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Autore: Made Again    05/02/2014    3 recensioni
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Tratto dalla recensione lasciata al capitolo 21 "Untitled Track" da Lady Igraine.
"Non riesco a capire esattamente che considerazione abbia di lei ecco. La schernisce, la pretende, la ama, l'abbandona, la odia... è una commistione di sentimenti indistricabili che si rafforzano l'uno con l'altro e distruggono. Li distruggono entrambi. E questo apre molti interrogativi, perchè con una simile tempesta dentro non potranno mai davvero comunicare, potranno sempre e solo prendersi, scacciarsi, odiarsi e amarsi in una lotta senza tregua... "
***
Storia dalla trama complessa, particolare, azzardata.
Storia-tributo alla band inglese "Marillion".
Storia di malsana dipendenza ed ostentata indipendenza.
Storia di una vita irreale eppure specchio di una vita reale.
Storia di due gemelli.
Storia di un fratello ed una sorella.
Una ragazza.
Brave.
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Canzone del capitolo: Lord Of The Backstage
 

 
Come mossa da un nuovo automatismo interno, Rachel irrigidì le braccia lungo il corpo, si voltò e salì lentamente i pochi gradini che portavano all’ingresso del locale. Camminava adagio, inconsciamente consapevole del fatto che, se si fosse mossa più rapidamente, sarebbe caduta al suolo. Dietro di lei, una Dani confusa chiedeva, rivolta ad un Heyden ancora impalato “Ho detto forse qualcosa che non va?”
 
L’ingresso decisamente poco trionfale di Rachel nel locale non fu notato da nessuno. Senza pensare, si diresse verso il tavolo dove i suoi amici, eccezion fatta per Jacky, stavano discutendo animatamente. Il concerto era appena finito e probabilmente la fotografa stava inseguendo il gruppo alla ricerca di scatti e magari di qualche intervista. Ma a Rachel non interessava. Non riusciva a ragionare. Era bloccata, ferma, pallida, apatica, stava scivolando lentamente in un inquietante stato di paralisi emotiva. Nella sua mente ora c’era il bianco. Il bianco più spaventoso.
Il primo a notarla fu Gale: stava battendo nervosamente il piede a terra, le sue frasi contenevano più bestemmie che parole. Appena la vide, esplose.
-Porca puttana, Kay! Che cazzo ti è preso? Sei andata fuori di testa? Volevi mandare a puttane la serata?-
Ma da parte di Rachel non vi fu risposta. Si abbandonò sulla sedia in modo scomposto, afferrò un bicchiere a caso, l’unico ancora mezzo pieno presente sul tavolo e lo mandò giù d’un sol fiato.
Lyla, preoccupata, si alzò e la raggiunse, inginocchiandosi davanti alla sua sedia.
-Ehy chick, everything’s all right? Non mi sembri star bene.- Sembrò riflettere per un po’, poi le chiese, dolcemente. –Hai forse la febbre?-
-Che cazzo è quella roba?- Violet impallidì leggermente, visibilmente scossa, mentre puntava il lungo indice verso il collo di Rachel. Penny portò una mano sulla bocca, bloccando un urlo. Gale si costrinse alla calma e si alzò. Lyla fece ruotare lentamente la testa a Rachel, ancora immobile, gli occhi sbarrati, vuoti. Uno spaventoso livido nero, marchiato dal segno dei denti ancora rosso di sangue incrostato, circondato da un altro paio di segni simili, ma meno intensi le segnavano indelebilmente il collo. Anche la felpa, mezza spostata, era macchiata di rosso. Lyla spalancò gli occhi.
-St. Patrick bless us… Kay! Chi ti ha fatto questo?- esalò, tremante. Ma Rachel non rispondeva.
-Kay, guardami.- Gale prese il posto di Lyla, troppo scossa per poterla realmente aiutare in quel momento. –Vai a prendere un panno umido Violet.- intimò alla ragazza.
-Kay, Kay. Mi vedi? Sono qui.-
Rachel accennò un assenso senza però distogliere lo sguardo, imbambolato di fronte a lei a fissare il vuoto.
-Kay. Ascoltami attentamente. Prometti?-
Altro cenno d’assenso.
-Chi è stato? Heyden?-
Assenso.
-Ti ha stuprata?-
Negazione.
-Ti ha costretta a fare qualcosa che non volevi fare?-
Negazione.
-Ti ha fatto del male?-
Rachel prese a respirare più velocemente. Serro violentemente gli occhi. Assenso.
-Sporco figlio di puttana. Giuro che lo ammazzo.-
Proprio in quel momento, Heyden fece il proprio ingresso nel locale, trascinato da una Dani sempre sorridente. Quella ragazza era il ritratto fatto persona della gioia di vivere. Ma a Manchester non c’è gioia di vivere. Quella è la semplice illusione del sogno americano, qui devi saper combattere. Non ci sono tramonti da brivido da ammirare dal Golden Gate Bridge, ma la nebbia, la pioggia, fottutissima pioggia che ti consuma fino all’osso giorno dopo giorno. C’è la disperazione che diventa malata euforia se annegata nell’alcool.
Violet rietrò in quel momento nella stanza e si gettò a terra di fronte a Rachel, iniziando a tamponarle lentamente il collo. Heyden la seguì con lo sguardo, soffermandosi sulla figura seminascosta della sorella.
Lyla trasalì, accorgendosi della sua presenza nella stanza.
Gale si alzò, furibondo.
-Che cazzo le hai fatto, bastardo?!-
Heyden alzò il capo. Sembrò riflettere qualche attimo. -Gale? Sei davvero tu? Che cazzo ci fai qui?- chiese, stupito. Ricordava solo vagamente quel bambino di un anno appena più grande, compagno di lunghe ore di giochi nella sua infanzia ormai perduta.
-Rispondi alla mia domanda, schifoso figlio di puttana. Che cazzo le hai fatto?-
Dani si spaventò. Rachel si irrigidì leggermente nel suo stato di trans.
Heyden afferrò i fianchi della piccola americana e la spostò dietro di sé. –Non le ho fatto nulla.- affermò, duro.
-Nulla? Nulla?! Cazzo, mi prendi per il culo? Cristo, guarda in che condizioni sta! E’ totalmente sotto shock, piena di lividi. Che cazzo dovrei pensare?-
-Ascoltami, non verrò a dar conto delle mie azioni a te, capito? Non le ho fatto un cazzo di niente, man. Slow down.-
-No, non ho capito. Vieni a dirmelo qui Hogarth che non le hai fatto un cazzo di niente.-
Gale si avvicinava sempre più ad Heyden. Era totalmente fuori controllo. Tutti nel locale guardavano la scena, completamente senza parole. Lyla era pietrificata. Penny mosse un passo in avanti, subito fermata dalla gemella, ancora inginocchiata di fronte a Rachel. Dal fumoso backstage riemersero anche Jacky insieme agli altri quattro membri della band.
Gale allungò il pugno oltre Heyden ed afferrò l’esile polso di Dani, che urlò. –A lei fai quelle cose? Eh, Heyden? A lei le fai?-
-Lasciala stare, Campbell!- Heyden gridò, fuori di sé.
Ma il suo grido fu coperto da un altro urlo. Più forte, doloroso, disperato, straziante. Rachel portò le mani al volto cadde a terra, raggomitolandosi su se stessa, senza smettere di urlare.
Lyla, sconvolta, mosse verso di lei, tentando inutilmente di fermarla aiutata da Penny e Violet, ma Rachel si dimenava convulsamente sul vecchio pavimento in legno.
Heyden prese Dani per i fianchi, la fece sedere sul grosso bancone per poi scattare in avanti oltre Gale e farsi spazio tra le ragazze, fino ad essere su di lei. Le afferrò i polsi e glieli costrinse al suolo. Rachel spalancò gli occhi e smise di urlare. Dani, saltata giù dal bancone quasi subito, fu subito sopra Heyden. I suoi lunghi capelli mossi scivolarono lievi sulle solide spalle del ragazzo, i grandi occhi scuri erano lucidi di lacrime.
Rachel riacquistò improvvisamente il controllo di sé. Fu come risvegliarsi da un incubo. Per precipitare in uno peggiore.
Una goccia calda cadde dagli occhi di Dani sulla guancia bollente di Rachel. La bionda si riscosse e la fissò, esterrefatta. Una fitta di dolore l’attraversò mentre teneva fissi gli occhi verdi in quelli neri dell’americana. Le sue lacrime. Erano vere. Era sincera. Quindi aveva realmente paura, stava realmente tremando, sentiva realmente di essere in un qualche modo un’estranea in quel momento, in quel luogo. Era realmente preoccupata per Rachel. Perché non c’è nulla di più tremendo che ritrovarti davanti qualcuno che le circostanze ti impongono di detestare con tutto te stesso, ma che la tua natura ti impedisce di odiare. Rachel era così, troppo buona per essere capace di disprezzare quella ragazza così sinceramente impaurita, angosciata per lei. Perché si, Dani era sincera. Rachel si sentì letteralmente impotente davanti a quella sconosciuta che in quel momento, con le grandi iridi nere rese lucide dal pianto ed i capelli mori mossi da una leggerissima brezza, pareva una fata, una ninfa eterea venuta da un qualche paese a lei ignoto. Quella contro di lei era una battaglia persa fin dal principio: non aveva né i mezzi, né la motivazione necessaria per riuscirvi. E allora, perché combattere, quando sai di avere già perso? Di essere già sconfitto in partenza? Bisogna essere autolesionisti per provarci.
Ma in fondo, chi era il problema? Dani? No, Dani era solo una conseguenza. Il problema era Heyden. Heyden, Heyden, Heyden, sempre Heyden. Origine e causa di ogni suo male, unica cura possibile. Salvatore e carnefice al contempo.
Ma non aveva senso urlare. Aveva già urlato contro di lui, ed aveva ottenuto cosa? Che se ne andasse per farsi una vita migliore lontano, trovare amore e passione. No, non sarebbe stata tanto stupida questa volta.
Nutrita dal nuovo sentimento che nasceva in quegli attimi in lei, Rachel spostò lo sguardo sul gemello. Non fu capace di decifrarne lo sguardo e si sentì ancora più sbattuta fuori da quel mondo che fino a pochi minuti prima pareva essere di nuovo esclusivamente suo. Con la clausola del per sempre sott’intesa. Ed invece, come in ogni buon contratto che si rispetti, sono i cavilli a fregarti, le righine in piccolo, quelle che nemmeno con la lente d’ingrandimento riesci a leggere. E nella sua righetta stava Dani.
Heyden, gli occhi color ghiaccio in quelli della sorella, sembrava non essere cosciente della presenza di Dani su di lui. Iniziò, deciso, rivolto alla gemella: -Rachel…-
Ma lei l’interruppe. Con voce calma, dolce, in un sussurro appena percettibile, con i grandi occhi verdi in quelli di Heyden, Rachel pagò il gemello con la sua stessa moneta.
-No, Rachel. No, non ti lascio. Sei mia. Ti terrò al sicuro, nessuno ti farà del male.-
 
Ecco, era fatta. Il colpo era stato sparato e la situazione stava lentamente precipitando inesorabilmente verso il freddo suolo della realtà, il cristallo stava per infrangersi. Era ora di abbandonare il campo di battaglia prima della fine. Occhio non vede, cuore non duole.
Cosa, cosa di più letale avrebbe mai potuto dire? Nulla. Non esisteva niente di più tremendo di quelle parole, quella promessa, espressa nemmeno un’ora prima e già infranta, il patto più breve della storia, la maschera più finta mai realizzata.
Vide i mutamenti del viso di Heyden al rallentatore sopra di lei, tutto sembrava essersi fermato, la grossa bolla di immobilità intorno a loro li imprigionava in un bianco, insostenibile silenzio. Rachel sentì la presa di Heyden abbandonarla, vide il suo corpo allontanarsi, la luce e poi un’ombra su di lei. Sbatté le palpebre, uscendo a quel modo da quello stato di incoscienza. Gale era su di lei: le parlava, ma Rachel non sentiva. Il respiro di Heyden, ancora forte nelle sue orecchie, le impediva di udire alcun’altro suono.
I suoi occhi, ora vigili, si spostavano lentamente dai propri polsi rossi alle mani di Heyden e viceversa in una danza infinita di occhiate mute. E poi Dani ci mise lo zampino.
Spaventata, la piccola americana cercava in quel momento rassicurazione delle braccia di Heyden, rigide quanto quelle di un manichino, freddo quanto il ghiaccio, spento esattamente come la gelida fiamma nei suoi occhi. Perso, lo sguardo nel vuoto, un’espressione tra lo stupefatto e l’irato.
Rachel ebbe un sussulto. Se n’era reso conto.
-Allora lo sai…-
Heyden non rispose.
Dani era confusa. Faceva girare i grandi occhioni da lei a lui, proprio come tutti nella stanza in quel momento. Ma non le interessava.
-Sapevi che mi avrebbe ferito. E me l’hai nascosto. Lei è stata un imprevisto, non sarebbe dovuta saltare fuori, non è così? Doveva essere il tuo segreto, non è così?-
Silenzio. Heyden chiuse gli occhi, abbassò il capo e strinse i pugni lungo il corpo.
-Rispondimi, Heyden cazzo!- Rachel stava urlando.
Heyden alzò contemporaneamente braccia e sguardo dal suolo. Dani sussultò ed arretrò, spaventata.
-Si, si porca puttana Rachel! E’ così! Dimmi, ti senti meglio ora?-
Rachel voltò la testa di lato, indietreggiando lentamente verso la porta del locale.
Alzò lentamente lo sguardo sul gemello. Poi sull’americana.
-Sei… sei un bugiardo Heyden.-
Il ragazzo scansò Dani e si avvicinò a lei. Gale fece un passo avanti, ma si fermò. Nessun’altro si mosse. Rachel prese a tremare. Lui lo notò e si fermò di colpo a qualche metro da lei. Il suo sguardo era assolutamente indescrivibile, a metà tra il furioso e lo sconvolto.
-Hai paura di me?-
Rachel deglutì a vuoto. –S..si.-
Heyden fece per avvicinarsi, ma Rachel premette il palmo sulla porta dietro di lei, pronta a scappare. Quello lo fece fermare di nuovo. Ora c’era solo incredulità nei suoi occhi azzurri.
-Dimmi che non è vero…-
-S…scusa Heyden.-
Heyden tentò di allungare la mano verso la guancia della sorella, ma l’autentico terrore che scorse nei suoi occhi prima che li abbassasse al suolo lo pietrificò con il braccio a mezz’aria.
-Di cos’hai paura? Tu sai come sono. Non hai mai avuto paura di me, sai che non potrei mai ferirti realmente. Non alzo le mani sulle ragazze. Io posso proteggerti Rachel. L’ho sempre fatto e così sarà sempre.-
Rachel alzò lo sguardo su Heyden e lo trovò quasi supplichevole. In quel momento, le faceva semplicemente una tenerezza infinita. Ma poi Dani si schiarì la voce e sentì improvvisamente il cuore esploderle nel petto. Ma stavolta, Heyden lo percepì. E, Rachel ne fu certa, comprese a quale tipo di male si stava riferendo. Perché avesse così tanta paura di lui. Perché, infondo, fa più male il male fisico o il male che si prova dentro l’anima quando viene strappata in modo così violento?
Heyden spalancò i profondi occhi color ghiaccio, che divennero leggermente più scuri.
-Tu mi ami…-
Lei non rispose.
Dani si schiarì nuovamente la voce.
Rachel premette il palmo destro sul petto e indietreggiò ancora. Lo fissò con intensità indescrivibile negli occhi azzurri, resi più lucidi del solito dal freddo che entrava dalla porta ormai aperta, il corpo tremante, gli occhi umidi, la voce rotta dal pianto.
-Puoi proteggermi da te stesso, ora?-
Detto quello, corse via.
 
“Talk, we never could talk,
distanced by all that was between us.”

 
“Parlare, non abbiamo mai potuto parlare,
allontanati da tutto quello che c’era fra di noi.”




  
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