicolo cominciò a prendere gas, partimmo di nuovo in quarta di nuovo facendo attenzione a non sbalzare in avanti di nuovo, ce l’avevano fatta di nuovo ma non era ancora finita del tutto.
“Jaz accelera, accelera!” Justin sbottò guardando indietro le luci della macchina della polizia che riflettevano contro i muri dei palazzi in arrivo, mi tranquillizzai solo dopo che non udivo più la sirena della polizia, non ci avevano visti. Mi chiedevo solo come faceva a scappare così senza lasciar nessuna traccia.
“Merda, siamo i criminali più felici del mondo!” Scott esultò aprendo una manciata di soldi appena rubata dalla banca stringendoli, Justin sorrise fiero di se stesso, diede una pacca sulla al presunto Jaz, il ragazzo rasta che ci aveva provato prima.
“Porca puttana Justin, ce li dividiamo!” Jaz sorrise facendo scintillare gli occhi nel buio della macchina mentre io restavo nel mio angolo del furgone accucciata come un cane.
“Non ci pensare fratello! Questi soldi ci servono.” Justin guardò Jaz a cui si spensero gli occhi subito dopo.
“Ancora pensi di farlo?” Raddrizzò lo specchietto davanti guardando Justin dal rifletto in esso. Justin annuii.
“Senti, quando pensi di presentarmela la tua nuova puttana?” Jaz sorrise di nuovo guardando la strada.
“Cosa?” Justin tirò su il capo infilandosi le dita fra i capelli.
“La brunetta li dietro, dico.” Raddrizzò lo specchietto verso di me lanciandomi un occhiata, Justin si girò verso di me a guardarmi e feci finta di nulla evitando il suo sguardo.
“Mh.” Fece lui. “Bel bocconcino eh?” Lui rise profondamente tirandosi la collana che gli pendeva dal collo, scrollo le spalle come per levarsi di dosso un peso e poi parlò di nuovo attirando la mia attenzione.
“Purtroppo non è la mia puttana.” Jaz inchiodò il furgone facendo sobbalzare tutti e tre insieme, Justin si irrigidì sul posto e io feci lo stesso tenendomi alle pareti per non cadere.
“E perché allora ce l’hai appresso?” Jaz si girò verso di lui squadrandolo.
Justin alzò le spalle ignorandolo prima di rispondere. “Storia lunga.” Scott fece finta di nulla ignorando l’argomento totalmente.


Ci fece scendere dal mezzo parcheggiando nel retro della casa di Justin e Scott, mi studiò le gambe mentre si leccava le labbra e fantasticava chissà cosa su di me, mi venne il riflesso del vomito al pensiero, avrei preferito mille volte la bipolarità di Justin piuttosto che la sua faccia. Seguii i due ragazzi fino alla porta di casa dove entrammo e Justin soddisfatto andò a infilare il denaro nella cassa forte in una botola sul soffitto, Scott lo aiutava.
“Cosa ci farete con quei soldi?” Chiesi.
“Dobbiamo prepararci e comprare armi potenti.” Scott rispose.
“Quanto potenti?” Chiesi di nuovo.
“Più di quanto pensi.” Scott rispose di nuovo e Justin accennò un sorrisino che vidi di sottecchi.
Sorrisi anche io, lui si diresse verso camera sua, aprii la porta e ci entrò con passo stanco e io lo seguii senza far rumore.
“Scusa?” Si girò verso di me appoggiandosi contro la porta della camera.
“Posso dormire in stanza con te?” Chiesi cercando di fargli gli occhi dolci, non funzionò, alzò le spalle e mi chiuse la porta in faccia.
“E’ battaglia persa con lui.” Scott ride alla mia faccia delusa.
“Perché non posso entrare nella sua stanza?” Andai a sedermi nel mio solito posto, il divano bianco coi cuscini soffici.
 
“Non fa entrare neanche me, quello è il suo rifugio.” Scott mi sorrise venendo a sedersi accanto a me. “Justin non è uguale e tutti gli altri ragazzi, lo hai visto anche tu.” Fece una paura guardandomi.
“Cosa vuol dire?” Guardai il ragazzo.
“Nel suo cuore non c’è posto per una ragazza seria.” Scott mi parlò in modo saggio, più di quanto pensavo. Le lacrime cominciarono a salirmi agli occhi e annebbiarmi la vista, le parole di Scott mi trafissero inaspettatamente il petto con lama bollente, mi sentii mancare il fiato ma dovevo ammetterlo anche io, a lui importava solo dei suoi soldi profumati e delle armi.. E soprattutto, la vendetta.
Mi aveva colpito in piedi con il Titanic con l’iceberg e ora stavo affondando piano piango, ero troppo fragile per sopportare anche questo, volevo solo togliermi il cuore dal petto così da non poter provare più emozioni per nessuno, ma sapevo che qualunque cosa avessi fatto a rimetterci sarei stata sempre io.
“Ok.. Ho capito, grazie.” Feci un respiro profondo senza lasciar cadere neanche una goccia sul viso.
Scott annuii sapendo che stavo cadendo a pezzi ma non fece più nulla, si alzò e andò nella sua stanza lasciandomi li, su quel divano con la tentazione di piangere. Fissavo la porta di Justin e sapevo che non avrei mai potuto entrare a far parte del suo cuore, ero fuori da tutto e questo mi distruggeva, restare al suo fianco senza dire nulla era come camminare a piedi nudi sul fuoco ardente con un bavaglio sulla bocca che ti impediva di urlare a squarcia gola, dove l’avevo messa la testa? Ero impazzita. Si, per lui.
“Che stupida..” Sussurrai a me stessa.
Mi distesi sul divano che ancora profumava di lui, mi rannicchiai sul cuscino dove c’era di più il suo odore e lo strinsi a me annusandolo sperando che in qualche modo l’avessi sentito più vicino a me così da consolar me stessa con qualcosa che ancora non c’era, ma che mi faceva stare bene.
Forse ero impazzita davvero, lui e la sua bipolarità mi faceva girare la testa ma mi faceva battere forte in cuore insieme, e forse stava succedendo qualcosa di più di una semplice cotta a priva vista. Ero innamorata di lui, le lacrime che mi scesero poi dagli occhi me lo confermarono, chi mai era riuscito a farmi piangere con uno sguardo o a farmi battere il cuore in quella maniera? Nessuno. Nemmeno quel bel ragazzo di cui ero innamorata a quel l’epoca sapeva riuscirci, ma cosa ne potevo sapere a quell’età? Ero così innocente e non capivo neanche il significato della frase “stare male per qualcuno”. Ma forse, ora l’avevo capito. E lui? A lui non importava nulla di me, forse Jaz aveva ragione, forse lui mi desiderava solo fisicamente ma io non ero una puttana da quattro soldi e mai lo sarei stata.
Non so se era stato il suo profumo mischiato di menta e fumo a farmi addormentare o solo la stanchezza di aspettare qualcuno che mai sarebbe arrivato, ma mi addormentai profondamente e lo sognai, lo sognai come si sognava il principe azzurro, ma lui non era il buono. Forse lui era il cattivo e per la prima volta nella storia la principessa si innamorò del cattivo e non del prescelto principe.
L’avrei aspettato così come da piccola aspettavo che la neve attaccasse al suolo con la speranza negli occhi e l’amore nel cuore per le piccole, cose come lui. Come lui e me, insieme. 
  
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